Foto a sinistra: la copertina dell’opuscoletto realizzato nel 1969 per il San Fili Fraternity Club of Westchester, Inc. da Francesco (Ciccio) Cirillo.
Francesco
(Ciccio) Cirillo ha lasciato ai suoi amati cittadini tantissimo materiale, sia
fotografico che scritto. Ha salvato tantissima memoria storico-popolare legata
al suo paese natio (?), non solo relativa agli anni in cui lo stesso ha
calpestato le vie di questa insana valle di lacrime.
Una prova
ne è il lavoro che proponiamo in questo opuscoletto. Lavoro intitolato
“L’ANGOLO DELLO SPORTIVO - MEZZO SECOLO DI VITA SPORTIVA SANFILESE”, realizzato
e pubblicato dall’autore nel lontano 1969.
Sicuramente,
come ogni lavoro di testa realizzato da “ignoranti prestati alla cultura” (così
come io stesso amo definirmi), tale lavoro presenta qualche lacuna e forse
anche qualche errore di costruzione grammaticale, ma è e resta comunque un
prezioso contributo al recupero ed alla salvaguardia della memoria sanfilese.
Un contributo che tanti “acculturati prestati all’ignoranza” (soggetti che a
San Fili non sono mai mancati e non mancano tutt’oggi) si sono sempre rifiutati
di realizzare.
*
* *
L’importanza
dello sport nella società moderna e, visto che siamo a San Fili, nella società
sanfilese.
Se diamo
ragione ad un vecchio detto latino (mens sana in corpore sano) dobbiamo dire che oggi, la
mente della società moderna è decisamente bacata, perché bacato, in tutti i
sensi (anche letterale), e il suo fisico e nulla si fa per porre rimedio a tale
stato di cose.
Anche a
San Fili si stava meglio quando si stava peggio: quando cioè San Fili non
conosceva campi di calcio, non conosceva campi da tennis o di calcetto, non
conosceva palestre coperte e piscine, non conosceva ippodromi, non conosceva...
A quei
tempi infatti il sanfilese, pur dovendo subire le angherie di un sistema
marcio, deprimente, arrogante e feudale (ma non è che oggi le cose siano poi
tanto diverse, dopotutto è solo cambiato il metodo di opprimere e soggiogare la
gente), comunque viveva all’aria aperta, faceva movimento in continuazione,
l’area circostante (la vita di campagna) era una palestra a cielo aperto e a
costo zero.
Ancora
una volta ritorna il concetto di non far sapere al contadino quanto e buono il
formaggio con le pere, perché finirebbe per produrlo solo per sé e non ne
darebbe la parte al padrone... se il contadino dei nostri giorni fosse
abbastanza intelligente per fare ciò.
Il
contadino (il proletario, l’impiegato, il soggetto a reddito medio basso, il
nucleo familiare monoreddito) dei nostri giorni, infatti, non ha ridotto la
produzione di formaggi e la coltivazione di pere. L’ha sospesa, fregando non
solo il padrone ma anche sé stesso.
E così
lasciando i campi (agricoli, ovviamente) non solo ha cessato un corretto ed
invidiabile, per alcuni versi, stile di vita, ma nel contempo non è riuscito a
sostituire quel tipo di vita con nessun prodotto opzionale o surrogato dello
stesso.
Lo sport
(alcune volte anche mentale oltre che fisico) praticato nella nostra realtà, si
pratica guardando in tv una partita della Juve o un gran premio di formula uno.
Eppure strutture sportive ne abbiamo tante, troppe e troppo costose specie per
una comunità (poco più di 2500 abitanti) come quella sanfilese che paga fior di
euro per mantenerle in perfetta efficienza (si fa per dire... visto i continui
ricorsi a ristrutturazione delle stesse) con un’utenza decisamente bassa e
spesso e volentieri esterna alla stessa comunità che di fatto finisce solo per
pagare gli enormi costi di gestione delle stesse.
La
domanda (o le domande) a questo punto sorge spontanea: è veramente importante
lo sport nella vita moderna? ... come mai la società più va avanti e più si
allontana dalle discipline sportive attive? ... può, chi amministra,
indirizzare la comunità verso determinate scelte ed in che modo? ... le
strutture (non solo sanfilesi) sportive, possono tramutarsi da costi (pozzi
senza fondo) a ripresa anche economica della comunità in cui le stesse sono
presenti?
San Fili
può nello sport, al di là della demagogia di turno, trovare nel suo patrimonio
di strutture sportive una propria vocazione per il futuro da proiettare
nell’ambito dell’hinterland cosentino?
Lo sport,
può rispondere affermativamente al detto latino “mens sana in corpore sano”
ancora oggi? ... lo sport, oggi, deve considerarsi solo un toccasana per la
salute fisica o è ben altro?
N.d.r.:
dall’intervento tenuto da Pietro Perri (lo scrivente) giorno 19 ottobre 2007
nel corso dei lavori del convegno “L’importanza dello sport nella vita
moderna”.
Non starò
qui a fare (…) la storia del calcio nel mondo ed in Italia, ma qualcosa è
giusto dirla.
Quando
sia nato il gioco del passa palla e vai in rete è difficile stabilirlo.
Fatto sta
che qualcosa del genere era conosciuto presso gli antichi Romani e nel Medioevo
in Italia è famosissimo il cosiddetto “calcio fiorentino”. Una simpatica gag
sul calcio fiorentino l’abbiamo vista anche nel film “Non ci resta che
piangere” interpretato dai colossi del cinema nostrano Massimo Troisi e Roberto
Benigni.
Ed è
proprio col “calcio fiorentino” che questo sport da semplice disciplina
agonistica sembra far proprio il concetto di antagonismo di parti o fazioni, di
rioni o città.
Concetto
che vige tutt’ora e che sicuramente vivrà fin quando vivrà il calcio stesso.
Per
trovare regole ben precise e con una codificazione ufficiale del calcio moderno
bisognerà comunque aspettare la metà del XIX secolo e fare un piccolo viaggio
oltremanica, in Inghilterra.
E guarda
caso, malgrado storicamente sia nato in Italia, è dall’Inghilterra che
importeremo noi italiani questa fantastica disciplina che con gli anni
diventerà uno dei simboli cardine dell’unità nazionale del Bel Paese.
Il
torinese Edoardo Bosio, commerciante e personaggio di spicco della Società
Canottieri Armida, aveva cominciato a lavorare per una ditta britannica di
prodotti tessili. Tale rapporto gli diede l’opportunità di un lungo soggiorno
in Inghilterra, durante tale soggiorno ebbe l’occasione di frequentare gli
ambienti calcistici di quel paese.
Bosio
tornò a Torino nel 1887 con il ricordo dei verdi campi inglesi di football e
con qualche pallone di cuoio, oggetto pressoché sconosciuto in quegli anni in
Italia.
Nel 1889
farà la sua comparsa l’International Football Club di Torino.
Il calcio
in Italia era già una realtà (anche se all’epoca, penso, non si parlasse ancora
di calcio - scommesse, di arbitri corrotti e di allegre gestioni alla Luciano
Moggi).
La
Juventus, per i più curiosi (miei compagni di bordata tifosica), nasce, sempre
a Torino, il primo novembre 1897.
N.d.r.:
dall’intervento tenuto da Pietro Perri (lo scrivente)giorno 6 dicembre 2007 nel
corso dei lavori della manifestazione organizzata per ricordare gli 80 anni del
calcio ufficiale sanfilese. Inutile sottolineare che buona parte delle notizie
riportate nell’intervento di Pietro Perri sono prese dall’opuscoletto di
Francesco (Ciccio) Cirillo.
Pietro Perri
20.10.2008
*
* *
L’ANGOLO DELLO SPORTIVO
MEZZO SECOLO DI VITA SPORTIVA
SANFILESE
A CURA DI
FRANCESCO CIRILLO
La prima
squadra di calcio sanfilese nacque nel 1920, una delle prime nella provincia,
ad opera di un gruppo di giovani sportivi locali che davano i primi calci ad
una palla fatta di stracci, nelle vie cittadine.
Per poter
far fronte alle prime spese per la compera del materiale necessario, si
iniziava una sottoscrizione pubblica, autorizzata dal Sindaco Alberto Nigro e
dal Brigadiere dei Carabinieri Panzini. In caricato per la sottoscrizione era
il giovane Franchino Curatolo, il quale, dietro autorizzazione della Banda
Comunale, veniva accompagnato al suono di tamburo da Mastro Rafele de Mappa. Il
Barone Miceli, che si trovava di passaggio, con la sua carrozza, per Piazza San
Giovanni, invitava il giovane Curatolo di passare per il suo palazzo per la sua
contribuzione, che era di una lira. La contribuzione più forte era quella
dell'Esattore Comunale Luigi De Filippis che offriva la somma di cinque lire.
In tutto si raccoglievano 28 lire.
Lo stesso
Curatolo veniva incaricato per la compera del materiale sportivo, avvenuto
presso il negozio Gallo a Cosenza in via Rivocati: un pallone numero 3 completo
di camera d'aria, mastice, pezzettini di gomma per eventuali bucature e pompa.
In tutto si spendeva intorno alle cinque lire. Con il resto si compravano le
magliette di colore azzurro, bordate di bianco, presso i negozi sanfilesi di
Mastro Rico Nigro e Mastro Rico Crispini.
Nacque così
la Giovane Calabria di San Fili, con allenamenti sugli unici spiazzi cittadini:
La Cava della Rena o a Casello 17, vicino lo imbocco della galleria verso
Paola. Luoghi che se erano un po' scoscesi, specie il primo, quando il pallone andava
a valle, dava fiato e muscoli ai giocatori per andare a raccoglierlo; mentre il
secondo posto fitto di piccola ghiaia, quali rifiuti della galleria, era
recinto di filo spinato e poveri palloni quante bucature, per cui era sempre
necessario l'intervento degli esperti. per le riparazioni del caso.
La Giovane
Calabria prometteva bene. Vinse le prime tre partite contro la Rendese, giocate
sulla Piazza di Rende, che d'allora per la storia, dovevano rimanere i rivali.
La prima
partita fu vinta per 2-0, con goals segnati da Eugenio Cirillo, terzino, e
Rodolfo Palermo. La partita durò più di tre ore. Prima perché la Piazza di
Rende si trovava in cima ad una collina e il pallone quando andava a valle, per
raccoglierlo necessitava del tempo; poi perché il pubblico voleva ad ogni costo
che la gara doveva essere vinta dalla squadra locale. I sanfilesi, in un
momento di confusione, furono costretti ad abbandonare il campo e quando furono
a valle, sulla via che conduce a Nogiano, furono accompagnati da una grandinata
di sassi.
Fra i
giocatori di questa partita di ricordano Sante Gentile (figlio di donna
Vienna), portiere; Eugenio Cirillo, terzino; Ciccio Iennarelli e Luigi Luchetta
(Mazzola), mediani; Raffaele Mendicino, Rodolfo Palermo, Ciccio Noto,
all'attacco e altri.
E siccome la
Rendese, in ogni tempo, non riusciva mai a vincere la Sanfilese sia in casa,
che fuori, col passare degli anni, la squadra di San Fili doveva essere
accompagnata dal corpo di guardia.
Resta famoso
l'incontro accalorato sul campo di Arcavacata, nella proprietà di Maddaloni, il
quale curava gli interessi della Rendese, dove il Sindaco Vincenzo Marsico e
Antonio Lio accompagnarono gli sportivi con la squadra cacciatori, con
automobile guidata da Temperino.
Dopo i primi
due goals segnati dai sanfilesi, il primo veniva segnato da Domenico Blasi
(Mazzicata), centrattacco, successe il putiferio. Alle minacce degli avversari
entravano in difesa dei nostri Umberto Zuccarelli e Vittorio Molezzi, tecnici
pistolettari, che in fatto di coraggio non erano secondi a nessuno. Mentre la
squadra cacciatori sui bordi del campo stava a guardare in attesa delle mosse
degli avversari.
Così la
Giovane Calabria vinse anche contro la Garibaldi di Cosenza. E giocando un po'
dappertutto perdevano e vincevano in quei tempi, che giocar al pallone,
significava solo coraggio e buona volontà. Francesco e Mario Scornaienchi,
Franchino Curatolo, Pinotto Vercillo, Francesco Tenuta, Rodolfo e Ciccio
Palermo, Ciccio Iennarelli, Eugenio Cirillo, Sante Gentile, Gino Molezzi, Vittorio
Capizzano, Raffaele Mendicino, Ciccio Noto, questi gli eroi che a turno e. che
restano famosi nei tempi, che il 7 giugno 1920 davano l'avvio alla prima
partita di calcio in San Fili.
La sede
della squadra era nei locali della casa di donna Richetta Gentile a San
Giovanni, dove si praticava anche la lotta Greco-Romana e molti degli sportivi
erano tifosi dei fratelli Raicevich, Giovanni Campione Mondiale ed Emilio
Campione Italiano.
Pertanto si
organizzavano anche corse podistiche. Nel giugno del 1921 fu organizzata la San
Fili-Bucita e ritorno. Partecipavano 12 concorrenti. La corsa fu vinta da
Franchino Curatolo malgrado l'ostruzionismo da parte di Vittorio Rose (Betta)
che con la sua bicicletta spesso lo urtava nella gambe. Secondo arrivava
Peppino Cirillo.
Nel mese di
luglio, in occasione della festa del Carmine a Gesuiti, si organizzava a cura
del Rev. Francesco Rizzo, la San Fili-Gesuiti, vinta ancora da Franchino
Curatolo. Alla corsa partecipò anche Raffaele Mendicino. Dalla corsa furono ricavati
75 lire, cui 50 si utilizzarono per pagare il fitto a donna Richetta Gentile.
Nel
settembre del 1923 il Curatolo partiva per il Nord America e San Fili perdeva
un grande sportivo.
In seno agli
sportivi, pertanto, nacquero delle discussioni e ci fu una scissione. Nacque
così la Squadra Sportiva Alba, con magliette rosso-blu, con Vittorio Capizzano,
Mario Nigro, Rodolfo Palermo, Ciccio Noto, Gino Molezzi e altri, con sede in un
mezzanino della casa di Concetta Aiello, madre del Colonnello e nonna di Ciccio
e Vittorio Cesario (Madonna), con quest'ultimi facenti parte della società,
casa situata in via Piano del Mulino e che anni dopo veniva adibita a scuola
pubblica.
Le due
società non combinavano nulla di buono. Ciccio Lucente si interessava per la fusione.
Si trovava sul gradino del portone della Posta, attuale portone di Genoveffa
Onofrio, e con una bella romanzina convinse Vittorio Capizzano, Ciccio Noto e
Mario Nigro.
Nella sede
del Piano del Mulino furono convocati i soci per la discussione della fusione.
Trovati gli accordi necessari, due sere dopo, le due società passavano a
votazione ed eleggevano a Presidente Vittorio Capizzano e Segretario-Cassiere
Ciccio Noto.
Infinite
parevano le discussioni per il nome da dare alla nuova società. Chi voleva
Giovane Calabria, chi Alba. Le cose stavano per complicarsi ancora. In un
momento di pausa prendeva la parola il Presidente Capizzano e con una bella
romanzina diceva ai presenti che assolutamente non doveva usarsi né l'uno, né
l'altro nome, ma quello del paese e cioè Squadra Sportiva Sanfilese. La
proposta veniva accolta e accettata con fragorosi applausi. Le magliette da
usare con il colore che circondava il paese, cioè azzurro, con i bordi bianchi,
già in dotazione della Giovane Calabria. Allenatore della Squadra veniva
nominato l'ingegnere Giuseppe Blasi e Giacomino Cannataro dirigente. Pertanto
Ciccio Lucente suggeriva ai soci di invitare, per probabili aiuti, due eminenti
figure cittadine: Il barone Diego Miceli e l'avvocato Zumpini. Questi
partecipando ad una seduta straordinaria della società, offrivano tutto il loro
appoggio morale e materiale necessario. L'avvocato Zumpini offriva la favolosa
somma di 250 lire; mentre il barone Miceli offriva un pezzo di terreno vicino
il cimitero, con l'impegno degli sportivi che il campo una volta terminato, con
regolare recinto, doveva intitolarsi al suo nome e in più offriva anche 250
lire.
Le sedi
della società si susseguirono. Dopo il Piano del Mulino, si passava in Casa
Luchetta, confinante con la casa di Peppino Nigro, al Timpariello. In questa
sede si formava anche una squadra di boxe sotto la direzione di Pinotto
Vercillo che già esercitava tale sport al Comunale di Cosenza. Più tardi dava
anche lezioni Giuseppe Passarelli (Pigniferro) per l'esperienza che aveva
acquistato durante la sua permanenza a Torino quale sarto.
Resta vivo
nel ricordo di Capizzano il tremendo KO da parte di Pigniferro. Mentre Ciccio
Iennarelli ricorda ancora quello ricevuto da parte di Capizzano, dove la caduta
fu talmente violenta che sbattendo la testa contro un baule, ne piegava la
pesante chiave.
Altri boxer
di forza erano Luigi Mazzulla (bersagliere), un certo Ottaviuzzo, un
mulattiere forestiero e Luigi Luchetta (Mazzola).
Si ricordano
anche le corse ciclistiche con Domenico Blasi (Mazzicata), Ciccio Cesario (Madonna),
i fratelli Campana e Giuseppe Pigniferro. Le corse di velocità erano dalla casa
di donna Cecilia Miceli (allora in quel posto aveva il caffè Giuseppe de
Madonna), sino alla casa del Bersagliere. Le corse di resistenza erano
Airella-Casino dei Miceli e ritorno. Domenico Blasi le vinceva tutte.
Intorno al
1926 fu organizzato il giro 54 con ciclisti di tutta la Calabria. I corridori
sanfilesi erano Domenico Blasi, Ciccio Noto e Gino Molezzi. Il giro fu vinto da
Giuliani di Cosenza. Domenico Blasi, la speranza dei sanfilesi, malgrado i
crampi alle gambe, attenuati con massaggi praticati da Ciccio Noto e Gino
Molezzi con olio offerto da un contadino, arrivò nono fra 34 concorrenti e
vinse una medaglia. Nello stesso periodo San Fili vantava il grande corridore
podistico Glauco Chiappetta che nella Calabria aveva vinto diversi trofei e
medaglie. Anche in Argentina vinse diverse competizioni.
E quando nel
1928 Domenico Blasi partiva per l'Argentina, dove oggi vive, San Fili perdeva
ancora un'altra figura di grande sportivo.
Dal
Timpariello la sede passava in casa Puntillo, dirimpetto la casa di Marrupietro
e poi altre. Chi pagava il fitto, in mancanza di fondi, era sempre il
Presidente del sodalizio Capizzano.
Pertanto a
San Fili esisteva anche la Squadra di Calcio Mazzini che poi venne assorbita
dalla Sanfilese.
Resta famosa
la partita giocata nel 1927 su invito del Dott. Tarsitano, Presidente della
Paolana, squadra formata in maggioranza di ferrovieri del Nord Italia.
La Sanfilese
sotto la direzione dell'ingegnere Giuseppe Blasi era composta da Giovanni
Apuzzo, portiere, Ciccio Noto, Ciccio Rinaldi, Domenico Blasi, Ciccio
Iennarelli, Angelo Verbari, Rodolfo Palermo, Gino Molezzi, Attilio Rinaldi,
Peppino Blasi (Mazzicata, il sagrestano), Raffaele Mendicino; riserva Ciccillo
Rende (U Guardianu).
La Sanfilese
perse per 2-0 e i goals potevano essere addirittura molto di piu', se non fosse
stato per le prodezze del portiere del Cosenza Florio, un impiegato di banca,
che aveva sostituito il giovanissimo Apuzzo.
Nello stesso
anno una partita fu giocata alla. Gesulia contro la Rendese. Un anno prima una
partita fu giocata a Falconara Albanese, su invito di amici studenti di Ciccio
Noto e Rodolfo Palermo. Le cose si complicarono quando gli avversari parlavano
la lingua albanese e i sanfilesi segnavano. E prima di passare ai pugni i
sanfilesi lasciarono il campo in quella partita che era durata meno di
mezz'ora.
Fu anche
giocata una partita a San Lucido e vinta dai sanfilesi.
I tempi passavano.
I giocatori si sostituivano a seconda della circostanza. Si arrivava cosi' alla
famosa Sanfilese del 1930, diretta e allenata dall'ingegnere Attilio Nigro.
Squadra di quei tempi di una certa classe, per un piccolo centro come il
nostro.
Allora si giocava
sul campo promesso anni prima dal Barone Miceli, il quale riconfermava
l'offerta e dava il terreno gratis.
I lavori per
appianare il terreno incominciarono subito da parte di tutti gli sportivi. Gli
arnesi erano forniti dall'Azienda Stradale col consenso del Capo Cantoniere
Eugenio Intrieri, dietro richiesta di Vittorio Capizzano, allora Segretario del
Sindacato Lavoratori di San Fili.
A lavori
ultimati si doveva procedere alla legalità del terreno. I documenti erano al
Municipio e nessuno ha mai saputo come essi andarono smarriti.
Fra i nomi
che vengono alla memoria si ricordano: Attilio Cesario (Madonna), portiere;
Giorgio Curatolo e Amilcare Scola, i terzini di ferro; Gino Caracciolo,
Raffaele Mendicino, i figli del Sorvegliante Campana: Alberto portiere e
Vincenzino, Tonino Noto, Giuseppe Malfitano (Mastrachille), Mario
Palmizio, Pacito e Bendetto, nipoti di donna Vienna Gentile, (resta vivo il
ricordo di Benedetto che giocava con gli occhiali ed era famoso per le
testate), Davide e Genuzzo Calomeni, Cecchino De Lio, Vincenzino Fullone (Nabbonda),
Ciccio Iennarelli, Gino Molezzi, Rodolfo Palermo, Ciccio Falbo, famoso per il
suo fazzoletto intorno la testa, e altri, dai quali si sceglievano gli undici
da far giocare. Mascotte era Loris Perrelli. A volte lo era Rocco Speziale che
dava sempre il calcio d'inizio. La maglia era sempre l'azzurro con i bordi
bianchi.
Con la
Sanfilese partecipavano saltuariamente, che generalmente formavano la seconda
squadra, Gaetano Scarpelli, Luigi Luchetta (Mazzola), Giovanni Apuzzo,
portiere, Attilio Rinaldi, Oscar Cosenza, Francesco Perri (Spudeo),
Francesco Loizzo (Piciano), Emilio Passarelli e Ricuzzo Cesario (Tinaglia).
Resta vivo
in questo periodo, il ricordo di Ciccio Iennarelli, che durante la
partecipazione della Sanfilese al campionato ULICI di Cosenza, in allenamento
una testata di Emilio Passarelli gli procurava una ferita al ciglio dell'occhio
destro che il Dott. Crispini saturò con tre punti. Cicatrice oggigiorno ancora
visibile, mentre Emilio Passarelli si rompeva la testa.
Pertanto i
giovani si organizzavano da soli formando la Squadra Sportiva Aurora, con
Ciccio Palermo (Checaro) in porta; Micuzzo Commis e Isidoro Apuzzo,
terzini, a volte vi giocava anche Peppuzzo Sangermano; Alfredo B1asi (Mazzicata)
mezz'ala; Peppe Mazzulla (bersag1iere) ed Ettore B1asi, ale; Peppe
Commis, Giosino Rinaldi (Pilisco), Francesco Papa1eo, Ciccio Castellano,
Corrado David, Michele Storino (‘a bionda), e altri.
In una
sottoscrizione pubblica l'Avv. Corig1iano offrì il pallone. Gli allenamenti
erano all'imbocco della galleria verso Paola. A vo1 te sullo spiazza1e della
Stazione, dove i cunico1i circostanti erano coperti da tavole per non far
bagnare il pallone. A volte il loro gioco era interrotto dal Capostazione Tenuta
per violazione di proprietà dello Stato o per vetri rotti. Si allenavano anche
al Rinacchio. Non mancavano i momenti di coraggio e per una passeggiata e per
rilassare i muscoli, gli allenamenti venivano fatti su una pianura vicino la
Fontana di Matarazzo, luogo già usato dalle altre squadre esistite tra il
1920-30.
Le maglie
dell'Aurora erano gialle con bordi neri ed erano di pura lana e lavorate a mano
dai componenti femminili .1e loro famiglie. Resta famosa la partita contro 10
Sport Club diretto da Davide Calomeni che l'Aurora vinse col punteggio
tennistico di 8-1, facendo festa tutta la nottata per aver battuto i classici
avversari. La rete della bandiera era segnata da Rocco Spezia1e, che più' tardi
si scontrava male col portiere Palermo e nella caduta pare che si rompeva un
braccio.
In una
partita giocata a Castiglione Scalo, dove la squadra veniva trasportata dalla
lunghissima automobile guidata da Francesco Speziale, i giocatori dovettero
preparare il terreno sul quale da poco si era mietuto il grano. L'Aurora vinse
per 2-1.
Dopo l'ingegnere
B1asi, l'ingegnere Nigro, le Sanfilesi furono allenate da Michele Rinaldi e da
Giovanni Gambaro.
La Guerra
d'Africa del 1935 portava oltreoceano molti di questi atleti, i quali non
mancarono di formare nella terra bruciata dal Sole, una Sanfi1ese in Africa
Orientale.
Il tempo
passava e si faceva come di consueto largo ai giovani, che si valevano della
cooperazione di molti "vecchi" atleti.
Pertanto non
si manca di ricordare la figura sportiva di Genuzzo Amico, che spesso arbitrava
gli incontri casalinghi. Un giorno la sua austerità veniva disapprovata dal
pubblico. La Sanfilese non poteva perdere in casa. Genuzzo mandava al. diavolo
atleti e pubblico, faceva smettere di giocare il cognato Giorgio Curatolo e abbandonava
il campo. La partita arbitrata poi da un altro, fu vinta, per grazia di Dio,
dalla Sanfi1ese.
Si arrivava
così al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Un gruppo di goliardi davano
vita ad una nuova Sanfilese. Fra i nomi si ricordano Carminuzzo Cesario, il
classico portiere volante, che più tardi appendeva le scarpe al chiodo per una
testata contro il palo della porta; Mimino Montagna, il sostituto portiere;
Peppe Mazzulla (bersagliere), Giovanni Calomeni (‘mbricco),
Genuzzo Aiello, Ettore Blasi, Peppe Sangermano, Corrado David, Nino Ricca il
grande attaccante dalle gambe lunghe e che a volte si permetteva giocare
scalzo; poi arrivarono i fratelli De Maria, figli della vedova, uno un grande
portiere e l'altro un classico attaccante, Peppe Sammarco e il fratello Ma rio
che da Roma portava agli sportivi locali il vento calcistico della capitale;
Vincenzino Noto, Sandrino Corigliano, Antonio Marchese (Nasone), Egidio
Marzullo, Pinuccio Natoli, Ciccio Trotta, e altri, incluso il grande attaccante
Rocco Speziale, il "Balilla" del Sud che con la sua classe e l'estro
mandava in visibilio gli sportivi locali e della provincia.
Le Sanfilesi
di ogni tempo non avevano mai perduto sul proprio campo. Si arrivava così che
durante la guerra la Sanfilese partecipava ad un Torneo Cadetti della
provincia. Nella Sanfilese giocavano alcuni cosentini. Gli Universitari di
Cosenza con il famoso Mamino Mari, portiere del Cosenza, in questo torneo però
giocava da terzino, vincevano la partita, espugnando così per la prima volta il
campo sanfilese. La prima amara sconfitta che sconvolse gli sportivi di ogni
tempo.
Pertanto non
manchiamo di ricordare che durante gli albori dell'ultima guerra, un gruppo di
giovanotti organizzavano una squadra di calcio, col nome di una delle città
slave allora conquistate: La Lubiana, con magliette autarchiche blu, che costò
a tutti un sacrificio per racimolare le 11 lire per la compera, sulle quali era
cucito sul petto un pallone col nome della squadra. Le magliette furono
comperate a Cosenza da Totonno Galasso e fu molto fortunato trovarle dopo aver
girato tutti i negozi della città.
La squadra
era composta dai seguenti giocatori: Marcello Apuzzo (Zu Cola),
portiere; il sottoscritto, Orazio dell'Ortale, Corrado Cesario (Sorvegliante),
Tuture Papaleo, Ottorino Commis, Ottorino De Buono (Cuta), Ottorino e
Alfredo De Franco (Ronzu), Giuseppe Passarelli (temperino),
Totonno Galasso.
Malgrado
tutte le nostre buone intenzioni, i continui allenamenti, la squadra ebbe poca
durata, perché la guerra chiamava molti di questi atleti per il dovere di
Patria.
La guerra
volgeva alla fine. Nella confusione si perse anche il campo sportivo. Era la
fine di un'era. Le lotte per riaverlo non valsero a nulla. La voce dello sport
era sopraffatta da quella politica. Pace all'anima di don Luigi Nicoletti che
per interessi da parte e difesa di una casta, con i suoi interventi a Roma, ci
dette il colpo finale e facendo passare il terreno per un centro sperimentale
agricolo, cosa falsa e poco onorevole per un prete, perdemmo per sempre il
campo sportivo.
Si giocava
nelle strade, alla Stazione, nei campi cosentini e della provincia. Si
organizzavano partite un po' dappertutto dopo le ore scolastiche. Resta famosa
la partita tra studenti di Paola e San Fili, giocata sul campo di Cosenza, dove
durante il primo tempo in un intervento focoso ma innocente, Pasquale Onofrio
si scontrava male col portiere paolano, un nostro intimo amico, e nella caduta
si rompeva il braccio sinistro.
Resta famosa
l'accoglienza del Prof. Totonno De Lio per inaugurare il campo sportivo di
Gesuiti, partita che vincemmo facilmente per la differenza di classe tra le due
compagini. E non si dimenticano i calci, specie al sottoscritto, di Micuzzo
Scola, che per portarlo all'ordine non valsero nè gli interventi del professor
De Lio, né di Raimondo Barbalunga. Giurammo vendetta a Cosenza, dato che
Micuzzo guidava uno degli autobus del padre. Ma passati i bollori, per la legge
che guida lo sport, si tralasciava ogni cosa.
Anni dopo a
Raimondo lo trovai in Canada', a Toronto, dove già dirigeva una squadra di
calcio in seno alla Chiesa di Sant'Agnese. Giocammo assieme diverse partite,
finche' gli interventi rudi degli avversari, specie in una terra straniera
quando si è soli, mi fecero appendere definitivamente le scarpe al chiodo.
Non si
dimentica la trasferta a Montalto con ogni mezzo: Macchine, biciclette, un
camioncino e chi a piedi.
La partita
non poteva iniziare perché mancava l'arbitro. Lo fece Mario Palmizio da poco
rientrato dalla prigionia dall'Africa. Si perde va per 3-2. Si era fatti un po'
tardi. Mancava un quarto d'ora per la fine. Volevamo ritornare a casa e dare
partita vinta. Le nostre insistenze non valsero a nulla. Continuammo e vincemmo
per 4-3.
Durante il
ritorno con Gigino Piraino trovammo a Ruggero Crispini nelle vicinanze di San
Sisto che ritornava a piedi. Lo avevano fatto scendere dal camioncino perché
reo di "jettatura" per le troppe bucature. Facemmo largo sulla nostra
bicicletta e in tre viaggiammo senza incidenti e senza… bucature.
Pertanto si
ricorda il periodo sportivo politico del paese.
Si
organizzava un torneo nell'estate del 1947 fra i partiti politici del paese. La
sede era quella repubblicana nei locali di Oscar Cosenza. I giudici erano l'ingegner
Nigro, Mario Sammarco, Carmine Cesario, Ruggero Crispini, Egidio Marzullo,
Serafino Serpe e altri.
Arbitravano
gli incontri Genuzzo Calomeni, Ettore Blasi, Giovanni Gambaro e Vittorio Noto.
La squadra
Democristiana con magliette Celeste e bordi bianchi con sopra lo Scudo
Crociato, era formata da Peppino Agostino (Ursuliddra) in porta;
Vincenzino Noto, Francesco Jaconetti, Sarino Perrelli, Francesco Papaleo, Mario
Palmizio, Federico Zuccarelli (figlio d'Umberto), Vladimiro Nigro, Alfredo
Giraldi, Mario Blasi.
La squadra
Social-Comunista, la Scintilla, con magliette Giallo Rosso, diretta da Carmine
Cesario, con Gaetano Agostino (Ursuliddra) in porta; Brunello Commis,
Armando Mazzuca (panzareddra), Cenzino Chiappetta, Totonno Palermo (Voscja),
Nando Amico, Peppino Napoletano.
La squadra
Fascista (M.S.I.) con magliette Rosso Nero con Miruzzo Rinaldi in porta;
Peppino e Franchino Sammarco, Benito e Antonio Zuccarelli, Peppino Celestino,
Peppino Sammarco (figlio di Saverio), Giovanni Calomeni (‘mbricco),
Renato Maio, Francolino De Franco, Francesco Lombardi.
La squadra
Repubblicana con magliette di lana Rossa e con edera sul petto, con Tuture Noto
(figlio di Ciccio) in porta; Totonno e Ciccio Assisa, Franchino Rinaldi,
Alfonso Rinaldi, Pasquale Blasi, Francuzzo Crispini, Antonio Salerno (Stefano).
La rappresentativa
di Bucita sotto la direzione di Vittorio Noto con il ragionier Marrano, Romeo
Palermo, Raffaele Piccini, Peppino Corrado e altri.
L'Indipendente,
la nostra Indipendente, con magliette Azzurre della Sanfilese, sotto la
direzione di Elio Rinaldi, con Enzo De Nittis in porta; Totonno Mazzuca
(Albino) e il sottoscritto, terzini (e chi passava), Marcello Speziale, Nicola
Ricioppo, Pasquale Onofrio, Peppino e Nicola Alessi, Rocco Speziale che fece
poche partite e Mario Sammarco che ne fece una sola.
Il trofeo
era artisticamente inciso da Arrigo Crispini: Un pallone di legno su un
piedistallo fornito dal sottoscritto, sul quale si doveva scrivere il nome
della squadra vincitrice. Torneo che purtroppo non arrivò mai alla fine. E
trofeo ancora conservato da Arrigo Crispini.
Si giocava
sullo spiazzale della Piccola. Le squadre nonostante le idee politiche opposte,
cooperavano magnificamente ed erano formate da sette elementi per lo spazio non
sufficiente del terreno di gioco, Il pubblico partecipava in massa sistemati
sui bordi del posto. I balconi adiacenti erano le tribune d'onore. Il tifo era
enorme. Fra giocatori avversari, sul campo, non esistevano amicizie. Ognuno
giocava la sua partita. L'Indipendente dominava incontrastata il torneo con vittorie
tennistiche sui Democristiani e la rappresentanza di Bucita.
I
Repubblicani erano a due punti dagli Indipendenti. Resta il ricordo del
risentimento dei Repubblicani per avergli soffiato il portiere De Nittis, il
quale col permesso dell'austera madre, poteva solo giocare se affidato allo
sguardo del sottoscritto. E in qualità di terzino un occhio era sempre sul
cugino portiere. Un giorno, un, tragico fallo di Franchino Sammarco, per poco
non ce lo metteva fuori. Non successe nulla di grave. Fu per noi un sospiro di
sollievo.
L'Indipendente
era la squadra da battere. L'amara sconfitta arrivò da parte dei Comunisti, i
nostri più accaniti avversari per ragioni politiche. La palla era in calcio
d'angolo. Marcello Speziale dava ordini precisi di sistemazione. Ognuno doveva
guardarsi il proprio uomo. La palla viaggiava sulle nostre teste. Una svista
del sottoscritto, per guardare ad una finestra, dava l'opportunità a Nando
Amico di dietro di segnare facilmente di testa il goal della vittoria. Apriti
cielo. E Marcello che gridava ai quattro venti per non aver seguito la sua
raccomandazione e per giunta avermi fatto soffiare il pallone di uno di dietro
e più basso del sottoscritto. Ma Marcello non sapeva e mai seppe il motivo
della "svista". Una domenica pomeriggio che non passava mai in fatto
di rimproveri. Giornata di giubilo dei Comunisti che fecero chiasso e festa.
Ma i giorni
seguenti furono neri per tutti. Il Maresciallo Rago chiamava in caserma un
gruppo di sportivi per una denuncia da parte del nuovo Sorvegliante, al quale
non piacevano le nostre scorrazzate sportive sul sacro patrio luogo
ferroviario. Ma le scuse non erano gli interessi dello Stato. Al Sorvegliante
non piaceva che il pallone spesso andava a finire nella sua piantagione di ceci.
Era la fine
di un'altra epoca.
Un gruppo di
sportivi delle varie squadre uniti e indignati giurarono vendetta. Il fattore
politico in quel momento non contava più in nome dello sport. In una notte di
luna estirpavano completamente le piante di ceci non solo nei posti adiacenti
il terreno di gioco, ma anche intorno al casello ferroviario. Le piante con una
certa maestria venivano sistemate in un cunicolo di fogna che attraversava la
ferrovia, sbarrando l'uscita con dei pali per evitare che l'acqua le trasportasse
nel cunicolo esterno. Nudi come nati il sottoscritto e Totonno Assisa si
calarono in quell'acqua sporca per la sistemazione dei pali. Il giorno seguente
volarono altre denunce. Il Maresciallo Rago faceva un sopraluogo. Un
carabiniere trovando delle piante cadute durante il trasporto, andava diritto
sul posto della refurtiva. In conclusione il Maresciallo sentenziava che con
tutte quelle peripezie, il colpo era stato fatto da esperti ladri, dove avevano
sistemato tanto bene la refurtiva per 'ripigliarla in una delle notti seguenti.
Il Maresciallo chiamava in caserma tutti i recidivi del paese per
interrogatori. Nessun sospetto per gli sportivi anche se più tardi il
Maresciallo si aveva mangiato la foglia.
Comunque
egli, nel pomeriggio, chiamava in caserma a Peppino Alessi e Totonno Assisa per
interrogatori, rei di aver tirato, ore prima, quattro calci ad un pallone
proprio vicino la Piccola e denunciati dal Sorvegliante indignato e col
rimprovero di noi sportivi con la paura di essere scoperti. L'affare venne
archiviato per insufficienza di prove. Finiva così il gioco del calcio nel
paese, ma non altrove. La nostra passione sportiva si sfogava sui vari campi
della provincia.
Venne così
nel periodo carnevalesco del 1948 la partenza di Pasquale Onofrio. La perdita
di un grande attaccante. In quel pomeriggio avevamo organizzato una farsa
carnevalesca e salutammo Pasquale così come eravamo vestiti. Egli si commosse.
Non voleva più partire per gli Stati Uniti. Poche settimane dopo la sua
partenza, dalla sua prima busta paga, levava 20 dollari e ce li mandava per
comprarci materiale sportivo. Comprammo un pallone nuovo e fiammante col quale
si giocava nelle strade del paese, nei campi cosentini e della provincia. Si
organizzavano partite dopo le ore scolastiche.
Franchino
Sammarco, portiere; il sottoscritto e Totonno d'Albino, i soliti terzini di
ferro; Marcello Speziale, Benito Zuccarelli, Giosino Cesario (Cartocci a),
Totonno Assisa, Peppe e Nicola Alessi, Aldo Iantorno, chiamato Meazza per la
sua somiglianza al grande giocatore milanese, Nicola Ricioppo, Mario Patera,
Vincenzo Fortino, Sarino Perrelli, Francesco Iaconetti e tutti gli studenti che
viaggiavano; Elio Rinaldi, il nostro sempre direttore tecnico, Ruggero
Crispini, Gigino Piraino, Nandino Granata e Serafino Serpe che ci seguivano
dovunque, finche' si arrivò alla sfortunata partita di San Lucido. il 25 maggio
1948, e non solo si perse l'incontro per 3-2, per poco si perdeva anche la libertà,
rischiando le patrie galere. Rei di aver affollato la "Littorina"
alla stazione di San Lucido scalo, per cui il capotreno Luberto rifiutandosi di
farla partire ci denunciava come comuni criminali. Ma il suo sfogo era ben
altro. Da poco era stato bocciato ad un concorso ferroviario e forse in seguito
agli sfottò di qualcuno, si voleva vendicare su noi poveri studenti.
A San Lucido
la squadra era scesa nella seguente formazione: Franco Sammarco; Fiumano,
Gagliardi; Sesti, Benito Zuccarelli, Ciccio Cirillo; Marcello Speziale, Totonno
Assisa, Giardino, Leanza e Nicola Ricioppo. Molti di questi erano amici
cosentini. Le reti sanfilesi erano state segnate da Marcello Speziale. Al
nostro seguito erano Gigino Piraino, Vladimiro Nigro, Ruggero Crispini, Ciccio
Assisa, Nandino Granata, Ettore, Franco e Ricuzzo Crispini, Aldo Zuccarelli,
Elio Rinaldi, Aldo lantorno, Petruzzo Mauro, Gaetano Agostino, Brunello Commis,
Peppe Celestino, Mario Palermo e altri.
Più tardi
molti di questi allineati sui banchi della Corte di Cosenza, difesi dai nomi più
grossi del foro cosentino: L'avvocato. Gigino Gullo, l'avvocato Giacomo
Mancini, l'avvocato D'Andrea, l'avvocato Mazzotta e altri, trovammo
comprensione da parte del giudice che con un'occhiata a Luberto gli dava a
capire se diceva seriamente o scherzava con la sua denuncia per la grave accusa
mossaci. E se Luberto non ritrattava la sua accusa, molti di noi finivano
sogni, carriere e tutta una vita.
Molti di
questi amici sportivi sono rimasti al paese; altri un po' dappertutto in
Italia; altri nelle Americhe. Con Nicolino Ricioppo e Pasquale Onofrio in quel
di Chicago, con Totonno d'Albino in Canada, con Marcello Speziale e il
sottoscritto in questa zona, quando ci ritroviamo non manchiamo, in questa
nostra vita in terra straniera, di ricordare i tempi d'oro della nostra
fiorente giovinezza.
Come sempre
al paese quando le vecchie glorie tramontano, si fa largo ai giovani. Si
formava nel 1954 una nuova Sanfi1ese con sede nei locali dell'Azione Cattolica
e diretta da don Peppino Fumo, per partecipare al campionato della Lega del
Centro Sportivo Provinciale.
In mancanza
di campo sportivo la Sanfi1ese giocava le partite in casa sul campo di Rende.
La squadra era composta da Saracino in porta; Gianni De Nittis, Genuzzo Blasi;
Antonio Palermo, Alfonso Rinaldi, Peppino Napoletano; Dino Speziale, Nando
Amico, Antonio Zuccarelli, Ciccio Assisa e Franco Croce. Tanuzzo Francavilla
portiere di riserva; mentre Raimondo Assisa giocava da portiere e ala e Antonio
Salerno (Stefano) riserve. Allenatore era Vincenzino Noto e Presidente
l’ingegner Attilio Nigro.
Il
campionato era formato da due gironi. In quello Sanfilese vi erano Montalto, S.
Pietro in Guarano, Luzzi e Acri. Fra gli incontro si ricordano San Fili-San Pietro,
giocata a Rende, 9-1 e fuori casa 3-0.
Monta1to-San
Fi1i 2-2 con pugni, sassate e un rigore per colmare i bollori dei montaltesi.
La Sanfilese vinse il proprio girone. Finale sul campo di Cosenza: Moriandina
di Rossano-San Fili 4-2 (2-1). Nel primo tempo sul 2-1 Ciccio Assisa sbagliava
un rigore.
Oggi fanno
onore al calcio locale la Po1isportiva Sanfi1ese allenata da Rocco Spezia1e e
dal cugino Peppe Speziale e la S.S. Matteotti allenata da Totonno Assisa e
diretta dal professor Totonno De Lio e Carmine Cesario, che militano nel
Campionato Regionale di Seconda Categoria; la prima nel Girone A e la seconda
nel Girone B.
La Polisportiva
Sanfilese nel campionato 1968-69 si è classificata terza su 13 squadre con 31
punti, a 3 dalla seconda G.S. Diamante e a 14 punti dalla prima A.C. Cetraro.
In casa ha vinto 11 incontri, nessun pareggio e perduta una; fuori casa ha
vinto tre volte, pareggiato tre e perdute sei; ha segnato 46 reti e subite 29.
La S.S.
Matteotti nel campionato 1968-69 si è classificata prima su 13 squadre, dopo 10
spareggio e tempi supplementari e volo di monetina sul campo di Paola contro la
A.S. Rogliano.
La Matteotti
è stata promossa nel campionato di Prima Categoria, con la probabi1ita' che se
vince quest'anno, sarà' promossa in Serie D.
La Matteotti
si è classificata con 38 punti; ha vinto in casa 10 partite, ne ha pareggiato
una e perduta una; fuori casa ha vinto 6 incontri, pareggiati 5 e perduto uno;
ha segnato 68 reti e subite 24.
Le due
squadre, vanto e gloria del nostro vecchio paesello, fanno onore al Mezzo
Secolo di Vita Sportiva Sanfilese.
Francesco
Cirillo
Stamford,
Conn. U.S.A.
Settembre 1969
Una comunità che non ha un passato da ricordare... non può definirsi comunità.
By Pietro Perri.
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