La
storia che sto per narrarvi (“La testa di Sirviuzzu ed il suo giusto
cappello”), opportunamente rielaborata, fa parte dei cosiddetti “racconti del
focolare” dei nostri avi.
Vere
e proprie perle di saggezza che mostrano l’indiscussa arguzia di chi ci ha preceduto.
Noi,
per comodità di narrazione, la collocheremo storicamente verso gli inizi degli
anni settanta (1970/1973). I nomi dei personaggi sono ovviamente inventati, i
luoghi (incluso la bancarella) sono reali.
* * *
Ormai
era deciso, senza un cappello in testa Sirviuzzu non poteva starci più.
Dopotutto
un cappello dava anche signorilità, era segno di rispetto e contrassegnava le
cosiddette “persone arrivate”.
Non
importa fosse un vero e proprio cappello, ossia il copricapo prescelto dai
cosiddetti nobili... anche una coppola andava bene, anzi, meglio se una cuoppula.
I suoi paesani l'avrebbero sicuramente apprezzato di più (o quanto meno
avrebbero riso meno di lui).
I
capelli, poi, erano sempre più radi e sempre più grigi sulla sua testa.
C’era
un piccolo grande problema, però: in paese non c’era, malgrado non ne
mancassero con articoli similari, un negozio in grado di esaudire il suo
legittimo desiderio.
E
la colpa, manco a dirlo, non era dei commercianti ma di Madre Natura.
Proprio
così: una testa come quella di Sirviuzzu, una bella taglia 64 (una vera
e propria extralarge) a dirla nella misurazione dei cappelli, era decisamente
fuori dal comune e come tale... fuori commercio.
Chiedi
e richiedi, un compaesano gli dice che l’unico in grado, forse, di toglierlo
dall’impiccio era un venditore di cappelli, a Cosenza, di fianco all’accesso
del ponte di Lungo Crati: zu ‘Ntonu, per la precisione.
Presa
la corriera, il nostro eroe si reca a Cosenza dal famoso venditore di cappelli:
“Per tutte le misure e per tutti i prezzi”, si leggeva su un cartello appeso ad
un lato della bancarella.
Zu
‘Ntonu notando Sirviuzzu girare
intorno al proprio punto commerciale annusò immediatamente odore d'affare.
Prese
tra le mani, da uno scatolino ingiallito dal tempo, quella coppola che da anni
ormai non riusciva a vendere... vista la grandezza della stessa, e la porse
orgoglioso all’incuriosito potenziale acquirente.
Sirviuzzu, con un piglio d'evidente timidezza, la provò subito:
era perfetta, giusto quella che cercava e per giunta della giusta misura.
“Caro
Sirviuzzu”, si erano già presentati, gli disse il commerciante, “voglio
farti fare un affare. Si tratta di un pezzo unico e come tale non devi
spaventarti del prezzo... sette mila lire. Oltretutto... mi dici dove riuscirai
a trovare mai una coppola per la tua testa... con, rispettosamente parlando,
quelle dimensioni”.
“Sette mila
lire?” ... si domandò fra sé e sé il nostro compaesano, “... eppure il prezzo
massimo delle altre coppole non supera le tre mila lire”.
“Zu
‘Nto, io ti do' pure ragione e per questo ti voglio venire incontro:
quattro mila lire e l'affare è fatto. Credimi, qua nessuno è fesso. Dopotutto
se io non riuscirò a trovare facilmente una coppola per la mia testa... dubito
che tu, pur aspettando altri dieci anni, riuscirai a trovare una testa per la
tua cuoppula”.
Zu
‘Ntonu capì che il ragionamento non
faceva una grinza e decise di chiudere senza ulteriori tentennamenti, e
felicemente per entrambi i contendenti, la trattativa.
Dopotutto anche, ed anche in quel modo, quello era un ottimo affare.
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