Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre
2019.
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Shanghai (Cina) 24 agosto 2019.
Pietro Perri e la moglie Orietta sulla riva
del fiume Huangpu.
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La cosa che spesso mi
sono sentito chiedere da alcuni amici al rientro dai miei ormai tradizionali
annuali viaggi è... se ne è valsa la pena.
Credetemi: viaggiare
vale sempre e comunque la pena. Sono questi i soldi che considero meglio spesi,
un vero e proprio investimento sul presente e sul futuro di chi ha la
fortuna/sfortuna di condividere, anche se per un breve attimo, il nostro
terreno cammino.
Viaggiare permette di
staccare realmente la spina dal consuetudinario e comunque ci permette di
verificare direttamente (e non per il solito stupido sentito dire) ciò che
pensavamo di un determinato popolo e/o di un luogo.
Poggiare i nostri piedi
su un suolo diverso da quello che calpestiamo quotidianamente equivale ad
aprire contemporaneamente le pagine di almeno una decina di libri diversi.
Viaggiando, osservando, dialogando e confrontandosi con i “diversi”... non si
può non imparare qualcosa di nuovo.
L’importante è che
quando si decide di partire lo si faccia senza costrizioni, senza preconcetti e
con mente aperta al nuovo.
Ed eccoci qua, io e mia
moglie Orietta, impegnati in questa nuova ennesima avventura in giro per il
mondo. Eccoci... in Cina.
Il viaggio, inutile
dirlo, era tutto organizzato, avevamo a disposizione un accompagnatore
dall’Italia ed avevamo ben tre guide locali parlanti in italiano ad aspettarci
nelle varie località che avremmo visitato.
Inutile dire che in
questo viaggio qualcosa mi ha deluso e tantissimo mi ha meravigliato.
Mi ha deluso, ad
esempio, il fatto di non aver trovato i miei amatissimi vermicelli di soia cui
sono abituato a mangiare nel ristorante cinese in cui, nella vicina cittadina
di Rende, vado piacevolmente a rifocillarmi con cadenza almeno trimestrale:
adoro la cucina cinese. Quella cucina che ormai, purtroppo, è più facile
trovare in Italia che nella Cina dei tour organizzati.
La cucina tradizionale
cinese destinata ai turisti, infatti, si è ormai alquanto... occidentalizzata.
Un errore, questo, in
cui purtroppo sono cascati stupidamente anche i ristoratori delle varie “cucine
tipiche regionali” d’Italia che, invece di garantire il prodotto realmente
tipico e doc, pensando di fare un piacere ai turisti esteri, si fanno in
quattro per garantire agli stessi una cucina internazionale che poco ha a che
dividere con la nostra gustosissima tanto decantata cucina calabrese.
Tra i vari preconcetti
che avevo messo nella valigia prima di intraprendere questo viaggio in Cina
c’era pure la consapevolezza che mi sarei trovato a visitare un Paese ancora
legato al mondo medioevale: una terra arretrata, sporca, con mezzi di
locomozione e trasporto da terzo mondo e chi più ne ha più ne metta.
Niente di più sbagliato:
la Cina, quella parte di Cina che ho avuto il piacere di visitare (in
particolare le città di Shanghai, Suzhou, Xian e Pechino) sono città proiettate
decisamente nel futuro. A collegarle aeroporti e mezzi di trasporto,
confrontati a quelli cui siamo abituati nel Centro-Sud Italia a dir poco da
fantascienza.
Basti pensare al Treno
ad Alta Velocità (ed anche alla comodità con cui si viaggia nello stesso): 1200
chilometri coperti in circa quattro ore e mezza e con un costo di poco più di
80 euro a testa. Una sola sosta lungo l’intero tragitto e comunque senza
necessità di dover cambiare treno due o tre volte nel corso dello stesso.
Pulitissimo e con poltrone che non sfigurerebbero in una hall d’hotel a quattro
stelle.
Unico neo è il ritardo
registrato alla partenza: tre assurdi inconcepibili imperdonabili secondi di
ritardo... ma forse era il mio orologio che non era sincronizzato bene.
Provate a confrontare
ciò con un treno qualsiasi preso da un qualsiasi calabrese a Reggio Calabria o
nella nostra vicina stazione di Paola e diretto a Milano o a Torino.
Onestamente mi viene il voltastomaco al solo pensarci.
Mi viene normale pensare
che mentre nel Sud Italia molti di noi ancora pensano ai bei tempi in cui
facevamo parte del Regno delle Due Sicilie (ovvero ad oltre 150 anni addietro)
la gran parte del popolo cinese pensa a come ed a quando riusciranno a mettere
il piede, ancor prima degli americani, su Marte. I Cinesi, e sicuramente questa
è la loro grandezza e ciò che oggi fa di
loro una grande nazione, guardano al futuro mentre per noi esiste solo il
passato.
Quella che mi sono
trovato difronte non è la Cina con le capanne di canne di bambù: è la Cina dei
grattacieli, è la Cina delle ampie e funzionali infrastrutture, è la Cina
dell’innovazione, è la Cina dal passato glorioso ma soprattutto è la Cina...
del mondo del futuro.
E’ la Cina che riesce in
modo impeccabile a far funzionare (sia dal punto di vista organizzativo che
amministrativo) una città di 25 milioni d’abitanti quando noi non siamo in
grado di far funzionare, amministrativamente e organizzativamente, neanche un
villaggio di poco più di 2600 abitanti quale il nostro amato/odiato borgo di
San Fili.
In Cina è vietato non
lavorare: tutti devono partecipare a rendere grande la Cina. Tutti possono
partecipare a rendere grande la Cina.
In Cina, ovviamente
nelle città e nelle zone che ho avuto il piacere di visitare in questo stupendo
tour cui ho partecipato verso la fine del mese di agosto di quest’anno, per
terra non ho visto nemmeno una cacca di cane, né ho sentito il nauseante odore
della stessa o del piscio di questi comunque incolpevoli animali (i colpevoli
sono i padroni o, ancor peggio, i “bastardi” loro ex padroni). Anzi, per essere
più corretto ho quasi rischiato di rientrare in Italia senza aver avuto il
piacere di vedere un solo cane in circolazione in Cina.
Inutile dire che mi è
subito venuto in mente quella assurda diceria sul popolo cinese e sulla fine
che fanno i cani che si trovano a passare nei pressi di un ristorante cinese.
Ma questa diceria va bene per una stupenda gag di un altro stupendo film con
protagonista il mitico indimenticabile Fantozzi/Paolo Villaggio. La realtà è
ben diversa ed è racchiusa in un concetto ben definito: rispetto verso gli
altri.
(continua).
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato
Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis
pacem para bellum”!
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