Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del
mese di Aprile 2022 a firma di Pietro Perri.
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Jugale, dicevo, non nasce in Calabria né tantomeno a Cosenza o nel
cosentino... malgrado ciò che ne scrisse il letterato Antonio Chiappetta senior
(alias Vigabbo) nel suo poema omonimo (il Jugale dato alle stampe per la
prima volta nel 1899).
Jugale (con tutta una serie di varianti sul suo nome), quando Antonio
Chiappetta senior dava, con qualche remora o dubbio, per la prima volta alle
stampe la sua più famosa opera toccava i porti che si affacciavano sull’intero
Mediterraneo almeno da 5 secoli a quella parte. E tutto ciò grazie alle
conquiste territoriali dell’impero turco-ottomano.
Jugale, secondo una tradizione ormai accettata universalmente, nasce in
territorio arabo grazie a Nasreddin Khoja.
Nasreddin Khoja “(...) è una figura favolistica (ma anche presente nella
letteratura del sufismo), che la cultura turca vorrebbe vissuta intorno al XIII
secolo ad Akşehir e successivamente a Konya, al tempo della dinastia
Selgiuchide, ma che, sotto il nome di Guha, ossia Giufà, è presente anche nella
favolistica araba-siciliana. Sarebbe stato un filosofo populista, spesso citato
in storielle
divertenti e aneddoti”.
Personalmente amo pensare sia stato un giudice arabo che volle mettere alla
berlina il modo di gestire la giustizia da parte dei suoi colleghi. Una
giustizia gestita sempre e comunque a discapito delle parti deboli e sempre e
comunque sottovalutando l’intelligenza e le necessità del popolo che si
rivolgeva ai togati dell’epoca.
Mi piace pensare ciò almeno per due motivi:
1) adoro la rumanza (canto o racconto che dir si voglia) in cui
Jugale su invito indiretto e canzonatorio del giudice spacca la testa allo
stesso;
2) le rumanze di Jugale (tranne in pochissimi casi in cui si
rende lo stesso un semplice personaggio quasi senza senso) sono sempre e
comunque delle vere e proprie “sentenze di vita” e soprattutto “per la vita”.
L’ipotetica stupidità di Jugale, nel Jugale tradizionale, infatti serve
solo per introdurre la storia e mai per
finirla. Alla fine del racconto in cui lui sembra (e dico “sembra”) essere
protagonista il vero stupido (e quindi protagonista) si rivela essere il
giudice di turno, il disonesto, il popolo (quasi sempre punto centrale delle rumanze)
o lo stesso attento ascoltatore o lettore della simpatica storiella.
Alla fine del racconto sembra che Jugale dica a colui che ascolta o legge
lo stesso: non essere come me... ragiona. Non essere come me perché io sono un
semplice personaggio in cerca costante d’autore (le sue storie infatti pur
se eterne cessano di vivere nell’arco di qualche riga dattiloscritta) ma tu
sei quello che sta scrivendo, con la tua vita e quindi a tue spese, la mia
nuova storia.
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Antonio Chiappetta senior (alias Vigabbo) è contemporaneo al
sanfilese don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara).
Antonio Chiappetta senior nasce a Cosenza nel 1876 ed ivi muore nel 1942.
Don Giovanni Gentile nasce a San Fili nel 1877 ed ivi muore nel 1953. Don
Giovanni Gentile frequenta le scuole superiori (il seminario-carcere in cui “fu
rinchiuso”, a suo dire) a Cosenza e nulla toglie che abbiano frequentato
circoli e/o amicizie in comune e quindi siano stati anche amici tra di loro.
Entrambi sono maestri nell’uso del dialetto cosentino (il dialetto dei
letterati, se così si può dire) e quasi contemporaneamente (se non
contemporaneamente) si cimentano nel mettere in versi (appunto in dialetto
cosentino) le gesta tragicheroicomiche avventure di Jugale.
Entrambi, nel pubblicare le loro opere in cui compare Jugale, utilizzano un
alias (Vigabbo ossia “vi prendo in giro” e Chiacchiara
ossia “vi prendo in giro”).
Nel 1899 viene data alle stampe l’opera di Antonio Chiappetta senior “Jugale”,
nel 1903 all’interno della raccolta di poesie in dialetto calabrese data alle
stampe dal sanfilese compare il canto IX del Jugale (poemetto inedito e...
purtroppo, dico io, perduto).
Il contenuto del canto IX messo nero su bianco dal nostro don Giovanni
Gentile lo ritroviamo, con leggere varianti sulla narrazione, anche nel Jugale
di Antonio Chiappetta senior.
Parlo della già citata rumanza in cui si parla della mosca che
mangiato a sbafo la carne di proprietà di Jugale si rifiuta di pagare la
contropartita al nostro eroe. Chiamata in causa la mosca, il giudice gli fa
notare che siccome non c’è giustizia per questi animali... dove ne vedesse una
non ci pensasse su due volte e subito l’accoppasse.
Purtroppo per il giudice la prima mosca che vide Jugale dopo quella “illuminata sentenza” si posò
proprio sulla fronte del togato e... lascio a voi capire (o ricordare) cosa
successe dopo.
Ok, nel dubbio che siate pronipoti di Jugale ve lo dico io: il giudice, nel
rispetto della sua sentenza, si beccò una bella mazzata in testa.
Mazzata meritatissima in quanto non è corretto/giusto prendere in giro
Jugale ovvero il Popolo.
E sono sicuro che di giudici che meriterebbero una eguale lezione da Jugale
anche tu ne conosci tantissimi, o sbaglio?
In una nota trovata su web leggiamo: “Antonio Chiappetta, poeta, letterato
e giornalista, lo scrisse ancora adolescente sul finire dell’800 come mero
esercizio letterario. E tale avrebbe dovuto rimanere per volontà dello
stesso autore”.
In poche parole sembra che il Jugale di Antonio Chiappetta nasca quasi come
una gara da portare avanti in competizione con qualcun altro. Che sia
il sanfilese don Giovanni Gentile questo qualcun altro?
(Continua).
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... un caro abbraccio a tutti dal
sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
Nel disegno sopra una delle interpretazioni del Jugale di Antonio Chiappetta alias Vigabbo.