Foto a sinistra: mastru Antonio (Totonnu) D'Agostino... ‘u troccanaru, al lavoro nella sua bottega di falegname. L'amico Antonio ci ha lasciati in questi primi anni del terzo millennio.
Foto gentilmente messami a disposizione dal figlio Franco.
.^.
Troccane, troccane! ... eni arrivatu u troccanaru!
Siamo
in un periodo di storia relativamente calmo e compreso tra la prima e la
seconda guerra mondiale, all'incirca all'inizio degli anni Trenta.
San
Fili brulica non solo di cantine ma anche e soprattutto di botteghe
artigianali. Notevole è la presenza dei mastri falegnami nel nostro paesino e
di questo quanto prima ne parleremo abbondantemente (se Dio e il tempo ci
daranno forza morale ed inchiostro).
Anche
le botteghe dei falegnami, così come abbiamo visto per i saloni dei barbieri di
San Fili, sono stracolme di discepoli: fanciulli (a volte anche un po'
cresciuti) che passano l'intera giornata o parte della stessa (per i pochi che
andavano a scuola oltre la terza elementare) dietro il grembiule del maestro ad
imparare "perlomeno" un mestiere.
I
discepoli stavano gratis (ossia senza alcuna paga) all'interno della bottega e
comunque non dovevano dimenticare di portare una stimanza al loro
maestro in occasione del Santo Natale, della Pasqua o di altre ricorrenze care
a quest'ultimo. La loro paga era l'arte che giorno dopo giorno, magari ceffone
dopo ceffone, avrebbero finito per imparare.
In
effetti qualcosa da mettere in tasca (ammesso che qualcuno dei discepoli avesse
all'epoca, oltre ai buchi rattoppati, tasche nei propri pantaloni) per i discepoli
c'era: il ricavato di alcuni lavoretti extra che i nostri piccoli eroi potevano
fare nei giorni in cui nella bottega c'era poco da fare (a livello di veri e
propri lavori), le domeniche o dopo la chiusura giornaliera ufficiale della
bottega stessa.
Uno
di questi lavoretti extra, specie nel periodo invernale, era quello della
realizzazione delle famose troccane (realizzate con materiale di scarto
o con materiale omaggiato dal maestro), che il discepolo avrebbe poi potuto
vendere nel periodo pre-pasquale. Per fabbricare una troccana
(semplice o a doppio martello) il giovanetto di quei tempi, e con quei mezzi a
disposizione, ci metteva all'incirca un paio d'ore.
Il
legno utilizzato per la tavoletta base era di castagno e non doveva superare il
mezzo centimetro di spessore: solo così avrebbe potuto dare il giusto rinculo
al martelletto.
Quel
magico strumento realizzato con legno di castagno e tramandatoci
presumibilmente dai nostri antenati greci, veniva poi venduto, anche nei centri
abitati attigui per tre o quattro soldi (all'incirca 1000 o 1500 lire d'oggi -
siamo nel 1999)... o per qualche cambio in natura data la scarsa liquidità
dell'epoca.
Ed
al grido di "Troccane, troccane!!! Eni arrivatu u troccanaru!!!"
che ritroviamo in quei giorni il nostro simpatico compaesano mastru Totonnu D'Agostino
nell'abitato dei Gesuiti impegnato a vendere il suo carico, gettato sulle
spalle, di troccane raccolte in un filo di ferro.
Tempi
difficili quelli in cui, come già detto, non tutti potevano prendersi il lusso
di comprarsi la troccana da sfoggiare nel periodo pre-pasquale o in
occasione "du Tierrimutu Magnu". Tempi in cui, purtroppo, il
nostro giovane Totonnu si trova a fare l'errore di rifiutare di regalare
ad un bambino dei Gesuiti, presumibilmente povero in canna, una troccana.
Non
l'avesse mai fatto: di ritorno dal paese, nei pressi della Ciuranna, un
gruppo di coetanei tesagli un'imboscata, non solo gli frega le troccane
rimastegli, ma gliene darà anche di santa ragione.
Mastru
Totonnu D'Agostino imparerà i primi
rudimenti del mestiere di falegname nella bottega del nonno mastru Gaetano
'e Marrupietro, bottega frequentata da tanti altri giovani quali lo stesso
Michele Cesario (Ramaglio). Tra i troccanari famosi troviamo
anche il nostro simpatico mastr'Otello Iusi (figlio dell'altrettanto
famoso mastru Battista) che prediligeva per le sue vendite la Jiazza,
e i discepoli dei Sangermano.
I
soldi ricavati dalla vendita di questi lavoretti extra fatti dai discepoli dei
falegnami del paese nel migliore dei casi sarebbero serviti agli stessi in
occasione della fiera, nel peggiore per la copertura di vere e proprie esigenze
economiche familiari.
Le
millenarie troccane spariscono dalla nostra tradizione all'incirca verso
la fine degli anni quaranta e gli inizi dei cinquanta... ma in quegli anni,
precursori del famoso boom economico, spariranno dal nostro quotidiano
tantissime altre tradizioni e modi di essere non solo religiosi.
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