A sinistra: Majatica
con cipolla.
La majatica è un
piatto povero (così come gran parte della cucina tradizionale del territorio)
del borgo di San Fili. Un piatto che, con le dovute varianti, andrebbe
opportunamente valorizzato.
* *
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Cotoletta alla milanese, tortellini alla
bolognese, pizza alla napoletana... e per quanto riguarda la San Fili? ...
forse sarebbe il caso di parlare della "majatica"!
Intendiamoci, a San Fili le cose buone da
mangiare (in quanto produzione tipica), preparate dalle mani d'oro delle nostre
massaie e dalla sapienza secolare dei nostri anziani, sono tantissime: a 'mpigliolata
(pizza di farina gialla che, per la sua bontà, nelle sue varianti, merita un
articolo a parte) ad esempio, a chjina (dolce di carnevale), i cuddrurieddri,
i turdiddri, 'e scaliddre (o scalette), i fichi secchi
nelle loro mille ed una variante (jette, crucette ecc.) e via
dicendo.
Per quanto riguarda il termine 'mpigliolata
non mi vergogno d'ammettere d'avere un piccolo dubbio sul modo di scrivere lo
stesso. Potrebbe benissimo, infatti, scriversi 'mbigliolata o ancor
meglio (richiamando in tal modo uno dei suoi elementi base, ossia "u
migliu". Ricordando che col termine "migliu" a San
Fili si usa chiamare anche il mais o la farina di mais e non il miglio
propriamente detto)'migliulata... ma tutto ciò sarà tema di qualche
altro articolo della culinaria sanfilese.
Della majatica però se n'è un po'
persa la memoria per strada e credo sia giusto fare una rinfrescatina in
merito.
Il suo nome, rispolverando il nostro
dialetto, si traduce con "Di Maggio, Maggese, Che si fa o si produce, o
avviene nel mese di maggio" ovvero "Il terreno che si pianta a
granone e patate, presso di noi, nel mese aprile e maggio, le quali derrate si
raccolgono in settembre e ottobre, e subito dopo lo stesso terreno si semina a
grano o segale" (dal "Vocabolario del dialetto calabrese" di
Luigi Accattatis).
Parlando in piazza san Giovanni (vero
circolo dei Sanfilesi, oriundi o importati che siano, veraci) con un amico
originario di Luzzi, lo stesso mi faceva notare che la majatica nella
sua zona originariamente era fatta aggiungendo all'impasto base (farina e sale)
una polverina ricavata con parte dei fiori essiccati del sambuco ("savùcu",
pianta tipica anche delle nostre zone). Perché ritengo utile questa
precisazione? ... seppure nella zona da cui è originario l'amico compaesano la majatica
abbia ben altro nome, stranamente però, per questa ricerca popolare, il nome
del fiore del sambuco è, nel dialetto calabrese, "maju" (un
po' come a dire "fiore di maggio").
Nulla toglie, in base a questo discorso,
che importata da qualche altra zona l'idea della "majatica"
con ingrediente base appunto il citato fiore, che a San Fili abbia preso il
nome dal fiore stesso... pur cambiando successivamente l'ingrediente "maju"
originariamente "base" con altri ingredienti "variante della
zona" (cipolle tritate, insaccati di maiale affettati ecc.).
"U maju" però è anche,
nelle credenze calabresi, un fiore caro alle streghe e quindi alla magia o
"majìa", e Maja era inoltre una dea venerata dagli antichi
greci il cui culto aveva trovato adepti anche nei calabresi e la cui festa combaciava
con l'attuale giorno dell'Ascensione. Anche su quest'ultimo punto ci sarebbe,
ma non lo faremo, da soffermarci un pochino.
E' giusto però sottolineare che Maja è
madre di Ermes (il padre, inutile dirlo, è quel gran figlio di buona donna di
Giove, il quale una ne corteggiava e cento se ne portava a letto) e che Ermes è
padre di Pan... e che Pan ci rinfresca il nome della mitica Pandosia...
capitale del regno degli Enotri (popolo abitante l'Enotria, ovvero "la
terra del vino"), antico popolo da cui, secondo determinate supposizioni,
potrebbero benissimo discendere i Sanfilesi stessi.
Nella variante di Luzzi tra l'altro la majatica
diventava facilmente uno squisito dolce se si pensa che la stessa, cotta,
veniva inzuppata nel miele di fichi.
Quindi la majatica ci richiama sia
il mese di maggio, per quanto riguarda il "granone", ma anche ad un
particolare dolce importato da altri comuni del comprensorio (e forse questa è
la versione più attendibile). Quest'ultimo, tra l'altro, potrebbe benissimo
essere parte di un rituale eseguito nell'esercizio del culto della dea Maja.
Ma allora cos'è la "majatica":
... più facile a farla che a dirlo. Potremmo infatti definirla una "pizza
fritta" (anche se, a differenza di quest'ultima, la sua pasta non prevede
lievitazione) ma non certamente "nu cuddrurieddru"
o "na pittuliddra" o “na vecchiareddra” (ossia, in
quest’ultimo caso, "nu cuddrurieddru" lungo, senza buco e con
un gustosissimo filetto di "aliciu" all'interno). Non solo la
pasta dei cuddrurieddri e delle vecchiareddre infatti,
prevede una lunga lievitazione, ma gli stessi più che essere fritti vengono
bolliti nell'olio.
La majatica infatti è semplicemente
un impasto decisamente liquido, ma non troppo, di farina e sale gettato in un
tegame ("na frissura", per essere precisi) a cuocere nell'olio
bollente. Il tutto ovviamente con varianti per quanto riguarda ingredienti
aggiuntivi all'impasto stesso: un classico, come già detto, è la cipolla
affettata.
Se l'impasto fosse troppo liquido difficilmente rassoderebbe nella "frissura",
se fosse troppo duro perderebbe la sua "essenza" di majatica e
non prenderebbe l'opportuna forma tonda all'interno della "frissura"
stessa.
Tale impasto viene gettato nel tegame
("frissura") a cuocere per il tempo necessario ad indurirsi e
a prendere quella classica colorazione della rosolatura..., l'impasto, per
essere ottimale, deve coprire quasi l'intero letto della frissura. La majatica
complessivamente non deve superare di tanto il mezzo centimetro di spessore.
L'arte del cuoco, o della cuoca, oltre a mescere nelle debite proporzioni gli
ingredienti (evitando opportunamente, versando l'acqua, che la farina si
raggrumi), sta anche nel riuscire a girarla (per farla cuocere dall'altra
faccia), nel corso della cottura, senza farla sbriciolare o semplicemente
spezzare in due parti.
La majatica è buonissima, è
economica, è veloce nel tempo della preparazione... ed è strano che se ne stia
perdendo il ricordo sulle nostre tavole. A suo discapito c'è però da dire che è
pur sempre un fritto... con tutto ciò che questa parola comporta (almeno ai
nostri giorni).
Era una leccornia per il palato dei nostri
nonni, specie in un periodo in cui l'economia aveva ben poco da offrire al loro
palato. Della stessa famiglia, è il caso di dire, oggi fanno ancora parte le
"pittuliddre" di zucchine o "de jur'e cucuzza".
Proposta in ogni caso ed in altri tempi in
appositi stand in manifestazioni tenutesi nella provincia di Cosenza, sempre e
comunque come prodotto "made in San Fili". ha riscosso un notevole
successo in particolare nella variante preparata in modo classico (pastella
mischiata a cipolle e fritta) e poi inzuppata nel nostro insostituibile ed
inimitabile miele di fichi.
Nella zona dello Stretto, Torre Faro ad
esempio, in ogni caso con majatica si individua anche una diversa
gradazione del pesce appena nato (risulidda, majatica, ciciredda
ecc.), così come in Lucania è nota la coltivazione dell'ulivo conosciuto col
nome di "cultivar majatica".
In quest'articolo mi sono sbizzarrito, più
che a dare un unico "prodotto" con un'unica chiave di lettura, a dare
degli spunti per ulteriori ricerche in merito in quando, seguendo il concetto
del teatro di Brecht, non ci siamo limitati a dare delle risposte ma abbiamo
posto le basi per delle ulteriori domande... banali ma non tanto! E' possibile,
ad esempio, che la majatica (ottenuta con l'aggiunta del fiore del
sambuco) non fosse originariamente altro che un "pasto divinatorio"
in onore della dea Maja?
A chi scrive, amante della cultura
popolare e non storico per professione, basta comunque aver salvato, seppure
per breve tempo, il termine majatica dall'oblio in cui è caduto,
nell'era internet, la nostra memoria comunitaria.
A proposito, ancora oggi, quando si
prepara la pasta in casa, la pasta per dolci o per golosi salati delle nostre
zone (i cuddrurieddri, ad esempio), se l'impasto della farina è troppo
molle, all'artefice del tutto non raramente gli (o "le") si dice, a
mo' di scherzoso rimprovero: "Ma cchi volia fa': forse na majatica?".
A proposito: i tanti paesi e zone della provincia di Cosenza la majatica è conosciuta col nome di ‘nchiambara. Termine tra l'altro utilizzato in modo figurativo anche per indicare una persona non troppo sveglia nel portare a termine anche operazioni semplici.
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