A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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venerdì 9 maggio 2014

Ciruzzu... eroe “santufilise” d’altri tempi.


“Ciruzzu ‘i Cerignola” nei versi del mitico Luigi (Gigi) Aloe.

Di seguito:

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Nu personaggiu unicu, facia u carrettiere

esule ‘i Cerignola cca trova la mugliere.

 

U suprannumi è subitu trovatu

Ciromiglianu vena vattiatu.

 

Fa ra spola tra Santu Fili e Cusenza

a ra curriera fa ra cuncurrenza.

 

Porta di tuttu animali e cristiani

paglia fianu mobilie e lignami.

 

Saglia e scinna due vote intra ‘a jurnata

tene sempi di fa dua o tri mmasciate.

 

Si fa tutte le fere, iddru vinna critaglie

u sordiciaddru o i na manera o i n’atra ricoglie.

 

Si ferma a san Giuvanni, parcheggia la carretta,

puru s’unu ritarda iddru un li duna fretta.

 

Ccussì faciannu, pe tantissimi anni

s’ha fattu ancunu sordu e si mo minta in grande.

 

si cumpra u camioncinu, assuma n’autista

... su mezzu tene e marce, un parte cu ra frusta.

 

Cumincia ra scalata tra Paula e ra Crucetta

iddru vinna di tuttu, a genti ormai l’aspetta.

 

L’autista piglia pocu, lavura senza sosta,

mentre su supa u valicu li lancia a proposta:

 

“O tu mi paghi i cchiju! ... o iju ti lassu cca’!”

U poveru Ciruzzu un si fa ricattà.

 

Li nega l’aumentu, ppe ru fari spagnari

chissu tira lu frenu, un si fa ncuraggiari!

 

Ciruzzu a chissu puntu si senta disperatu

su carru a motori iddru un l’ha mai guidatu.

 

Un po’ chiamari a Misasi, ancora nunn’è natu

si arma di curaggiu e arriva a ra vallata.

 

U sani c’a Santu Fili, sunnu preoccupati

li fa nu telegramma da tutti ricurdatu.

 

“Cara Mariuzza Crucetta arrivatu

scappò Franciscu sulu lassatu!

 

Preso comando coraggiosamente

arrivato a Paola pericolosamente”

 

Primu da guerra Ciruzzu n’ha lassatu:

era giustu ca vinissi ricurdatu!

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Luigi (Gigi) Aloe nei versi dedicati a Ciruzzu (sotto riportiamo all’incirca la storiellina che ha dato vita agli stessi) com’è solito nei suoi scritti con perspicacia riesce non solo a riportarci in un tempo che non è più davanti ai nostri occhi ma... riesce anche a farci nel contempo ragionare e se possibile “sorridere” sulla realtà e sui problemi che viviamo nella nostra quotidianità. Ovviamente ci riferiamo alla quotidianità del periodo un cui vengono fissati, da Luigi (Gigi) Aloe i suoi versi nero su bianco.

Un esempio? ... L’onorevole Riccardo Misasi (con tutti i suoi colleghi) degli anni Settanta e Ottanta. All’epoca, infatti, chiunque avesse un problema - anche se tale problema era insignificante o non attinente all’uomo politico di turno, bastava fare una camminata in una segreteria degli stessi per vedersi risolvere, quasi miracolosamente, lo stesso. I problemi, nelle segreterie di onorevoli quali Riccardo Misasi e company, in quegli anni venivano prontamente risolti anche quando non esistevano e soprattutto anche quando gli stessi si risolvevano da soli.

Peccato per Ciruzzu, dice Luigi (Gigi) Aloe nei suoi versi, che Riccardo Misasi all’epoca dei fatti non era ancora nato e - mi vien quasi da dire - peccato soprattutto che oggi politici come questo (specie per noi Calabresi) non esistono più. Almeno loro qualche posto da bidello, e non dico per scherzare, alle generazioni che ci hanno preceduto gliel’hanno assicurato.

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La storia di Ciruzzu la possiamo benissimo collocare tra le due guerre mondiali ed è una storia emblematica: un emigrante da una terra di povera gente (la Puglia) che riesce a fare un po’ di fortuna in una terra d’altra povera gente (la Calabria).

Con i risparmi d’una vita caratterizzata da sudore e privazioni decide di fare il grande passo trasformando il suo piccolo commercio portato avanti con un carretto trainato da un mulo in un piccolo automezzo per il trasporto delle merci: il futuro era arrivato anche a San Fili e soprattutto anche per Ciruzzu.

Purtroppo per guidare un automezzo c’è bisogno della patente e Ciruzzu non ha nessuna voglia né capacità di prenderne una. E’ così che decide di prendere a giornata un collaboratore patentato ed inizia a coprire, con la sua attività e con il suo mezzo nuovo di zecca, il tracciato che, tramite il valico Crocetta, collega San Fili con Paola.

Quale miglior punto per Franciscu, l’autista, del valico Crocetta per chiedere un aumento al suo datore di lavoro? 

Alla richiesta Ciruzzu fa orecchie da mercante e dice a Franciscu che se vuole può anche andarsene.

Franciscu lo prende in parola. Ferma il mezzo e scende ritornando a piedi a San Fili e lasciando solo come un cane, sicuramente incapace di guidare l’automezzo, Ciruzzu sul valico Crocetta nel punto in cui iniziava la discesa verso Paola.

Ciruzzu non si perde d’animo e, per non darla vinta a Franciscu (dopotutto era solo il suo prezzolato autista quest’ultimo) si mette ai comandi del mezzo ed inizia la discesa verso la cittadina del glorioso santo.

Guidare, senza saper guidare, lungo i tornanti della “palummara” - la vecchia statale 107 - è cosa tutt’altro che facile ma il nostro eroe riesce comunque a raggiungere l’agognata meta.

Giunto a Paola e consapevole che a San Fili quasi certamente i suoi concittadini e la propria moglie erano ormai a conoscenza della bravata di Franciscu, e quindi sicuramente erano in pensiero per lui, Ciruzzu intelligentemente si reca al primo ufficio postale che gli viene sulla strada e spedisce un telegramma indirizzato ai propri preoccupati cari.

Il telegramma all’incirca riporta queste parole:

Cara Mariuzza Crucetta arrivatu / scappò Franciscu sulu lassatu! / Preso comando coraggiosamente / arrivato a Paola pericolosamente”.

In pochissime parole, quelle appunto del telegramma, il prode Ciruzzu riesce a riassumere il racconto d’un’intera indimenticabile giornata.

Inutile dire che l’intera vicenda finì per diventare un classico “racconto del focolare”... Spasso per i mesi, se non per i decenni, a venire di intere generazioni di sanfilesi.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

sabato 3 maggio 2014

SOLFEGGI ovvero OPINIONI OPINABILI... il mio primo e-book, su AMAZON.

Con la mia seconda raccolta di poesie? ... ci provo su Amazon e sopratutto con un libro elettronico (e-book) ottimo per Kindle e diabolici marchingegni simili. A proposito... in tali poesie e nel commento alle stesse... c'é tantissimo San Fili da leggere e sopratutto da vivere.
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SOLFEGGI ovvero OPINIONI OPINABILI” è la seconda raccolta, dopo “ELOGIO ALLA MORTE”, di poesie messa su da Pietro Perri ed è stata scritta nel corso degli anni Novanta.
Si tratta di quindici poesie inedite che focalizzano la vita ed i pensieri dell’autore spaziando dai temi dell’amore e del rapporto con gli altri, del proprio pensiero filosofico e del fissare nei versi i fatti ed il mondo (spesso legato agli INPUT che riesce a cogliere dai mass-media) in cui l’autore vive e con cui interagisce.
Rivivono nei versi di Pietro Perri ed in questa raccolta in particolare toccanti fatti quali la tragica fine di Nicolas Green sulle difficili strade (infrastrutture e vita quotidiana) del Meridione d’Italia, la guerra in ciò che resta dell’ex Jugoslavia di Tito e la tragedia di Chernobyl sempre più attuale in quanto monito al progresso incontrollato dell’intera Umanità.
Il tutto è un’apprezzabile cammino dell’Uomo. 
Una… vera e propria iniziazione che dalle ombre e dal dubbio rabbioso verso tutti e verso il tutto alla fine ricerca, seppur non trova, la mano del proprio interlocutore al fine di poter riscrivere la propria stessa vita.
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... un caro saluto a tutti by Pietro Perri.
... /pace!

sabato 12 aprile 2014

Vespe cinesi e vespe italiane: le seconde... a San Fili le amavamo già!

Il 22 novembre 2013 si è tenuto a San Fili un bellissimo convegno sulla vespa cinese (la  “hymenoptera Cynipidae”) e sul suo disastroso attacco a ciò che furono le nostre stupende piantagioni di castagno. Un vero e proprio colpo di grazia, questo, alla stupenda natura che da millenni circonda il nostro centro abitato... visto che tali piantagioni, per colpa di una incapacità imprenditoriale che da tempo caratterizza la nostra comunità, da tempo ormai sono giunte al loro lumicino.
Ma non è di quel convegno - magistralmente qualificato dall’intervento della dottoressa Vincenzina Scalzo - che voglio parlarvi in quest’occasione. Dopotutto da quel convegno sono già passati alcuni mesi e dello stesso ne ho scritto nel Notiziario Sanfilese del mese di dicembre 2013. Anche se... l’argomento sia più che attuale (visto che è in questo periodo che la vespa cinese mette in atto la sua azione malefica contro il nostro verde).
Voglio, in quest’occasione, parlarvi di un’altra vespa produttrice di “galle” sfruttando le gemme di alcune piante (non castagni, ovviamente, in questo caso) tipiche del territorio calabrese e quindi anche sanfilese. Questa vespa - “più che italiana” e quindi da tempo immemore conosciuta dai nostri avi... ed anche da qualcuno di noi amanti della natura circostante - nella cui “galla” anch’io, pur senza mai vederla (credo), mi sono spesso imbattuto quando fanciullo andavo in cerca di funghi o a raccogliere castagne sui Cozzi. A seconda della galla (una vera e propria... stupenda pallina naturale) prodotta oggi posso affermare senza ombra di dubbio - uso il nome scientifico (adoro la cultura di internet) - nelle famigerate “Cynips quercusfolii” e “Andricus kollari”.
Ed ecco spiegato il collegamento tra il racconto - ombrosi ricordi di quand’ero fanciullo e, nella mia bacata fanciullesca fantasia, re dei Cozzi ed il convegno tenutosi giorno 23 novembre 2013 nella sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” di San Fili: in quell’occasione la dottoressa Vincenzina Scanzo ci fece notare che noi da secoli se non da millenni subivamo l’attacco di vespe simil-cinesi (in quanto anche queste producevano “galle” colpendo le gemme e/o le foglie delle comuni, più che sanfilesi, querce) e quindi, studiando la non disastrosa convivenza con le prime - le italiane - , quasi certamente avremmo trovato il modo, non dannoso, di convivere anche con le seconde - le cinesi - .
Personalmente sulla soluzione proposta nutro forti dubbi... ma non essendo io un biologo (anche se spesso è l’ignorante con l’esperienza ad avere tristemente ragione e non il dotto il continua “fase celebro-sperimentale)... su questo preferisco soprassedere. Credetemi: se voglio togliere di mezzo una tigre che gira libera lungo corso XX Settembre a San Fili... non libero nello stesso tratto stradale un leone. Entrambi gli animali, infatti, sono estranei all’equilibrio naturale, creatosi nell’arco di millenni, del nostro borgo e quindi non so’, sulle lunghe distanze (magari fra venti o trenta anni), si sia più dannosa la cura della malattia.
... beata la mia ignoranza e beata la cultura e la superiorità intellettuale di chi mi sta a volte, per fortuna non sempre, difronte.
Un’immagine proiettata su un pezzo di muro alle spalle (non ricordo più se alla sinistra) della dottoressa Vincenzina Scalzo nel corso di quel convegno e nel corso del suo stupendo intervento, dicevo, mi riportò magicamente alla mia infanzia ed ad un altrettanto stupendo “dejà vu”: quella pallina l’ho già vista... e forse ne conosco anche il sapore. Quello che non sapevo è che tale pallina fosse un simbolo di nuova (non so quanto disastrosa) vita e di tant’altro.
Ma tutto questo sarà il filo portante di un'altra delle mie storie.
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... un cordiale abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

sabato 5 aprile 2014

A San Fili? ... le Forze dell’(dis)Ordine colpiscono ancora.

Scrissi questo post il 5 Aprile del 2014... pensando che avessi ormai visto tutto di questa stupida vicenda... d'ordinaria follia dei giorni nostri. Ma...
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In questi giorni un rappresentate delle Forze dell'(dis)Ordine di stanzia nel mio amato/odiato paesino dopo che io gentilmente e da signore (com'é nel mio stile... purtroppo) mi sono rivolto allo stesso non solo mi ha aggredito (eravamo nella sua casa - ufficio - e la mia parola purtroppo vale meno della sua.. non essendoci testimoni di controparte... e sopratutto quando lo stesso indossa ignobilmente la divisa) ma... 
Dallo sparaca**ominacce che il mio interlocutore si trovava al posto della bocca (per niente collegato al cervello che si suppone abbia al di sotto dell'attaccatura dei capelli) c'é ne stata una che mi ha fatto inorridire... roba della San Fili degli anni Cinquanta (e dire che sembrerebbe una persona giovane): "Che io faccio il (beep) per 1200 euro al mese!"
Allora: a parte che io non gli ho chiesto quanto guadagna per fare il (beep) ed a parte che io credo guadagni tantissimo di più (non me ne fotte un cavolo comunque della sua busta paga... con quella può anche pulircisi il c**o se la stessa non gliela consegnano in modo virtuale ma su supporto cartaceo) ma... cavolo... c'é forse qualche dottore che a questo screanzato di rappresentante delle Forze dell'(dis)Ordine lo obblighi a restare nell'Arma?
... cosa che sicuramente non fa onore né all'Arma né ai cittadini onesti che certi soggetti dovrebbero imparare a riconoscere e a rispettare. 
Purtroppo a furia di avere a che fare con i criminali alcuni soggetti forse confondono i ruoli... beati loro!
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

domenica 16 marzo 2014

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (7/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri)… l’imbocco della “scisa du canalicchiu” da piazza Adolfo Mauro (storica ex piazza Rinacchio). Ai piedi della “scisa du canalicchiu”, ovviamente a San Fili, si trovano sepolti, secondo la tradizione (leggenda)locale, ben due tesori. Il più famoso dei due è una “quadara chjina d’oru” (un pentolone pieno d’oro). Di questo irraggiungibile tesoro se ne può vedere il fondo guardando all’interno di un foro in un muro realizzato a secco in pietra di fiume.

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Per chi avesse perso le prime 6 (o qualcuna delle prime sei) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di Marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che si affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini.

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Ho sempre creduto che se San Fili ed i Sanfilesi non sono discendenti dei colonizzatori partiti dalle sponde dell’antica Grecia per portare la loro cultura e quindi la civiltà ai popoli di ciò che sarà la penisola italiana… sicuramente lo sono dei loro figli o dei loro nipoti.

Sono troppe, infatti, le cose quotidiane (reminiscenze del passato?), che riportano il nostro pensiero e quindi la nostra elementare immaginazione a ciò che di loro abbiamo studiato e continuiamo a studiare sui libri di storia… a partire dalle scuole elementari.

Ovviamente, per tale ultimo periodo, mi riferisco a quanti come me sono nati e felicemente vissuti anche - non solo - nell’era ante Facebook, Twitter e diavolerie web simili ma anche nei decenni precedenti a diavolerie simili.

Dopotutto io ho lasciato, da discente, le scuole quando ancora in circolazione non esistevano personal computer in casa né tantomeno misteriosi ordigni quali tablet, smartphone e via dicendo. Era quello l’anno dei mitici mondiali di calcio che ci vide vincitori, a noi italiani, in quel torneo che ancora in molti definiscono il più bello di tutti i tempi. Era il 1982.

Diavolerie (Facebook, Twitter ecc.) che, è vero, ci mettono in collegamento con il resto del mondo ma che ci estirpano in modo falsamente non violento dalla nostra realtà materiale: corso XX Settembre (per quanto riguarda San Fili) con tutto ciò che scorre in su ed in giù… di buono e di male nello stesso.

Se guardiamo ad esempio tantissimi termini appartenenti al dialetto dei nostri padri (oggi, credetemi, neanche l’abbiamo un dialetto… solo gli stupidi si illudono del contrario. Il dialetto infatti è una lingua viva e non una macedonia di ricordi di cui ormai nessuno, o quasi, ricorda più il sapore) troviamo non solo termini che risalgono alle dominazioni arabe, romane, spagnole e francesi ma anche e soprattutto… greche. Non solo: sempre rifacendoci a ciò che resta della memoria storico-popolare dei nostri padri e dei nostri nonni… sono tantissimi i modi di fare (specie in campo religioso o pseudo religioso), le credenze (favole e similari) e la toponomastica che ci riportano dritti dritti a respirare la nostra stupenda - mai dimenticata del tutto - aria ellenica.

Un esempio è proprio (ripeto: secondo la mia proverbiale ignoranza in materia) ciò in cui ci imbattiamo nella parte inferiore de “a scisa du canalicchiu”. Da non credere, in tale zona ci imbattiamo non solo in ben due bivi (punto d’incontro di tre vie con almeno due, se non tre, opportunità di scelta proposte al viandante) ma anche e soprattutto a due tesori - purtroppo solo “fantastici”… credo - maledetti (?) e ad una nicchia in cui almeno fino alla fine degli anni sessanta era riposta una statuetta ricordante la Madonna.

La Madonna o… la dea - greca e cara ai bivi - Ecate?

Personalmente propendo più per la seconda ipotesi (la dea Ecate cui gli incroci ed in particolare i bivi o trivi tanto cari alla stessa) che non alla prima ipotesi (alla Madonna). Ma se così fosse ormai, alla fine degli anni sessanta, nessuno dei nostri anziani avrebbe messo in dubbio che quella non fosse la Madonna bensì fosse la ormai dimenticata dea Ecate.

Ma ritorniamo alla mia passeggiata partita dalla scalinata che da piazza san Giovanni, alle spalle del calvario, mi porta alla fontana di Palazia e da lì, costeggiando il greto del torrente Emoli, più a valle al ponte di Crispino ed ai resti del mulino ad acqua che ebbe come proprietario anche il cugino di mio padre Ottorino Perri.

Un punto, questo, che comunque mi ero lasciato alle spalle da una quindicina di minuti a quella parte.

Il primo bivio in cui m’imbatto - risalendo la scalinata ed il viottolo che ho inforcato nella piccola valletta dove c’è il ponte di Crispini (o crispino) a collegare le due sponde del torrente Emoli... u jum’e Santu Fili - è quello che mi dà come scelta il proseguire verso il centro abitato del paese o dirigermi verso contrada Profico: la prima scelta alla mia sinistra e la seconda scelta alla mia destra.

Sono ormai giunto alla parte inferiore della “scisa du canalicchiu”… qualche metro prima… tra la casa degli Arturi (u papararu) e l’uscita della galleria delle Ferrovie dello Stato lato Cosenza. Quella galleria che collega il piazzale della stazione ferroviaria di San Fili con contrada Volette, sempre in territorio di San Fili.

Difronte a me vedo il buco con il famoso “maledetto?” tesoro “ara scisa du canalicchiu”… quello della “quadara chjina d’oru”. Gli do’ una breve occhiata e proseguo subito con la mia scelta di strada. E tra dirigermi verso il centro abitato di San Fili o dirigermi verso contrada Profico… scelgo la prima ipotesi.

Ad ogni bivio in cui c’imbattiamo nella vita - lo sapevano bene i pitagorici e non solo loro – e quindi ad ogni bivio è obbligatorio comunque fare una scelta, giusta o sbagliata che la stessa sia tale scelta.

Bloccarci (ma anche tornare indietro), ad un bivio, equivale comunque a morire.

Scelgo, dicevo, la prima possibilità, la prima opzione. La stanchezza inizia a sentirsi… e con essa anche un certo languorino allo stomaco. Dopotutto si sono fatte anche le ore 13 (ovvero, per gli americani, l’ora una p.m.) abbondanti.

Quindici metri più avanti, ovvero all’effettiva part inferiore della “scisa du canalicchiju”, m’imbatto in un altro bivio ed in un altro “maledetto?” tesoro.

Di questo secondo tesoro (in cui ci imbattiamo a tre o quattro metri, risalendo “u canalicchiu” per ritrovarci in piazza Rinacchio, in un foro che prende forma su un antico muro in pietra… alla nostra destra) so ben poco e spesso dubito anche che lo stesso esista o sia mai esistito anche solo nella deviata fantasia di qualche mio caro compaesano. A differenza del primo, di cui ne sono più che certo… visto il numero di testimoni in cui mi sono imbattuto.

Anche questo bivio mi obbliga ad una scelta: salire verso piazza Rinacchio e poi proseguire, lungo corso XX Settembre, fino a piazza san Giovanni dove ho lasciato la macchina o… imboccare la viuzza, alla mia sinistra anche questa, che costeggiando il paese mi farà miracolosamente ritrovare all’imbocco di via Emoli e da qui direttamente… mmiuenzu u puontu?

Scelgo questa seconda ipotesi.

Ed eccomi, nello spazio di pochi minuti, ritrovarmi mmienzu u puontu e da qui nel bel men che non si dica in piazza san Giovanni.

Termina così questa mia stupenda passeggiata durata qualche ora di un sabato mattina del mese di marzo 2013 e finita nello stesso punto in cui l’avevo iniziata.

Spero di non avervi scocciato troppo con questo racconto e spero che a qualcuno possa servire di sprone ad intraprendere questo mio stesso percorso.

Abbiamo un territorio stupendo intorno al nostro centro abitato… sarebbe bello riappropriarcene e ritornando ad amarlo e quindi a viverlo… con tutte le sue profumate e variopinte realtà ma soprattutto con tutte le mie… stravaganti fantasie.

(continua).

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

sabato 15 marzo 2014

Raccolta differenziata dei rifiuti in Calabria? … San Fili da record!

La notizia è stata riportata su tutti i mass media  (giornali, telegiornali, internet e via dicendo) regionali della Calabria agli inizi del mese scorso (se non sbaglio il 9 o il dieci Febbraio): la nostra regione migliora sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani ed il comune di San Fili con il suo 72,66% sul complessivo del prodotto è il paese più virtuoso di tutti.
San Fili da record (con i suoi miseri 2800 abitanti circa sui circa 2 milioni dell’intera regione Calabria e i poco più di 700 mila della provincia di Cosenza), quindi, per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani in Calabria.
La Calabria? … da vergogna! … anche su questo fronte.
La Calabria e la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani? … da incubo!
Una regione che pur migliorando il risultato di oltre il 4% sulle percentuali raggiunte negli anni precedenti resta pur sempre una tra le ultime regioni in graduatoria nell’intero territorio italiano.
Dopotutto la percentuale media delle varie province calabresi sul fronte della raccolta dei rifiuti solidi urbani è di poco superiore al 12% del totale.
Tali dati sono riferiti al 2012. Non sappiamo ancora i dati relativi al 2013 ma sappiamo benissimo che il 2014 è iniziato decisamente male, per l’intera regione Calabria, sul fronte dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Proprio così: una vera vergogna, l’ennesima, che tra l’altro è esplosa in tutta la sua drammaticità agli inizi del mese di Marzo quando gran parte delle amministrazioni locali della regione Calabria hanno gettato la spugna sul fronte della civile raccolta e dell’altrettanto civile gestione dei rifiuti solidi urbani portata. Affondiamo nei rifiuti e paghiamo stati quali l’Olanda e la Germania per venirseli a prelevare e, con gli stessi, creare reddito per la propria popolazione.
Ciò che infatti per altre regioni d’Italia ed altre Nazione d’Europa è una risorsa (appunto l’immondizia) per noi da qualche decennio a questa parte è diventato un problema e tale sarà sicuramente per qualche decennio ancora.
San Fili ed i Sanfilesi sono una mosca bianca nell’intera regione? … vorrei crederlo. Poi… guardo dal finestrino della mia macchina e mi chiedo chi, poco vicino alla curva tutt’ora denominata “u pont’u sur ‘Ndriu” noto al margine della strada una busta piena di rifiuti e mi dico, orgoglioso delle mie origini e della mia appartenenza comunitaria: “Qualche Sanfilese è passato sicuramente da questo punto!”
E qualche Sanfilese (ma sarà veramente un Sanfilese o solo un Sanfilese?) sicuramente si ferma più volte con il suo mezzo di locomozione nel tratto stradale compreso tra piazza Rinacchio (centro abitato di San Fili) e villa Miceli (bivio per Cosenza-Paola). Provate infatti di tanto in tanto a fermarvi anche voi in tale tratto di strada e… guardate nei burroni sottostanti: c’è di tutto e c’è di più… immondiziamente parlando.
Inutile dire che eguali scene ve li ritrovate sotto gli occhi anche inforcando la vecchia statale 107 (quella che vi accompagna sulla vetta del valico Crocetta per poi proseguire, tramite la strada della Palummara, fino alla città del miracoloso santo calabrese) o… nella nuova statale 107.
Se ogni punto incriminato lo definissimo, così come si dovrebbe fare, “discarica abusiva”… non ne troveremmo meno di una ventina nei succitati tratti stradali.
Una vera vergogna! … un vero scandalo! … un crimine.
Perché, diciamo la verità, chi insozza il nostro bellissimo territorio in questo modo (al di là di quali siano le sue giustificazioni) non può che essere considerato… un criminale!
Tanto più se questo signore è un Sanfilese, ovvero un cittadino di questo stupendo paese della provincia di Cosenza dove la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani (per giunta fatta porta a porta), malgrado i costi e malgrado San Fili faccia parte della Calabria… funziona.
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… un caro abbraccio a tutti by Pietro Perri.
… /pace!

domenica 9 marzo 2014

LA FERROVIA DELLA MORTE (Cosenza-Paola via San Fili... senza ritorno). ... by Pietro Perri.

E' bello ricordare parte della storia (quella solo buona e folcloristica) della vecchia tratta ferroviaria che collegava Cosenza con Paola passando per San Fili. Eppure... l'intera storia non è fatta solo di bei ricordi... è fatta anche di disastri ferroviari ed anche di morti... forse tanti.

Nel lontano 1953, ad esempio, il senatore Nicola VACCARO presentava la seguente interrogazione al Ministro dei Trasporti Bernardo MATTARELLA:

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Per sapere se è a sua conoscenza quanto accade giornalmente sul tratto della ferrovia Cosenza-Paola, dove le locomotive e le automotrici antiquate e logore, che dovevano essere dimesse dal servizio da più tempo, non riescono più a superare la pericolosa ed erta salita a cremagliera Paola-San Lucido, San Lucido-Falconara Albanese-San Fili-Rende, fermandosi ad ogni tratto, ed a volte mancando di ripresa, retrocedendo, creando selvagge scene tra i viaggiatori, sempre memori dei luttuosi disastri verificatisi in questi tratti, per gli stessi motivi che oggi si lamentano, negli anni 1917, 1942 e 1943.

Nel denunziare il gravissimo inconveniente, l'interrogante chiede che, sulla detta tratta ferroviaria, vengano sollecitamente sostituite le vecchie macchine e le vecchie automotrici, avvedendo che ogni ritardo fa assumere grave responsabilità all'Amministrazione nel caso di prevedibile disastro (76).

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Da non credere: in tale interrogazione venivano segnalati incidenti mortali avvenuti su tale tratta ferroviaria negli anni 1917 (quasi all'inaugurazione), nel 1942 e nel 1943. In altre interrogazioni parlamentari si parlerà, per quanto riguarda la nostra bellissima tratta ferroviaria "Cosenza-Paola... a volte senza ritorno" di... "ferrovia della morte".

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… un caro abbraccio a tutti by Pietro Perri.

… /pace!


sabato 1 marzo 2014

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (6/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri)… tramonto sanfilese. Sul versante destro dell’abitato di San Fili (lato “coste”), ovvero dove lo stesso si affaccia sul dirupo ai cui piedi scorre il torrente Emoli, troviamo un altro punto caro alla tradizione mistica locale: “u fuoss’e Stella”. Un punto decisamente meno famoso de “u zumpu d’a Fantastica” (sul lato sinistro del borgo) ma per alcuni anziani collegato anch’esso alla famosa leggenda che caratterizza San Fili.

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Per chi avesse perso le prime 5 (o qualcuna delle prime cinque) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di Marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che si affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini.

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Quando si è all’altezza del ponte di Crispini (o di crispino?) a San Fili, dopo aver ammirato una tra le tre stupende opere muraria che collegano - nel territorio comunale - le due sponde del torrente Emoli, non possiamo fare a meno di chiederci: è adesso che facciamo?

Mi spiego: siccome (nell’occasione di cui ho fatto ed in parte continuo a fare la cronistoria) già veniamo dalla fontana di Palazia dopo essere scesi da piazza san Giovanni e dopo aver percorso il tratto che da tale fontana ci ha portato in questo stupendo piccolo spiazzo e siccome già siamo risaliti all’altezza della superstrada (dove s’imbocca il bivio per Nogiano) e da qui siamo ridiscesi nel punto in cui ci troviamo adesso… che via vogliamo inforcare adesso per ritornare nel centro abitato di San Fili?

Corso XX Settembre ci attende ormai da un paio d’ore - qualche minuto per scambiare qualche parola con uno o due amici non guasta mai - e visto l’ora che segna il nostro orologio… anche la tavola imbandita di casa ci attende impaziente.

Eppure… la tentazione è forte. Potrei scendere ulteriormente lungo il percorso del torrente - camminando sulla sponda destra dello stesso - e raggiungere i piedi del ponte di “santa Venere” (o “santa Vennera”) e da lì salire verso il fabbricato diroccato conosciuto dai nostri anziani come “a turr’e Cucunatu” (in tale tragitto oltretutto potrei dare una breve occhiata all’edificio che ospita la centrale idroelettrica del paese… ed accertarmi che, malgrado i soldi pubblici investiti nella stessa, sia tutt’ora in funzione. Potrei risalire il torrente Emoli e raggiungere nuovamente piazza san Giovanni dal punto in cui sgorga la sorgente di Palazia o proseguire oltre fino al ponte delle jumiceddre e da lì risalire verso “u curc’e Catalanu”… e quindi ritrovarmi d’incanto su piazza san Giovanni (per la serie: tutte le strade di San Fili portano davanti al monumento ai caduti opera dello scultore toscano Leone Tommasi da Pietrasanta).

Potrei risalire la stupenda scalinata - o ciò che ne resta - in accattivante pietra di fiume ed antiestetico cemento che mi porta dritto dritto nella zona delle Volette al di sopra dell’imbocco della galleria ferroviaria… o di ciò che la stessa fu e che mai sarà più se non nei cuori dei pochi che ancora conservano qualche lontano ricordo della littorina che dalla stazioncina San Fili ci portava alla stazione di Cosenza o a quella di Paola.

Scelgo quest’ultima ipotesi che, dopotutto, non fa altro che portare a termine il mio progetto iniziale: una bella passeggiata che nel titolo includesse la fontana di Palazia e il tesoro de “u Canalicchiju”.

E così eccomi giunto all’inizio dell’ultima fatica (questa sì che è una vera e bella fatica) della stupenda passeggiata: intraprendere la salita che da una serie di scalini in cemento e pietra di fiume immediatamente seguita da un viottolo a più curve al cui intersecarsi con la strada che scendendo da piazza Rinacchio porta, in poco tempo e quasi sempre in discesa, nella zona conosciuta come contrada Profico.

Inutile contare i gradini: li avrò contati almeno una cinquantina di volte quand’ero piccolo e tempo di fare una decina di passi oltre questa scalinata… miracolo… già dimenticato il magico numero. Un’ultima occhiata al ponte di Crispini (… o di crispino che dir si voglia) ed al mulino ad acqua di Ottorino Perri (che tra l’altro ospitò anche una delle storiche centrali idroelettriche del nostro amato/odiato paesino) e… via, un passo dopo l’altro, eccomi ritrovarmi al punto in cui i miei occhi registrano sulla sinistra uno spettacolare strapiombo in cui la fanno da padrone delle affascinanti quasi secolari piante di quercia e sulla destra il casolare della proprietà di campagna che fu dell’insegnante Raffaele Perri… dalla fine degli anni Sessanta in poi.

Una proprietà, questa, che ricordo con piacere e che segnò anche parte della mia vita avendo mio padre per vari anni (dal 1970 in poi) coltivato quel prodigo appezzamento di terra.

Quasi un giardino, a quei tempi. Oggi?... meglio non parlarne.

Eppure a fermarmi di botto non furono i ricordi di un tempo che ormai da anni mi sono lasciato alle spalle. A fermarmi di botto fu un imprevisto e strano movimento che notai qualche passo più avanti, nei pressi di un foro nel muro in pietra che mi trovavo sulla sinistra a delimitazione, nella parte inferiore del succitato burrone.

Nu cursune?!?

Non era nero come me lo ricordavo ma era quasi grigio. Segno, secondo la mia ignoranza, che aveva appena fatto la muta primaverile (ovvero aveva cambiato pelle).

cursuni, lo so’ benissimo, non sono pericolosi: non sono velenosi e vivono nella costante paura d’imbattersi nell’uomo. Se proprio si subisce un morso da tali animali nostrani l’unica cosa consigliabile (nel dubbio) è quella di fare una bella antitetanica… giusto per dormire su due guanciali.

Eppure… sono decisamente brutti i… cursuni! … ed io non li digerisco tanto: chissà, magari qualcuno di loro potrebbe illudersi di essere una serpe velenosa ed attaccare. Ed io in quel momento in mano avevo solo la macchina fotografica… neanche un bastone per difendermi.

Quando il mio attuale compagno d’avventura s’accorse della mia presenza non ci pensò due volte a rintanarsi nel suo pertugio all’interno del muro, quello stesso pertugio da cui era appena uscito per godersi i primi raggi del sole pre-primaverile.

Constatato che la via era ormai libera, senza pensarci due volte (ma soprattutto con passo attento e veloce) ripresi il mio cammino verso l’agognata meta.

All’altro lato del casolare che ormai, sempre sulla destra (strano a dirsi ma non si era spostato), mi ero lasciato alle spalle (povere le mie spalle: quante cose nella vita mi ci sono lasciato senza pensarci su due volte) c’era il noce nato da una noce che avevo piantato io quando avevo appena una decina d’anni.

Nella mia vita ho piantato almeno due alberi di noce: ero piccolo, sono cresciuto… ed ancora sono vivo.

Dico questo perché nella tradizione popolare è sconsigliato piantare alberi di noce. Si dice, infatti, che quando il tronco del noce raggiunge la circonferenza del collo di chi l’ha piantato… quest’ultimo ha compiuto il suo percorso naturale in questa vita… in questo mondo spesso, ma non sempre, fatto di lacrime.

Altri cinque minuti ed eccomi finalmente giunto sul piano della strada che, come detto, collega contrada Profico (in parte in territorio di Rende ed in parte in territorio di San Fili) e piazza Rinacchio. Eccomi giunto… ai piedi de ‘a scisa du Canalicchiu.

Mi trovo adesso poco al di qua dell’imbocco della galleria ferroviaria ed esattamente davanti al foro dov’è sepolto il magico recipiente pieno d’oro tanto caro alle passate generazioni di nostri compaesani: a quadara chjina d’oru di santufilisi.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!


venerdì 28 febbraio 2014

La chjina santufilise… una ricetta.



Nella foto a sinistra: Stupende chjine "santufilise doc." realizzate da Annazzurra Luchetta.

Foto sotto (sempre a sinistra): Massaia santufilise maestra anche i chjine ed in altri manicaretti locali Francesca Carpanzano.

Articolo pubblicato sul “Notiziario Sanfilese” (il bollettino mensile dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di Marzo 2011.

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Parlando con tante artiste della cucina tradizionale sanfilese, ci si rende conto che più si va avanti con le generazioni delle stesse e più la nostra famosa “chjina” si allontana sia dallo spirito per cui ha preso vita la prima volta (ossia dalla povertà dilagante e dalla necessità di utilizzare il tutto, senza nulla sprecare, nel miglior modo possibile) che dagli ingredienti utilizzati in quella magica occasione.

A questo punto ci siamo chiesti: esiste una ricetta, ovviamente tradizionale e che ci riporti agli albori della stessa, della chjina santufilise? … quali sono gli ingredienti originari? … è legittimo utilizzare oggi ingredienti (variazioni sul tema) che una volta, sulle tavole dei sanfilesi doc, non esistevano?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Riporto di seguito comunque quella che potrebbe essere la ricetta originaria.

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Ingredienti per la sfoglia: 10 uova; 600 grammi di zucchero, 1 bustina di vanillina; 400 grammi di grasso (strutto di maiale); 2 bustine di lievito in polvere (es.: pane degli angeli); la buccia di un limone finemente grattugiata; farina “quantu si’nne piglia” (tradotto in italiano “circa 1 chilo e mezzo).

In alcune ricette consigliano di mettere anche 1/4 di acqua o di latte e di sbattere, prima di passare ad amalgamare il tutto, le chiare d’uovo da sole a neve (in tal modo si lascia morbida la pasta).

La pasta per la sfoglia dovrà infatti venire abbastanza morbida ma altrettanto consistente da farsi facilmente modellare all’interno della teglia in cui verrà riposta e di cui dovrà prendere la forma.

Ingredienti per il ripieno: 2 chilogrammi e mezzo di mollica ottenuta con raffermo; 1 litro e mezzo di miele di fichi; 2 chilogrammi di noci, mezzo chilogrammo di uva passa, due cucchiaini di cannella in polvere.

Qualcuno ultimamente vi aggiunge, nel ripieno, anche del cacao in polvere (per non dire “Nutella”) ed una buona dose di zucchero (ingredienti non facilmente rintracciabili sulle tavole dei nostri avi, quindi non rientranti nella cosiddetta “chjina doc”).

Mescolare il tutto amalgamando per bene.

Preparazione: Ungere di grasso il tegame e modellare, con la sfoglia, l’intera superficie interna del tegame stesso creando una coppa da riempire con il ripieno succitato.

Coprire il tutto con un disco ricavato sempre con parte della sfoglia e cuocere in forno moderato fino ad ottenere una giusta doratura.

Buon appetito.

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Un caro abbraccio a tutti by Pietro Perri.

… /pace.

domenica 16 febbraio 2014

Augurissimi a nonna Rosina per i suoi magnifici 105 anni appena compiuti.

Diciamo la verità: 105 anni sono decisamente un bel traguardo non solo per chi, come la nostra carissima Rosina Cortese,  ci arriva ma… per l’intera comunità che ospita questi soggetti da record.
Un po’ di dati in merito alla vita della nostra stupenda eroina non guastano.
Rosina Cortese è nata a San Vincenzo La Costa (contrada Giuranda della frazione Gesuiti) il 4 Gennaio del 1909.
E’ comunque una Sanfilese d.o.c. e  non solo perché è residente a San Fili. E’ vedova - da circa dieci anni - di Antonio Fiore.
Rosina ed Antonio hanno avuto tre figlie Amelia (residente a San Fili e moglie di Biagio De Lio), Sara (residente a Toronto in Canada) e Franca (residente a Roma).
Rosina è attualmente bisnonna nell'albero genealogico delle figlie Amelia e Franca, e trisnonna nell'albero genealogico della figlia Sara (Sara > Emilia > Patrizia > Matteo).
Sarebbe bello capire il segreto del come si arriva a questa veneranda età. Anche se - ne siamo più che sicuri - la risposta la conosciamo tutti quasi alla perfezione: cibo sano, una vita salutare e soprattutto una famiglia che ti vuole bene.
E dopotutto Rosina Cortese ha condotto, da sempre, una vita a contatto con la natura perché consumando nella sua vita quasi esclusivamente prodotti di stagione attinti dal suo podere coltivato dalla stessa con cura per decenni.
Augurissimi, nonna Rosina!
Augurissimi non solo da me ma... da tutti i Sanfilesi nel Mondo.
… ovviamente ringrazio chi mi ha messo a disposizione questi bellissimi scatti fotografici.
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Le foto.
Nella prima foto in alto, partendo da sinistra, troviamo: Francesco Salerno (pronipote), Irina Federeac (badante di nonna Rosina), Ottorino Zuccarelli (Sindaco di San Fili), Lina De Lio (nipote), Rosario Salerno (pronipote), Amelia Fiore (figlia), Angela Gallo (amica di famiglia) e, al centro seduta, Rosina Cortese (la ultracentenaria sanfilese superfesteggiata).
Nella terza foto, sempre partendo da sinistra, troviamo: Rosario Salerno (pronipote), Francesco Salerno (pronipote), Lina De Lio (nipote), Tonino Salerno (nipote ... acquisito - marito di Lina).
E nella foto centrale? … ma la nostra campionessa Rosina Cortese - ovvio - che brinda con tutti noi al suo indimenticabile 105esimo compleanno dandoci appuntamento ovviamente ad altri… cento di questi giorni.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!

sabato 1 febbraio 2014

SAMUELE MINERVINO: il sanfilese CAMPIONE EUROPEO di MUAY THAI.

Sabato 24 Gennaio scorso si è disputato, presso il palazzetto dello sport di Rogliano, la gara per il titolo europeo prima serie 70 chilogrammi di “muay thay” della federazione Kombat League.
In primo piano: Samuele Minervino.
Ovviamente per chi legge - da sanfilese e non solo - l’apertura di quest’articolo le domande che viene naturale porsi sono tante. Tra queste: 1) cos’è la disciplina sportiva denominata “muay thai”; 2) cosa c’entra San Fili con questa gara e soprattutto con gli incontri tenutisi a Rogliano (stupendo paesino della provincia di Cosenza) giorno 24 Gennaio 2014.
L’unica cosa che i soggetti non addentro alla materia come lo scrivente hanno afferrato subito, infatti, è il fatto che si tratta di un titolo a livello europeo. E ciò c’impone a priori a toglierci il cappello verso il merito e la superiorità. Per il resto vediamo cosa troviamo su internet su tale disciplina sportiva prima e poi rispondiamo anche alla seconda domanda: cosa c’entra San Fili con la gara disputatasi qualche giorno settimana fa all’interno del palazzetto dello sport di Rogliano.
La “muay thai”, nota anche come “thai boxe”, “boxe thailandese” o “pugilato thailandese”, è uno sport da combattimento a contatto pieno che ha le sue origini nella “Mae Mai Muay Thai”, antica tecnica di lotta thailandese.
In primo piano: Samuele Minervino.
La disciplina è nota come "l'arte delle otto armi" o "la scienza degli otto arti" perché consente ai due contendenti che si sfidano di utilizzare combinazioni di pugni, calci, gomitate e ginocchiate, quindi otto parti del corpo utilizzate come punti di contatto, rispetto ai due del pugilato o ai quattro della kickboxing, associate con una intensa preparazione atletica e mentale che fanno la differenza negli scontri a contatto pieno.
Nessuna paura, non sono così bravo in materia: ringrazio gli autori di Wikipedia (l’enci-clopedia libera online) per la soffiata.
E per quanto riguarda la seconda domanda? … per quella - da sanfilese - è più facile trovare una risposta: il vincitore della gara (ai punti) , e quindi attuale campione europeo, è stato il sanfilese  d.o.c. Samuele Minervino, figlio di Barbara Lio e di Bruno Minervino.
Complimenti e grazie di tutto, Samuele, e ricorda: quanto prima dobbiamo parlare: i sanfilesi meritano di saperne di più.
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… un caro abbraccio a tutti dal vostro sempre affezionato Pietro Perri.
… /pace!