SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: aprile 2021

A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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lunedì 12 aprile 2021

Omaggio ad un simpatico rettangolino di carta appiccicosa.

Francobollo dedicato dalle Poste
Italiane a san Francesco da Paola
nel 1957. Collezione filatelica
Pietro Perri.

Nel mese di ottobre del 1988 in una proficua collaborazione tra l’Amministrazione comunale di San Fili (la “Spiga”, a guida del sindaco Alfonso Rinaldi), la Biblioteca comunale di San Fili (poi intitolata al prof. Goffredo Iusi) e lo scrivente si organizzò la “Prima Esposizione Filatelica Sanfilese”.
A ricordare ciò fu redatto in economia anche tanto simpatico quanto prezioso opuscoletto in cui si tracciava la storia della nascita, dell’evoluzione e della divulgazione dei francobolli nel mondo. Oltre a dare degli spunti, ai neofiti di tale branca de collezionismo, su come evitare di rovinare i preziosi rettangolini di carta (il miglior metodo era e resta sempre e comunque non toccarli o quantomeno toccarli il meno possibile).
In tale opuscoletto compariva anche il brano “Omaggio ad un simpatico rettangolino di carta appiccicosa”.
Brano che riporto di seguito.
Sopra a sinistra il francobollo dedicato dalle Poste Italiane al nostro san Francesco di Paola nel 1957 (Collezione Privata - Pietro Perri).

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Omaggio ad un simpatico rettangolino di carta appiccicosa.
Di Pietro Perri.

Curare un’esposizione di qualsivoglia cosa non è facile, principalmente se si mira ad evidenziare l’importanza di un qualcosa che, quotidianamente sotto gli occhi di tutti, finisce nella sua consuetudine quasi per passare inosservato.
Il francobollo è un po’ come la televisione; sempre lì, presente attimo dopo attimo, ma più che asfissiante... divagante, consolante, remunerante.
Quante volte la vista di un bel francobollo ha distolto il nostro pensiero, anche se per un solo attimo, da una cattiva corrispondenza? ... e quante altre ancora ce ne ha addolcito l’assenza?
Infinite volte!
Il francobollo risponde all’appello sempre e ovunque: non si limita alle strade ben asfaltate e facilmente percorribili. Con qualsiasi mezzo (quadrupedi inclusi) e con qualsiasi condizione metereologica, il francobollo riesce a raggiungere le località più recondite e pittoresche.
Presente in zona di guerra come in zona di pace: quante madri, quante mogli di combattenti hanno spedito una lettera affrancata sicure che quel simpatico rettangolino di carta avrebbe portato al proprio caro un pezzettino della sua amata terra (un lembo di cuore peri il quale andava, forse inconsciamente, immolandosi), della sua casa... di se stesso.
Il francobollo arriva dove altri mezzi di comunicazione (telefono, radio ecc.) non hanno ancora messo piede; sarà più lento, è vero, molto più lento... ma gli altri mezzi di comunicazione non ne esprimono la stessa poesia, lo stesso romanticismo.
Si legge (e non è il solo caso) di una lettera recapitata dopo quasi sessant’anni dalla spedizione (una lettera regolarmente affrancata): “era il ragazzo che scriveva alla ragazza... un errore postale trasformatosi nel miglior regalo che una coppia potesse aspettarsi in una ricorrenza così importante. La lettera venne recapitata nel giorno in cui il ragazzo e la ragazza, ormai non più tali, festeggiavano il loro cinquantesimo anno di matrimonio”.
Con ritardo, ma anche in quell’occasione il francobollo riuscì ad assolvere egregiamente alla propria funzione.
Il francobollo, un semplice rettangolino di carta appiccicosa? ... molto, molto di più 8e che rabbia quando qualcuno ha dimenticato d’apporlo alla corrispondenza e ci si vede recapitare una tassata)!
A tal punto viene lecito porsi la seguente domanda: cosa succedeva quando ancora il primo francobollo non aveva visto la luce? ... ovvero: è mai possibile che la corrispondenza prima dell’era del francobollo non venisse recapitata o che, comunque, non raggiungesse le disparate raggiunte con l’introduzione del francobollo stesso nel sistema postale?
Ovviamente... niente di più errato: la corrispondenza (decisamente minima per l’epoca causa soprattutto l’analfabetismo della gente) raggiungeva anche in siffatte situazioni le località designate, solo che nel conteggio (vedasi l’Inghilterra agli inizi del XIX secolo) le tariffe postali variavano in rapporto alla distanza del luogo di destinazione , al peso, alle dimensioni e persino alla forma del plico, nonché al numero dei fogli che lo componevano (ed il tutto anche nel perimetro della stessa città): Non esisteva ancora una vera e propria unità di servizio e di valutazione e la tassa normalmente era pagata, per ovvi motivi, dal destinatario.
Molti erano i casi di frodi e abusi indiscriminati (arginati solo dall’onestà più o meno accentuata dai corrieri professionisti o improvvisati ch’essi erano): si sentiva, in pratica, la necessità di controlli diretti da parte degli organi statali.
Se l’era del francobollo inizia nella prima metà del XIX secolo, il servizio postale ha origini antichissime (la mitologia greca venera il dio Ermes, messaggero degli dei, e sul pari dei Greci i Latini venerano il dio Mercurio): si pensi che persino che la famiglia dei corrieri bergamaschi Tasso ottenne l’esclusiva delle poste del Sacro Romano Impero.
Il francobollo fin dalla sua prima apparizione ha rivestito una funzione importantissima: facilitare e garantire la corrispondenza.
A detta funzione se ne sono poi aggiunte altre non meno importanti quali la divulgazione della cultura o la propaganda nazionalistica.
Studiando complessivamente le emissioni dello Stato Italiano ai primi dieci anni della Repubblica, si nota esplicitamente l’influenza che i vari regimi politici hanno impresso su quel piccolo (ed apparentemente insignificante) simpatico... rettangolino di carta appiccicosa.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 11 aprile 2021

Un francobollo per San Fili by Pietro Perri.

Nel mese di ottobre del 1988 in una proficua collaborazione tra l’Amministrazione comunale di San Fili (la “Spiga”, a guida del sindaco Alfonso Rinaldi), la Biblioteca comunale di San Fili (poi intitolata al prof. Goffredo Iusi) e lo scrivente si organizzò la “Prima Esposizione Filatelica Sanfilese”.
A ricordare ciò fu redatto in economia anche tanto simpatico quanto prezioso opuscoletto in cui si tracciava la storia della nascita, dell’evoluzione e della divulgazione dei francobolli nel mondo. Oltre a dare degli spunti, ai neofiti di tale branca de collezionismo, su come evitare di rovinare i preziosi rettangolini di carta (il miglior metodo era e resta sempre e comunque non toccarli o quantomeno toccarli il meno possibile).
In tale opuscoletto compariva anche il brano “Un francobollo per San Fili”.
Brano che, riproposto sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2021, riporto di seguito... nella versione (ampliata, riveduta e corretta) proposta sul citato Notiziario Sanfilese.
Sopra a sinistra il... francobollo per San Fili.

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Un francobollo per San Fili.
(di Pietro Perri)

Nella mia vita ho avuto diversi hobbies: collezionismo di francobolli, fotografia, collezionismo di monete, lavoro (vi sembrerà strano ma siccome ho quasi sempre fatto lavori che mi piacevano anche il lavoro ho finito per considerarlo un hobby), giardinaggio, politica locale, lettura, giornalismo dilettantistico e via dicendo.
Purtroppo quando gli hobbies che si vuole portare avanti sono troppi ed aumentano giorno dopo giorno... prima o poi ci si deve confrontare anche con le possibilità che ci mette a disposizione il nostro portafogli. E qualcuno di tali hobbies lo si deve mettere da parte in attesa di tempi (ma anche di tempo) migliori.
Alcuni hobbies (quasi tutti a dire il vero) col lungo andare mi hanno dato anche qualche stupenda soddisfazione. Tra questi ce stato ad esempio il collezionismo di francobolli.
Agli inizi del 1988 proposi, più per gioco che per un fatto serio, all’allora responsabile della Biblioteca comunale di San Fili, il caro amico Franco Apuzzo, di organizzare, in collaborazione con la Biblioteca stessa, una mostra filatelica nel nostro borgo.
Franco non se lo fece ripetere due volte ed anzi si mise a completa disposizione sia nello spingermi in tale impresa, sia nel correggere la bozza di un opuscoletto fai da te che avremmo presentato in occasione della mostra che nel mettermi a disposizione parte del suo materiale, ovviamente in tema filatelico, di famiglia.
Agli inizi del mese di ottobre dello stesso anno la mostra era finalmente allestita e pronta per essere messa a disposizione al pubblico.
Il luogo in cui la stessa fu allestita era la stanza del vecchio Municipio attualmente destinata a sede della Pro Loco di San Fili.
Qualche giorno prima dell’apertura la stessa, ancora in fase di allestimento, era stata visitata dall’indimenticabile Direttore didattico prof. Goffredo Iusi che, colpito dal materiale e del metodo di esposizione dello stesso, ci onorò mandando le sue scolaresche, accompagnate dai relativi insegnanti, a visitare la mostra stessa. Stessa cosa fece la Preside (o era il Preside all’epoca) delle Scuole Medie.
Oltretutto il prof. Goffredo Iusi all’epoca, e come suo solito, ci regalò delle chicche di sapere in merito anche e soprattutto di un francobollo (a dir poco “il pezzo forte” dell’intera mostra) che faceva capolino tra i tanti pezzi esposti.
Un francobollo per San Fili.
Altra cosa che fece tantissimo piacere oltre che a me anche all’amico Franco Apuzzo fu, oltre ad un bellissimo articolo a firma del nostro compaesano Sandrino Cesario apparso sulla Gazzetta del Sud, qualche mese dopo, veder riprodotto sul Notiziario Sanfilese dell’ormai mitico Francesco “Ciccio Cirillo”, l’opuscoletto che avevamo realizzato in occasione di tale mostra.
Era decisamente un’altra epoca.

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Più che un francobollo... un parafilatelico.

Leggiamo nella seconda pagina del succitato opuscoletto:
«Sopra a sinistra (n.d’a.) possiamo ammirare un bellissimo “parafilatelico” assai caro ai Sanfilesi: il “10 Centesimi” emesso nel corso della Prima Guerra Mondiale (1915/18) per la sottoscrizione pubblica a favore dei combattenti.
Dalle magre notizie racimolate, risulta che il “COMITATO di SAN FILI - Organizzazione Civile Durante La Guerra” conglobava le offerte (più o meno volontarie) fatte dalla popolazione della zona rimasta a coltivare i campi in favore dei compatrioti impegnati al fronte.
Tra dette offerte troviamo pure calzature, indumenti vari ecc.
Il “COMITATO di SAN FILI - Organizzazione Civile Durante La Guerra” pubblicò, per quanto si dice, un opuscoletto in cui rendicontò parte del suo operato.
Qualche copia di tale pubblicazione esiste ancora e non può negarsi quanto sarebbe bello (per le nuove e vecchie leve) riaverle in circolazione: a San Fili, ne siamo certi, ci sono anche giovani pronti a riappropriarsi delle loro tradizioni e della propria storia.»

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I parafilatelici o erinnofili.

«I parafilatelici o erinnofili sono bolli chiudi lettera del tutto simili ai francobolli tranne per il fatto che non hanno, di solito, valore né postale né fiscale. (*)
Molto probabilmente la loro origine si deve all'uso di applicare sul lembo della lettera un'etichetta chiudilettera, sistema che alla metà dell'800 cominciò a sostituire i sigilli di ceralacca.
Ma il termine “bollo chiudilettera” appare limitativo nel descrivere un oggetto che per quasi 100 anni è stato un importante veicolo di storia, cultura, arte e tradizioni in tutti i Paesi del Mondo. Non è un caso che il termine “erinnofilia” derivi dal tedesco Erinne (rungsmarke) che significa “(francobollo) commemorativo”. Quello di ricordare è stata infatti la vocazione principale dei “bolli chiudilettera”: commemorare un evento passato, annunciare un evento futuro o anche ricordare come propaganda.» (Da Wikipedia).

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(*) Quando presentano un valore facciale il ricavato della vendita di tali bolli viene utilizzato per finanziare progetti di notevole rilevanza sociale e/o umanitaria.
E’ questo il caso ad esempio del “10 Centesimi” emesso a favore del “COMITATO di SAN FILI - Organizzazione Civile Durante La Guerra”.
In tanti ricordiamo ancora gli erinnofili emessi a favore dei malati di TBC negli anni Sessanta del secolo scorso e “piazzati” anche nelle Scuole San Fili.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 10 aprile 2021

Un collezionista di francobolli by Pietro Perri.

Nel mese di ottobre del 1988 in una proficua collaborazione tra l’Amministrazione comunale di San Fili (la “Spiga”, a guida del sindaco Alfonso Rinaldi), la Biblioteca comunale di San Fili (poi intitolata al prof. Goffredo Iusi) e lo scrivente si organizzò la “Prima Esposizione Filatelica Sanfilese”.
A ricordare ciò fu redatto in economia anche tanto simpatico quanto prezioso opuscoletto in cui si tracciava la storia della nascita, dell’evoluzione e della divulgazione dei francobolli nel mondo. Oltre a dare degli spunti, ai neofiti di tale branca de collezionismo, su come evitare di rovinare i preziosi rettangolini di carta (il miglior metodo era e resta sempre e comunque non toccarli o quantomeno toccarli il meno possibile).
In tale opuscoletto compariva anche il brano “Un collezionista di francobolli”.
Brano che riporto di seguito.
Sopra a sinistra il frontespizio del citato opuscoletto.

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Collezionista si nasce o si diventa?
Difficile dirlo... o forse no!
Indubbiamente colui che inizia una collezione di oggetti più o meno stravaganti, utili o inutili ch’essi siano, è affascinato, fin da bambino, da ciò che, pur essendo per gli altri (per il mondo “razionale” degli adulti, senza immediato o senza nessun valore, potrebbe comunque rappresentare un qualcosa di realmente suo ovvero tutto un sistema da creare e disfare a proprio piacimento.
La collezione è la prima e vera proprietà di un “collezionista”, ne è il suo unico punto di riferimento in una realtà che non riesce (o non vuole) capire. Spesso è il suo più grande legame con la propria solitudine. Altre volte ne è il suo punto di forza nei confronti di chi possiede più di lui, ma che non sa apprezzare quel che possiede: è vero, gli altri posseggono di più ma lui possiede la sua collezione e la sua collezione è... unica.
Il bambino ha una predisposizione particolare per il collezionismo: ama, per non dire adora, mostrare la propria collezione di giocattoli, di pezzi del Lego, dei soldatini di piombo, delle figurine dei calciatori, dei... francobolli.
(...) Poi, un giorno, il bambino si ritrova fanciullo ed il fanciullo nota su una busta da lettera un simpatico rettangolino di carta variopinta e pensa tra sé e sé: chissà come starebbe alle poesie personali o all’album delle foto di famiglia.
Quasi quasi...
E poi un secondo giorno nota su un’altra busta un altro simpatico rettangolino di carta.
E’ un rettangolino diverso dal primo e forse è proprio per questa diversità che gli piace ancor di più.
E così un terzo giorno, un quarto giorno e... via  verso l’infinito dell’amore per il collezionismo.
(...) E pensa: chissà cosa diranno i miei compagni di classe quando vedranno che posseggo tanti simpatici rettangolini di carta l’uno diverso dagli altri.
(...) E si chiede: sarà come quando collezionavo le figurine dei calciatori?
Altafini era mio, solo mio! ... m’avrebbero dato decine d’altre figurine in cambio... ma non avrei più posseduto il grande Altafini!
E così il fanciullo stacca il suo primo francobollo dalla busta contenente la lettera speditagli dalla zia americana. E si rende tristemente conto a proprie spese che la prima ed a prima vista la più banale operazione del neo-collezionista non è facile come a prima vista gli era sembrato.
E’ molto più facile, ma lui ancora non lo sa!
Il francobollo si è barbaramente e irrimediabilmente rovinato: metà ha preferito restare appiccicato alla busta cui era attaccato, l’altra metà ha preferito finire nel cestino in cui il fanciullo l’ha immediatamente diretta.
Collezionare impone studio e pazienza.
Col secondo francobollo le cose vanno un po’ meglio: i dentelli ci sono tutti, o almeno così pare (qualche anno dopo il fanciullo farà conoscenza anche dell’uso della lente d’ingrandimento e/o dell’odontometro e potrà quindi andare più sicuro almeno su questo fronte), solo la carta si è un po’ assottigliata nella parte inferiore destra.
Fa niente! ... i francobolli finiranno incollati su fogli di un quaderno appena comprato. Chi può dire in tempo utile al fanciullo dell’esistenza di appositi raccoglitori per i preziosi rettangolini? (...)
Solo un domani il fanciullo si renderà conto del patrimonio, reale o meno che sia, che va distruggendo.
Sono passati degli anni, è passato il tempo delle scuole dell’obbligo e degli scambi ingenui ed avventati con i compagni di classe. E’ passato anche il dolce tempo delle mele... ma non è passato del tutto il desiderio di continuare a collezionare francobolli (le monete, per quanto ci abbiano provato, non sono riusciti a rimpiazzarli): il ragazzo era, è rimasto e sarà per sempre il tenero bambino... non più ingenuo ma ormai provetto collezionista di francobolli.
Il ragazzo (ormai negli -enti inoltrati) oggi dispone di pinzette, lente d’ingrandimento, cataloghi, di un manuale per il collezionista e... di una certa dose di rimpianto per i bei tempi che furono.
Il ragazzo, inutile dirlo, s’è ormai scoperto adulto e con la cruda realtà quotidiana da affrontare. Ma quando l’uomo si ritrova davanti alla sua bella collezione di francobolli (dimenticandosi per un momento dei dischi, degli oggetti antichi, dei quadri, delle monete ecc.) ... eccolo lì, indifeso come un bambino (o forse come tale più sicuro d’una roccia esposta al vento), giocare con quei cari e simpatici rettangolini di carta variopinti.
Mi piace la mia collezione di francobolli: non ha nessun valore tangibile (solo poche migliaia di lire). Mi ricorda uno dei momenti in cui, aperti gli occhi al mondo degli adulti (uno dei pochi momenti in cui il mondo degli adulti s’è accorto di me).
Ricordo quando alle elementari, in classe, non trovai più il quaderno con su attaccati i francobolli i francobolli della mia prima vera collezione.
Eppure, continuo ad esserne sicuro, l’avevo attentamente riposto nella cartella ai piedi del banco.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 9 aprile 2021

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (7)

Agosto 2019 - Pietro e Orietta
Perri su via Nanchino a Shanghai.

Con la settima puntata di quest’articolo fiume concludo il resoconto del viaggio fatto in Cina (in tempi non sospetti) da me, mia moglie ed un gruppo di calabresi tra il 22 ed il 31 agosto del 2019.
Ne è valsa la pena?
Viaggiare - e soprattutto viaggiare bene - vale comunque la pena.
Anche la settima puntata del resoconto di questo stupendo viaggio l’ho pubblicata sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale UNIVERSITAS SANCTI FELICIS di San Fili).
Buona lettura.
Sempre e comunque collericamente vostro... Pietro Perri.

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La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (7)

«Mao Zedong era consapevole di ciò e da illuminato qual era sapeva anche quale tipo di venerazione avrebbero subito le sue spoglie mortali.
Fu per questo che il quattro volte grande dei Cinesi espresse in vita la volontà di essere cremato.»
Mao Zedong (o Mao Tse-tung che dir si voglia) voleva impedire che lui stesso diventasse alla sua morte “oppio dei popoli” ma ai grandi è una delle poche cose che nessuno potrà mai concedere.
E lui comunque un grande lo fu.

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La domanda a questo punto sorge spontanea: la Cina è poi così perfetta come io l’ho descritta in questo mio breve racconto di viaggio?
Decisamente... no!
E di ciò se ne può facilmente rendere conto anche un turista ignorante come chi scrive. Malgrado chi scrive, da turista, vede ciò che comunque le guide decidono, anche su disposizioni delle autorità del luogo, di fargli vedere.
Ma né le guide né le autorità del luogo possono impedire ad un occhio ben allenato di poter leggere tra le righe, tra le tante immagini che gli passano davanti, le note stonanti presenti in una società... perfetta.
Un occhio allenato o un occhio sfortunato?
Perché onestamente io certe cose quando viaggio, credetemi, preferirei non vederle.
Il 23 agosto del 2019 (ancora non si sapeva di ciò che sarebbe successo da lì a qualche mese, ovvero dalla pandemia da covid-19) io e mia moglie ed il gruppo di turisti di cui facevamo parte (circa una trentina di persone provenienti da più parti della Calabria) ci trovammo anche a passeggiare sulla Nanking road (o Nanjing road o, per noi italiani, via Nanchino) a Shanghai.

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Breve digressione.

Nanchino: una brutta pagina della Seconda Guerra Mondiale.

Chi ama viaggiare come lo scrivente sa che quando viaggia, anche se a volte in modo inconsapevole, è come se avesse sempre e comunque un libro in mano. Un libro pieno di tante bellissime o quantomeno emozionanti immagini. Un libro con tante note e rimandi ad altri libri se non ad una intera enciclopedia (lode e gloria a Wikipedia) per capire, coltivare e quindi migliorare il proprio bagaglio culturale.
E’ nel rispetto di tale postulato che non appena ne ho avuto la possibilità ho cercato di capire perché Nanchino fosse tanto importante per i cinesi ed in particolare per gli abitanti di Shanghai.
Al di là del fatto che Nanchino fu anche capitale della Cina prima di Pechino ciò che mi colpì fu nel leggere il costo in vite umane che la città pagò nel corso della Seconda Guerra Mondiale in seguito all’occupazione che la Cina subì ad opera dei Giapponesi: “Nel 1937 il Giappone invase la Cina, dando così inizio alla seconda guerra sino-giapponese. Le loro truppe occuparono Nanchino nel dicembre 1937, attuando un terribile massacro. Il numero totale di morti, inclusi quelli conteggiati dal tribunale militare internazionale per l'Estremo Oriente e dal tribunale per i crimini di guerra di Nanchino, fu all'incirca tra le 300.000 e le 350.000 persone.” (Wikipedia)
A volte noi Europei siamo portati a credere che la Seconda Guerra Mondiale si sia svolta solo in Europa e ciò solo perché il nostro modo di interpretare la Storia e gli eventi spesso e volentieri non va oltre la punta del nostro naso... e/o dei nostri materiali interessi.

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Ma ritorniamo sui nostri legittimi passi (ossia sulle mire cui punta questa “memoria di viaggio).
Quando, lasciato il nostro pullman nell’apposito parcheggio, eravamo ormai all’inizio di via Nanchino a Shanghai, la guida locale non si limitò a spiegarci l’importanza di tale arteria commerciale o a dirci dove ed a che ora avremmo dovuto ritrovarci per riprendere il nostro tour ma ci disse di non meravigliarci nel notare strani, spesso antigienici, comportamenti di cinesi del luogo. Di non meravigliarci ad esempio se notavamo tante persone, quasi tutti maschi a dire il vero, sputare per terra o camminare con una semplice t-shirt addosso raggomitolata al di sopra della pancia e che di tanto in tanto, srotolata, viene usata come ventaglio.
Intendiamoci: fino agli inizi degli anni Settanta a San Fili era anche peggio, per quanto riguarda lo sputare per terra e non solo per questo. Ricordo ancora che nello storico “Caffè” di Salvatore Blasi (Tuture ‘u bagnaruotu) la facevano da padrone almeno due cartelli con su scritto “vietato sputare per terra”. Oggi fortunatamente a San Fili non abbiamo più bisogno di cartelli del genere (ma ne avremmo bisogno di migliaia di altri e sempre all’insegna di un rispettoso ed igienico vivere civile... magari per quanto riguarda la gestione delle evacuazioni degli animali domestici) ma in Cina ed in tante altre parti del Mondo... si!
Poco dopo essere stati liberati dalla nostra guida notai un signore, ovviamente cinese, sputare non per terra ma in un cestino dei rifiuti posto nelle vicinanze a disposizione dei passanti.
Fin qui nulla di strano, direte voi e così pensai anche io in quel preciso momento. Dopotutto, malgrado avesse potuto almeno sputare in un fazzoletto avendone proprio bisogno, perlomeno non aveva sputato per strada dove ognuno di noi avrebbe dopo un po’ potuto inzupparsi i piedi col verde polmonare elemento.
Un attimo dopo vedo passare un signore, sempre cinese, che, vestito con una vecchia e sporca tuta e con due grossi sacchi sulle spalle, si piegava a ridosso del cestino e, a mani nude, iniziata a cercare nello stesso materiale riciclabile (bottiglie di plastica o di vetro, carta ecc.) che magari gli avrebbero permesso per quella giornata di sbarcare il lunario.
Questo signore, tra l’altro alquanto giovane... almeno a vedersi, ripeto, indossava una vecchia e sporca tuta (il che faceva pensare fosse dipendente di qualche azienda specializzata nel recupero e nel riciclo di rifiuti solidi urbani) ma neanche un paio di guanti.
Ed è nell’essere stato spettatore di questa assurda scena che mi sono reso conto che qualcosa, nell’ingranaggio, in effetti non funzionava. Che ancora il Popolo Cinese per colmare il gap che ancora presenta con gran parte del resto del Mondo “civilizzato” deve colmare e deve colmare anche in fretta.
Non basta essersi abituati prima di noi all’uso della mascherina anche e soprattutto nel rispetto di chi ci sta difronte per potersi definire un popolo avanzato: la mascherina per tanti di loro è sinonimo appunto di rispetto verso gli altri mentre per tanti di noi (me per primo) è sinonimo di gabbia inaccettabile... anche quando qualcuno di noi da salumiere o da farmacista (solo per fare qualche stupido esempio), col raffreddore, senza ritegno ci porge l’affettato appena incartato e dove, quasi certamente, pochi attimi prima vi aveva starnutito sopra.
Ammettiamolo, su questo fronte dobbiamo ringraziare il covid-19 se un po’ di civiltà in più l’abbiamo imparata anche noi. Almeno oggi tanti di noi le mani qualche volta in più ce le laviamo ed a volte le disinfettiamo pure.
Non basta, infatti (faccio una battuta), essere i padroni del futuro mondiale se ancora, per tanti versi, si ostinano mentalmente a vivere nei nostri anni Sessanta del XX secolo e quindi continuano a mangiare non con cucchiaio, coltello e forchetta ma con dei semplici bastoncini di legno.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!