Foto
a sinistra (ripresa dal web): mazzetto di lavanda (spicardorso -
spicaddosso).
Ricordi proposti a Pietro Perri da un'anziana e
simpatica signora sanfilese: Marietta Maier.
Oggi
sentir dire da due anziani: "Ca
tra de nui c'era puru nu Sangiuvanne de mmianzu!", suona male alle
nostre vaccinate orecchie (oltre a sembrare una frase senza senso e di
pochissima importanza). Eppure, fino a qualche decennio addietro (ante 1960)
l'uso d'istituire "nu Sangiuvanne" tra due persone o due
gruppi familiari a San Fili finiva per andare aldilà dello stesso legame di
sangue che poteva esserci tra le stesse: il legame di sangue, infatti, è voluto
da una, spesso e volentieri, casuale combinazione biologica... "u
Sangiuvanne" era invece una scelta matura e convinta.
Quello
che riporto di seguito è quanto mi è stato raccontato da un'anziana signora
(...). Riporto il tutto in prima persona e cercando di usare le sue precise
parole:
* * *
Ricordo
quand'ero signorina che con le mie amiche e compagne di lavoro aspettavamo con
ansia il mese di giugno per fare il Sangiuvanne. A quei tempi, infatti,
oltre ai Sangiuvanne che venivano fuori dai battesimi, dalle cresime e
dai "compari" di matrimonio, erano importantissimi quelli che si
realizzavano nella seconda metà di questo mese.
Aspettavamo
trepidanti i giorni del 24, appunto la ricorrenza di san Giovanni Battista, e
del 29 giugno, in cui si festeggiavano (n.d.r.: all'epoca questo giorno era segnato
in rosso sul calendario) i Santi Pietro e Paolo: in tali giorni lo scambio
reciproco di doni permetteva, a San Fili, alle persone interessate di chiamarsi
"cummari" e "cumpari" tra di loro.
Il
giorno di san Giovanni una delle due future "cummari"
preparava una guantiera con doni (n.d.r.: presumibilmente leccornie e quindi
peccati di gola) in base ai gusti che si sapeva avesse la ricevente. Alla
guantiera veniva unito un bel mazzetto di garofani profumati e di tanti
colori, agli stessi venivano uniti tanti fili di spicardorso (lavanda).
Coperto la guantiera con un tovagliolo (servietto) ricamato o con un
fazzoletto di seta, per una persona fidata si mandava il tutto all'amica
oggetto del presente.
All'ambasciatrice
la "cummari" ricevente oltre a farle bere qualcosa per
mostrare quanto avesse gradito il dono, alla stessa dava una mancia e
quest'ultima se ne ritornava felice a raccontare il tutto alla mandante.
Il
29 giugno il tutto faceva il percorso inverso: nuova guantiera, nuovo dono,
nuovi garofani e nuova persona fidata che, invitata dalla comare che il
24 aveva ricevuto la "stimanza", contraccambiava in quanto
ambasciatrice il gesto della settimana prima.
Da
quel momento tra i membri delle due famiglie ci si poteva chiamare e salutare
con l'appellativo di "cummari e cumpari". Appellativo che è
innanzitutto sinonimo di rispetto reciproco.
Purtroppo
non tutti avevano la possibilità economica all'epoca di mettere su una
guantiera seppur scarna nella sua composizione, così come non tutti potevano
fare un semplice mazzetto di fiori. A queste non restava altro che farsi una
promessa (n.d.r.: giuramento?) verbale consacrata da un atto formale non di
poco conto.
Incontrandosi,
in quest'ultimo caso, le due persone interessate, legatesi l'un l'altro con il
dito mignolo recitavano la seguente frase - filastrocca: "Ncrocca e
scrocca jiritieddru, cu sa fide e cu s'anieddru, cu sa fide chi ni dunamu,
Sangiuvanne ni chiamamu".
Ed
anche in questo caso si aveva la realizzazione di un "legale legame di
comparaggio". Legame che sarebbe durato una intera vita.
* * *
Erano
tempi di fame e di stenti quelli che riporto nei miei scritti... ma tanto pieni
di sana poesia. Conoscete altri fatti di questo genere? ... raccontatemeli e
fate in modo che "il ricordo non muoia", o il progresso (che comunque
è e resta un bene) finirà per annientare la nostra stessa anima.
Grazie Marietta (...).
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