A
sinistra: San Fili 1955 - Mulino di Costantino sotto la neve nei pressi del
ponte delle "Jumiceddre".
Che
sia il mulino delle fate?
Foto
ripresa dall'archivio fotografico di Francesco (Ciccio) Cirillo.
La
favola poteva essere o riportata da qualche vecchio libro, o inventata di sana
pianta sul momento oppure... realmente vissuta dal narratore o da qualche suo
avo.
Quello
che oggi vi voglio raccontare è successo a San Fili tanto, ma forse neanche poi
tanto, tempo fa... quando i mulini ad acqua spadroneggiavano ai lati del grande
solco tracciato dal torrente Emoli.
Siamo
nei pressi del ponte "du chianu di mulini" (all'incirca dove
oggi c'è la villa degli emigranti) ed una massaia sanfilese col suo misero
carico di grano sulla testa (la povertà imperversava tra i nostri avi) si
recava lemme lemme verso uno dei tanti mulini che all'epoca si trovavano nei
pressi delle "jumiceddre".
Pur
essendo poco quel grano, gli sarebbe bastato, tramutato in farina per pane e
pasta, per sfamare la famiglia un paio o forse tre giorni.
Giunta
nei pressi del ponte "du chianu di mulini", stavamo dicendo,
la massaia s'imbatte in un gruppo di simpatiche signore intente a divertirsi,
con giochi e parole argute, tra di loro.
"Che
Dio guardi sa bella brigata!", disse di cuore la massaia rivolta alle
simpatiche signore.
"Che
Dio vi guardi sa bella giornata!", risposero le signore alla massaia in
riconoscenza all'augurio ricevuto.
Inutile
dire che le signore erano fate dei luoghi circostanti e, come tutti ben
sappiamo, ogni parola che esce dalle bocche delle fate di fatto altro non è se
non un benevolo incantesimo.
Giunta
finalmente al mulino ed essendo la prima quella mattina, immediatamente
consegnò i pochi chili di grano al mugnaio sicura che avrebbe fatto presto e
che quindi, ancor più presto se ne sarebbe ritornata a casa.
Il
mugnaio, messo in moto l'ingranaggio, iniziò a macinare il grano che, macina
macina, più veniva macinato e più farina produceva. Erano passate già diverse
ore e diverse massaie si erano recate al mulino col loro carico di grano sulla
testa e tutte iniziavano a spazientirsi per la lunga attesa.
Ma
il grano della nostra protagonista più veniva macinato e più farina
produceva... tanta farina che la massaia difficilmente sarebbe riuscita ormai a
trasportarla a casa se non in tre o quattro viaggi.
Anche
il mugnaio finì per spazientirsi tanto d'arrivare a dire: "E mo' basta!
... sempre tu macini? ... ce sunnu puru l'atre c'aspettanu a tant'ure!"
Al
profferire tali parole, di botto la produzione di farina del grano della brava
ed educata massaia cessò di colpo... ma ormai la massaia era stata
adeguatamente ricompensata per il suo buon cuore e la sua educazione.
Se
trovandoti a passare a San Fili per "u chianu di mulini" ed
incontri un gruppo di giovani e belle signore (ma anche gente normale, diciamo
la verità!), non pensarci due volte a salutarle col cuore augurando loro tanto
bene... potrebbero essere delle fate e chissà a te che regalo ti faranno.
Se
poi non saranno delle fate ma gente normale, un saluto a te non sarà costato
niente... ma ci avrai ricavato sicuramente la risposta ed un bel sorriso.
Si
parla, nei pressi delle "jumiceddre" di un vecchio e
abbandonato mulino detto "il mulino delle fate": che sia quello che
ha beneficiato la protagonista di questo racconto?
By Pietro Perri.
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