A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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venerdì 30 agosto 2024

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (9/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.




Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri)… piccola cascata lungo il corso del torrente Emoli nel tratto ricadente in territorio di San Fili. La piccola cascata, non l’unica, ovviamente è di origine artificiale. E di tale se ne trovano più di una nel citato tratto.

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Per chi avesse perso le prime 8 (o qualcuna delle prime otto) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini.

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Agli inizi di marzo del 2013 non avendo come al solito (qualcuno dirà), specie in quel periodo, un granché da fare… decisi di fare una bella passeggiata in solitario lungo un caratteristico tratto, ricadente ovviamente in territorio di San Fili, del torrente Emoli… u jume di santufilisi.

Se l’occasione fu andare a constatare di persona la reale consistenza d’una frana che aveva in quei giorni interessato il versante “coste” (lato appunto torrente Emoli) del nostro centro storico (fortunatamente non creando danni alle abitazioni sovrastanti) il desiderio prendeva forza dal voler rivivere, seppure per poche ore, l’aria gioiosa che avevo respirato in parte di quei luoghi quando ancora non ero altro che un fanciullo in erba.

Ritornare cioè, con la mente, al tempo dei miei primi 10 o 12 anni, adesso che ne avevo quasi 52, e rivivere qualcuna di quelle straordinarie avventure che ci videro protagonisti, in quegli spensierati anni, a me e ad alcuni cari amici e compagni di scuola.

Tra questi gli indimenticati, seppur persi per strada, Giuseppe Pinuzzu Storino e Gaetano Scarpelli. Con il primo sono stato compagno di scuola e per buon tempo anche compagno di banco sia alle scuole elementari che alle scuole medie. Con il secondo solo alle scuole medie. Su entrambi prima o poi dovrò scrivere qualcosa… per rinverdire i begli anni che furono.

Con loro vissi “avventurosamente” buona parte di quelli anni sia all’interno dell’ambiente scolastico che nelle ore di svago che ci erano concessi tra un impegno e latro di studio nei vicoli del paese (giocando magari ara ‘mmucciareddra o a toccafierru o ara guerra ccu ra cerbottana o a mazzetti ed altri giochi con le carte napoletane o a vattemuru o a mazz’e squiddreru o aru pallone… mitico supersantos o a…) oppure nel territorio circostante il centro abitato stesso.

Nella puntata precedente di questa stupenda passeggiata lungo un buon tratto del torrente Emoli ricadente in territorio di San Fili (una passeggiata che consiglierei a tutti… se l’amministrazione comunale di San Fili un domani se la sentisse di rendere fruibile ai più tale stupendo percorso/sentiero storico-naturalistico-salutare) ho parlato della presenza sullo stesso di ben tre ponti realizzanti in pietra di fiume risalenti, presumibilmente al primo secolo del millennio che ci siamo appena lasciati alle spalle: qualcuno dice a molto tempo prima e qualcuno dice a molto tempo dopo. Comunque tre stupendi ponti in pietra ognuno con particolarità del tutto soggettive: u ponte de Jumiceddre, u pont’e Crispinu e u ponte de a Pruficu. Tre ponti unici tutti e tre ricadenti nel tratto del torrente Emoli che attraversa il territorio di San Fili.

Ma, qualcuno dirà, vale la pena farsi “s’ancata ‘e culu” (tipico modo tutto sanfilese per significare una grossa fatica quasi per niente) solo per vedere tre ponti realizzati a secco in pietra di fiume… seppure tre ponti comunque ultracentenari?

Diciamo che già per la presenta di questi tre ponti varrebbe la pena farsi questa salutare “ancat’e culu” ma, credetemi, in questa passeggiata delizierete i vostri polmoni e appaghereste la vostra sete di cultura (in particolare per gli appassionati “d’archeologia”, permettetemi il termine, industriale) con ben altro che non solo questi tre ponti in pietra di fiume realizzati in chissà quale secolo passato.

Un esempio di ciò che potremmo apprezzare in questa passeggiata sono i vari mulini ad acqua, ovviamente ciò che ne resta visto che ormai sono decenni che non portano avanti il compito per cui erano stati realizzati; presenti nel succitato… consigliato tratto.

Partendo infatti dal ponte de’ Jumiceddre (cui ci si arriva da una discesa, leggermente ripida, poco più avanti della “villa degli emigranti” ovvero dal belvedere su cui troneggia u curc’e Catalanu) fino ad arrivare al ponte in zona Volette-Profico ci imbattiamo in non meno di 5 o 6 resti di mulini ad acqua.

Cosa? … dite che esagero parlando della presenza dei resti di 5 o 6 mulini ad acqua lungo il tratto del torrente Emoli che scorre sul territorio comunale di San Fili?

Forse qualche errore l’ho fatto ma… solo per ignoranza e solo per difetto.

Oltretutto due di questi mulini ad acqua, quello poco al di sotto de u curc’e Catalaunu e quello vicino aru pont’e Crispini sono stati anche sede. E forza motrice, di due centraline idroelettriche di proprietà e gestione di famiglie sanfilesi.

Dopotutto, mai dimenticarlo, San Fili, grazie a queste due centraline idroelettriche, fu un uno dei primi borghi della provincia di Cosenza a godere. Anche se in via ancora sperimentale, della corrente elettrica e comunque lo fu prima della stessa città di Cosenza: era il 1905.

Per correttezza, anche se non usufruenti dell’acqua del torrente Emoli come forza motrice, vorrei segnalare la presenza sul territorio sanfilese di altri due mulini ad acqua, uno dei quali, u mulin’e Filibertu, conservato (grazie alla famiglia Cribari, proprietario dello stesso) decisamente bene. Sono di due mulini ad acqua ricadenti nel territorio interessato dalla frazione Bucita e che sfruttavano le acque di due adiacenti torrenti.

Resta ovviamente da godere, in tale bellissima passeggiata/sentiero (che si potrebbe proporre come alternativa turistica) del bellissimo panorama che ci si presenta ad ogni tornante in modo diverso davanti ai nostri occhi e della storia folcloristica ad esso collegata: i ruonzi in cui prendevano il bagno i fanciulli ante 1960 (tenuto conto che quasi nessuna casa almeno fino alla fine degli anni cinquanta aveva vasche da bagno o docce all’interno della stessa), le pietre su cui le nostre nonne andavano a lavare i panni, le fontane/sorgenti naturali (qualcuna fatata) tutte potabili e tutte eroganti acqua con caratteristiche oligominerali, le piccole cascatine in cui ci si imbatte a distanza di poche decine di metri l’una dall’altra con particolare riferimento a quella de u bacile (sicuramente la più antica e caratteristica) ovvero de u mare, all’epoca, de i santufilisi, della stupenda vegetazione che in alcuni punti ci fa rivivere anche miti televisivi quali quelli del sempreverde Tarzan (le famose liane - la nostra vitarva - crescono in modo spontaneo e cospicue in determinati punti lateralmente al punto in cui scorre il torrente), di alcuni miti greci come quello del ruscelletto che scorre a valle, immergendosi gioioso nel torrente Emoli e… chi più ne ha più ne metta.

Credetemi, forse è arrivato il momento giusto affinché l’amministrazione comunale di San Fili, magari d’accordo con l’amministrazione comunale di Rende, si decida in modo coscienzioso e serio nell’iniziare a pensare a come realizzare un recupero del succitato percorso mettendo lo stesso a disposizione (fruibile) sia dei sanfilesi che di quanti, venendo dalla città, abbiano intenzione di passare una giornata veramente diversa.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

sabato 24 agosto 2024

A cunservar’a nive. Di Salvatore (Turuccio) Mazzulla.


Rispolverando il mio archivio di foto e scritti vari mi è capitato sotto gli occhi questo stupendo - per il valore storico relativo alla Comunità Sanfilese - a firma non mia ma dell’indimenticato caro amico Salvatore Turuccio Mazzulla.

Lo ripropongo in questo blog per i succitati due motivi: il ricordo di Salvatore Turuccio Mazzulla e... il valore storico relativo alla Comunità Sanfilese.

Perché a San Fili c’è sempre stata gente che ha fatto tanto per salvare la memoria storica della nostra Comunità e per divulgarne i valori in essa racchiusi... gratuitamente per non dire rimettendoci la propria faccia e di tasca propria.

La foto in alto a sinistra, in cui compaiono gli indimenticati (ed indimenticabili per chi li ha saputi e potuti apprezzare) Salvatore Turuccio Mazzulla e Mario Oliva.

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Ci troviamo negli anni Cinquanta.

Mio padre lavorava come apprendista presso il Bar di Salvatore Blasi (u bagnaruotu).

Allora come oggi si mangiavano gelati ma non c’erano, almeno da noi, le carpigiani per produrli in modo artigianale.

All’epoca bisognava procurarsi la materia prima: il ghiaccio.

Il ghiaccio veniva fornito da un signore di Gesuiti.

Non erano dei veri e propri gelati: assomigliavano più ad una granita o ad un sorbetto.

I sanfilesi, in alternativa all’uso del ghiaccio, si erano inventati un altro sistema: “a cunservar’a nive”.

Durante il periodo invernale, in corrispondenza di una copiosa nevicata, si recavano in montagna ed all’interno di alcune fosse naturali, quindi già presenti nel terreno, dove si era già accumulata della neve, ne raccoglievano dell’altra compattandola, così come si fa con i “palloni di neve”, poi la ricoprivano di felci e di terra.

Questo sistema permetteva loro di conservarla per lunghissimo tempo, fino al periodo estivo, periodo in cui veniva prelevata per poi produrre i gelati.

Una di queste fosse naturali esiste ancora in località “Purveracchiu” ed anche questa fa parte delle testimonianze di archeologia industriale presenti nel nostro territorio.

L’inventiva, la capacità imprenditoriale di chi ci ha preceduto non trova oggi riscontro nella San Fili odierna, il mio augurio e che i ragazzi di oggi possano riappropriarsi di questo passato glorioso per riportare un giorno questo nostro piccolo centro allo splendore di un tempo.

…. a mio padre.

Salvatore Turuccio Mazzulla.

San Fili sotto la neve... giovedì 16 dicembre 2010.



La foto a sinistra (scatto by Pietro Perri) è stata realizzata nel febbraio del 1991 in seguito ad una storica nevicata, l'ultima vera nevicata per il momento, abbattutasi su San Fili.

Articolo by Pietro Perri.

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Stamane (giovedì 16 dicembre 2010) San Fili si è svegliata sono una stupenda coltre di neve bianca.

Si è svegliata sotto una stupenda coltre di neve bianca?

A dire il vero sotto una stupenda coltre di neve bianca, ieri sera, si ci è pure addormentata.

Fuori (purtroppo non mi è concesso di uscire all’aperto per un piccolo problema capitatomi ieri al rientro a casa… nu bellu scivulune supra u pianerottolo davanti il portone d’ingresso alla nostra abitazione) ci saranno all’incirca un dodici o quindici centimetri di neve.

Fa comunque un freddo boia e ciò fa in modo che la neve, malgrado il sole che stamane vince sulle nuvole, la neve ci metta un bel po’ a tramutarsi in acqua e a gocciolare dai tetti delle nostre calde accoglienti case.

Il silenzio, come il sole, vince sull’assordante rumoreggiare quotidiano.

E’ strana questa neve in questo periodo. E’ strana non per il fatto che abbia nevicato fuori stagione (dopotutto l’inverno, anche se ci vuole ancora qualche giorno per sostituirsi all’autunno, è pur sempre la stagione del cattivo tempo - punti di vista - e quindi anche della neve) ma per la quantità che se n’è accumulata al suolo.

Normalmente a San Fili in questo assaggio preinvernale la neve non ha mai superato lo spessore dei due o tre centimetri… così almeno ricordo io. Le vere e proprie (decisamente storiche) nevicate, infatti, a San Fili si sono verificate sempre nel mese di febbraio… ossia nel mese centrale della stagione invernale.

Quello che caratterizza questa volta questa strana, decisamente sottovalutata (malgrado gli avvisi dei meteorologi) dai più nella giornata di ieri e non solo dal sottoscritto, nevicata è il fatto che è stata accompagnata da temperature decisamente basse.

La neve ieri non faceva in tempo a cadere (a toccare il suolo) che già ghiacciava.

Ritornando dal lavoro (intorno alle 15,00), ovvero da Cosenza, ho avuto grosse difficoltà a proseguire verso San Fili una volta giunto all’altezza di Monticelli (nei pressi della storica “Chiusa” poco sotto Villa Miceli)… e tali difficoltà non li avevo solo io.

Per fortuna giunto a Villa Miceli e deviato verso il centro abitato di San Fili (invece di proseguire come al solito in direzione del bivio successivo cioè da quello in località Macchia della Posta) c’era a nostra disposizione uno spazzaneve che ci ha scortato fino al alle prime case della nostra della nostra stupenda ed amorevole cittadina.

Eravamo fortuitamente giunti nei pressi dell’Aireddra.

A Villa Miceli, a ridosso della strada cui si poteva scegliere se proseguire verso San Fili o deviare, sulla destra, per contrada Cucchiano o poco più avanti, sulla sinistra, per contrada Profico, un pullman faceva scendere i propri passeggeri (nostri concittadini) ponendoli in mano al loro destino… ne ho caricato un paio che ho scaricato poi nei pressi del bar rosticceria “Le Magare” (ovvero dove una volta si trovava il distributore di benzina del nostro ormai dimenticato concittadino Sarro).

Il bar rosticceria “Le Magare” era gestito da Rocchino Gioffre’ e dai suoi familiari.

L’una era una cara amica appartenente alla famiglia Cribari (Lucia Cribari, per la precisione) e l’altro un ospite della Casa Famiglia della frazione Bucita. La prima insegnante per professione l’altro professore per comune dire.

L’uno dopo avermi fatto tutta una serie di complimenti e ringraziamenti per il fatto d’essermi messo a sua disposizione iniziò a sciorinare la sua necessità di un paio di scarpe nuove: “Chissà se qualcuno di buon cuore tra i sanfilesi”, ci dice, “in questo Natale si metterà una mano sulla coscienza e me ne regalerà un paio nuove!

Chissà, forse, se sul tono del classico a buon intenditor poche parole. Riporto questo messaggio a te, affezionato lettore. Io il mio dovere l’ho già fatto non lasciandolo a piedi, in quelle condizioni, a Villa Miceli.

Nel bene o nel male riesco ad oltrepassare con la mia “Toyota Yaris Now rosso Ferrari” persino piazza Adolfo Mauro (ex piazza Rinacchio) ma, fatti un cento o duecento metri oltre…

… la macchina mi si blocca (le ruote girano a vuoto) proprio all’altezza di uno di quei “maledetti” dossi in plastica che hanno messo (dicono per rallentare il traffico e quindi per garantire una maggior sicurezza ai pedoni) i nostri previdenti amministratori.

Peccato che i nostri previdenti amministratori non abbiano previsto anche la neve ed il gelo: non sono stato l’unico a bloccarmi in tale punto e a non riuscire ad andare avanti se non grazia all’aiuto di due romeni che si trovavano dietro di me col loro camioncino.

Provo persino a mettere le catene. Sull’etichetta (ancora attaccata alla confezione) c’è scritto “facili da montare”… sarà!

Sistema “click-clock” dice l’etichetta. Ma io… dopo il terzo inutile tentativo preferisco rinunciare.

Qualcuno (mio compaesano? Sembra di si. Mi sembra di riconoscere l’amico Mimmo Greco ma potrei anche sbagliarmi) s’incavola per il fatto che, secondo lui a causa della mia incapacità a guidare specie in certe condizioni, mi ero bloccato in quel determinato punto costringendo anche lui a fermare la sua macchina.

Prova a superarmi passandomi lateralmente… si blocca nello stesso punto anche lui: sono contento!

Lasciando Villa Miceli ho dato un’occhiata al proseguire della superstrada (ossia in direzione ponte di Santa Vennera o Saraca che dir si voglia). C’era una interminabile coda di macchine dirette verso Paola o forse stupidamente dirette solamente alla nostra cittadina ma… prendendo la deviazione sbagliata.

Difficile invidiarli. Difficile pensare (a chi era diretto nella cittadina tirrenica) pensando  a cosa li avrebbe aspettati nel passaggio al di sotto del varco della Crocetta.

Giunto a San Fili cerco un posto dove lasciare la macchina incustodita… ritengo stupido proseguire per Bucita almeno con il mio mezzo.

Giungo, dopo solo un’altra sosta obbligata dal ghiaccio presente sul fondo stradale (nei pressi del negozio di alimentari di “Minuzzu u commerciante” - ovvero nei pressi della storica abitazione de “u Summichele”)… proseguo oltre, sempre lungo corso XX Settembre, arrivo in piazza san Giovanni (davanti al monumento ai caduti) saluto velocemente qualche compaesano e proseguo ulteriormente fino a raggiungere il bivio per la frazione Bucita.

La frazione Bucita ovviamente sarà la mia meta finale.

Finalmente, esattamente davanti all’abbiveratoju, trovo un punto per parcheggiare in modo, spero, accettabile la mia automobile.

Ripercorro, a piedi, l’intero corso XX Settembre per andare a fare giusto un salto da mia madre: tutto a posto… tranne la stufa a pellet da pulire ed anche con una certa urgenza.

Conclusa anche questa parte della giornata ritorno al bivio per Bucita, guardo la strada che mi si spiana alla vista e decido che forse farmela a piedi fino alla frazione non è dopotutto una cattiva idea.

Per strada poche macchine (nessuna che si fermi per chiedere cosa ci faccio da quelle parti. O come mai stia percorrendo a piedi i due chilometri di strada che separano il centro urbano di San Fili dalla sua storica frazione Bucita.

E fanno bene.

Se si fermano dubito, infatti, che riescano a ripartire. Ma a piedi si cammina decisamente bene.

Giungo a Bucita intorno alle ore 18,00 (quindi non più d’una trentina di minuti dopo) senza nessun problema di sorta: né una scivolata né un tentativo di scivolata… non avevo considerato il pianerottolo di casa.

Conclusione?

Una spalla per fortuna semplicemente slogata ed il pollice del piede destro con l’unghia completamente nera. Meglio così, avevo pensato di peggio… anche se da fastidio.

Oggi…giornata di festa, così com’era ai tempi in cui felici, da fanciulli, si andava a scuola. Dopotutto fuori c’è la neve. Domani? … giornata di festa, anche se non ci sarà più la neve.

Mi piace la neve? Tantissimo!

La neve mi piace sicuramente perché mi riporta agli anni più spensierati della mia vita. Mi riporta ai giorni di vacanza da scuola, are paddrunate de nive e persino ara scirubetta.

Peccato che in quest’occasione causa la spalla slogata, ma anche all’età che non mi permette più di sentirmi ufficialmente bambino, non posso giocare a paddrunate’e nive e causa il mio diabete mellito non sempre posso gratificare il mio palato con una rinfrescante e salutare scirubetta realizzata neve condita ccu mele de ficu.

La neve è… magia. In particolare la neve quando cade copiosa su San Fili.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!


lunedì 19 agosto 2024

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (8/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri)… il ponte delle jumiceddre (o jumicelle) a San Fili. Sotto il ponte delle si reincontrano e quindi si riuniscono i due tronconi (per questo chiamato delle jumicelle ovvero delle fiumicelle, dei “piccoli fiumi") del torrente Emoli: a sinistra il troncone denominato da alcuni sanfilesi Cannile ed a destra l’Emoli propriamente detto. Qualche sanfilese il troncone denominato Cannile lo segnala col nome di Mangarano.

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Per chi avesse perso le prime 7 (o qualcuna delle prime sette) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini.

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Questo ingenuo racconto “scritto tanto per scrivere” nel lontano 2013 era composto da 7 puntate. Purtroppo nel rinumerare le stesse per riproporvi tale racconto a distanza d’una decina d’anni (siamo ormai nel mese di agosto del 2024) mi sono reso conto troppo tardi che avevo segnalato fin dall’inizio una puntata conclusiva in più. A questo punto, mi sono detto, riconteggio e rinomino (numericamente parlando) tutte le precedenti puntate o, forse segno del destino, scrivo un’ottava puntata (e magari anche una nona) in cui traccio, in modo analitico, un sunto di ciò in cui ci si può imbattere lungo un buon tratto del torrente Emoli ricadente, tale buon tratto, nel territorio di San Fili (CS). E magari spiegare il perché tale tratto andrebbe adeguatamente ripreso e proposto come passeggiata storico-mistico-naturalistico-salutare ad e eventuali ospiti del nostro borgo?

Sul fatto che tale passeggiata sia naturalistica e salutare non ci piove… almeno quando fa buon tempo dalle nostre parti. E ringraziando il dio dei cristiani o gli antichi abitanti del monte Olimpo in Grecia (ovvero gli dei dei nostri primi padri) il seppur piccolo territorio del borgo di San Fili (CS) di pioggia ne ha avuto quasi sempre… solo il giusto.

Per quanto riguarda il mistico e lo storico lo spiegherò strada facendo.

La passeggiata che vorrei proporvi, ovviamente da realizzare con fondi pubblici (neanche poi tanti, se si fanno le cose onestamente), riprende in parte un sogno del caro indimenticabile, per chi l’ha conosciuto, Salvatore “Turuccio” Mazzulla: il percorso dei vescovi, amava definirlo più o meno “Turuccio”, lungo la via emolitana.

Questo percorso, decisamente affascinante, a mio modesto parere, per amanti delle passeggiate nel verde più o meno incontaminato, dovrebbe iniziare da ‘u curciu ‘e Catalanu (il plurisecolare castagno tanto caro a noi sanfilesi) ovvero da uno dei primi punti caratteristici e mistici di tale percorso. Dalla piazzetta su cui la fa da padrone l’antico mastodontico albero di castagno guardando il lato coste (quello che si affaccia sul corso del torrente Emoli) potremmo iniziare a parlare de “u fuoss’e Stella” e del mito/leggenda della stessa. Mito erroneamente, ma stupendamente, collegato ad un altro mito/leggenda tanto caro a noi sanfilesi: la Fantastica. Una leggenda, questa seconda, che risale dritta dritta alla mitologia greca ed è frutto di una delle tante scappatelle sulla “Terra dei Mortali” dell’immortale Giove… il re indiscusso, almeno per ora, degli dei dell’Olimpo.

In prossimità della villa degli emigranti, così è chiamata la piazzetta su cui troneggia ‘u curciu ‘e Catalanu, riviviamo il piccolo significativo racconto collegato al mulino delle fate. Il mulino delle fate lo ritroveremo non appena giungeremo al ponte delle jumicelle (o jumiceddre) e da dove, quindi, inizieremo la nostra bella passeggiata lungo il corso del torrente Emoli… dirigendoci a valle, ovvero verso il territorio della confinante cittadina di Rende.

Come avete visto questa nuova passeggiata inizia da ‘u curciu ‘e Catalanu e non come quella fatta mel marzo del 2013 da me ovvero dalla magica fontana di Palazia. Fontana che comunque potremo visitare un tre o quattrocento metri più sotto.

Giunti al ponte delle jumicelle (o jumiceddre che dir si voglia) iniziamo a prendere familiarità con le acque, sempre più magre ormai, fresche caste e pure del torrente Emoli. Un torrente che in montagna si divide in due tronconi (‘e cannile, secondo alcuni, e l’Emoli propriamente detto) per poi ricongiungersi a valle di nuovo in un unico piccolo significativo corso. Le mappe ufficiali, in ogni caso, individuano entrambi questi tronconi con il nome di Emoli.

Tali tronconi del torrente Emoli si congiungono proprio al di sotto del ponte delle jumicelle.

Il ponte delle jumicelle è un ponte realizzato in pietra di fiume che qualcuno fa fantasiosamente risalire al periodo dell’Impero Romano. Personalmente nutro qualche dubbio in proposito (secondo me difficilmente potrebbe risalire al basso medioevo) ma siccome non sono del mestiere, come non lo è chi lo fa fantasiosamente risalire al periodo dell’Impero Romano, accetto qualsiasi ipotesi che comunque ce lo renda poeticamente più bello da apprezzare.

Piccola domanda: qualcuno di voi sa quanti ponti in pietra di fiume sopravvivono, purtroppo non in modo ottimale grazie anche e soprattutto agli "onorabili vandali" della politica locale che si sono succeduti negli ultimi 75 anni alla guida del nostro borgo, sul tratto del torrente Emoli che interessa il nostro territorio?

Non vi affaticate a fare il calcolo con le dita… tanti di voi perderebbero solo tempo e comunque tanti di voi dimostrerebbero, più che giustamente, di non conoscere per niente il territorio in cui vivono. Non vi affaticate… ve lo dico io.

Vi sono ben tre ponti in pietra di fiume che collegano le due sponde del torrente Emoli nel tratto che lo stesso bagna nel territorio di San Fili: il ponte delle jumicelle (a cui si accede proseguendo da ‘u curciu ‘e Catalanu in direzione torrente Emoli), il ponte di Crispini (più a valle, all’altezza de ‘a scisa du canalicchiu, il punto del famoso magico tesoro dei sanfilesi) ed il terzo poco al di sotto di contrada Volette, un 500 o 600 metri al di là de ‘a turr’e Cucunatu.

Quest’ultimo è quello secondo me meglio conservato, almeno nei miei lontani ricordi, proprio perché grazie al dio dei cristiani o agli dei dell’Olimpo… gli amministratori locali di San Fili per un motivo o per un altro ancora non ci hanno potuto mettere mano o piede.

Entrambi e tre i ponti rivestivano, in altri tempi, una importanza primaria per le vie che gli stessi collegavano: sia per quanto riguarda la confinante cittadina di Rende che per la stessa città di Cosenza. Dopotutto tali ponti erano punti fermi della cosiddetta “via emolitana dei vescovi”.

Collegato ai miti/leggende della Fantastica e di Stella è in particolare il ponte di Crispini. Si dice che ai piedi dello stesso, infatti, sia stato seppellito il corpo di Stella. Stella, secondo una tradizione, era una collaborazionista, o presunta tale, dei briganti che combattevano, agli inizi del XIX secolo contro gli occupanti francesi. Siamo in pratica nel periodo del famoso “decennio francese” o “decennio napoleonico”.

Ma era veramente una collaborazionista, o una semplice passante trovatasi per sbaglio nel punto sbagliato (ovvero quando un gruppo di gendarmi francesi s’era appostato nei pressi del ponte Crispini al fine di tendere una trappola a dei briganti del luogo o a loro collaborazionisti) e finì sempre per sbaglio, passando sul ponte, sotto i colpi dei fucili francesi?

Stella non scampò al suo crudele destino.

Secondo tale versione del mito/leggenda di Stella i francesi impietositisi della crudele fine della bellissima giovane ragazza decisero di sotterrarla ad uno dei lati in cui il ponte di Crispini si collega alla terra ferma. Sul lato del torrente Emoli ai piedi del dirupo su cui poggia l’abitato di San Fili.

Ovviamente anche questa storiellina, come la leggenda della Fantastica, serviva ad evitare che i bambini o i fanciulli di primo latte oltrepassassero da soli il ponte ed ancor più che si fermassero nel mezzo del ponte e si mettessero ad osservare l’acqua che passava al di sotto del ponte stesso.

Era questo un qualcosa di pericolosissimo in quanto ai bambini o ai fanciulli di primo latte potevano venire le vertigini, cadere di sotto e… che Dio ce la mandi buona. Da sottolineare che anche far passare muli ed asini su questi ponti era tutt'altro che una cosa semplice. E non raramente i proprietari nel procedere in quest'avventura erano costretti a bendare gli animali (o quantomeno a coprirli con appositi paraocchi) e farli procedere piano piano tenendoli stretti stretti per le briglie.

Meglio non dimenticare, quindi, che ai piedi del ponte non solo c’era il fantasma (u spirdu) di Stella che reclamava il suo obolo per il passaggio sacrilego del ponte su cui fu uccisa ed ai piedi del quale ora giace ad imperitura memoria, ma c’era anche ‘a calamita (la forza ipnotica di attrazione dello scorrere delle acque) del fiume in piena che lasciava ben poco spazio al piacere poetico della vita.

Un’altra versione del mito/leggenda di Stella vuole che la stessa possa in effetti essere un uomo (difficile dire se Stella fosse un nome di donna, all’epoca, un nome di uomo o un nome “alias” di qualche collaborazionista dei briganti se non qualche brigante lui - o lei? - stesso). Tale versione vuole che Stella, sempre da un gruppo di occupanti francesi, fosse stata giustiziata davanti ad un portoncino di un’abitazione che guarda alle coste (ovvero sul versante di San Fili ai cui piedi scorre il torrente Emoli).

Questa seconda ipotesi ha dato vita alla storia de ‘u fuossu ‘e Stella (ossia quel tratto del dirupo che costeggia il torrente Emoli, quindi sempre lato est del centro abitato di San Fili, compreso tra la parte posteriore dell’edificio che ospita la Chiesa dello Spirito Santo o di San Francesco di Paola e più o meno la zona sottostante la piazzetta davanti alla Chiesa della Madonna del Carmine o del monte Carmelo).

(continua).

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

domenica 21 luglio 2024

C'era una volta la stazione ferroviaria di San Fili... e c'era pure un piccolo Pietro Perri.




La foto a destra l'ho trovata per sbaglio su un post di un contatto sulla piattaforma Facebook. La stessa sembra essere stata comunque ripresa (sempre da Facebook) dalla pagina del Centro Storico Fiat. Una pagina che merita, per la ricchezza dei contenuti anche e sopratutto fotografici, d'essere visitata.

Il testo ovviamente è... by Pietro Perri-

*     *     *

(...)

È una di quelle foto in cui non mi sarei comunque mai immaginato di imbattermi ormai nella mia vita. ma rappresenta una parte importante della mia vita.

Sembrerebbe sia stata scattata nell'ormai lontano 1963.

Siamo in territorio di San Fili (CS) e la littorina (con doppia carrozza) credo sia appena uscita dalla seppur breve galleria dal lato centro abitato e che si diriga verso la città capoluogo di provincia, ossia Cosenza.

O forse marciava in direzione Paola (CS)?

Siamo, per la precisione in località Volette di San Fili (CS).

La mia famiglia, nel citato 1963, coltivava un cospicuo appezzamento terriero proprio al di sopra di questo tratto ferroviario.

Vivevamo in una casa colonica ed io avevo appena due anni.

Solo due anni... decisamente troppo pochi per ricordare quei tempi. Tempi decisamente tutt'altro che belli per la mia famiglia e per tante famiglie come la mia dell'epoca.

Tante famiglie come la mia all'epoca fecero la valigia, spesso ancora di cartone, ed andavano all'estero in cerca di fortuna. E ci andavano grazie anche alla fortuna di avere una stazione ferroviaria in paese ed anche grazie, forse, proprio alla littorina che compare in questa foto.

Si partiva dalla stazione di San Fili (CS) e si proseguiva per la stazione di Paola (CS) dove ci aspettava la coincidenza per Napoli.

A Napoli saremmo saliti su una nave verso i decantati Paesi di Bengodi: gli USA, il Canada, il Brasile o l'Argentina... sempre e comunque l'ignoto.

Ma sempre meglio l'ignoto alla fame sotto famelici padroni.

Qualcuno da Napoli, sempre in treno, proseguiva verso il Nord Italia, la Francia o la Germania.

Quante volte, tre o quattro anni più tardi, mi fermavo sull'imbocco della galleria a guardare passare la littorina o a gustarmi il piacere di veder sbucare dalla bocca buia e sdentata della galleria il fumante ciuff ciuff, la locomotiva a vapore.

Dicevano che quel vapore facesse bene ai polmoni... specie ai bambini colpiti dalla pertosse.

Non ho mai chiesto a qualche dottore quanto ci fosse di vero in questa affascinante diceria.

By Pietro Perri.

sabato 20 luglio 2024

Luigi Gigino Piraino... tra i pionieri della fotografia d'arte sanfilese.



Nella foto a sinistra (da sinistra) Luigi Gigino Piraino e Francesco Ciccio Cirillo a Napoli nel Febbraio del 1951.

Foto archivio Francesco Ciccio Cirillo.

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Quando parliamo di patrimonio fotografico messo a disposizione (lasciato in eredità, oseremmo dire) da qualcuno alla Comunità Sanfilese, non possiamo non pensare all’indimenticato Francesco Ciccio Cirillo.

Una cosa comunque è metterlo a disposizione tale patrimonio fotografico, un’altra l’averlo realizzato… con passione. Ecco che sorge spontanea una domanda: chi sono stati i pionieri della foto amatoriale sanfilese? … e qui diventa normale associare al già nominato Francesco Ciccio Cirillo altri nomi quali quello del professor Domenico De Franco, di Davide Gambaro e di Luigi Gigino Piraino.

E’ soprattutto grazie a questi “poeti dell’immagine” se oggi possiamo ammirare alcuni scorci del nostro amato odiato paesino… così com’erano nella prima metà del XX secolo.

In quest’occasione vogliamo ricordare in particolare il nostro compaesano Luigi Gigino Piraino… amico di cuore e compagno d’avventure di Francesco Ciccio Cirillo col quale, nel 1947, fondarono a San Fili un vero e proprio “studio fotografico amatoriale”, riuscendo anche a realizzare qualche colpaccio professionale come il servizio fotografico cosentino, nel 1950, a Miss Italia Anna Maria Bugliari.

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Luigi Gigino Piraino nasce a San Fili il 16 maggio del 1925.

Gigino era conosciuto un po' da tutto il paese anche e soprattutto perché era figlio di una delle poche insegnanti dell'epoca: ‘donna Amalia Gentile’.

Gli insegnanti, così come gli studenti, erano veramente pochi in quegli anni. Proprio per questo motivo diversi di loro (tra cui i maestri Amalia Gentile, Giovanni Noto e Lucia Cesario) erano costretti ad insegnare nelle cosiddette aule pluriclasse.

Molti alunni tra l’altro lasciavano i banchi di scuola non appena raggiunta la III elementare.

Dopo aver conseguito il diploma magistrale, il nostro Luigi Gigino Piraino, a 18 anni entra da civile nell'Esercito e in breve assume l’incarico di responsabile del distretto militare di Cosenza e provincia.

Il suo ruolo consistette in particolare nel mettere a disposizione tutte le informazioni che potevano essere utili ai ragazzi chiamati al servizio di leva.

Molte generazioni di sanfilesi legheranno la propria esperienza militare al suo nome.

Gigino, come abbiamo detto, coltivò l'hobby della fotografia: passione che condivise con Ciccio Cirillo… amico di sempre e per sempre. Un’amicizia, quella con Ciccio, che lo vuole, agli albori degli anni Cinquanta, persino a Napoli ad accompagnare quest’ultimo all’imbarco per la sua avventura americana.

Amante del suo piccolo paese e dei suoi abitanti è stato, nel ricordo di quanti l’hanno conosciuto, sempre disponibile, nelle sue possibilità, con tutti.

Negli anni Settanta si trasferì con la famiglia a Cosenza, pur rimanendo profondamente legato al suo paese natio dove si è recato frequentemente.

Luigi Gigino Piraino è morto tragicamente, in un incidente stradale, nel 1992 proprio nel tratto di strada che collega San Fili con Cosenza.


venerdì 19 luglio 2024

Vera Lettera di Nostro Signore Gesù Cristo.



Foto a sinistra: San Fili - facciata principale della Chiesa dello Spirito Santo. La foto è leggermente distorta in quanto fatta con un grandangolare... d’altri tempi.

Foto Pietro Perri.

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Articolo tratta dal bollettino del "San Fili Fraternity Club" - anno 27, n. 2, febbraio 1987 con aggiunta di una breve nota di presentazione a firma dello scrivente Pietro Perri.

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Forse non tutti sanno che in tempi remoti i morti venivano sepolti in fosse comuni (cripte) nelle chiese del paese.

Usanza questa che tante gravi conseguenze ha portato alle comunità ante-Napoleone Bonaparte (fu infatti grazie a questo spettacolare e per tanti versi ambiguo condottiero, e uomo politico, se finalmente si capì ch'era poco igienico tenersi "i morti in casa"... ossia seppellirli nel centro abitato all'interno delle Chiese).

L'idea di quella “buonaparte” di Napoleone, come tutti sappiamo, ovviamente non piacque a tanti benpensanti dell'epoca. Non ultimo tra questi il famoso Ugo Foscolo che non ci mise granché a rispondere "con le rime" al provvedimento bonapartista con i suoi arcinoti "Sepolcri"... tanto per restare in tema. I Sepolcri (1806), infatti, sono stati suggeriti dal decreto bonapartista che vietava le sepolture nelle Chiese e nelle cappelle.

La Calabria, si sa, fa parte dell'Italia (in altri tempi più che dell'Italia faceva parte del Regno delle due Sicilie) almeno sulla carta... perché nella realtà sembriamo più africani che europei. Cosenza, si sa... forse un po' di meno, fa parte della Calabria. San Fili, mi auguro che qualcuno lo sappia, fa parte della provincia di Cosenza.

Perché questo discorso? ... perché da quando Napoleone conquistò (? ... non fu certamente un grande sforzo!) l'Italia, e passò per giunta a miglior vita, a quando San Fili si fornì di un cimitero. Passarono molto più d'una cinquantina d'anni. Secondo la tradizione orale il primo morto ad avere accesso in quel di "Santa Maria", inteso come cimitero sanfilese, fu una guardia di finanza.

Correva l'anno 1891.

Effettivamente ci eravamo da tempo lasciati alle spalle l'inizio della seconda metà del XIX secolo (1850).

Comunque grazie al convento dei "frati Ritiranti" che sorgeva nella zona di Santa Maria, i morti nella zona erano da tempo di casa. T'invito, a tal fine, caro avventore, a leggere sempre nelle pagine di questo blog, nella sezione dedicata a "I racconti del focolare a San Fili" la simpatica storiella dal titolo "Vorra sapire si la morta è morta".

Seppure si perse l'usanza di seppellire i morti nelle chiese del paese, a San Fili, in ogni caso non ci si preoccupò per niente di prelevare i cadaveri in esse presenti e dargli miglior sepoltura nel costruendo cimitero.

Tali restarono indisturbati per oltre una centinaia d'anni... e siamo agli inizi degli anni Settanta (1970) quando finalmente s'iniziò a dare un'occhiata alle cripte della Chiesa Madre e ci volle gli inizi degli anni Ottanta (1980) per dare un'occhiata anche alle cripte della Chiesa dello Spirito Santo (ossia alla chiesa dedicata a san Francesco di Paola).

In quell'occasione...

“(...) in un borsello di pezza, rimasto intatto tra le ossa delle mani di una donna è stata rinvenuta la Vera lettera di nostro Signore Gesù Cristo: un documento di fede religiosa, sentita e vissuta tra speranze e timore in promessa di bene, nella gioia del paradiso, e in terrore del male, nelle pene dell'inferno.

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«Vera Lettera di Nostro Signore Gesù Cristo, per mano dell'Angelo Custode ad una fanciulla chiamata Brigida, nove miglia distante di San Marcello di Francia, stampata a lettera di oro, trovata ai piedi di un Crocifisso ove, era la Fanciulla, che da sette anni non aveva parlato, e subito che sentì la suddetta lettera parlò e disse tre volte Gesù e Maria.

«La domenica ch'è festa di precetto, andate alla Chiesa e pregate Iddio che vi perdona i vostri peccati. Io vi ho lasciato sei giorni per lavorare ed il settimo per riposare, dovete in quel giorno udire la Messa ed ascoltare i divini uffici e prediche, e fare l'elemosina ai poveri secondo la vostra possibilità che avete, e sarete da me riempiti di bene, altrimenti la mia malevolezza sarà sopra dei vostri figli e della roba, se poi digiunerete cinque venerdì all'anno in onore delle mie cinque piaghe che ebbi sopra la Croce, vi farò molte grazie che domandate.

«Tutti quelli che mormoreranno contro la mia Santa Lettera, e che diranno non essere uscita dalla mia Santa Bocca saranno da me discacciati, ed anche a quelli che la terranno celata e non la pubblicheranno, quelli che la paleseranno e leggeranno diranno essere uscita dalla mia Santa Bocca se avranno tanti peccati per quante gocce di acqua sono nel mare, da me saranno perdonati. Se qualche donna non potrà partorire, ponendosi questa Santa Lettera addosso subito partorirà. Tutti quelli che ubbidiranno ai miei Sacramenti goderanno per una eternità la Santa Gloria del Paradiso.

«Ebbi trenta pugni in bocca quando fui in casa di Anna e cascai tre volte: ebbi 105 colpi ed i soldati che mi portarono furono otto, le gocce di sangue che versai furono 3800, a quella persona che mi dirà ogni giorno due Pater, Ave e Gloria per tre anni continui si concederanno 5 grazie:

La prima = Non le farò provare le pene del purgatorio.»

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La versione della "Vera Lettera di Nostro Signore Gesù Scritto" è stata copiata, dall'originale in pessime condizioni, da Ciccio Cirillo - il Sanfilese d'America - e pubblicata sul bollettino del mese di febbraio 1987 del "San Fili Fraternity Club", in uno spazio dedicato tra l'altro all'amico Goffredo Jusi. Entrambi, il Cirillo ed il Jusi, passeranno prematuramente a miglior vita all'inizio degli anni novanta (1990). Di entrambi questo sito se ne occupa nelle pagine dedicate ai personaggi.