Nella foto a sinistra: veduta
laterale della Chiesa di santa Lucia nella frazione Bucita di San Fili (CS).
Nell’area in cui ricade quest’antico edificio di culto secondo la tradizione vi
ha tenuto delle prediche il quasi beato (santo per Dante Alighieri che lo
colloca nel suo Paradiso) Gioacchino da Fiore.
Foto ovviamente… by
Pietro Perri.
* * *
Salvatore "Turuccio" Mazzulla e l'abate Gioacchino da Fiore.
(Breve nota di Pietro Perri)
Tra le persone che hanno dato tanto a San Fili, pur costantemente costrette
da problemi personali e da una società di "dubbia moralità" che nel suo piccolo non perdona
neanche il fatto d’essere nati in una famiglia anziché in un’altra (San Fili
come tanti piccoli borghi calabresi è anche e soprattutto questo) o di sottomettersi alle decisioni non appellabili di gruppi settati, ottenendone
il cambio solo un briciolo di damnatio memoriae, vi è sicuramente il caro
indimenticato (?) Salvatore “Turuccio” Mazzulla.
Per anni Salvatore "Turuccio" Mazzulla ha cercato invano
di recuperare un po’ di memoria storica della Comunità
Sanfilese.
Spesso lavorando, purtroppo e forse anche stupidamente, nel fare da cassa
di risonanza agli altri invece di lavorare per fare da cassa di risonanza a se stesso.
Ottima voce interpretativa (nel recitare versi suoi, in quanto autore di bellissime e toccanti poesie, o d’altri aveva un dono
naturale) non disdegnava di dividere il palco con chi "in quel determinato momento" gli camminava affianco.
Oggi di Salvatore “Turuccio” Mazzulla riporto in questo mio spazio web un breve scritto (spunto per una ricerca) pubblicata sul Notiziario Sanfilese del
mese di agosto del 2008.
In questo scritto il nostro compaesano ci parla del beato (con qualche legittimo dubbio) Gioacchino da Fiore. Ovvero dell'eretico calabrese (come lo definiscono alcuni studiosi della sua enorme ed illuminante opera religiosa, filosofica e letteraria) citato tra l'altro persino in un versetto della Comedia di Dante Alighieri.
Una citazione, quella di Dante Alighieri (quasi contemporaneo all'abate Gioacchino da Fiore), che ci dimostra l'importanza ("visione profetica"), già nei suoi tempi, dell'illustre calabrese. Un'importanza decisamente malvista persino oggi dalla Chiesa di Roma.
Nei versi 139-141 del XII canto del Paradiso il sommo poeta infatti ci segnala:
Rabano è qui, e lucemi dallato
il calavrese abate Giovacchino,
di spirito profetico dotato.
La nota di Salvatore "Turuccio" Mazzulla ci immerge in un breve ricordo dei luoghi dell’abate Gioacchino da
Fiore ed in particolare sul suo, quasi certo, passaggio per San Fili (per la
frazione Bucita del comune di San Fili, per essere più precisi).
Tale paginetta, scritta da Salvatore "Turuccio" Mazzulla, prematuramente e drammaticamente
scomparso nel 2012, riporta come titolo:
* * *
Nei luoghi dell’abate (spunti di ricerca).
La predicazione di Gioacchino da Fiore sui monti
di Rende.
Di Salvatore Mazzulla
*
* *
Domenico Martire in “Calabria Sacra e Profana” parla di Bucita come uno dei
luoghi della predicazione di Gioacchino ma la associa al fiume Surdo,
chiaramente nel territorio di Rende (che comprendeva comunque il territorio di
San Fili), questo “errore” di Martire (anche se dimostreremo in seguito che non
è un suo errore) ha fatto considerare dubbia l’ipotesi della sua permanenza
anche a Bucita oltre che a Rende sul fiume Surdo.
Padre Francesco Russo al I Congresso internazionale di studi gioacchimiti
nel 1979 per quanto riguarda La figura storica di Gioacchino da Fiore afferma:
«negli anni 1152-53 si recò alla Sambucina di Luzzi e circa un anno
dopo, non essendo ancora sacerdote* si recò a Bucita in territorio di San Fili
a predicarvi la parola di Dio con quel fervore mistico che sarà la sua
caratteristica». Altre fonti citano chiaramente Bucita ma saranno esaminate
in seguito. Partendo dall’ipotesi che sia stato sia a Bucita che sul Surdo, si
tratta ora di individuare i luoghi.
Nel corso di un convegno tenutosi nel teatro comunale di San Fili nel mese
di novembre 2003 sul recupero del patrimonio linguistico, chiesi al Prof. John
Trumper se un toponimo potesse avere valore di documento storico ed egli mi
rispose di sì.
Forte di questa affermazione insieme ad Antonio Asta ed a Pietro Perri
iniziammo questo tipo di ricerca ed abbiamo scoperto tre toponimi
significativi: lauri, aira di corazzo e grangu. Per quanto
riguarda il primo mi era stato già indicato dallo storico Amedeo Miceli di
Serra di Leo la cui famiglia risulta proprietaria di un vasto territorio sopra
Bucita.
In località Lauri secondo gli intervistati (cacciatori, boscaioli ed
anziani) dovevano esserci i ruderi di uno scarazzu (casolare di
montagna) si trattava ora di fare un sopralluogo, insieme ad Antonio Asta ci
siamo recati nel luogo che ci avevano indicato ed effettivamente vi erano dei
ruderi che ad una prima impressione sembravano molto antichi e il tipo di
costruzione sembrava risalire ad un’epoca molto lontana.
Chiaramente questa costruzione antica che sorge in un luogo che si chiama lauri
sotto la quale scorre un ruscello che si chiama grangu e al di sopra un
piano che si chiama aira di Corazzo mi ha fatto subito pensare ad una
piccola grangia dove prima c’era una laura, ma questo chiaramente spetta agli
esperti stabilirlo,** se la mia ipotesi dovesse risultare vera potrei affermare
che quel rudere è la grangia che ha ospitato Gioacchino.
Il terzo toponimo mi richiamava alla mente l’Abbazia di S. Maria di
Corazzo, ci doveva essere per forza un legame con Bucita ed infatti avevo
ragione: in un atto del 1225 Bucita risulta tra le terre dell’Abbazia di
Corazzo.
…….. et tenimentum Bucchitae cum canonibus castanetis suis in
territorio Montis Alti, cuius tenimenti fines sunt isti: ab oriente est via
publica, ab occidente locus qui dicitur Deo Gratias et Petra Cruciata;
ab uno latere flumen Bucchitae, et ab alio flumen Lorici, et concluditur…
I toponimi deo gratias e petra cruciata ci sono ancora mentre quello dei
fiumi è cambiato ma senza ombra di dubbio è la nostra Bucita.
* Il Tocco pensa che
questo fatto abbia provocato la reazione dell’Arcivescovo di Cosenza, il quale
gli avrebbe interdetto la predicazione (L’eresia nel medioevo - Firenze
1884 - pp. 269-270).
** Negli anni seguenti
il Miceli ha fatto visitare i ruderi dall’Arch. Terzi che li ha collocati in
un’epoca successiva.
Salvatore Mazzulla.