SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: RACCONTI DEL FOCOLARE A SAN FILI: Vorra sapire si la morta è morta o puramente si la morta è viva.

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sabato 30 aprile 2022

RACCONTI DEL FOCOLARE A SAN FILI: Vorra sapire si la morta è morta o puramente si la morta è viva.


Interno della Chiesa del Ritiro o di santa Maria degli angeli prima del restauro degli anni '80 e prima che gli stupendi pulpiti... sparissero per sempre.

L'autore della foto non è classificato nel mio archivio.

Articolo di Antonio Asta e Pietro Perri.

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Quella che stiamo per raccontarvi è una storia successa tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX: vera o falsa non si sa', fatto sta che era uno dei pezzi forti che i nostri nonni raccontavano quando, in assenza del televisore, l'intera famiglia si riuniva attorno al focolare.

In questa storia c'è di tutto: il ricordo di qualche passo dei "Promessi Sposi", del "Decamerone" e persino del "Giulietta e Romeo" di Shakespeare; morti apparenti, amori senza confini, frati poco legati alla loro promessa di castità, la classica dabbenaggine di qualche comparsa e persino il ritornello d'una canzone popolare che ricorda tanto il motivetto de "la ballata da baronessa di Carini".

E' questa una di quelle classiche storie che restavano impresse nella memoria dei bambini dell'era pre-computerana... ed è giusto che venga salvata.

Tanto ma tanto tempo fa, la nostra Chiesa del Ritiro non era il semplice coronamento d'una vita di stenti di tanti Sanfilesi, ma anche e soprattutto una chiesa conventuale di spicco nell'intera provincia cosentina.

Un convento che, a sentir quanto riferiscono le solite malelingue, non solo per un certo periodo fu luogo di rifugio e ristoro per alcuni briganti e reazionari, ma anche e soprattutto per alcuni frati dalla dubbia moralità.

In quanto chiesa, comunque, aveva al suo interno la sua bella cripta che funzionava, come in tutte le altre chiese del paese, anche da fossa comune. La gente, spesso lasciando i propri averi ai religiosi, sperando magari di conquistarsi un posticino al sole nella vita ventura, a secondo del santo o della santa cui si rivolgeva, poteva, di volta in volta, esprimere il desiderio d'essere seppellito in questo o in quell'altro edificio consacrato.

Si dice, qui lo dico e qui lo nego, d'un frate ospite del succitato convento, debitamente ricambiato, pazzamente innamoratosi d'una paesana per giunta coniugata. Un amore (quello profano) a prima vista impossibile, ma... ben si sa che la necessità, anche in casi come questi, può aguzzare l'ingegno.

Detto fatto: uno strano intruglio bevuto dalla donna, la sopraggiunta morte e la promessa fattasi fare precedentemente dal marito d'essere seppellita nella cripta della chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Passa qualche tempo ed un compare della sventurata coppia che aveva un pezzo di terra nei pressi della sacra costruzione, scorge da una finestra una donna dalle familiari sembianze intenta a pettinarsi. Poco dopo un frate che le si avvicina, l'abbraccia e la bacia.

Sarà stato il vino di quella mattina a fargli "u spirdu", diversamente tutto ciò non si capirebbe: la comare, infatti, era ben morta e seppellita.

La seconda mattina il fatto si ripete e così anche la terza, tanto che lo sventurato si decide ad andare dal marito della donna a raccontargli l'accaduto... sicuro d'essere preso per pazzo: come si sarebbe potuto mettere in dubbio il funesto evento e la indiscussa moralità dei religiosi?

La quarta mattina a lavorare quel pezzo di terra oltre al compare c'era anche l'inconsolabile vedovo e altri due amici di famiglia: tutta gente per bene, onesta e devota... e anche quella mattina, alla stessa finestra, riecco la familiare figura femminile di nuovo intenta a pettinarsi.

Non c'erano dubbi: la morta... morta non era ma viva e vegeta.

Cosa fare: denunciare il tutto alle forze dell'ordine (col rischio d'essere presi per pazzi), o far finta di niente facendola far franca all'adultera ed al suo amante?

Per il momento era necessario in ogni caso mettere sull'avviso i due lestofanti sul fatto che comunque loro sapevano e che a tempo debito avrebbero messo in chiaro più d'una cosettina.

La sera stessa il "fu vedovo" sempre più inconsolabile con un gruppo di amici, zampogne sulle spalle, si recano nei pressi del convento ed intonano, evidentemente rivolto al frate, il seguente ritornello:

"Vorra' sapire si la morta è morta / o puramente si la morta è viva, / ca ma de dare cuntu de la morta, / ca da finestra tua l'e vista viva".

Sicuri d'aver dato una sonora lezione al frate ed all'adultera mogliettina e messisi le zampogne in spalla, si apprestavano a rientrare all'abitato... se non che, sempre a mo' di ritornello, si sentì una strana voce (maschile) prendere forma dalla finestra incriminata, recitare la seguente strofa:

"Finché su vivu io, la morta è morta. / Quannu su muartu io, la morta è viva".

(Con variante della seconda affermazione "Quannu su muartu io, si vive è viva.").


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