A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
* * *
Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

martedì 31 dicembre 2024

Il 2025 secondo l'oracolo della Mano di Fatima... by Pietro Perri.

Non essendo bisestile come il 2024... abbiamo qualche speranza in più sul fatto che nel 2025 un asteroide non colpisca la Terra.

L'importante è sopravvivere fino a capodanno.

(Ore 23:45 del 31 dicembre del 2024)

Comunque secondo l'oracolo della Mano di Fatima (legato alla numerologia) il tutto cambia di poco: il 4 (audacia, saggezza, potere) con il 5 (felicità, ricchezza, matrimonio)  finale.

Ovviamente le definizioni tra parentesi, dei numeri 4 e 5, sono da interpretare.

Però se proviamo a decifrare il quattro nelle sue audacia/potere" anche le guerre ci stanno. Ciò che non ci sta è la saggezza dei leaders mondiali. Il cinque finale (del 2025) parla comunque di "felicità, ricchezza e matrimonio" il che a livello mondiale potrebbe comunque essere sinonimo di pace e ripresa economica.

Resta purtroppo il 2000 che significa "divorzio/divisione" (cosa che purtroppo, secondo la lettura dell'oracolo segnerà l'intero millennio), lo zero all'interno dei quattro numeri (segno di mancanza di qualcosa e quindi follia), il venticinque (Intelligenza e fertilità) ed il venti (tristezza è rigidità).

Il venticinque dovrebbe caratterizzare la prima parte dell'anno mentre il venti la seconda parte con il cinque di chiusura.

Quindi gli unici periodi legati a veri e propri disagi (economici o di semplice magari immotivata preoccupazione) dovrebbero essere tra i mesi di agosto e novembre. Con un mese di dicembre destinato come al solito alla chiusura del bilancio di fine anno. 

Un bilancio che, a confronto di questo che ci stiamo lasciando alle spalle, non dovrebbe essere, a livello internazionale, poi tanto brutto... anzi.

Sicuramente molto meno brutto del 2024.

Buon 2025 a tutti... by Pietro Perri.


(post work in progress) 

martedì 24 dicembre 2024

Auguri di Buon Natale a tutti gli amici (e non solo) affezionati lettori di questo blog.

A sinistra vediamo la scannerizzazione d'una stupenda cartolina augurale realizzata a mano (e su esemplare unico) da Franco Fato… un caro amico d'Oltreoceano (originario comunque di San Fili - CS) passato prematuramente a miglior vita qualche anno addietro.

Quindi non una semplice cartolina augurale ma un vero regalo dato con tutto il cuore. Un regalo con un dono che va oltre l’umano concepibile: il proprio tempo. Ed il proprio tempo si può regalare solo alle persone cui si tiene, per un motivo o per un altro, veramente.

Non ti ho ringraziato quando ne avevo il tempo ma lo faccio oggi con tutto il cuore: ovunque tu sia, Franco, grazie.

By Pietro Perri.

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Gesù di Nazareth Maria e Giuseppe.

Mi è sempre più difficile credere nella natura divina di Gesù figlio di Giuseppe e di Maria ma non metterò mai in dubbio (da uomo del dubbio) la sua vita terrena e ciò che hanno rappresentato lui e la sua famiglia per l’Umanità.

Gesù figlio di Giuseppe e di Maria è sinonimo di famiglia e non c’è nel mondo niente di più bello della propria famiglia. Un “bene prezioso” questo che sovente viene calpestato (neanche fossero “perle date ai porci” per rifarci ad una parabola dei Vangeli) sia a causa di stupide incomprensioni che perché vittime di una malsana società moderna che cerca di isolare gli individui forse per gestirli meglio.

Fuori dalla famiglia ed isolati non siamo niente: difendete così come l’ha difeso Maria di Nazareth questo enorme tesoro. Difendetelo anche a costo della vostra stessa vita. Difendetelo anche se i vostri stessi familiari non vi capiscono né vi capiranno mai.

L'ammetto: non credo in Cristo Figlio di Dio ma semplicemente in Gesù figlio dell'uomo, di Giuseppe e di Maria. E se devo dire quale sia la miglior famiglia mai vissuta sulla Terra... non posso non dire che quella è la famiglia composta da Giuseppe, Maria e Gesù. Una famiglia, questa, che si dimostra il tutto ed il contrario di tutto... ma sempre e comunque una famiglia che ha fatto della sua unità il punto di maggior forza: nella gioia e ancor più che nella gioia... nel dolore.

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Elogio a Maria di Nazareth... protettrice della famiglia.

(Da un mio post su Facebook).

Sarà che sono un uomo e sarà che non sono neanche padre (?) a differenza di Giuseppe "il carpentiere" che di figli ne aveva anche non suoi ma, credetemi, più passa il tempo e meno riesco a capire la psicologia femminile mossa d'amore materno.

Le madri, quest'universo magico... misterioso... strano: non sono tanto felici dei figli che sono loro amorevolmente e riconoscenti vicini nel momento del reale bisogno (si contentano di un semplice sguardo, un bacio, un sorriso, un abbraccio, una parola di conforto...) quanto soffrono per la mancanza del figlio ingiustificatamente assente.

E dei padri? ... meglio non parlarne: chi non ricorda infatti la "parabola del figliol fesso e del figliol prodigo"?

E poi? ... il capolavoro di Maria di Nazareth.

Maria di Nazareth? ... eccola lì spinta da amore materno intenta a consigliare al frutto "scapestrato" del suo ventre un po' di attenzione in più nel suo dire, nel suo fare e nello sfidare senza paura il potere costituito.

E lui? ... la scaccia in malo modo dalla sua presenza. Scaccia lei ed i suoi fratelli. Perché il destino scritto si compia.

Basterebbe ciò per convincere una persona sensata a prendere una strada diversa anche da ciò che considera la sua stessa carne. Un uomo, un padre potrebbe anche farlo.... ma una madre?

Ed eccola, Maria, ai piedi della croce non impegnata a rinfacciare al proprio frutto "scapestrato" del suo ventre le mille ed una colpa addebitantegli ma... Eccola, Maria, impegnata a piangere ai piedi del figlio che in quel drammatico momento le viene umanamente tolto.

Lo rivedrà in futuro? ... c'è chi le dice di sì. Lei intanto piange. Malgrado abbia ancora tanti altri figli suoi e tanti figli non suoi cui pensare.

Lei intanto piange... il figlio che non c'è e che forse non c'è mai stato se non nel suo cuore di madre.

Strani esseri le madri.

Ma forse ancor più strani (o gli unici esseri strani in questo stupendo non duplicabile rapporto/cordone ombelicale) siamo solo noi figli degeneri.

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Dio? ... prenditi una vacanza: evita che almeno a Natale qualcuno uccida nel tuo Santo Nome.

(Da un mio post su Facebook).

Il nemico dell'umanità non è l'islamismo ma è la religione.

Pensate che una volta la religione islamista si chiamava ebraismo. Poi si è chiamata cristianesimo ed infine - oggi - si chiama islamismo.

Nel corso dei secoli comunque ha avuto un solo nome: religione.

Ed il sangue versato è stato sempre lo stesso: quello della gente di strada. Solo poche volte quello di chi gestisce il potere e/o la finanza.

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E Dio incontrò Mose.

(Da un mio post su Facebook).

La prima cosa che - sembra - disse Dio a Mosè nell'incontro illuminato e riscaldato da un roveto ardente fu: "Togliti i calzari, sei su un luogo sacro!"

E noi dovremmo ricordarci di tale ordine ogni qualvolta, la mattina svegliandoci e scendendo dal letto, mettiamo i piedi per terra.

La terra (con rispetto per gli ospiti) è e resta un luogo sacro.

A proposito, qualche anno addietro sono stato al monastero di santa Caterina ai piedi del monte Sinai ed ho toccato il roveto che secondo la tradizione è quello da cui Dio ha parlato a Mosè.

Effetti strani (tipo incontri ravvicinati del terzo tipo)? ... nessuno.

Poi sono salito sul monte Sinai nel punto in cui secondo la tradizione è salito qualche migliaio di anni addietro anche Mosè e... ho visto Dio.

L'ho visto guardando - negli occhi - oltre il confine dell'infinito la bellezza del suo Creato.

Un abbraccio e tantissimi auguri a tutti di un Buon Natale ed un felicissimo anno nuovo.

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Un caro abbraccio (ed ovviamente auguri di Buon Natale) a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


(Da un post originale del 25 dicembre 2017)

mercoledì 11 dicembre 2024

C'era una volta piazza XV Marzo - forse - a Cosenza.

La foto a sinistra, ripresa da “Google maps” (tramite screenshot debitamente tagliato), ci mostra, ripresa dall'alto, una famosissima piazza di Cosenza.

Una piazza tanto famosa che ho paura persino di scriverne il nome non volendo fare una figura di (beep!) sbagliando di scrivere lo stesso.

Mi spiego: fino ai primissimi anni di questo secolo/millennio (che poi combaciando di fatto sono la stessa cosa) ero sicuro che tale piazza fosse piazza Prefettura (in virtù del fatto del "Palazzo del Governo" che vi si affaccia sulla sinistra nella foto) o piazza Alfonso Rendano (in virtù dell'omonimo Teatro che vi si affaccia sulla destra nella foto) ma poi...

E comunque ancora oggi se chiedete a tanti cosentini doc come si chiama tale piazza vi risponderanno, senza ombra di dubbio, che si chiama appunto "Piazza Prefettura" anzi no "Piazza Rendano". O è "Piazza Bilotti"... visto che all'ex sindaca di Cosenza Eva Catizone nel corso del suo mandato era venuta in testa la bella Idea di cambiare il nome di tale piazza da "Boh!" (mi si permetta la perdita di memoria) in, appunto, il nome del locale mecenate tra l'altro, all'epoca neanche passato a miglior vita.

Cosa che sembra abbia fatto poco dopo il nascere di tale idea.

Fortunatamente al caro Domenico Bilotti sarà intitolata un'altra stupenda Piazza di Cosenza ma non senza prima aver cacciato, con un bel calcio in c*lo, il precedente occupante col suo cognome che tanti dubbi aveva fatto venire in testa in altri tempi a chi si soffermasse solo sul cognome: da Piazza (Luigi?) Fera a piazza Bilotti il percorso burocratico fu decisamente breve. Dopotutto " Piazza Fera" altro non era se un vecchio sito periferico in cui anticamente si teneva un'importante fiera agricola... secondo certi dotti cosentini della domenica.

Il tutto alla faccia del povero Luigi Fera: medico professore e politico di caratura nazionale.

Ma forse ho deviato un po' troppo dal filo conduttore ovvero dal rispondere alla domanda... ma come (beep!) si chiama la piazza che si trova a Cosenza vecchia e sui cui lati si affacciano il palazzo che ospita l'Ente Provincia (non credo più la Prefettura), il Teatro Alfonso Telesio, la Biblioteca Civica ecc. ecc. ecc.?

Secondo me, cosa che scoprii, così come dissi all'inizio del post, nei primi anni di questo secolo/millennio, dovrebbe, o quantomeno potrebbe, chiamarsi Piazza XV Marzo.

Una data, quella del 15 marzo 1844, che ci riporta all'unica pagina storica accreditata ai cosentini a livello nazionale con riferimento, oltretutto, al nostro Risorgimento.

Una pagina storica, quella della sommossa cosentina del 1844, che persino i cosentini, forse orche realmente assenti in tale occasione, stentano a riconoscere come loro.

Dopotutto nella futura piazza XV Marzo c'erano tante teste calde i paesi vicini alla città capoluogo tranne che gente brucia (o se ce n'era qualcuno... sicuramente vi era in nome proprio e per proprio conto).

Ed all'epoca, nel 1844, quella era "Piazza dell'Intendenza".

Ma oggi, ripeto, "Piazza dell'Intendenza" poi "Piazza XV Marzo" poi (solo per i cosentini veraci) "Piazza Prefettura" o "Piazza Rendano" poi mancata "Piazza Bilotti" poi forse nuovamente "Piazza XV Marzo" poi... come (beep!) si chiama questa (beep?) di piazza?

Fortunatamente a risolvere il problema, negandoci ogni sorta di dubbio, ci viene in aiuto il motore di ricerca Google con la sua app collegata "Google maps": la piazza incriminata per volontà della "rete" si chiama, forse... a me qualche dubbio resta, "Piazza Coriolano Martirano" (bravissima persona che ho avuto oltre piacere di conoscere).

Una piccola domanda comunque permettetemi di pormela: secondo voi alla Prefettura, all'ente Provincia di Cosenza, alla Biblioteca Civica, al Teatro Alfonso Rendano, al Comune di Cosenza... qualcuno lo sa ancora come si chiamerà fino a domani mattina questa stupenda storica piazza?

Una piazza cui siamo forse affezionati più noi residenti nei borghi alla periferia della Città dei Bruzi che i cosentini stessi?

By Pietro Perri.

mercoledì 30 ottobre 2024

ATENA/MEDUSA NELLA GIORNATA DEDICATA ALLA DONNA by PIETRO PERRI.

Immagine a sinistra (ripresa dal web): scudo con testa di Medusa opera del grande Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. 

Di seguito riporto due post pubblicati dallo scrivente sul social network Facebook. Tali post parlano del mito di Medusa e della dea Atena in una mia libera interpretazione collegata tra l'altro ad uno dei tanti drammi cui la donna è da sempre succube: la violenza. 


ANCHE NEL MITO DI MEDUSA È LA DONNA STESSA LA PEGGIOR NEMICA DELLA DONNA.

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Il mito di Medusa ricalca in pieno il dramma delle donne che subiscono violenza.

Medusa, infatti, sacerdotessa "prediletta" (?) del tempio della dea Atena viene violentata dal Poseidone, dio del mare.

E chi dovrebbe prendere la sue parti nella brutta storia, la dea Atena in persona (o in divinità che dir di voglia), è la prima a condannarla e scacciarla dal suo tempio e dalla sua luce.

Medusa, dopotutto, è solo una donna, seppur bellissima, di misera estrazione sociale.

Atena, donna, è la prima a giudicare ed a condannare una donna, Medusa, forse perché colpevole di essere bella e casta... da invidiare.

Le donne, in questo mito, non fanno squadra... così come le donne del mondo reale. 

Ed è proprio per questo, purtroppo, malgrado quanto dalla stessa subìto, che Medusa pagherà la sua "vergogna" col taglio della testa.

Eppure a far breccia ancora nella cuore degli uomini (o quantomeno  nel subconscio simbolico di questi) dopo 3 o 4 mila anni non è la dea Atena, delegata a pura leggenda mitologica, ma è proprio Medusa.

Grande la sua interpretazione dell'altrettanto grande Caravaggio.

By Pietro Perri.


E SE IL MITO DI MEDUSA FOSSE L'ALTRO VOLTO DELLA DEA ATENA?

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Atena oltre ad essere dea della sapienza, delle arti e della strategia in battaglia è, cosa da non sottovalutare nel mito di Medusa, anche dea... vergine. 

Ma, siamo proprio sicuri che sia stata veramente una dea vergine o c'è qualcosa su cui, rileggendo più approfonditamente il mito della povera Medusa (sacerdotessa prediletta da Atena, violentata nel tempio consacrato alla sua amata e per questo disconosciuta dalla stessa) dovremmo soffermarsi con un po' di più attenzione?

Siamo sicuri che nel tempio di Atena ad essere stata violentata non fu una seppur grande sacerdotessa ma la dea stessa che, rimasta scioccata da tale atto, non trova metodo migliore del disconoscere lo stesso se non scindere/rinnegare dalla sua vita il momento è viverlo come se non fosse accaduto a sé?

Atena nel mito della povera Medusa sembra rinnegare la sua sacerdotessa (cosa strana per una dea che tra l'altro viene riconosciuta come dea della saggezza). Eppure ritroviamo, dopo l'increscioso episodio ed ovviamente in alcune iconografia classiche, la dea Atena con uno scudo in mano, a difesa della propria persona, su cui fa bella vista di sé proprio la testa della sua Medusa.

Possibile che la dea Atena in un primo momento rinneghi la sua sacerdotessa come se si vergognasse della stessa, di ciò che aveva subito la stessa, e poi ne faccia argomento di forza e quindi di vanto? Quasi che la vergine, violentata selvaggiamente ed ignobilmente nel modo e nel luogo dalla stessa considerato più sacro, ritrovasse successivamente maggior forza (vita/consapevolezza di sé/nuova verginità... purezza verso sé stessa ed il resto del mondo) e nuova natura.

È come se Atena/Medusa dicesse alle donne che hanno subito violenza di non vergognarsi (perché non sono loro a doversi vergognare) ma di rinascere a nuova vita più forti di prima ed affrontare a testa alta il nuovo futuro riappropriandosi di ciò che è loro: la sacralità del proprio tempio.

Adoro la mitologia greca.

By Pietro Perri.

sabato 26 ottobre 2024

NATUZZA EVOLO... L'ULTIMA SPERANZA - By Pietro Perri.

20 ottobre 2024... visita al santuario (?) di Paravati (in provincia di Vibo Valentia). Un luogo di culto dove riposano tra l'altro le spoglie mortali della mistica Natuzza Evolo.

Cosa mi ha lasciato di particolare quella stupenda giornata sulla via della ricerca di una luce smarrita due o tre decenni addietro e mai più ritrovata? La luce della fede in un Essere Superiore?

Da miscredente uomo del dubbio potrei anche rispondere, prendendo in giro me stesso, "un bel tartufo nero mangiato sulla via del ritorno alla gelateria Dante nella stupenda piazzetta a Pizzo calabro".

Ma questa è una certezza ed un uomo del dubbio come me non può avere certezze... sarebbe la sua condanna a morte.

Ed allora la mia mente ritorna indietro di qualche passo (e magari qualche chilometro percorso in pullman) e mi riporta nel luogo in cui riposano le spoglie mortali della mistica di Paravati (VV)... mamma Natuzza Evolo.

Mi riportano in quello stanzino appartato in cui la fa da padrone una tomba in marmo rosa. Una tomba in cui a volte si fa la fila solo per poggiarci sopra una mano o entrambe le mani al fine di congiungersi, di aprire un filo diretto con ciò che continuo a definire... l'ultima speranza.

Fortunatamente un'ultima speranza che non è ancora mia... che spero non sarà mai mia.

E davanti a quel freddo simulacro, quel freddo marmo che al solo toccarlo dà l'impressione di un caldo accogliente senso materno... i miei dubbi sembra cerchino di sopravvivere inutilmente a se stessi.

Ma quell'attimo, questa sensazione, quel giorno non era per me.

Quell'attimo, quella sensazione quel giorno, quell'attimo era solo per una giovane donna inginocchiata ai piedi di quella tomba, della tomba della cara madre... mamma Natuzza, con le mani e la fronte incollate al freddo/caldo sensibile marmo, con gli occhi pieni di lacrime... con un pianto continuo che spezzava i cuori dei presenti e che costringeva i presenti a piangere e pregare insieme a lei e per lei.

Nessuno di noi sapeva il perché della dolorosa e straziante preghiera ma tutti eravamo certi che quel giorno le orecchie di mamma Natuzza Evolo erano solo per la povera ragazza.

Personalmente continuo a restare un uomo del dubbio ed a sopravvivere, a volte con grande sforzo fisico e psicologico, nel mio dubbio.

Ma la domanda, il mio dubbio diventato certezza nella sua stessa esistenza, mi assale ed annienta: "Chi sono io per negare a quella povera ragazza... il diritto Alla SUA ultima speranza?" 

By Pietro Perri.

mercoledì 16 ottobre 2024

La predicazione di Gioacchino da Fiore sui monti di Rende/San Fili. Di Salvatore Turuccio Mazzulla.

Nella foto a sinistra: veduta laterale della Chiesa di santa Lucia nella frazione Bucita di San Fili (CS). Nell’area in cui ricade quest’antico edificio di culto secondo la tradizione vi ha tenuto delle prediche il quasi beato (santo per Dante Alighieri che lo colloca nel suo Paradiso) Gioacchino da Fiore.

Foto ovviamente… by Pietro Perri.

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Salvatore "Turuccio" Mazzulla e l'abate Gioacchino da Fiore.

(Breve nota di Pietro Perri)

Tra le persone che hanno dato tanto a San Fili, pur costantemente costrette da problemi personali e da una società di "dubbia moralità" che nel suo piccolo non perdona neanche il fatto d’essere nati in una famiglia anziché in un’altra (San Fili come tanti piccoli borghi calabresi è anche e soprattutto questo) o di sottomettersi alle decisioni non appellabili di gruppi settati, ottenendone il cambio solo un briciolo di damnatio memoriae, vi è sicuramente il caro indimenticato (?) Salvatore “Turuccio” Mazzulla.

Per anni Salvatore "Turuccio" Mazzulla ha cercato invano di recuperare un po’ di memoria storica della Comunità Sanfilese.

Spesso lavorando, purtroppo e forse anche stupidamente, nel fare da cassa di risonanza agli altri invece di lavorare per fare da cassa di risonanza a se stesso.

Ottima voce interpretativa (nel recitare versi suoi, in quanto autore di bellissime e toccanti poesie, o d’altri aveva un dono naturale) non disdegnava di dividere il palco con chi "in quel determinato momento" gli camminava affianco.

Oggi di Salvatore “Turuccio” Mazzulla riporto in questo mio spazio web un breve scritto (spunto per una ricerca) pubblicata sul Notiziario Sanfilese del mese di agosto del 2008.

In questo scritto il nostro compaesano ci parla del beato (con qualche legittimo dubbio) Gioacchino da Fiore. Ovvero dell'eretico calabrese (come lo definiscono alcuni studiosi della sua enorme ed illuminante opera religiosa, filosofica e letteraria) citato tra l'altro persino in un versetto della Comedia di Dante Alighieri.

Una citazione, quella di Dante Alighieri (quasi contemporaneo all'abate Gioacchino da Fiore), che ci dimostra l'importanza ("visione profetica"), già nei suoi tempi, dell'illustre calabrese. Un'importanza decisamente malvista persino oggi dalla Chiesa di Roma.

Nei versi 139-141 del XII canto del Paradiso il sommo poeta infatti ci segnala:

Rabano è qui, e lucemi dallato

il calavrese abate Giovacchino,

di spirito profetico dotato.

La nota di Salvatore "Turuccio" Mazzulla ci immerge in un breve ricordo dei luoghi dell’abate Gioacchino da Fiore ed in particolare sul suo, quasi certo, passaggio per San Fili (per la frazione Bucita del comune di San Fili, per essere più precisi).

Tale paginetta, scritta da Salvatore "Turuccio" Mazzulla, prematuramente e drammaticamente scomparso nel 2012, riporta come titolo:

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Nei luoghi dell’abate (spunti di ricerca).

La predicazione di Gioacchino da Fiore sui monti di Rende.

Di Salvatore Mazzulla

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Domenico Martire in “Calabria Sacra e Profana” parla di Bucita come uno dei luoghi della predicazione di Gioacchino ma la associa al fiume Surdo, chiaramente nel territorio di Rende (che comprendeva comunque il territorio di San Fili), questo “errore” di Martire (anche se dimostreremo in seguito che non è un suo errore) ha fatto considerare dubbia l’ipotesi della sua permanenza anche a Bucita oltre che a Rende sul fiume Surdo.

Padre Francesco Russo al I Congresso internazionale di studi gioacchimiti nel 1979 per quanto riguarda La figura storica di Gioacchino da Fiore afferma:

«negli anni 1152-53 si recò alla Sambucina di Luzzi e circa un anno dopo, non essendo ancora sacerdote* si recò a Bucita in territorio di San Fili a predicarvi la parola di Dio con quel fervore mistico che sarà la sua caratteristica». Altre fonti citano chiaramente Bucita ma saranno esaminate in seguito. Partendo dall’ipotesi che sia stato sia a Bucita che sul Surdo, si tratta ora di individuare i luoghi.

Nel corso di un convegno tenutosi nel teatro comunale di San Fili nel mese di novembre 2003 sul recupero del patrimonio linguistico, chiesi al Prof. John Trumper se un toponimo potesse avere valore di documento storico ed egli mi rispose di sì.

Forte di questa affermazione insieme ad Antonio Asta ed a Pietro Perri iniziammo questo tipo di ricerca ed abbiamo scoperto tre toponimi significativi: lauri, aira di corazzo e grangu. Per quanto riguarda il primo mi era stato già indicato dallo storico Amedeo Miceli di Serra di Leo la cui famiglia risulta proprietaria di un vasto territorio sopra Bucita.

In località Lauri secondo gli intervistati (cacciatori, boscaioli ed anziani) dovevano esserci i ruderi di uno scarazzu (casolare di montagna) si trattava ora di fare un sopralluogo, insieme ad Antonio Asta ci siamo recati nel luogo che ci avevano indicato ed effettivamente vi erano dei ruderi che ad una prima impressione sembravano molto antichi e il tipo di costruzione sembrava risalire ad un’epoca molto lontana.

Chiaramente questa costruzione antica che sorge in un luogo che si chiama lauri sotto la quale scorre un ruscello che si chiama grangu e al di sopra un piano che si chiama aira di Corazzo mi ha fatto subito pensare ad una piccola grangia dove prima c’era una laura, ma questo chiaramente spetta agli esperti stabilirlo,** se la mia ipotesi dovesse risultare vera potrei affermare che quel rudere è la grangia che ha ospitato Gioacchino.

Il terzo toponimo mi richiamava alla mente l’Abbazia di S. Maria di Corazzo, ci doveva essere per forza un legame con Bucita ed infatti avevo ragione: in un atto del 1225 Bucita risulta tra le terre dell’Abbazia di Corazzo.

…….. et tenimentum Bucchitae cum canonibus castanetis suis in territorio Montis Alti, cuius tenimenti fines sunt isti: ab oriente est via publica, ab occidente locus qui dicitur Deo Gratias et Petra Cruciata; ab uno latere flumen Bucchitae, et ab alio flumen Lorici, et concluditur…

 

I toponimi deo gratias e petra cruciata ci sono ancora mentre quello dei fiumi è cambiato ma senza ombra di dubbio è la nostra Bucita.

 

* Il Tocco pensa che questo fatto abbia provocato la reazione dell’Arcivescovo di Cosenza, il quale gli avrebbe interdetto la predicazione (L’eresia nel medioevo - Firenze 1884 - pp. 269-270).

** Negli anni seguenti il Miceli ha fatto visitare i ruderi dall’Arch. Terzi che li ha collocati in un’epoca successiva.

 

Salvatore Mazzulla. 

sabato 14 settembre 2024

La storica Grotta Azzurra di Giovanni Calomeni a San Fili.



Nella foto a sinistra: l’entrata della cantina “Grotta Azzurra” di Giovanni Calomeni. La stessa si trova a San Fili nel mezzo della scalinata in pietra di fiume che collega corso XX Settembre (all’altezza dei palazzi della famiglia Gentile e della famiglia Miceli (mmienzu u puontu) con via Guglielmo Marconi (all’altezza dell’edificio che ospita le scuole elementari del borgo. La scesa, via Roma o Chiarieddru che dir si voglia, è caratterizza dalla presenza di una scalinata realizzata per buona parte a secco in pietra di fiume.

L’articolo e la foto sono entrambi a firma Pietro Perri. L’articolo è stato proposto una prima volta, verso la fine degli anni novanta, sul quindicinale a tiratura locale “l’occhio” e successivamente, nel mese di novembre del 2009, sul Notiziario Sanfilese.

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La cantina dei Miceli, situata ara scisa di via Roma (Chiarieddru, per i sanfilesi d.o.c.!), una delle poche stupende ed impareggiabili scalinate realizzate in pietra di fiume ed ancora non completamente distrutte dai nostri laboriosi ed insostituibili amministratori trentennali (per la serie: "come hanno distrutto loro, non distruggono neanche i bombardamenti degli americani"!), conosciuta nell'ambiente degli intenditori per diversi decenni come "la Grotta", fu gestita dagli inizi del 1900 e fino al 1930 circa da un certo Ferdinando "Cacavineddra" .

Ferdinando "Cacavineddra" vendeva il vino dei Miceli ottenendone in cambio una percentuale sul guadagno. Dal 1930 in poi (esattamente fino al 1977) "la Grotta" sarà gestita da Salvatore Calomeni cui subentrerà successivamente il figlio Giovanni. Giovanni Calomeni non solo gestirà (seppure per un breve periodo, tenuto conto che il mondo iniziava tragicamente a cambiare) detta cantina ma finirà per acquistarne dai Miceli gli stessi locali.

Giovanni Calomeni inoltre affiancherà al nome di "Grotta" il qualificativo di "azzurra", dipingendone tra l'altro con tale colore l'accesso alla stessa.

Il nostro compaesano Giovanni Calomeni (persona affabile che noi ricordiamo anche per la sua ultradecennale macelleria 'mmianzu u puontu) tra l'altro volendo rompere la secolare tradizione d'acquistare il vino (o quantomeno il mosto) da vendere a San Fili nei paesi a ridosso di Cosenza (Zumpano, Donnici ecc.) così com'era sempre stato fatto dai gestori delle nostre cantine, ebbe la felice idea d'organizzare nei pressi di piazza Rinacchio (nei magazzini sottostanti dell'abitazione dei Palermo) un locale per la trasformazione, su larga scala, dell'uva in mosto (nu parmiantu). Uva che il Calomeni acquistava direttamente in Puglia. Tale parmientu fu operativo negli anni compresi tra il 1965 e il 1980.

Personalmente ancora ricordo (anche perché per un certo periodo tra queste vi furono i miei genitori) le numerose persone (donne e uomini) che vi lavoravano nel periodo della vendemmia.

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Gli uomini erano impegnati nel far funzionare le macchine, per niente automatiche o quantomeno semiautomatiche (se non per il torchio a pressione, presenti nel locale/parmientu che si trovava al piano seminterrato dell’abitazione della famiglia Palermo nei pressi di piazza Rinacchio (attuale piazza Adolfo Mauro). Le donne che portavano sulla testa dal piano strada al piano locale/parmientu le cassette piene d’uva in quanto il camion non era in grado di avvicinarsi ulteriormente nel punto in cui avrebbe dovuto mettere a disposizione dei lavoranti la propria preziosa mercanzia. Le donne erano pagate un tot a cassetta d’uva trasportata.

(n.d’a: aggiunta successiva alla pubblicazione dell’articolo)

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Era anche questo un modo come un altro per aiutare l'economia non sempre rosea di alcune famiglie della nostra comunità.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace.

giovedì 12 settembre 2024

Il Salotto buono dei Sanfilesi: il tabacchino dell’amico Antonino Foti.



Nella foto a sinistra (da sinistra) gli amici Antonino “Nino” Foti e don Cesare “Cesarino” Gentile impegnati in una cordiale interessante chiacchierata aperta in ogni caso a tutti coloro che avevano voglia di fermarsi cinque minuti o solo un attimo giusto per i saluti d’obbligo e di rito. Don Cesare Gentile e Nino Foti sono seduti davanti al tabacchino gestito da quest’ultimo. Lo stesso tabacchino che per diversi decenni vide quale gestrice la nostra indimenticata compaesana Lisetta Calomeni. La foto, così come l’articolo, è… by Pietro Perri.

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Da un breve articolo/ricordo pubblicato, a firma dello scrivente Pietro Perri, sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre del 2009. Un articolo che serviva anche a ricordare l’indimenticata Lisetta Calomeni (storica gestrice del tabacchino… mmienz’u puontu. Un tabacchino in cui si poteva trovare un po’ di tutto ed in cui mia madre mi comprò tra l’altro il mio primo orologio. Un orologio a carica automatica - bastava muovere il polso per dare vita all'ingranaggio - che conservo tutt’ora).

Un breve articolo che oggi serve a ricordare anche i cari Antonino “Nino Foti” e don Cesare “Cesarino” Gentile.

Oggi, dopo alterne brevissime vicende, quel tabacchino esiste solo nel ricordo di quelli che ormai abbiamo una certa età.

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Strano a dirsi ma ancor più strano a pensarsi: per avere un salotto buono per i Sanfilesi doc lungo corso XX Settembre… ci voleva un siciliano. Parliamo dell’amico Antonino (Nino) Foti, l’attuale gestore dello storico tabacchino de “mmienz’u puontu”!

Storico tabacchino in quanto lo stesso, come ricorderanno i nostri anziani (ma anche tantissimi che ancora proprio anziani non siamo), fu per vari decenni gestito dalla nostra indimenticabile compaesana Lisetta Calomeni.

Decisamente il nuovo “Salotto buono dei Sanfilesi” in quanto altro nome non si potrebbe dare al tabacchino dell’amico Antonino “Nino” Foti.

Fa sempre piacere, infatti, ammirare le sue accattivanti vetrine ed ancor di più piacere fermarsi là davanti a scambiare due parole con il cordiale Nino e con i suoi tanti graditissimi ospiti.

Un nome per tutti? … l’affabilissimo nostro concittadino prof. Cesarino Gentile.

Siamo in tanti (sempre piacevolmente accorgendoci di non essere gli unici) quelli che non possiamo fare a meno di fermarci a salutare (e ad ascoltare), ogni volta che percorriamo corso XX Settembre, l’amico Antonino “Nino” Foti e i suoi tantissimi ospiti... tutti sempre straimpegnati in eruditissime discussioni sul più e sul meno.

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Nella foto a sinistra l’indimenticata Lisetta Calomeni (archivio Ciccio Cirillo).

Un caro saluto a tutti dal vostro sempre affezionato Pietro Perri.

…/pace.


venerdì 30 agosto 2024

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (9/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.




Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri)… piccola cascata lungo il corso del torrente Emoli nel tratto ricadente in territorio di San Fili. La piccola cascata, non l’unica, ovviamente è di origine artificiale. E di tale se ne trovano più di una nel citato tratto.

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Per chi avesse perso le prime 8 (o qualcuna delle prime otto) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini.

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Agli inizi di marzo del 2013 non avendo come al solito (qualcuno dirà), specie in quel periodo, un granché da fare… decisi di fare una bella passeggiata in solitario lungo un caratteristico tratto, ricadente ovviamente in territorio di San Fili, del torrente Emoli… u jume di santufilisi.

Se l’occasione fu andare a constatare di persona la reale consistenza d’una frana che aveva in quei giorni interessato il versante “coste” (lato appunto torrente Emoli) del nostro centro storico (fortunatamente non creando danni alle abitazioni sovrastanti) il desiderio prendeva forza dal voler rivivere, seppure per poche ore, l’aria gioiosa che avevo respirato in parte di quei luoghi quando ancora non ero altro che un fanciullo in erba.

Ritornare cioè, con la mente, al tempo dei miei primi 10 o 12 anni, adesso che ne avevo quasi 52, e rivivere qualcuna di quelle straordinarie avventure che ci videro protagonisti, in quegli spensierati anni, a me e ad alcuni cari amici e compagni di scuola.

Tra questi gli indimenticati, seppur persi per strada, Giuseppe Pinuzzu Storino e Gaetano Scarpelli. Con il primo sono stato compagno di scuola e per buon tempo anche compagno di banco sia alle scuole elementari che alle scuole medie. Con il secondo solo alle scuole medie. Su entrambi prima o poi dovrò scrivere qualcosa… per rinverdire i begli anni che furono.

Con loro vissi “avventurosamente” buona parte di quelli anni sia all’interno dell’ambiente scolastico che nelle ore di svago che ci erano concessi tra un impegno e latro di studio nei vicoli del paese (giocando magari ara ‘mmucciareddra o a toccafierru o ara guerra ccu ra cerbottana o a mazzetti ed altri giochi con le carte napoletane o a vattemuru o a mazz’e squiddreru o aru pallone… mitico supersantos o a…) oppure nel territorio circostante il centro abitato stesso.

Nella puntata precedente di questa stupenda passeggiata lungo un buon tratto del torrente Emoli ricadente in territorio di San Fili (una passeggiata che consiglierei a tutti… se l’amministrazione comunale di San Fili un domani se la sentisse di rendere fruibile ai più tale stupendo percorso/sentiero storico-naturalistico-salutare) ho parlato della presenza sullo stesso di ben tre ponti realizzanti in pietra di fiume risalenti, presumibilmente al primo secolo del millennio che ci siamo appena lasciati alle spalle: qualcuno dice a molto tempo prima e qualcuno dice a molto tempo dopo. Comunque tre stupendi ponti in pietra ognuno con particolarità del tutto soggettive: u ponte de Jumiceddre, u pont’e Crispinu e u ponte de a Pruficu. Tre ponti unici tutti e tre ricadenti nel tratto del torrente Emoli che attraversa il territorio di San Fili.

Ma, qualcuno dirà, vale la pena farsi “s’ancata ‘e culu” (tipico modo tutto sanfilese per significare una grossa fatica quasi per niente) solo per vedere tre ponti realizzati a secco in pietra di fiume… seppure tre ponti comunque ultracentenari?

Diciamo che già per la presenta di questi tre ponti varrebbe la pena farsi questa salutare “ancat’e culu” ma, credetemi, in questa passeggiata delizierete i vostri polmoni e appaghereste la vostra sete di cultura (in particolare per gli appassionati “d’archeologia”, permettetemi il termine, industriale) con ben altro che non solo questi tre ponti in pietra di fiume realizzati in chissà quale secolo passato.

Un esempio di ciò che potremmo apprezzare in questa passeggiata sono i vari mulini ad acqua, ovviamente ciò che ne resta visto che ormai sono decenni che non portano avanti il compito per cui erano stati realizzati; presenti nel succitato… consigliato tratto.

Partendo infatti dal ponte de’ Jumiceddre (cui ci si arriva da una discesa, leggermente ripida, poco più avanti della “villa degli emigranti” ovvero dal belvedere su cui troneggia u curc’e Catalanu) fino ad arrivare al ponte in zona Volette-Profico ci imbattiamo in non meno di 5 o 6 resti di mulini ad acqua.

Cosa? … dite che esagero parlando della presenza dei resti di 5 o 6 mulini ad acqua lungo il tratto del torrente Emoli che scorre sul territorio comunale di San Fili?

Forse qualche errore l’ho fatto ma… solo per ignoranza e solo per difetto.

Oltretutto due di questi mulini ad acqua, quello poco al di sotto de u curc’e Catalaunu e quello vicino aru pont’e Crispini sono stati anche sede. E forza motrice, di due centraline idroelettriche di proprietà e gestione di famiglie sanfilesi.

Dopotutto, mai dimenticarlo, San Fili, grazie a queste due centraline idroelettriche, fu un uno dei primi borghi della provincia di Cosenza a godere. Anche se in via ancora sperimentale, della corrente elettrica e comunque lo fu prima della stessa città di Cosenza: era il 1905.

Per correttezza, anche se non usufruenti dell’acqua del torrente Emoli come forza motrice, vorrei segnalare la presenza sul territorio sanfilese di altri due mulini ad acqua, uno dei quali, u mulin’e Filibertu, conservato (grazie alla famiglia Cribari, proprietario dello stesso) decisamente bene. Sono di due mulini ad acqua ricadenti nel territorio interessato dalla frazione Bucita e che sfruttavano le acque di due adiacenti torrenti.

Resta ovviamente da godere, in tale bellissima passeggiata/sentiero (che si potrebbe proporre come alternativa turistica) del bellissimo panorama che ci si presenta ad ogni tornante in modo diverso davanti ai nostri occhi e della storia folcloristica ad esso collegata: i ruonzi in cui prendevano il bagno i fanciulli ante 1960 (tenuto conto che quasi nessuna casa almeno fino alla fine degli anni cinquanta aveva vasche da bagno o docce all’interno della stessa), le pietre su cui le nostre nonne andavano a lavare i panni, le fontane/sorgenti naturali (qualcuna fatata) tutte potabili e tutte eroganti acqua con caratteristiche oligominerali, le piccole cascatine in cui ci si imbatte a distanza di poche decine di metri l’una dall’altra con particolare riferimento a quella de u bacile (sicuramente la più antica e caratteristica) ovvero de u mare, all’epoca, de i santufilisi, della stupenda vegetazione che in alcuni punti ci fa rivivere anche miti televisivi quali quelli del sempreverde Tarzan (le famose liane - la nostra vitarva - crescono in modo spontaneo e cospicue in determinati punti lateralmente al punto in cui scorre il torrente), di alcuni miti greci come quello del ruscelletto che scorre a valle, immergendosi gioioso nel torrente Emoli e… chi più ne ha più ne metta.

Credetemi, forse è arrivato il momento giusto affinché l’amministrazione comunale di San Fili, magari d’accordo con l’amministrazione comunale di Rende, si decida in modo coscienzioso e serio nell’iniziare a pensare a come realizzare un recupero del succitato percorso mettendo lo stesso a disposizione (fruibile) sia dei sanfilesi che di quanti, venendo dalla città, abbiano intenzione di passare una giornata veramente diversa.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!