A sinistra: San Fili 1999 - Frazione Bucita, Roberto
Fieramosca mostra compiaciuto il suo trofeo micologico.
Una famigliola di porcini (siddri) di circa tre
chilogrammi.
Foto Pietro Perri.
Da "l'occhio" anno II n. 18 del 24.09.1995.
* * *
Sembrava
che questa mancata estate 1995 (agosto, decisamente, tutto è stato tranne che
un mese "di stagione") fosse destinata a non lasciare nel ricordo dei
cittadini di San Fili nulla oltre il maltempo, eppure... ecco il miracolo: un
tale boom di funghi come non se ne vedevano da decenni nelle case dei sanfilesi
(ci mancava poco e si potevano raccogliere anche nei vasi del prezzemolo che le
nostre brave massaie coltivano sui balconi).
I siddri
(porcini), i moddraccari e le guite per una volta non sono
stati prebenda esclusiva dei noti fungiari del luogo, vere e proprie
tradizioni familiari, ma tutti, senza distinzione di sesso, razza e religione,
hanno potuto senza grossi sforzi rifarsi il palato con una semplice salutare
camminata per i boschi circostanti il paese.
I
Cuazzi cu 're Timpe russe e Topa, aru 'Ncinu,
Macchia
Longa e Pompone, supr'u Fiego e Tanzia (ca si vide du ponte de
Vucita), Pietra Crociata, Verranco e Santo Marco ("ddru rifugiu)
'ppe nun parla' de Serra Mezzana (vicino all'Acquatina)... niente è stato
lasciato al caso, niente all'incauto piede del viandante che avrebbe potuto
calpestare il divino alimento: stranamente un si suni visti tanti
lattarachi gravini e gaddrinazzi, civite e ferruni (questi ultimi
leggermente tossici), cuculite, rusiti e leuni (ch'io unn'u sapia, m'hannu
dittu c'assumiglianu ari gravini), funghi gustosissimi ma da sempre
considerati inferiori nelle nostre zone.
E'
dimenticato, almeno per quest'anno, l'eterno tempo dei fungiari esperti
conoscitori delle nostre montagne e delle ricchezze che le stesse ci offrono
senza nulla chiedere in cambio, a volte neanche il rispetto. Pochi ricordano i
magici nomi di Peppino e Santuzzu Lio (veri lupi di bosco), Tuture
Storino cu 'ru patre Pasquale, di 'Ntonu Spizzirri e Micuzzu
Mazzuca de Santu Fili, Francisco, Giacomino e 'Ntonu Marrano de Vucita.
Tutta
gente che anche durante la guerra sapeva godere di qualche lato buono della
vita: San Fili ed il proprio territorio sapevano come compensarli.
Degli
ultimi trent'anni è giusto ricordare i nomi di mastru Michele Leo (in
fatto di funghi "patrune di Cuazzi" o, purtroppo, di quello
che ne resta oggi), Michele Zichirino e, per quanto riguarda Bucita, i
figli d'arte Mario e Giovanni Marrano.
Altri
tempi, quelli in cui ci veniva insegnato a rispettare i boschi perché ci davano
tanto: le castagne, la legna, le fragole, in alcune zone come Macchia Longa
anche i pomodori e le patate (raccontano alcuni anziani che si recavano in tale
zona fin da Cucchiano alzandosi di buon'ora per assicurarsi un minimo di
raccolto... e non c'erano macchine ed altri mezzi idonei di locomozione se non
"u cavaddru 'e San Franciscu"), i funghi.
Oggi
ci sono solo boschi da tagliare nel migliore dei casi, da bruciare nei
rimanenti. Persino il fungo, quando si raccoglie, non si toglie più dal terreno
con il dovuto riguardo utilizzando un coltellino e lasciando parte della radice
nel terreno stesso (quella parte che comunque giunti a casa getteremo nella
spazzatura, di enorme importanza per la vita del fungo... a cudicina,
s'ancora u'nni simo capiti): si strappa, si ruba alla buona Madre Natura
che con tanta cura gli ha dato forza, bellezza e gusto mostrandolo potente e
gioioso alla nostra vista... l'ingordigia umana continua a non avere limiti,
incurante se per altri venti anni non ci sarà una raccolta di funghi come
quella dell'estate 1995.
"Madonna
mia du Ritu, fammi truvare siddri e guite" cantavano i nostri nonni quando si avventuravano nei
castagneti circostanti, e sarebbe bello se la cantassero anche le future
generazioni: apprezzando al massimo, com'è giusto, quanto la natura circostante
ci regala giorno dopo giorno malgrado il nostro menefreghismo nei suoi confronti.
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