A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
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Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

martedì 17 dicembre 2019

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (4)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di dicembre 2019.
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Pechino 30 agosto 2019 - visita alla Città
Proibita.Nella foto le guide Aurora (a sinistra)
e Sole (a destra).
Quando si parte, anche se da semplici turisti, verso uno Stato che si ritiene ai confini del mondo (come la Cina, per tanti di noi Sanfilesi) - in un’epoca che scorre maledettamente veloce come quella che sta subendo la nostra generazione - le prime tre domande che uno di noi si pone sicuramente sono: 1) se ci ammaliamo ci sarà qualche possibilità di sopravvivere in una zona in cui sicuramente ci sarà impossibile farci capire? 2) le guide locali conosceranno bene l’italiano? 3) come faremo a ricaricare i nostri tablet o i nostri smartphone e quindi a restare collegati con il mondo?
Proprio così, ci si chiede anche e soprattutto come faremo a restare collegati con il nostro avanzatissimo tecnologico mondo. Quasi la Cina non facesse parte di questo mondo o fosse restata tecnologicamente imprigionata nel suo ottocentesco medioevo.
Ed eccoci intenti a caricare le nostre valigie di medicinali per le più disparate previste malattie (dalla semplice aspirina per il mal di testa ai più impegnativi antibiotici ad ampio spettro d’azione o ai farmaci contro la diarrea e contro i conati di vomito).
Per quanto riguarda invece la corrente elettrica necessaria a ricaricare i nostri diabolici mezzi informatici made in Cina... come non portarsi dietro almeno tre o quattro spine universali? Anche queste made in Cina?
Proprio così: andando in Cina nella speranza tra l’altro anche di sopravviverci, anche se per una decina di giorni, ci portiamo dietro un tale peso... di prodotti made in Cina.
Per poi scoprire che da quelle parti è difficile trovare un hotel che abbia stanze dove le prese attaccate al muro non siano tutte universali o che gli stessi non ti offrano il wi-fi libero o che la tua scheda telefonica non sia anche automaticamente collegata al resto del mondo anche in gran parte della Cina.
Qualcosa ovviamente su questo fronte anche in Cina lascia a desiderare... ma non per tutti e sicuramente non perché la tecnologia informatica presente in questa grande nazione non sia all’altezza della roba che la stessa smercia nel resto del mondo.
Quel qualcosa è, ovviamente Facebook, che funziona con la tua scheda telefonica ma che non ti dà la possibilità d’accederci tramite le schede telefoniche cinesi o il wi-fi che ti mettono a disposizione i gestori degli hotel in cui siete ospitati.
Inutile dire che il Facebook libero è un po’ indigesto ai governanti cinesi... ma non solo ai governanti cinesi (oggi sappiamo benissimo che il Facebook libero è alquanto indigesto anche ai governanti americani e persino a tanti governanti europei, italiani inclusi).
Il social-network Facebook per gran parte dell’anno e soprattutto in particolari critici periodi sociali in Cina è oscurato: il sogno di tanti governanti, appunto, di paesi liberi come il nostro.
Ma è veramente oscurato o tale blocco si può bypassare tramite l’uso di un’applicazione pirata e a pagamento?
(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

giovedì 5 dicembre 2019

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (3)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di novembre 2019.
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Lintong (Cina). Orietta e Pietro in visita
al Museo dell'Esercito di Terracotta.
Il 27 agosto 2019 io e mia moglie Orietta ci trovavamo a Lintong (una località all’incirca 30 km a nord di Xian) in Cina.
In tale località sono state portate alla luce, dal 1974 ad oggi, circa 10.000 statue divenute subito famose in tutto il mondo con il nome di “Esercito di Terracotta” (collocato nel Mausoleo del primo imperatore Qin, vissuto tra il 260 ed il 210 avanti Cristo). Ovvero ciò che ormai si considera universalmente l’ottava meraviglia del mondo antico.
A far da guida al gruppo di turisti di cui facevamo parte anche mia moglie Orietta ed io c’era la bravissima signora Chen Xi... per noi italiani semplicemente Aurora.
Aurora in effetti era la nostra guida nazionale ovvero l’unica che ci ha accompagnato per l’intera durata del tour. A Shangai ed a Pechino infatti la stessa fu affiancata da altre guide locali.
Finora ho viaggiato tantissimo visitando gran parte dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo o a ridosso degli stessi: sono stato in Marocco, in Tunisia, in Egitto, in Giordania, in Israele, in Grecia, in Turchia, in Spagna, in Portogallo, in Francia, in Croazia, in Inghilterra (se consideriamo Gibilterra come suolo inglese) e persino nello Stato del Vaticano.
Ho avuto il piacere in tali viaggi di ammirare opere uniche nel suo genere realizzate dagli uomini. Opere maestose che avvicinavano gli ideatori delle stesse alle divinità quando non finivano per sancire la divinità dei committenti stessi di tali opere (templi, piramidi, mausolei vari e così via). Opere che servivano alla difesa del territorio come opere che dovevano solo mostrare la grandezza dei sovrani del momento.
Ho compreso l’importanza della Grande Muraglia, posso capire la realizzazione d’una piramide o di un tempio (stupenda la città di Petra in Giordania o Abu Simbel e le piramidi in Egitto o Delfi, il Partenone e la tomba di Agamennone in Grecia...) ma riuscire a capire la follia di creare un Esercito di Terracotta come quello di Lintong in Cina decisamente, l’ammetto, mi è alquanto difficile da capire.
Un’opera sicuramente unica ma decisamente realizzata per esaudire i desideri, a parere di un profano come lo scrivente, di una mente malata.
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Mentre a Shangai la nostra guida Aurora fu affiancata da Luca (altra guida locale ovviamente parlante in italiano) a Pechino ad affiancare Aurora ci pensò l’altrettanto bravissima Sole. Inutile dire che Luca e Sole (così come Aurora) non erano i loro veri nomi, essendo loro cinesi cresciuti e pasciuti in Cina, ma nomi che hanno adottato ad uso e consumo di noi turisti italiani. Nomi che in alcuni casi erano più o meno la traduzione degli stessi nei corrispettivi italiani (vedasi il caso di Aurora e Sole) o semplicemente avevano, con i loro nomi originali, una assonanza quantomeno fonetica con altri nomi del Bel Paese (vedasi il caso di Luca).
In ogni caso avere a disposizione nel nostro soggiorno in Cina delle guide come Luca, Aurora e Sole è stata una vera fortuna. Preparati e simpatici come gli stessi erano.
Luca arricchì di conoscenze ed aneddoti la nostra permanenza a Shangai e a Souzou, Aurora a Xian e Sole a Pechino.
Tutto potevo pensare tranne che questo viaggio avrebbe rimesso in discussione l’immagine che mi ero fatto finora della Cina. Un’immagine distorta anche a causa delle letture, non sempre capite dal sottoscritto, di alcuni libri e riviste che mi capitarono tra le mani nei decenni passati. Senza con ciò scomodare anche il ricordo di quel mattone (a causa più che altro dalla eccessiva durata) di film realizzato dal maestro Bernardo Bertolucci e che risponde al titolo de “L’ultimo imperatore”.
Luca, Aurora e Sole, anche e soprattutto come visione della vita, sembravano far parte di tre Cine completamente diverse. Cosa dopotutto normale visto che gli stessi si sono formati in tre fusi orari l’uno diverso dall’altro.
La Cina, inutile dirlo, come territorio è vastissimo anche se, credetemi, a volte si ha la vaga impressione, vivendo in quella zona e conoscendo la nostra realtà, che sia più complicato, più distante Catanzaro da Bari o da Roma che non Shangai da Pechino.
E questo perché noi nel Meridione d’Italia sembra che ancora viviamo al tempo dei Borbone di Napoli mentre loro sembra si stiano attrezzando per raggiungere Marte ancor prima della Russia o degli Usa.
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Tutto era strano, tutto era diverso da ciò che mi ero immaginato in questa Cina che finalmente vedevo con i miei occhi... e che i miei occhi non si limitavano più ad osservare solo la Grande Muraglia, la Città Proibita o l’Esercito di Terracotta.
Ed anche la mente iniziava a porsi qualche strana domanda. Ed alcune di queste domande non potei fare a meno di girarle alle nostre stupende e preparate guide.
E fu così che, rivolgendomi a Sole, le chiesi:
- Mi spieghi come avete fatto voi cinesi a passare senza grossi problemi (considerando ovviamente le situazioni del tempo in cui si sono svolte le varie fasi storiche) dalla Cina imperiale, all’occupazione giapponese, alla Cina comunista di Mao Zedong e ritrovarvi ora in un regime capitalista con una visione futurista che sembra aver lasciato anni indietro i paesi occidentali? Come fate a trovarvi in una economia (una visione economica) decisamente più avanti della nostra.
Dopotutto qui si tratta di resettare il proprio cervello a cadenza quasi ventennale quando in Italia ancora viviamo mentalmente nei primi decenni postunitari.
Sole mi dette, più che giustamente (anche se in modo scherzoso), le conseguenti risposte. Risposte che riporto di seguito:
SOLE: - Ci troviamo davanti a voi per il semplice motivo che noi ci svegliamo prima di voi. Dopotutto il sole in Cina sorge sei ore prima che in Italia.
IO: - Colpito ed affondato, e per quanto riguarda la situazione politica economica? A cosa dovete questa capacità di riadattamento a dir poco indolore?
SOLE: - Semplice: a noi non interessa chi governa. Interessa che chi governa governi bene e ci metta tutti nelle condizioni di saziare il nostro appetito. La politica non è del popolo.
E si tocco’ la pancia.
(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

mercoledì 6 novembre 2019

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (2)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre 2019.
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Shanghai (Cina) 24 agosto 2019.
Pietro Perri e la moglie Orietta sulla riva 
del fiume Huangpu.
La cosa che spesso mi sono sentito chiedere da alcuni amici al rientro dai miei ormai tradizionali annuali viaggi è... se ne è valsa la pena.
Credetemi: viaggiare vale sempre e comunque la pena. Sono questi i soldi che considero meglio spesi, un vero e proprio investimento sul presente e sul futuro di chi ha la fortuna/sfortuna di condividere, anche se per un breve attimo, il nostro terreno cammino.
Viaggiare permette di staccare realmente la spina dal consuetudinario e comunque ci permette di verificare direttamente (e non per il solito stupido sentito dire) ciò che pensavamo di un determinato popolo e/o di un luogo.
Poggiare i nostri piedi su un suolo diverso da quello che calpestiamo quotidianamente equivale ad aprire contemporaneamente le pagine di almeno una decina di libri diversi. Viaggiando, osservando, dialogando e confrontandosi con i “diversi”... non si può non imparare qualcosa di nuovo.
L’importante è che quando si decide di partire lo si faccia senza costrizioni, senza preconcetti e con mente aperta al nuovo.
Ed eccoci qua, io e mia moglie Orietta, impegnati in questa nuova ennesima avventura in giro per il mondo. Eccoci... in Cina.
Il viaggio, inutile dirlo, era tutto organizzato, avevamo a disposizione un accompagnatore dall’Italia ed avevamo ben tre guide locali parlanti in italiano ad aspettarci nelle varie località che avremmo visitato.
Inutile dire che in questo viaggio qualcosa mi ha deluso e tantissimo mi ha meravigliato.
Mi ha deluso, ad esempio, il fatto di non aver trovato i miei amatissimi vermicelli di soia cui sono abituato a mangiare nel ristorante cinese in cui, nella vicina cittadina di Rende, vado piacevolmente a rifocillarmi con cadenza almeno trimestrale: adoro la cucina cinese. Quella cucina che ormai, purtroppo, è più facile trovare in Italia che nella Cina dei tour organizzati.
La cucina tradizionale cinese destinata ai turisti, infatti, si è ormai alquanto... occidentalizzata.
Un errore, questo, in cui purtroppo sono cascati stupidamente anche i ristoratori delle varie “cucine tipiche regionali” d’Italia che, invece di garantire il prodotto realmente tipico e doc, pensando di fare un piacere ai turisti esteri, si fanno in quattro per garantire agli stessi una cucina internazionale che poco ha a che dividere con la nostra gustosissima tanto decantata cucina calabrese.
Tra i vari preconcetti che avevo messo nella valigia prima di intraprendere questo viaggio in Cina c’era pure la consapevolezza che mi sarei trovato a visitare un Paese ancora legato al mondo medioevale: una terra arretrata, sporca, con mezzi di locomozione e trasporto da terzo mondo e chi più ne ha più ne metta.
Niente di più sbagliato: la Cina, quella parte di Cina che ho avuto il piacere di visitare (in particolare le città di Shanghai, Suzhou, Xian e Pechino) sono città proiettate decisamente nel futuro. A collegarle aeroporti e mezzi di trasporto, confrontati a quelli cui siamo abituati nel Centro-Sud Italia a dir poco da fantascienza.
Basti pensare al Treno ad Alta Velocità (ed anche alla comodità con cui si viaggia nello stesso): 1200 chilometri coperti in circa quattro ore e mezza e con un costo di poco più di 80 euro a testa. Una sola sosta lungo l’intero tragitto e comunque senza necessità di dover cambiare treno due o tre volte nel corso dello stesso. Pulitissimo e con poltrone che non sfigurerebbero in una hall d’hotel a quattro stelle.
Unico neo è il ritardo registrato alla partenza: tre assurdi inconcepibili imperdonabili secondi di ritardo... ma forse era il mio orologio che non era sincronizzato bene.
Provate a confrontare ciò con un treno qualsiasi preso da un qualsiasi calabrese a Reggio Calabria o nella nostra vicina stazione di Paola e diretto a Milano o a Torino. Onestamente mi viene il voltastomaco al solo pensarci.
Mi viene normale pensare che mentre nel Sud Italia molti di noi ancora pensano ai bei tempi in cui facevamo parte del Regno delle Due Sicilie (ovvero ad oltre 150 anni addietro) la gran parte del popolo cinese pensa a come ed a quando riusciranno a mettere il piede, ancor prima degli americani, su Marte. I Cinesi, e sicuramente questa è la  loro grandezza e ciò che oggi fa di loro una grande nazione, guardano al futuro mentre per noi esiste solo il passato.
Quella che mi sono trovato difronte non è la Cina con le capanne di canne di bambù: è la Cina dei grattacieli, è la Cina delle ampie e funzionali infrastrutture, è la Cina dell’innovazione, è la Cina dal passato glorioso ma soprattutto è la Cina... del mondo del futuro.
E’ la Cina che riesce in modo impeccabile a far funzionare (sia dal punto di vista organizzativo che amministrativo) una città di 25 milioni d’abitanti quando noi non siamo in grado di far funzionare, amministrativamente e organizzativamente, neanche un villaggio di poco più di 2600 abitanti quale il nostro amato/odiato borgo di San Fili.
In Cina è vietato non lavorare: tutti devono partecipare a rendere grande la Cina. Tutti possono partecipare a rendere grande la Cina.
In Cina, ovviamente nelle città e nelle zone che ho avuto il piacere di visitare in questo stupendo tour cui ho partecipato verso la fine del mese di agosto di quest’anno, per terra non ho visto nemmeno una cacca di cane, né ho sentito il nauseante odore della stessa o del piscio di questi comunque incolpevoli animali (i colpevoli sono i padroni o, ancor peggio, i “bastardi” loro ex padroni). Anzi, per essere più corretto ho quasi rischiato di rientrare in Italia senza aver avuto il piacere di vedere un solo cane in circolazione in Cina.
Inutile dire che mi è subito venuto in mente quella assurda diceria sul popolo cinese e sulla fine che fanno i cani che si trovano a passare nei pressi di un ristorante cinese. Ma questa diceria va bene per una stupenda gag di un altro stupendo film con protagonista il mitico indimenticabile Fantozzi/Paolo Villaggio. La realtà è ben diversa ed è racchiusa in un concetto ben definito: rispetto verso gli altri.
(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


domenica 13 ottobre 2019

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (1)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2019... a firma di Pietro Perri.
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Pechino - piazza Tienanmen,
Agosto 2019.
Il mio desiderio di andare un giorno a visitare anche la Grande Muraglia (una delle sette meraviglie del mondo) in Cina nacque quasi certamente quando ebbi il piacere d’ammirarne la maestosità spulciando le pagine di un sussidiario su cui fui costretto a studiare quando frequentai le scuole elementari di San Fili.
All’epoca alle scuole elementari c’erano ancora i cosiddetti “maestri unici” ossia degli insegnanti che ti prendevano per mano alla prima elementare e ti portavano, con mano spesso armata di staffila, fino alla quinta elementare. Ossia fino alla conclusione del ciclo scolastico primario.
La mia insegnante delle elementari fu la signora Maria Alba Ruffolo.
E’ a lei, la mia “signora maestra”, che debbo il mio amore  tanto per la scrittura quanto per la lettura.
E chi ama leggere non può non desiderare viaggiare e vedere, toccare con mano, quanto  trova scritto sui libri e sulle riviste che gli passano tra le mani e sotto gli occhi.
E fu così che, innamoratomi di quella foto della Grande Muraglia che si trovava in una delle pagine dedicate ai nostri mitici viaggiatori (Marco Polo?), mi ritrovai, oltre un quarantennio dopo, a calpestare il suolo dell’unica opera realizzata dagli esseri umani che, non so se per leggenda metropolitana o per realtà, sia visibile dallo spazio.
Dieci giorni (dal 22 al 31 agosto scorso) di cui due di viaggio (ben quindici ore di aereo all’andata e dodici e qualcosa al ritorno) sono stati il mio, accompagnato ovviamente da mia moglie, full immersion ne “Il fascino della grande CINA” (questo era il tour cui per l’occasione avevo aderito). Un vero salasso per il mio portafoglio ma un grande investimento con notevole profitto per la mia classica voglia di vedere e di imparare.
Inutile dire che otto giorni non li ho passati a vedere solo la Grande Muraglia: di carne al fuoco in questo tour ce n’era tanta ed ho cercato di gustarmela nel modo migliore possibile: la Cina antica e la Cina moderna giorno dopo giorno prendevano forma davanti ai miei occhi.
E viaggiare, questa è la vera nota dolente, ti costringe a confrontare la tua realtà con la realtà che si trova al di là del tuo perimetro vitale quotidiano. Un perimetro vitale quotidiano che trova enormi limiti sia nello spazio fisico che nello spazio virtuale (culturale e sociale).
Ed a fine viaggio, al tuo rientro nella tua misera quotidianità, dopo che per una vita ti eri fatto un’immagine distorta di un Paese (la Cina) grande quanto un intero continente ti vedi costretto a rimettere, almeno su questo fronte, tutto in discussione e finire per convincerti che la Cina o ciò che credevi essere la Cina (mentalmente ed economicamente parlando)... siamo noi. Siamo noi Italiani (per non dire gran parte del Vecchio Continente) infatti che oggi dobbiamo combattere per guadagnare la nostra quotidiana razione di riso, per un posto di lavoro che ci dia un minimo di soddisfazioni e sia rispettoso della meritocrazia individuale, di libertà di stampa e diritto alla vita, di... diritto al futuro delle future generazioni.
Otto giorni di full immersion (più due di viaggio in aereo) mi hanno visto toccare le città di Shanghai, capitale economica della Cina, di Zhujiajiao (piccolo villaggio con caratteristici ponticelli di epoca Ming), di Xian (dove in questi ultimi decenni è stata portata alla luce ciò che le guide locali definiscono l’ottava meraviglia del mondo ovvero l’Esercito di Terracotta dell’imperatore  Qin) e, dulcis in fundo, di Pechino (capitale politica e culturale della Cina).
A proposito: quando definisco Zhujiajiao un “piccolo villaggio della Cina” è giusto sottolineare, così come ci hanno più volte cercato di far capire le guide locali, cosa significa “piccolo villaggio” in una Nazione che conta oltre un miliardo e mezzo di abitanti e che è abituata a considerare città medie (per non dire relativamente piccole) quelle che hanno una popolazione intorno ai cinque o sei milioni di abitanti. Zhujiajiao ha circa 60.000 (sessantamila abitanti). San Fili, la nostra grande e maestosa San Fili, in Cina non sarebbe neanche considerata come realtà urbana. E forse non sarebbe considerata neanche come una piccolissima contrada di campagna. Per dirla in parole povere... semplicemente non sarebbe considerata.
Dopotutto Shanghai conta circa 25 milioni di abitanti e Pechino 24 milioni. In due fanno quasi l’Italia.
(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

lunedì 16 settembre 2019

Notizia flash!


Comunicazione rivolta alla cittadina di San Fili ed alla Comunità Sanfilese nel Mondo.
E’ passata a miglior vita la nostra compaesana Teresina Letizia Rende vedova Perri.
Mia madre.
Aveva 97 anni.
I funerali si svolgeranno martedì 17 settembre alle ore 16:00 presso la Chiesa del Ritiro di San Fili.
Ai familiari il nostro più sentito cordoglio.
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Sopra a sinistra, San Fili: il sacrario della chiesa del Ritiro o di Santa Maria degli Angeli.
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 18 agosto 2019

Quant’è vecchia la leggenda della Fantastica di San Fili? ... un’altra ipotesi. (3/3)



Nella foto a sinistra (ripresa dal web): U fuossu d'a Fantastica al bivio per la frazione Bucita i San Fili. Foto by Pietro Perri.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di luglio del 2019... by Pietro Perri.

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Nel Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2019 ed in quello del mese di maggio del 2019 ho lanciato l’ipotesi che la leggenda della Fantastica di San Fili (ossia di quell’essere sovrannaturale che da tempo immemore “protegge come madre amorevole” i confini del nostro centro abitato) possa risalire almeno a circa 2500 addietro. Ovvero all’epoca in cui la Calabria, e quindi il territorio di San Fili (non parlo del borgo/villaggio in quanto purtroppo dello stesso non ci sono dati certi su quando lo stesso possa essere stato fondato), faceva parte della cosiddetta Magna Grecia.

Che un piccolo bagaglio culturale dei nostri padri ellenici (i Greci, appunto) sia rimasto vivo nel nostro DNA dopotutto lo rileviamo anche da alcuni termini che i nostri padri o i nostri nonni utilizzavano nel loro dialetto (ovvero nella lingua “viva” parlata fino a qualche decennio addietro nella Comunità Sanfilese).

Un esempio su tutti e per tutti è il termine catuoju (stanza sottostante normalmente adibita al ricovero degli animali domestici (maiali, pecore, galline, conigli, muli, asini e chi più ne ha più ne metta). E’ giusto ricordare che non solo a Matera, fino agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, nei centri urbani del Mezzogiorno d’Italia si coabitava con gli animali. Lo si faceva anche a San Fili.

Ritornando comunque al discorso della Fantastica di San Fili e delle sue origini nei due capitoli precedenti di questo articolo ho cercato di dimostrare quanto sia possibile che la nostra beniamina altro non sia se non una evoluzione del mito di Lamia, la stupenda regina della Libia cui più volte il dio Giove/Zeus sembra non abbia disdegnato la calda alcova.

Abbiamo visto che Lamia, viene per “ingiusta” (dopotutto era impossibile sfuggire agli insani desideri del re dell’Olimpo) vendetta amaramente punita da Giunone/Era che le uccise tutti i figli avuti dal consorte tranne la figlia/mostro Scilla e, forse, la Sibilla.

A seguito dell’uccisione dei propri figli, di cui presumibilmente la dea Era aveva anche fatto sparire i corpi, la regina Lamia inizia un lungo girovagare intorno ai centri abitati alla vana ricerca degli stessi. Ferma i bambini soli che escono fuori dai centri abitati e cerca di capire se siano o meno i suoi figli che non riesce più a trovare.

Li ferma mostrandosi loro in sembianze angeliche. Più si avvicina ai malcapitati e più inizia a prendere sembianze terrificanti (nella versione mitologica sembra presentare la parte superiore del corpo ancora come una bellissima donna ma la parte inferiore come quella di un serpente il che ci riporta anche al mito ebraico della creazione e della cacciata dall’Eden: la donna Eva ed il Serpente).

I fanciulli che si imbattono in lei vengono dalla stessa a volte semplicemente posti sotto incantesimo (ammaliati) mentre a volte anche mangiati ma, seppur svenuti, quasi sempre vengono restituiti in un modo o nell’altro alla propria legittima madre.

A San Fili in altri tempi chi rapiva i bambini per non restituirli più erano gli zingari. Perché, è bene ricordarlo, a creare problemi esistenziali a noi bambini del secolo scorso c’erano anche loro.

Detto ciò vediamo le similitudini base che troviamo tra la regina della Libia Lamia e la nostra Fantastica:

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LAMIA.

Origine:

Mitologia greca, bellissima regina della Libia ripetutamente sedotta da Zeus.

Azione:

Si aggira intorno ai centri abitati alla strenua ricerca dei figli uccisigli dalla dea Era e di cui sembra non si sono più trovati neanche i corpi.

Ferma i bambini che si allontanano da soli oltrepassando i confini del centro abitato (predilige i trivii).

In alcuni miti greci viene confusa con Ecate e Demetra.

Apparizione:

Quando appare al malcapitato si presenta prima come una donna bellissima per poi, nell’avvicinarsi, tramutarsi in qualcosa di mostruoso.

Quando incontra i bambini d soli:

A volte li mangia ma mangiandoli non ne provoca la morte (oltretutto, come un vampiro, a lei interessa solo il sangue delle vittime) ed anzi le madri riescono quasi sempre a ritrovare i loro bimbi illesi... anche se in stato di catalessi.

Finalità:

Károly Kerényi nel suo saggio/dizionario sulla mitologia greca specifica anche che il mito di Lamia era configurabile nelle “favole che le nutrici raccontavano ai bambini allo scopo di spaventarli e nello stesso tempo di divertirli.”

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FANTASTICA.

Origine:

Presumibilmente mitologia greca. In recenti ricostruzioni locali si è cercato di darle, come leggenda, vita propria con inizio verso la fine del XVIII secolo.

Azione:

Si aggira intorno al centro abitato di San Fili alla strenua ricerca del figlio sparito per chi sa quale motivo.

Ferma i bambini che si allontanano da soli oltrepassando i confini del centro abitato (predilige i trivii).

Presenta alcune similitudini anche con Ecate e Demetra.

Apparizione:

Quando appare al malcapitato si presenta prima come una donna bellissima per poi, nell’avvicinarsi, tramutarsi in qualcosa di mostruoso.

Quando incontra i bambini d soli:

A volte li incanta (i bambini svengono) ma mai ne provoca la morte ed anzi le madri riescono quasi sempre a ritrovare i loro bimbi illesi... anche se in stato di catalessi.

Finalità:

Cos’è (o cos’era) la Fantastica se non una favola che le nutrici/madri raccontavano (alcune raccontano tutt’ora) ai bambini allo scopo di spaventarli e nello stesso tempo di divertirli? ... e magari in modo garbato convincerli a non oltrepassare da soli il limite rassicurante del centro abitato in quanto oltre quel limite potrebbero imbattersi in orchi in carne ed ossa?

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 10 agosto 2019

Quant’è vecchia la leggenda della Fantastica di San Fili? ... un’altra ipotesi. (2/3)

Nella foto a sinistra (ripresa dal web): Nei pressi de "u culumbrieddru", uno dei luoghi in cui appare la Fantastica. Nella foto sotto (sempre a sinistra): Sempre nei pressi de "u culumbrieddru", un altro dei luoghi in cui appare la Fantastica. Entrambe le foto sono by Pietro Perri.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di maggio 2019... by Pietro Perri.

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In questi ultimi mesi, da amante della mitologia greca quale sono, mi sono imbattuto nell’opera Károly Kerényi “Gli dèi e gli eroi della Grecia. Il racconto del mito, la nascita della civiltà”.

Sfogliando, si fa per dire in quanto è da un po’ di tempo che cibo la mia mente con gli e-book (libri elettronici) e non più con i classici libri cartacei, non ho potuto fare a meno di soffermarmi sulla divina figura di Lamia... un nome, questo, che sicuramente suonava nuovo alla mia mente ma che, per tanti versi, per varie caratteristiche del personaggio mi sembrava conoscere decisamente bene.

La Fantastica.

Ovviamente sia nel caso di Lamia che nel caso della Fantastica (personaggio tanto familiare quanto caro a gran parte di noi Sanfilesi DOC) parlo di esseri sicuramente sovrannaturali ma altrettanto sicuramente... reali.

Dopotutto se la gente crede in qualcosa la cosa non può essere che reale. E’ quando cessa di credere in questo qualcosa che subentrano i problemi: sia per il qualcosa che per la gente che credeva in ciò.

Ripetere chi è la Fantastica credo serva ormai a ben poco: anche i non Sanfilesi DOC che hanno letto alcuni numeri precedenti di questo bollettino non possono che conoscerla più che bene. Ma... chi è (o “era”) Lamia?

Per spiegare chi è (o “era”) Lamia mi servirò sia del libro succitato (ma non solo) che di qualche noticina che ruberò dalla ormai insostituibile enciclopedia online Wikipedia.

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Secondo il mito originale, Lamia era la bellissima regina della Libia, figlia di Belo: essa ebbe da Zeus il dono di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli a proprio piacere. Presto Lamia catturò il cuore di Zeus provocando la rabbia di Era, che si vendicò uccidendo i figli che suo marito ebbe da Lamia.

L'unica figlia ad essere risparmiata fu Scilla; probabilmente, anche Sibilla si salvò.

Lamia, lacerata dal dolore, iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto, capace di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di berne il sangue.

(da Wikipedia)

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Le lamie, secondo mitologia greca, furono figure femminili in parte umane e in parte animali, rapitrici di bambini o fantasmi seduttori che adescavano giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Vennero chiamate anche empuse, sebbene il mito delle empuse, figlie o serve di Ecate, avesse origini differenti. Nel medioevo il termine venne usato come sinonimo di strega.

(da Wikipedia).

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Oltretutto Ecate (l’una e trina a cui erano sacri i trivii) e Lamia in alcuni casi vengono identificate nella stessa divinità. E personalmente ho sempre avuto il dubbio se la leggendaria effige della Madonna che si trovava posizionata all’interno di un muro ai piedi del Canalicchijo (discesa che da piazza Adolfo Mauro ex piazza Rinacchio ci porta in località Volette prima e Profico poi) più che raffigurare la Madonna raffigurasse la dea greca Ecate. Sarebbe bello sapere che fine ha fatto questa effige sparita verso la fine degli anni Sessanta (o agli inizi degli anni Settanta) del secolo scorso.

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Dicevamo che Lamia, la Lamia che interessa a noi e che sembra abbia tanto da spartire con la nostra cara Fantastica (in quanto secondo me la figura della Fantastica non è altro - o quantomeno può anche essere - che uno sviluppo della storia/leggenda/mito di Lamia) era una regina che governava la Libia e siccome era bellissima ciò non poteva passare inosservato agli occhi di Zeus, il re, ed in parte anche padre, degli dei dell’Olimpo.

Zeus l’amò e da essa ebbe diversi figli e figlie e ciò, com’era prevedibile, non piacque tanto alla moglie Era che, non potendosela prendere col marito, se la prese con la sventurata Lamia uccidendole quasi tutti i figli che la stessa ebbe da Zeus.

Sembra che dalla strage degli innocenti ante litteram si salvarono solo Scilla e forse Sibilla.

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Da allora Lamia diventò brutta per il dolore e, per invidia, rubava i bambini alle altre madri. Essa era capace di levarsi gli occhi, affinché questi potessero vedere quando lei dormiva. Era anche capace di trasformarsi in qualsiasi figura. Se però si riusciva a catturarla si potevano riprendere vivi i bambini dal ventre di Lamia.

(da “Gli dèi e gli eroi della Grecia. Il racconto del mito, la nascita della civiltà” di Károly Kerényi).

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Károly Kerényi nel suo saggio/dizionario sulla mitologia greca specifica anche che il mito di Lamia era configurabile nelle “favole che le nutrici raccontavano ai bambini allo scopo di spaventarli e nello stesso tempo di divertirli.

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A questo punto credo sia giusto chiederci: non vi sembra che tra la “favola” (?) di Lamia (quasi certamente un altro nome di Ecate e come tale dea ella stessa) regina di Libia ed amante di Zeus e la nostra Fantastica ci sia più di una cosa in comune?

Dopotutto, anche se non si riesce a capire esattamente quando sia nato San Fili né da cosa prenda il suo nome, il nostro paesino ricade nella presunta area di Pandosia capitale del regno degli Enotri ed è giusto sottolinearlo, il nostro territorio ha subito, e non in modo leggero, l’influenza della Magna Grecia tanto che il nostro dialetto conserva ancora alcuni termini del greco antico.

E possibile, quindi, che la figura della Fantastica, come dicevo prima, non di fatti una evoluzione della figura di Lamia?

Personalmente il sasso, e vi assicuro che è solo questo che volevo fare, l’ho lanciato. Non mi farebbe dispiacere comunque sapere un domani che qualcuno dei nostri giovani promettenti studenti universitari prendesse spunto da tutto ciò e realizzasse magari una piccola tesi su un personaggio (“presenza”) decisamente fantastico come... la nostra Fantastica.

(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 4 agosto 2019

Quant’è vecchia la leggenda della Fantastica di San Fili? ... un’altra ipotesi. (1/3)



Nella foto a sinistra (ripresa dal web): U Canalicchiju ovvero uno dei luoghi in cui ci si
può imbattere nella Fantastica di San Fili. Foto by Pietro Perri.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2019... by Pietro Perri.

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Spiegare ad un Sanfilese DOC (ovvero a Denominazione di Origine Controllata) chi è (o cos’è) la Fantastica è cosa decisamente inutile: ogni Sanfilese DOC sa benissimo chi è (o cos’è) la Fantastica.

Per gli altri posso dare solo una qualche breve, decisamente riduttiva... tenuto conto dello spazio a disposizione, definizione ed il consiglio di chiedere ulteriori notizie i propri genitori o ai propri nonni. Cosa oltretutto che farà bene ad entrambi: a chi pone le domande e a chi da’ le risposte.

La Fantastica è una “presenza” che da tempo immemore convive, facendo anche da amorevole (?) tata ai propri figli, con i Sanfilesi: guarda il perimetro del centro abitato della nostra stupenda amata/odiata cittadina e fa’ in modo che i nostri bambini non oltrepassino incautamente da soli tale perimetro. Oltre il perimetro del nostro centro abitato, infatti, si annidavano (e si annidano tuttora) tutta una serie di pericoli... per i piccoli se non accompagnati dai propri stretti familiari.

Punti in cui la Fantastica impone in modo drastico la sua amorevole (?) presenza sono il bivio per Bucita (dove troviamo “u zumpu d’a Fantastica”), le Coste (ossia quello strapiombo sulla destra del centro abitato di San Fili), l’inizio della discesa de “u Canalicchiju” (attigua a piazza Adolfo Mauro ex piazza Rinacchio) nonché la vicinissima zona de “u Culumbrieddru” (punto da cui si accedeva ai Cozzi). C’è chi dice comunque di averla vista anche nella zona dell’ex stazione ferroviaria del paese (sottopassaggio ferroviario) e nei pressi dell’area cimiteriale (sulla strada che collega il centro abitato di San Fili con il centro abitato della frazione Bucita... al di sopra dell’imbocco della galleria che collegava - tramite ferrovia - la nostra cittadina con la confinante cittadina di Falconara albanese).

Ho definito la nostra Fantastica una “presenza” intendendo con tale termine “tecnico” (ovvia-mente mi riferisco a chi conosce un minimo di basi della magia o delle magie... tenuto conto che di magia ne esistono almeno di tre generi: bianca, rossa e nera) non un fantasma, né un demone, né una strega (quindi un essere in malvagità, carne ed ossa) né dio (o forse, si? Almeno in quest’ultimo caso?) ma... una via di mezzo.

Una via di mezzo o, come cercherò di ipotizzare a breve, anche qualcosa in più: una vera e propria dea o comunque un soggetto appartenente, per alcune somiglianze, alla mitologia greca.

Dopotutto San Fili nasce nel territorio denominato dagli storici “Magna Graecia” (cioè l'area geografica della penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dall'VIII secolo a.C.) e ricade nel perimetro in cui si presuppone sia esistita la perduta “leggenda-ria” città di Pandosia, ovvero l’antica capitale degli Enotri.

Supporre, specie se il supposto è qualcosa di bello e come tale di esaltante, senza un minimo di appiglio... è pura poesia. Null’altro.

Ma quando la supposizione viene in parte suffragata da uno scritto di qualche esperto in materia riconosciuto a livello internazionale... diventa quasi certezza.

Ed eccoci arrivati al punto che vorrei trattare in questo ennesimo mio articolo (divagazione sul tema?) sulla nostra Fantastica.

Più volte e da più persone (concittadini e non) mi sono sentito chiedere a quando potesse risalire la “presenza” della Fantastica a San Fili. E più volte ho dato una risposta alquanto evasiva e, se cercata di collegare a fatti teoricamente storici avvenuti all’interno del territorio sanfilese, decisamente fantasiosa e pertanto errata.

Un esempio, tanto per citarne uno, è quello compreso tra gli ultimi anni del XVIII secolo ed i primi anni del XIX secolo ovvero gli anni in cui la Calabria (e quindi anche la nostra cittadina) subì l’occupazione delle truppe francesi (tra il 1799 ed il 1816... anno più anno meno) e quello immediatamente successivo all’annessione del Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d’Italia.

Parlo, in poche parole, di due periodi interessati al fenomeno “rivoluzionario e patriottico” del Brigantaggio meridionale. Un movimento questo che sembra abbia interessato in modo particolare anche le comunità di San Fili e della frazione Bucita anche perché (in particolare in questa seconda) tali comunità sono state caratterizzate anche dalla presenza di almeno una “vendita” carbonara all’interno delle stesse.

In tale contesto si cerca di far convogliare in una almeno due leggende o dicerie: quella della Fantastica e quella di Stella (brigante di nome o soprannome Stella o fanciulla collaborazionista di briganti  di nome Stella): uomo fucilato al di fuori del centro abitato in un non più individuabile punto delle Coste o fanciulla uccisa per errore dalle truppe francesi - o piemontesi - mentre oltrepassava il ponte di Crispini sul torrente Emoli (e, secondo un’ulteriore variante della leggenda, il cui corpo giace ancora sotterrato ai piedi del ponte stesso: sotto un cumulo di pietre e letteralmente coperto dalle acque vive del torrente stesso).

Se fosse vero (e perché non lo dovrebbe) tale abbinamento in effetti la nostra Fantastica avrebbe non meno di 2500 o 3000 anni.

Da sottolineare che, per come mi è stato più volte fatto presente da alcuni antropologi con cui mi sono confrontato negli ultimi decenni, la nostra Fantastica, seppur con altri nomi ma più o meno con le stesse caratteristiche e con le stesse finalità, sembra essere presente in molti centri urbani della Calabria molti dei quali di origini, a volte semplicemente supposte, greche.

(continua).

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

lunedì 22 luglio 2019

La chiusura dei viadotti Emoli I ed Emoli II ovvero... brutte prove tecniche di trasmissione.


Il seguente articolo è stato pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale UNIVERSITAS SANCTI FELICIS di San Fili) del mese di luglio 2019 a firma di... Pietro Perri.
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Imbocco della galleria nei pressi di San Fili
dalla parte del viadotto Emoli II - Foto rica-
vata da Google Maps.
Il 23 giugno scorso io e mia moglie, tra le dieci e trenta e le undici di sera, stavamo rientrando a casa dopo aver mangiato una bella pizza in un locale nella zona di Roges di Rende.
Abitando alla frazione Bucita abbiamo giustamente pensato di rientrare non imboccando il primo bivio per San Fili (quello di villa Miceli) bensì il secondo (ovvero quello dove si trova ora il distributore di benzina) cioè quello in località Macchia della Posta.
Giunti in prossimità dell’imbocco della galleria nei pressi del viadotto Emoli II ci siamo imbattuti in alcuni poliziotti e vigili del fuoco che ci invitavano sì a proseguire all’interno della galleria ma, come si usa dire dalle nostre parti, a passo di gallina.
Il motivo? ... all’interno della galleria si era verificato un incidente, fortunatamente non mortale, che aveva coinvolto, tramite un tamponamento a catena, almeno sei autoveicoli.
Si poteva circolare, quando giungemmo io e mia moglie in quel punto, su una sola corsia ed intelligentemente le forze dell’ordine, ed i vigili del fuoco, impegnate in quell’operazione di salvataggio e sgombero, avevano deviato, sfruttando lo svincolo di Macchia della Posta, le macchine che partite da Paola dovevano raggiungere Cosenza ed i paesi limitrofi verso la strada che passa internamente al centro abitato di San Fili e che, percorsa tutta, avrebbe portato queste automobili, non senza difficoltà per chi non conosce la strada, al bivio di villa Miceli dove si sarebbero reimmesse sulla strada statale 107... direzione il capoluogo bruzio.
Usciti dalla galleria abbiamo girato anche noi verso il centro abitato di San Fili dove, giunti all’abbeveratoio (villa Francesco Cesario), avremmo finalmente imboccato la deviazione che ci avrebbe portati dritti dritti alla frazione Bucita.
Inutile dire che per raggiungere la deviazione per la frazione Bucita dal distributore di benzina sito in località Macchia della Posta, considerato l’immissione all’interno della fila di macchine che si era formata su tale tratto di strada a causa della semichiusura al traffico all’interno della succitata galleria, camminando più che a passo di gallina oserei dire a passo di formina, abbiamo impiegato all’incirca un venti o trenta di minuti. E pensare che tra i due estremi c’è una distanza non superiore al mezzo chilometro.
Questo, e tant’altro, è quello che ci attende se per una motivo qualsiasi dovrebbero vietare il traffico sui viadotti Emoli I ed Emoli II. Cosa sempre più probabile e soprattutto in tempi relativamente brevi.
Perché, non dobbiamo dimenticarlo, prima o poi qualcuno (speriamo non sia il Fato... perché quello non perdona la stupidità umana) su questi due ponti dovrà metterci mano.
Domanda: al di là delle promesse e delle rassicurazioni in merito che continua a dare l’ANAS (gestore di tale tratto di strada), tramite le istituzioni pubbliche incluso il Comune di San Fili, c’è localmente qualcuno (Ente Provincia, Comuni ecc.) che si stia veramente preoccupando di anticipare lo stato di emergenza che comunque prima o poi ci sarà?
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
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venerdì 24 maggio 2019

A San Fili trattano così i platani e le altre piante per “motivi di sicurezza”?


Il seguente articolo (dal titolo “A San Fili trattano così i platani e le altre piante per “motivi di sicurezza”?) è stato pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di maggio 2019 a firma dell’amico Francesco “Ciccio” Gentile.
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Agnosco veteris vestigia flammae.
(o adgnosco veteris vestigia flammae)
"riconosco i segni dell'antica fiamma", ovvero sento ridestarsi il fuoco non sopito della passione.
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Un platano recentemente 
decapitato lungo corso XX
Settembre a San Fili.

Un tempo, non molto lontano, quando ancora ragazzi si andava a scuola, era in uso la “festa degli alberi”.
Orbene si ricorda, e chi non lo ricorda!, che durante l’anno scolastico vi era per l’appunto, una giornata dedicata alla cultura degli alberi. In quell’occasione si andava tutte le classi delle elementari insieme, in un posto prestabilito per piantare alcuni alberi.
Era una giornata gioiosa, dedita alla pratica ed alla cultura ecologica quella vera, autentica, senza tanti giri di parole vuote e retoriche, ma poche ed in memoria ed onore della natura sicché noi allora ragazzi, ci sentivamo partecipi di un rito antico, importante ed ossequioso della natura.
Ora non sappiamo in quale circostanza i nostri avi piantarono i platani lungo il corso XX Settembre, rimane il fatto che questi alberi sono lungo il corso da tempo immemore, ancor prima che nascessimo.
Ecco perché oggi, in molti di noi ed in particolare per chi scrive,  Agnosco veteris vestigia flammae”, ovvero, si ridesta non solo la vecchia passione, per quanto monta la rabbia, fredda  rabbia, nel vedere i vecchi maestosi alberi di platano, che in moltissime città continuano a svettare splendidi e temerari contro venti e tempeste, avversità di ogni tipo rimanendo imperterriti a sfidare il tempo e le inclemenze atmosferiche, con la forza di chi ha dalla sua la ferrea volontà di resistere a tutto e tutti.
Eppure in alcune città ed in particolare in San Fili, gli amministratori nostrani si accaniscono, con pervicace cattiveria, a capitozzare sistematicamente i nostri alberi.
Si proprio quelli che i nostri avi han piantato lungo corso XX Settembre…
Molti sanfilesi hanno rinunciato a protestare contro tale barbarie, altri lamentano flebilmente tale pratica, qualcuno si arrabbia, altri non sanno cosa dire o fare per paura di qualche ripicca o prepotenza dei “padroni” di turno.
Sono questi amministratori, miopi e attenti solo a mantenere “buoni” alcuni nemici delle piante, che hanno paura di qualche ramo che si spezzi, o che attraverso la caduta delle foglie, “sporchino” la strada.
Trattano così i platani e le altre piante, per “motivi di sicurezza”?
Sarebbe meglio tagliarli “in toto”, evitando loro, inutili dannose ferite annue.
E non solo i platani. Anche le acacie, notoriamente alberi da non potare, come d’altronde gli stessi platani, sono “potati”… con la loro capitozzatura.
Ora solo alcuni cenni sui platani, alberi che in tutte le città, sono rispettati e molto diffusi.
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Platano: albero generalmente molto alto, a chioma globosa-allungata, fusto eretto e massiccio da cui si dipartono grandi rami, corteccia verdastra e liscia da giovane, poi bianco-grigiastra desquamata in placche ampie e sottili; foglie alterne, palmate a 3-5-7 lobi, da 10 a 30 cm di lunghezza, margine intero talvolta dentato sul lobo apicale, nervature evidenti, lungamente picciolate. Fiori riuniti in capolini tondi e peduncolati: i maschili giallastri ridotti ad un unico stame, i femminili rossastri, distribuiti all'apice dei giovani rami. Infruttescenze sferiche di 3-4 cm, ricoperte da peli rossastri allungati, lungamente peduncolate, riunite anche in gruppi di 2-3; a maturità liberano frutti piumosi.
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Ed ecco i poveri alberi, ridotti a monconi come uomini a cui hanno staccato gli arti.
Che desolazione, che tristezza, e… questa estate, niente frescuraaa!
Viene così attuata non già la festa degli alberi, da ripristinare, ma LA FESTA AGLI ALBERI.
DESTINATI A MORIRE.
In un prossimo articolo parlerò dei danni derivanti dalla capitozzatura.
E… ad majora semper!
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!