SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: 'a 'mpigliolata. (3/6)

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sabato 18 marzo 2023

'a 'mpigliolata. (3/6)



Nella foto a sinistra (by Pietro Perri): Semi di mais o granturco. Il mais era una pianta che veniva coltivata con una certa regolarità dagli agricoltori sanfilesi almeno fino alla fine degli anni Sessanta. Non era una delle colture principali ma serviva comunque a dare un guadagno marginale a chi coltivava la terra. Dai semi di mais si ricavava la farina che veniva usata sia per fare il pane che per fare la polenta o per fare la deliziosa ‘mpigliolata santufilise.

Spesso, nell’impaginare il nostro Notiziario Sanfilese, mi è capitato di avere più materiale a disposizione di quello che mi servisse in quel determinato momento.

Tale materiale mi veniva gentilmente inviato da alcuni, preziosi seppur saltuari, collaboratori.

Ho ritenuto sempre e comunque giusto dare spazio a questi collaboratori penalizzando a volte o di volta in volta alcuni miei scritti fiume e come tali programmati a puntate.

Uno di questi è sicuramente quello relativo alla ‘mpigliolata. Le prime due puntate dedicate alla ‘mpigliolata le ho pubblicate sul Notiziario Sanfilese dei mesi di febbraio e di marzo del 2018. E siccome il tema è particolarmente “gustoso”, per quanto riguarda la nostra Comunità, e visto che in questo periodo ho un po’ di tempo e spazio in più a disposizione, credo sia opportuno chiudere il cerchio su questo tema.

Oltretutto mia madre era un’artista nel preparare l’impasto, nell’infornare e nello sfornare la ‘mpigliolata. Un’artista come gran parte delle nostre anziane madri o delle nostre stupende nonne made in San Fili.

A tutte loro, non solo a mia madre, è dedicato questo mio scritto ricco di profumi, di sapori e di incancellabili ricordi.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo del 2021... by Pietro Perri.

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Tra i piatti tipici (o quanto meno “tipici” fino agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso) della nostra comunità merita di essere ricordata la ‘mpigliolata. Una vera e propria leccornia, frutto di esperimenti della cucina cosiddetta “povera” (ma decisamente ed in alcune varianti stracolma di grassi non proprio buoni per chi fa una vita d’ufficio o quantomeno sedentaria), di cui si cibavano con una certa regolarità i nostri nonni.

Spulciando su internet si riesce trovare anche qualche ricetta, reinventata e/o adattata ai tempi moderni, della ‘mpigliolata sanfilese o quantomeno di qualcosa cui si può avvicinare alla stessa. Un qualcosa tipo, ad esempio, la pizza di farina gialla o farina di mais o di granturco che dir si voglia.

Ma, credetemi, con queste ricette (varianti) la ‘mpigliolata dei nostri nonni o dei nostri bisnonni ha ben poco a che dividere. Anche perché alla realizzazione di tali ricette mancano degli ingredienti che, in alcuni casi anche per ‘ncriscienza, difficilmente riusciremo a mettere assieme.

Provo ad elencare alcuni di tali ingredienti di non facile (per non sottolinearne a volte anche l’impossibilità) reperibilità: il granturco coltivato nelle nostre zone, la realizzazione della farina di granturco tramite i mulini che utilizzavano macine in pietra, la povertà (che fa apprezzare il poco che si ha a disposizione), alcuni ingredienti realizzati con metodi antichi quali la salimora (ciccioli o cicoli o scarafuagli che dir si voglia), le foglie secche di castagno raccolte nel periodo della casculata (queste rientrano nell’ambito della ‘ncriscienza ad andare a raccoglierle), l’amore (nel realizzare certe cose) delle madri o delle nonne per i propri figli o per i propri nipoti, il forno a legna.

La capacità di trasmettere tali ricette da madre in figlia. Infatti quando alle nostre nonne chiedevi quale erano le dosi per realizzare tali prelibatezze la risposta di queste assassine (mi si conceda questo francesismo almeno in questo caso) era quasi sempre la stessa: nu pizzicu, nu cucchiaru abbondante, quantu sinne piglia, ppe tri puni minteccenne, io aju fattu sempre ad uocchiu...

Quindi se proprio volete provare a rileggere le ricette “non scritte” delle nostre nonne o delle nostre bisnonne (per quelli di noi che ancora hanno la fortuna di averne qualcuna in casa) dimenticatevi di trovarvi difronte a grammi, millilitri, frazioni di comparazione ed altre diavolerie di pesi e misure dei nostri tempi.

A proposito, ho citato le foglie di castagno che, inutile dirlo, non vanno certamente frullate e messe nell’impasto della ‘mpigliolata. Le foglie di castagno, infatti, selezionate una per una nel periodo della raccolta delle castagne e lasciate essiccare sotto la pressa magari di qualche giornale (o sistemate a mo’ di pacco ed opportunamente legate assieme di modo che col tempo prendevano comunque una forma quasi piatta) sostituivano in tale frangente la carta forno da posizionare sulla teglia (‘a lagna?) su cui si sarebbe posto il prezioso impasto prima di passare il tutto in forno. In poche parole le nostre nonne e le nostre bisnonne non solo avevano anticipato l’avvento nelle nostre zone della carta da forno ma avevano fatto tutto ciò nel massimo rispetto che si potrebbe rendere alla natura stessa.

Meno inquinamento (in quanto la carta forno è un prodotto tutt’altro che facile da riciclare) e meno alberi da tagliare (magari dei castagni) per realizzare la carta forno stessa.

Cosa si potrebbe desiderare di più?

Nulla!

Eppure qualcosa in più le foglie di castagno all’intruglio che avrebbe dato in seguito vita al prodotto finito (la ‘mpigliolata appena sfornata) ce l’avrebbero dato e con tutto il cuore.

Grazie alle foglie di castagno, o per meglio dire al tannino (qualcuno mi corregga pure se sbaglio) in esse contenuto, infatti la ‘mpigliolata riusciva a prendere un aroma in più che, mischiato al resto degli ingredienti, la rendeva veramente unica.

Finché è stata viva ed attiva mia madre, ovvero fino 2016 o al 2017 non mancava anno in cui la stessa non ci facesse gradito dono almeno un paio di volte all’anno di questo suo stupendo alchemico intruglio. Un intruglio che risvegliava tutti i nostri sensi.

(continua).

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


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