A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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domenica 8 ottobre 2023

La Chiesa dello Spirito Santo o di san Francesco di Paola di San Fili. Articolo del prof. Francesco Iantorno.



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri): Particolare della facciata principale della Chiesa dello Spirito Santo di San Fili. La Chiesa, conosciuta anche col nome di Chiesa di san Francesco di Paola, si trova nel centro storico poco al di sotto della Chiesa Madre nel quartiere denominato Jazza.

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La Chiesa dello Spirito Santo di San Fili.

(Articolo pubblicato a firma del prof. Francesco Iantorno sul Notiziario Sanfilese – mensile dell’Associazione culturale Universitas Sancti Felicis di San Fili – del mese di giugno del 2007)

Sorge nell'omonimo quartiere, in pieno centro storico: ad unica navata, presenta all'esterno una facciata con portale tufaceo, sovrastato da un'ampia finestra con cornice mistilinea e da un timpano triangolare. Dedicata allo Spirito Santo fu eretta nel sec. XVII ed ampiamente rimaneggiata nella seconda metà del Settecento in forme tardo-barocche.

Le prime notizie sulla chiesa e su una Confraternita “sub Regulis Societatis Jesu” ivi operante risalgono all'anno 1666: dagli Atti della Santa Visita compiuta sotto il presulato di mons. Gennaro Sanfelice (1661-1694) emergono, infatti, dati preziosi sull'edificio e sullo stato degli arredi e dei paramenti sacri che erano conservati sotto chiave in un armadio ligneo, posto nei pressi dell’altare.

D. Francesco Amoruso provvedeva annualmente alla celebrazione di trentadue messe per un reddito annuo di 5 ducati derivante da elemosine e dalla rendita di un castagneto, sito nel luogo detto Santa Maria degli Angeli, legato dal quondam D. Andrea Formosa.

La Chiesa conserva al suo interno interessanti opere d'arte: busto ligneo di S. Francesco di Paola, opera seicentesca di scuola napoletana; statua di Cristo che va al Calvario (sec. XVIII) ed un pregevole dipinto di A. Granata raffigurante la Discesa dello Spirito Santo (1797), collocato sull'Altare Maggiore. Sulla volta cinque tele realizzate nel 1908 da Raffaele Rinaldi raffiguranti rispettivamente La fuga di Lot, Davide che mostra la testa di Golia, Giuditta ed Oloferne, Abramo e le tre figure angeliche, S. Francesco di Paola con la Madonna e lo Spirito Santo. Sulle pareti ed ai lati della zona absidale è un ciclo di affreschi del pittore S. Tancredi (1963) con scene tratte dal Vangelo e dalla vita di S. Francesco di Paola.

Degni di nota sono ancora gli stalli lignei dove sedevano i membri dell’Arciconfraternita dello Spirito Santo, realizzati nel ‘700 da maestranze locali, ed un antico confessionale in legno con raffigurazione di Cristo in croce.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

sabato 7 ottobre 2023

Sacra reliquia ex cingolo san Francesco di Paola busto ligneo San Fili. (Articolo del prof Goffredo Iusi - breve nota di Pietro Perri).



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri): Busto ligneo (opera napoletana del seicento) di san Francesco di Paola, santo protettore della Comunità Sanfilese, portato a spalla lungo il corso principale del borgo ed in tanti dei vicoletti che caratterizzano il pittoresco paesino di San Fili. Sul pettorale è incastonata una piccola teca conservante una reliquia del miracoloso santo.

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La reliquia di san Francesco di Paola conservata a San Fili nel busto ligneo del santo.

(Breve nota di Pietro Perri)

L’Associazione culturale Universitas Sancti Felicis di San Fili in occasione del quinto centenario della morte di san Francesco di Paola ha voluto onorare lo stesso riportando sul Notiziario Sanfilese (il bollettino mensile della stessa) nei mesi di aprile e maggio del 2007 un brano a suo tempo pubblicato sul bollettino n. 4 del 27 aprile 1987 del “San Fili Fraternity club”. L’articolo era firmato dall’indimenticato prof. Goffredo Iusi.

Considerando alquanto prezioso per la Comunità Sanfilese e per i fedeli del santo protettore dei Calabresi e dei naviganti tutti tale documento affinché tale non vada perso per sempre ho ritenuto far cosa gradita ai più pubblicarlo in questo mio spazio web.

Invitando ovviamente quanti avranno il piacere se non l’onore di poter ammirare lo stupendo busto ligneo di san Francesco di Paola conservato nella chiesa dello Spirito Santo di San Fili di guardare con occhi diversi lo stesso. Ed in particolare osservando con più attenzione e sacra devozione la piccola teca che si trova incastonata nel pettorale del busto stesso.

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SACRA RELIQUIA EX CINGOLO SANCTI FRANCISCI DE PAULA CONFESSORIS.

(Brano tratto dal "San Fili Fraternity club" bollettino n. 4 anno 27 aprile 1987. Da un articolo firmato dal prof. Goffredo Iusi)

Quando, fanciulli, nella Chiesa dello Spirito Santo, guardavamo San Francesco di Paola, che, dalla nicchia alta della piccola cappella incombeva su di noi, gli occhi nostri, più che sul volto, che ci appariva sempre accigliato, si fermavano sulla posta in mezzo al petto.

"E' il suo cuore" - diceva qualcuno - Ma non ne aveva la forma, né il colore rosso, ed era troppo piccolo per essere un cuore.

Era grande, per noi fanciulli, il cuore di San Francesco, per la carità, che ebbe, per i poveri e per la forza, che dimostrò, ai potenti.

Ognuno di noi sentiva raccontare i miracoli del Santo: le sere d'inverno, attorno al focolare, in ogni casa, la vecchia della famiglia diceva dell'albero tagliato a mezzo, della moneta che grondò sangue, dell'asino che gettò i ferri, del mantello fatto barca, dell'agnello che uscì dalla fornace, della pietra fermata sul costone del monte.

Zia Monaca leggeva a me le pagine di un grosso libro quasi cantando le parole. Chiudevo gli occhi e vedevo quel mondo di uomini, case, terre, animali e sentivo le voci; il Santo mi appariva grande con la barba lunga e bianca: la fantasia, che si accendeva alle parole, creava la vita d'un tempo lontano, ma non diverso dal nostro, se i nonni e i padri, dicevano che ci voleva ancora un San Francesco con il bastone ad umiliare i potenti e con la carità a consolare i poveri.

Scopriamo che non era il suo cuore, quando guardammo, da vicino, la statua sul sacello ligneo processionale: era una piccola teca ovale composta in mezzo al petto; la linea d'oro spiccava sul nero della tonaca e, sotto il vetro, su campo rosso si staccava un grumo nero.

Don Antonio, il sacerdote che celebrava messa nella Chiesa dello Spirito Santo, ci disse del reliquario, del pezzetto di cordone, dell'Arciconfraternita dello Spirito Santo: una storia di fede dei padri, quando, nel tempo antico, la religione era amore ed opere.

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Di recente, provvedendosi alla sistemazione dell'Archivio della Chiesa dello Spirito Santo, è stato rinvenuto il documento che attesta l'autenticità della reliquia, che riporta il nome del Frate cui fu donata, che descrive la custodia d'oro, che indica le norme di uso.

La reliquia, ottenuto con elargizione da Frate Angelo, fu ceduta dal laico professo di Aprigliano ad un monaco di San Fili, certamente del convento di Santa Maria degli Angeli.

Le ricerche nell'Archivio della Chiesa dello Spirito Santo non hanno portato, fin'ora, al ritrovamento di altri documenti; le notizie e le date riportate nella "lettera" e nelle annotazioni consentono di proporre la probabile storia della reliquia.

Ai primi del 1700 era stata creata, nella Chiesa dello Spirito Santo, la cappella di San Francesco dì Paola, in cui fu posta la statua del Santo, una scultura lignea di scuola napoletana di notevole pregio artistico.

L'Arciconfraternita dello Spirito Santo la adornò dell'aureola, del bastone e del fastoso medaglione di argento. Certamente, progettò anche di consacrare la statua con una reliquia del Santo.

E, sicuramente, l'Arciconfraternita si rivolse ai monaci del convento di Santa Maria degli Angeli, che, per i rapporti con le molte comunità dell'Ordine Minorita della Calabria e delle altre province religiose del regno di Napoli, potevano assicurare la ricerca e la donazione della reliquia.

Il convento di Santa Maria degli Angeli, costruito nei primi anni del 1600, era allora uno dei più importanti e famosi della Calabria.

Le date riportate nel documento (30 gennaio 1734 o 1736: donazione della reliquia; 14 gennaio 1737: presa d'atto della Diocesi di Cosenza) e l'attestazione della consegna della reli­quia (senza data, ma da supporre nello stesso mese di gennaio 1737, probabilmente nello stesso giorno 14) al Padre del convento di Santa Maria degli Angeli, provano che Frate Angelo di Aprigliano ottenne la reliquia non per incarico dell'Arciconfraternita dello Spirito Santo; ne è conferma la mediazione del Padre del convento di Santa Maria degli Angeli, che, ricevuta la reliquia dal confratello, la cedette al Priore dell'Arciconfraternita dello Spirito Santo.

Non è scritto se Frate Angelo di Aprigliano, che ottenne la reliquia con elargizione dal Vicario del cardinale Francesco Pignatelli, sia stato ricompensato dal confratello del convento di Santa Maria degli Angeli.

Con altra grafia, per lungo, sulla parte inferiore del documento, è scritto: "cingolo di San Francesco di Paula"; il Priore dell'Arciconfraternita della chiesa dello Spirito Santo, conservandolo nell'Archivio, donò un titolo al documento.

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TRADUZIONE DEL DOCUMENTO ORIGINALE IN LATINO

 

FRANCESCO

per misericordia divina Vescovo di Ostia,

Cardinale di Santa Romana Chiesa

Pignatello

Arcivescovo di Napoli, Decano dello stesso Sacro Collegio

Vicario Generale per la Diocesi di Ostia

Marco Antonio Malfitano, Vicario del detto e Protonotario

Apostolico

 

A tutti ed a ciascuno, che vedranno le presenti lettere, facciamo indubbia fede ed attestiamo che, essendoci mostrate moltissime Sacre Reliquie, le abbiamo riconosciute estratte da luoghi autentici con lettera autentica e munite di sigillo, da cui abbiamo estratto la presente particella dal cingolo di San Francesco Confessore, che abbiamo collocato reverentemente in un piccolo reliquario di oro lavorato, ornato di figure, chiuso da un solo cristallo nella parte anteriore e lo abbiamo legato con una funicella di seta di colore rosso e segnata con impresso il nostro sigillo su cera rossa spagnola per l'indubbia identità di esso, e riposto, a maggior gloria di Dio ed a venerazione dei suoi Santi abbiamo donato, e siamo stati ricompensati, a Frate Angelo di Aprigliano, laico professo dell'Ordine dei Minori Riformati di San Francesco, perché la presente Sacra Reliquia tenga per se' o doni ad altri o sia esposta alla venerazione pubblica in qualunque Chiesa, Oratorio e Cappella.

In fede di ciò comandammo di preparare queste presenti (lettere) sottoscritte di nostra mano e confermate dal nostro sigillo.

Fatto a Roma, fuori della porta di Ostia, in questo giorno 30 del mese di gennaio 1734 (o 1736).

 

Marco Antonio Amalfitano Vicario

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Nella parte scritta a mano, sull'altra metà del foglio, alcune parole sono di difficile interpretazione.

Dal contesto risulta che "nel giorno 14 gennaio 1737, la Diocesi di Cosenza prende atto che la Sacra Reliquia è stata donata a Frate Angelo di Aprigliano con la facoltà di tenerla per se', di donarla ad altri, di esporla alla venerazione dei fedeli in qualunque Chiesa o Oratorio".

L'atto è firmato dal Vicario Diocesano.

Di seguito si legge: "E' da detto Frate Angelo di Aprigliano data al Padre ………. da San Fili per poterne disporne a suo modo ".

 

Firmato ……... Cancelliere.

 

A margine del foglio, per lungo, è scritto con altra grafia: "cingolo di San Francesco di Paula".

 

Goffredo Iusi

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


mercoledì 4 ottobre 2023

Don Giovanni Gentile (Chiacchiara) da San Fili e Sua Santità papa Pio XII.



Nella foto a sinistra (ripresa dal web – Enciclopedia online Wikipedia): Papa Pio XII, Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli nel 1924. Anche lui fu “vittima” dei versi in dialetto calabrese (cosentino - casalino apriglianese, per la precisione) del poeta polemista don Giovanni Gentile alias Chiacchiara da San Fili.

Papa Pio XII (in latino: Pius PP. XII, nato Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli; Roma, 2 marzo 1876 – Castel Gandolfo, 9 ottobre 1958) è stato il 260º papa della Chiesa cattolica e 2º sovrano dello Stato della Città del Vaticano dal 1939 alla sua morte. Nel 1990, a conclusione della prima fase di beatificazione, ha ricevuto il titolo di servo di Dio. Nel 2009, a conclusione della seconda fase, ha ricevuto il titolo di venerabile, che ne attesta l'eroicità delle virtù per la Chiesa. La causa di canonizzazione è affidata alla Compagnia di Gesù”.

Nota in corsivo, su Pio XII, ripresa dall’enciclopedia online Wikipedia.

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Chiacchiara e Sua Santità Pio XII.

Nota introduttiva di Pietro Perri.

 

Non tutti nascono preti, qualcuno semplicemente lo diventa.

E’ questo sicuramente il caso del sanfilese don Giovanni Gentile alias Chiacchiara.

Ma... chi è Chiacchiara?

«Giovanni Gentile nasce a San Fili nel 1877 ed ivi muore nel 1953.

Sacerdote, studioso di folclore calabrese, oratore di un certo fascino. Direttore spirituale per anni della Congregazione dello Spirito Santo e di Maria Immacolata Concezione.

Fu parroco in località fuori della Diocesi di Cosenza. Istituì Circoli ed associazioni religiose ed educative.

Guidò molti giovani agli studi superiori. Nel 1913 partecipò alle lotte politiche amministrative col giornale “Don Saverio”. Amministratore Comunale.

Svolse attiva propaganda, difendendo i principi della religione cattolica, dei valori tradizionali e della integrità della famiglia, contro la proposta di legge sul divorzio, “Berenini – Borciani – dicembre 1901” in polemica con Raffaele Pellegrini. Pubblicò con lo pseudonimo di “Chiacchiara” poesie in dialetto calabrese”».

Questi brevi cenni storici sono presi dal “Notiziario del San Fili Fraternity Club” curato da un altro “Grande Sanfilese”: Francesco (Ciccio) Cirillo. Ci riferiamo al bollettino del mese di settembre 1-980 – da una lettera del Prof. Francesco Rinaldi.

Chiacchiara”, aldilà del suo indiscutibile impegno sociale, del suo mettersi al servizio del popolo che soffre, che combatte, che lotta per avere riconosciuti i più elementari diritti… è e resta un passabile e convinto politico … come ci dimostrano i versi contenuti nella breve raccolta “Electoralia”, simpatico diario, seppur di parte, delle prime elezioni della Repubblica Italiana.

Pur passando per un perfetto qualunquista, già allora con la sua pungente penna avvisava i suoi lettori di stare attenti al trasversalismo partitico: cuorvi ccu cuorvi, dopotutto, uocchi nun si nne caccianu! ... non se ne cacciavano all’epoca e non se ne cacciano certamente ai giorni nostri.

Quindi, un autore sempre attuale.

Leggiamo (nella parte superiore di questa pagina) infatti i versi che il Giovanni Gentile (Chiacchiara) dedica a Pio XII (papa dal 1939 al 1958) e vediamo se tali versi non possano essere oggi dedicati a Benedetto XVI.

Il Gentile è un attento osservatore della politica nazionale.

Alcune poesie, veri capolavori nel suo genere, restano attuali (basta modificarne il nome del… o dei protagonisti, del… o dei periodi storici, dello… o degli scenari in cui gli stessi si svolgono) ancora oggi: vedasi, nella raccolta del 1901, il dialogo tra Crispi e Rudini, il sonetto dedicato all’Italia e via dicendo. Per non parlare della romanza del Jugale, romanza che, per essere presente nella raccolta di poesie in dialetto calabrese del 1903 con la nota “volumetto inedito – cantu IX”, lascia ad intendere che tantissimo materiale, opera del nostro illustre compaesano “Giovanni Gentile”, sia ormai andato definitivamente perduto… visto che di tale materiale non si trova traccia.

E’ strano, infatti, che una tale penna compaia agli inizi del XX secolo e sparisca dalla scena per circa una cinquantina di anni.

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A sua santità Pio XII

Salva nos, perimus!

Versi di don Giovanni Gentile alias Chiacchiara da San Fili.

 

Nu' vidi 'stu sfracelu, Padre Santu,

chi fa la guerra ntra lu munnu tuttu?

Ad ogne casa fame, lagni e chjantu;

la campana, ad ogne ura, sona a luttu.

 

De gioventu' lu juru tuttu quantu

le palle e la mitraglia hannu distruttu,

lu mare diventau nu campusantu,

lu munnu nu maciellu s'e' riduttu.

 

Cumu Pietru a lu Mastru pe ru primu

(mentr’Illu paria dorme a suonnu funnu)

gridau tremannu: "sarvani, perimu!

 

Nu' vidi ca la varca va ‘n perfunnu?"

Cussi’ nui tutti a Tia ti ripetimu:

Prega 'u Segnure, chi sarvi lu munnu

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


domenica 1 ottobre 2023

La Madonna di santa Maria degli angeli di San Fili. (Articolo del prof. Francesco Salamina - Nota Introduttiva di Antonio Asta)



Nella foto a sinistra (foto by Antonio Asta): il prof. Francesco Salamina nel mese di luglio del 2004, in occasione di una delle sue periodiche visite al borgo natio, intento a studiare la statua di santa Maria degli Angeli, stupenda opera marmorea della scuola dei Gagini di Palermo conservata nella Chiesa del Ritiro o dei frati ritiranti di San Fili. La statua giunse a San Fili grazie al viaggiatore seicentesco don Aquilante Rocchetta (originario del pittoresco borgo dell’hinterland cosentino.

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Un tesoro nascosto a San Fili.

(Articolo/nota a firma del poliedrico – attore poeta brigante ecc. - Antonio Asta pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di agosto del 2006)

L’estate di due anni fa mentre passeggiavo con il prof. Francesco Salamina (nativo di San Fili ma pugliese d’adozione, poeta di fama internazionale e altrettanto critico d’arte, amico fraterno dell’esuberante Vittorio Sgarbi) si discuteva delle opere presenti nelle chiese di San Fili.

Il discorso si è soffermato sulla statua collocata sull’altare maggiore della chiesa del Ritiro presso il cimitero: la statua di Santa Maria degli Angeli.

Il prof. Francesco Salamina mi diceva di non averla mai vista.

Ci siamo recati alla chiesa del Ritiro ed il professore è rimasto totalmente estasiato da cotanta bellezza.

Il giorno dopo il prof. Salamina mi ha consegnato una copia della sua bellissima relazione critica fatta sulla statua del Ritiro dicendomi che l’avrebbe fatta pubblicare su un giornale culturale a tiratura nazionale con cui collabora.

Una serie di domande mi sorge spontanea: perché quest’opera di inestimabile valore deve restare nell’anonimato se si pensa che l’autore sia il grande scultore G. Gagini di Palermo (vissuto a cavallo del XVI e XVII sec.), perché non si pubblicizza adeguatamente quest’opera? perché non si organizzano visite guidate.

per far conoscere questo immenso tesoro? ... mentre leggendo i giornali vedo pubblicizzate cose di scarsissimo valore.

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La Madonna degli Angeli di San Fili.

(Articolo a firma del prof Francesco Salamina pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di agosto del 2006. L’articolo, datato 9 luglio 2004, è stato messo nero su bianco in una delle periodiche visite che faceva il prof. Francesco Salamina nel suo caro borgo natio... San Fili)

 

La chiesa del Ritiro presso il cimitero di San Fili offre al visitatore una insolita e gradita sorpresa.

Vi è in questo disadorno tempio di campagna una scultura in marmo raffigurante la cosiddetta Madonna degli Angeli attribuita forse al Gagini o alla sua scuola.

In ogni caso l’opera posta sull’Altare Maggiore si erge, nel bianco marmo, in una proiezione verso l’alto che diffonde intorno rara bellezza. Posta in prospettiva rispetto ad un ambiente sacro tinto in bianco-calce, dai toni barocchi rivisitati in stile neoclassico, la raffigurazione riempie con forza potente la sensazione di vacuità, di straniamento... la fissità dello sguardo, la forma tutta esprimono un linguaggio complesso nel quale i significati apparenti dei simboli si uniscono in stretta analogia a nascoste sonorità impresse dall’Autore.

E sono queste che l’osservatore avverte: lo spazio si smaterializza e ci si trova in una impropria spazialità. Cosa sia se non una vaga vaghezza non terrestre, ma a sentir bene, nemmeno celeste: è la Bellezza che muove in alto da uno stato possibile di conoscenza - quello dello scultore – ad uno stato negato, ma intuibile, del Sogno Invisibile – quello dell’osservatore.

Il flessuoso panneggio della veste si “fonde” con gli Angeli secondo una improbabile commistione sacro-profana che fa santo il femminile corale e fa creatore l’uomo-scultore. Si cristallizza così la volontà della perfetta visione: il sublime terreno divino della affabulazione cristiana. Bellissima dunque questa Madonna angelicata così bella da

colmare i vuoti d’animosità perduta: è il compiuto nella eternità e per l’eternità ora terrestre e ora divina.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

 

Da quale anno a San Fili si onora san Francesco di Paola il 12 Ottobre?



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri/2013): il busto ligneo di san Francesco di Paola portato a spalla da vari fedeli lungo le strade ed i vicoli di San Fili nel corso di una delle tradizionali processioni religiose che si tengono nel caratteristico borgo il 12 ottobre di ogni anno... da circa due secoli a questa parte. Il culto di san Francesco di Paola è particolarmente sentito nella comunità sanfilese e la processione, tra quelle che si svolgono a San Fili nel corso dell’anno, è sicuramente quella più partecipata di tutte.

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Da quale anno a San Fili si onora san Francesco di Paola il 12 Ottobre?

(Articolo a firma del prof. Francesco Iantorno pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre 2006)

San Francesco di Paola divenne Patrono e Protettore di San Fili dopo il terremoto del 12 ottobre 1835 che sconvolse l’alta valle del Crati a nord-est di Cosenza, provocando un elevato numero di vittime e ingenti danni alle strutture in numerosi paesi della provincia. I tragici effetti del sisma furono particolarmente gravi nelle località che sorgevano su terreni alluvionali: Castiglione Cosentino fu completamente distrutto; a San Pietro in Guarano, San Benedetto Ullano, Casole, Lappano e Rovella gran parte delle case crollarono e molte altre furono danneggiate irreparabilmente. 

A Cosenza la scossa causò il crollo di diversi edifici mentre molti altri furono gravemente lesionati, soprattutto nelle pareti interne. Danni più leggeri si verificarono a Paola, Marano Marchesato, Montalto Uffugo e in varie altre località del versante ionico. Le vittime furono complessivamente 115, oltre 240 i feriti (cfr. E. Boschi, Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1980, Istituto Nazionale di Geofisica, Bologna 1995; Giornale del Regno delle Due Sicilie, 1835, n° 249; F. Kostner, Storia sismica illustrata della Calabria, Cosenza 1997).

Fu a seguito del tragico evento che il popolo sanfilese “fé voto di celebrar solenne in ogni anno il giorno 12 ottobre in ringraziamento per la liberazione dello spaventevol tremuoto, accaduto in detto giorno” e rafforzò la devozione al Santo, radicata ormai da secoli sul territorio grazie all’Arciconfraternita dello Spirito Santo.

Il culto di san Francesco di Paola raggiunse allora il suo apice coinvolgendo l’intera comunità che rinnovò il voto di lode e ringraziamento al suo Protettore dopo il violento sisma che il 12 febbraio 1854 scosse nuovamente la città di Cosenza e il suo circondario. 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 23 luglio 2023

Caudu e ‘ncriscienza!… / Versi di don Giovanni Gentile da San Fili.



Nell’immagine a sinistra (ripresa dal web): Caronte, traghettatore infernale secondo la visione dantesca (ripresa in ogni caso dalla mitologia romana e greca), in una illustrazione di Gustave Doré. Negli ultimi anni, forse per scopiazzare un modo di fare dei media d’Oltreoceano, in Italia si è presa l’abitudine di chiamare Caronte alcuni picchi di caldo come quelli che stiamo subendo in questo decisamente “scottante” 2023. Anche se... dubito che Caronte abbia mai visto o si sia mai avvicinato al girone in cui sono destinati i peccatori autocondannatisi alle fiamme infernali.

Sul poeta sanfilese don Giovanni Gentile alias Chiacchiara ho scritto (e pubblicato tantissimo) già precedentemente su questo blog. E, nel possibile (o quando me n’è stata data la possibilità, per essere più precisi), mi sono fatto in quattro per rivalutarne la grandezza. Non prendetemi sul serio e “non accettate stupidamente la mia verità” ma sono stato costretto a riconsegnarlo, spero solo temporaneamente, all’oblio della storia... quantomeno locale. Purtroppo quando ci si rende tristemente conto di non avere più un proprio pubblico e meglio lasciare agli altri l’oppio che si spaccia, non sempre come cultura e quasi sempre “neanche sotto forma di cultura”, dai palchi e sulle scene.

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Caudu e ‘ncriscienza!…

Versi di don Giovanni Gentile alias Chiacchiara da San Fili.

Nota introduttiva di Pietro Perri.

Don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara) prete non per vocazione ma per colpa di nascita, che ci crediate o no, è stato giovane come tutte le persone normali di questa terra e come tante è stato anche studente.

Anche allo studente più “secchione” a volte viene a noia studiare… pensiamo poi a quel mattacchione del Chiacchiara (alter ego di don Giovanni Gentile, tanto bravo quanto coraggioso soprattutto per l’epoca in cui è vissuto, poeta dialettale sanfilese).

Se poi ci si mettono pure il caldo estivo di Cosenza, il sonno e le mosche… meglio sorvolare.

Al di là di tutto, comunque, il nostro caro poeta don Giovanni Gentile ci fa capire che è inutile affliggersi più di tanto... specie quando non si può cambiare ciò che condizione in un determinato momento la nostra vita. E poi... l'estate dura solo tre mesi, l'autunno passa in fretta ed... eccoci pronti a lamentarci del freddo eccessivo.

Dopotutto lo diceva qualche secolo prima anche “il Magnifico” (“Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia... chi vuol’esser lieto sia, del doman non v’è certezza”).

 

Fa’ nu caudu chi murimu:

Io nun puozzu cchjù studià:

E’ chjù miegliu si partimu

A Cusenza ‘un si po’ stà.

 

Ogne notte, spienturatu,

Nun mi puozzu addormentà

Ca mi mancadi lu jatu

E mi ‘ngignu a riminià.

 

La matina (v’ ‘u pensati)

Ccu chi lena m’aju azà;

E ccu l’uocchi tutt’unchjati

M’aj’ ‘e mintere a studià.

 

Ma le musche ch’aû pitittu

Vienu lestu a muzzicà,

Ed io pigliu cittu cittu

Ccu ‘ste bestie a m’inquietà.

 

E cussi sona la scola

Priestu e tristu aj’ ‘e vulà,

Ma si ‘un sacciu ‘na parola

Chaju ‘e jire a ce cuntà?

 

Tiegnu ‘ cuorpu ‘na vilienza

Chi la guala nun ci n’ha:

E lu mastru si spacienza:

Mi fa propriu disperà.

 

All’esame mi l’ha dittu

Ca mi puozzu ripruvà:

Io ppe’ chissu sugnu affrittu

Ma nun aju cchi ce fa.

 

Si ppé casu mi riprova

Io nun lassu de cantà:

L’ammutare cchi mi giova:

E’ chjù miegliu chiacchjarià.

 

A ‘stu munnu allegramente

Ogne cosa âmu ‘e piglià:

Si t’affriggi nun fu’ nente,

Ma cchju priestu pue crepà.

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

domenica 16 luglio 2023

A munnizza du Fiegu - simu gente perbene. (By Pietro Perri)



Nella foto a sinistra: strada d’accesso al sito della vecchia discarica sanfilese in località Fiego. In tale strada d’accesso ci si imbatte percorrendo la vecchia statale 107 a circa un chilometro dalla locale rifornitore di carburanti per automezzi. Foto by Pietro Perri (primi anni Duemila).

La poesia, con relativa nota introduttiva, che vi propongo in quest’occasione in questo spazio l’ho pubblicata la prima volta sul quindicinale “l’occhio” nei primi mesi di questo millennio. Ovviamente la poesia (una delle sole poesie che ho scritto finora in dialetto calabro-santufilise) così come la relativa nota introduttiva, sono opera dello scrivente.

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A munnizza du Fiegu - simu gente perbene.

Di Pietro Perri.

Ci sono temi che sarebbe meglio non trattare, specie su un giornale per famiglie come il nostro quindicinale (n.d'a.: l'occhio). Sono temi che però, malgrado l'ambiguità che serpeggia spregiudicatamente trionfante nella società di cui facciamo parte, ci colpiscono violentemente, giorno dopo giorno, nel nostro intimo.

Sono temi che spesso ascoltiamo in televisione e commentiamo i fatti ad essi collegati come se gli stessi non facessero parte della nostra quotidianità: violenza sui minori (psicologica e sessuale), criminalità di bassa lega e criminalità organizzata, pizzo e tangentopoli, lavoro nero (magari con datori di lavoro che fanno firmare una busta paga al lavoratore dando allo stesso un salario opportunamente decurtato… sotto la minaccia del licenziamento), annullamento dei più elementari diritti quali quello all'istruzione (dubito che i bambini ai semafori frequentino regolarmente la scuola… e tali bambini non sono solo a Milano), dramma dell'immigrazione dai paesi dell'Est, abuso ed interessi privati in atti d'ufficio, prostituzione e via dicendo.

E' possibile che San Fili sia veramente immune da tali mali, per non dire cancrene?

E' possibile, per dirne una, che il problema della prostituzione in Italia si stato veramente e definitivamente risolto con l'approvazione della legge Merlini? E' possibile che siamo tutti diventati così ciechi da non renderci conto di quello che avviene intorno a noi o che tutti ormai siamo diventati così marci da far finta che tutto, nella nostra marcia società, vada bene?

 

Addruve na vota i Santufilisi jettavanu a lordura,

addruve supra e trote du jume si trovavanu cistuni 'e fungi,

ara trempa du Fiegu ppe ni capire miagliu,

'nta sti juarni m'è capitatu de vide nu fattu assai stranu:

nun c'era chiju sporcizia, vu dicu 'ncunfidenza, né bruttura,

ma quannu una, quannu due e quannu tri stelle

stavanu ad adducere u sul'e mianzijuarnu.

 

Parlannu ccu l'amici de su mmualicu assai curiusu,

forse voliannumi fa passare ppe scemu senza cc'esse,

m'hannu dittu, e mi volianu cunvince puru, ca strolachjiava,

c'avia pigliatu nu gruassu madornale abbagliu:

 eni u veru c'aru Fiegu un ce jettamu chiju spazzatura,

ma chiru chi c'è remastu e chiru chi ce vene de nuavu,

un po' esse certu amure… po' esse sulu lordura.

 

Mi vriguagnu quannu giru de stu postu cu ra machina,

mi vriguagnu de mi sente e de mi chiama' Cristianu,

sapiannu c'ara fine, riflessu miu… cristianu nun ce sugnu,

cc’aju de passare ppe lavuru de su postu, e l'uacchi su fatti ppe guardare,

na vota a munnizza du Fiegu era chira di santufilisi,

oji vene d’autri paisi, oji nun puzza mancu a nu nasu sopraffinu,

ma si tenissimu nu pocu de cuscienza… sa brutta storia ni facissi chjiangere lu core cu dulure.

 

Volevano essere dei versi… ma non si possono scrivere poesie quando si ha tanta rabbia in corpo. Non me la sono sentita neanche di scrivere in italiano su questo tema, ma non ho potuto fare a meno di scrivere qualcosa in merito.

E' mai possibile che dalla “curva du Fiegu” a San Fili, da Villa Miceli o dai semafori dell'incrocio nei pressi dell'Università a Rende… ci passi solo io? E' mai possibile che le Istituzioni per intervenire su un determinato problema debbano per forza aspettare che qualcuno denunci ufficialmente quello che gli brucia sotto il naso o che gli si sbatte quotidianamente nelle pupille degli occhi?

Cari lettori, se ci rendiamo conto che il nostro vicino è un appestato, non autoconvinciamoci d'essere immuni dal contagio né limitiamoci a segnalare il caso all'inquisitore di turno… aiutiamolo a guarire dal suo male… affinché il suo male (su cui avevamo riso e dal quale avevano tratto parte del nostro infimo piacere) non colpisca anche noi e finalmente non ci renda coscienti della nostra umana limitatezza.

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

giovedì 29 giugno 2023

C'era una volta la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili.

Nell’immagine a sinistra: Clienti in fila agli sportelli della Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili nel corso degli anni settanta del secolo scorso. Di servizio agli sportelli un giovane Peppino Cirillo e l’allora direttore Alfonso Rinaldi. Tra i clienti si riconosce il signor Onofrio.

I primi due articoli che vi propongo di seguito in questo spazio sono apparsi, ovviamente firmato dallo scrivente, sul quindicinale “l’occhio” del mese di giugno del 1999. A seguire una poesia opera del grande Luigi "Gigi" Aloe.

*     *     *

L’ultima abbuffata dei soci della Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili.

Di Pietro Perri

Le pagine sanfilesi di questo numero volutamente li ho dedicate ad un altro, l’ennesimo di questi ultimi venti anni, capitolo che si chiude a San Fili: il capitolo della locale Cassa Rurale ed Artigiana.

Proprio così, giorno 8 maggio 1999 l’Assemblea dei soci della “nostra banca” ha approvato (e non poteva fare altrimenti) il “Progetto di Fusione per incorporazione della Banca di Credito Cooperativo di San Fili” con “il Credito Emiliano”.

Dopo quasi un secolo di storia (positiva in alcuni casi, decisamente negativa in altri), San Fili perde un altro dei suoi baluardi.

Come dimenticare la stazione ferroviaria, come dimenticare l’ufficio di collocamento, come dimenticare il comando della guardia forestale, come dimenticare l’esattoria comunale, come dimenticare lo stesso cinematografo, come dimenticare il circolo di cultura Enrico Granata, come dimenticare… forse è il caso di dire che l’unica cosa che non riusciamo decisamente a perdere (ma che se la perdessimo sicuramente sarebbe la salvezza dei tartassati cittadini Sanfilesi) sono i nostri sindaci e le nostre giunte comunali.

E la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili, non dimentichiamolo, è stata più d’una volta uno dei pilastri portanti della gestione amministrativa del nostro Comune: volente o nolente, per capacità o semplicemente per timore riverenziale, più d’una volta, infatti, è riuscita ad imporre alla cittadinanza non solo uomini ma anche e soprattutto strategie politiche.

Si è chiuso un lungo capitolo, vuoi perché la gestione degli ultimi anni ha lasciato un po’ a desiderare (ne sono testimoni sia i passivi accumulati dalla discutibile gestione stessa e sia quanti tra i sanfilesi, compreso il sottoscritto, si sono visti costretti a portare i propri risparmi in altri sportelli bancari operanti sulla provincia) e vuoi perché le condizioni dell’odierno mercato impongono nuove e razionali regole a cui la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili non poteva far fronte.

E così quanto prima vedremo sostituire la storica (si fa per dire, considerato che tale insegna non ha più di un paio d’anni) insegna della “Banca di Credito Cooperativo di San Fili” con l’insegna “Credito Emiliano” con l’aggiunta magari di uno scarno “agenzia di San Fili”.

Cosa c’è di buono in tutto ciò?

Per i Sanfilesi, i comuni mortali, certamente c’è di buono l’auspicio d’una gestione più trasparente e più legata alle leggi di mercato ed alle necessità della clientela (pertanto nuovi servizi agli operosi concittadini che in cambio pagheranno con un rapporto più distaccato con l’Istituto di credito stesso). Per pochi soci eletti (di cui nove su dieci non sanfilesi o sanfilesi acquisiti) un succulento regalo di buonuscita scaturito a seguito di un diabolico calcolo matematico di trasformazione delle quote societarie della “Banca di Credito Cooperativo di San Fili” a seguito della summenzionata fusione.

Cosa c’è di male in tutto ciò?

Nulla o quasi: forse semplicemente il fatto che San Fili e i Sanfilesi dovranno ingoiare il rospo di vedere affisso su un palazzo di corso XX Settembre il nome di una banca del Nord Italia e non quello d’un Istituto di Credito Meridionale… ma questo sono sicuro che darà fastidio a ben poche persone (per l’appunto ai soli “Sanfilesi” sopravvissuti).

Resta solo da ricordare, compatendolo, quel povero e stupido socio che, tra tutti i presenti all’Assemblea di giorno 8 maggio 1999 in quel ristorante sito in località Frassino, a conclusione della riunione ha detto al proprio vicino di sedia: “Ni vidimu l’annu prossimu ppe n’atra bella abbuffata!”.

Poveraccio: chi avrà il coraggio di dirgli, spiegandogliene i motivi, che quella di quest’anno era l’ultima “abbuffata” dei soci della Banca di Credito Cooperativo di San Fili, già Cassa Rurale ed Artigiana?

*     *     *

Rapina in banca con morto.

Di Pietro Perri.

Quel funesto giorno dell’aprile 1992 rientravo come al solito dal lavoro (erano all'incirca le 14:00) e giunto in piazza san Giovanni, dovendo raggiungere la zona del Rinacchio all'altezza del distributore di benzina, mi vidi deviato per la strada che passa davanti alle Scuole Elementari (via Marconi).

Non sapevo cosa fosse successo né avrei potuto mai immaginare che fosse successo quel che poi venni a sapere. Pensavo tra me e me "Ci saranno dei lavori in corso o qualche altra stupidità organizzata dall'amministrazione in carica".

Sbagliavo e pure di grosso. Ciò che non si sarebbe mai dovuto verificare a San Fili si era verificato: un tentativo di rapina alla locale Cassa Rurale ed Artigiana. Non ricordo ci fossero mai stati precedenti... ma sono sicuro, o almeno me lo auguro, che non vi saranno conseguenti.

A chi poteva passare per la testa di fare una rapina ad uno sportello di banca (neanche fosse stata una banca, per grandezza parlando, “seria”) situata in una strettoia e con di fronte una caserma dei carabinieri? … solo a dei giovani senza alcuna esperienza in materia e forse cresciuti un po’ troppo per la loro acerba età anagrafica. Solo a dei figli di una società che era ed è stanca di sopravvivere a se stessa.

A chi poteva venire in mente, seppur mosso da sacri principi morali (la paura, la terrificante sensazione che qualche concittadino fosse in pericolo di vita), di afferrare una pistola e sparare alle spalle dei rapinatori? … sicuramente ad un essere con un alto grado di istintività… e l’istintività, lo sappiamo bene tutti, non è stata mai sinonimo di raziocinio.

Quel giorno si dovette ringraziare solo la freddezza, la mira, la velocità e l’abilità del nostro compaesano Alfonso Rinaldi, il sindaco sceriffo (così lo stesso assurse alle cronache nazionali) nonché direttore della locale Cassa Rurale ed Artigiana, se non si verificò una strage oltre che tra i rapinatori anche tra i passanti... anche tra i cittadini di San Fili.

Se solo il Rinaldi avesse sbagliato mira, se solo il Rinaldi avesse preso di striscio i rapinatori invece di freddarli sul colpo… meglio non pensare a cosa sarebbe potuto succedere.

Il bottino, parlando del dio denaro, fu oltre che macabro anche misero: per quanto mi fu riferito, infatti, si trattò di molto meno di una cinquantina di milioni (qualcuno disse trenta, altri dissero quaranta). Tanto poco valsero in quell’occasione due vite umane?

 

Ritroverai ancora,

sangue,

il tuo colore rosso in terra,

terra di fuoco:

ritroverai sangue,

ancora per poco,

il tuo colore rosso in terra,

quasi per gioco.

 

Questi furono i versi che m’ispirò quella tragica giornata della primavera del 1992. Giorno 8 maggio 1999 si è svolta la seduta straordinaria dell’Assemblea dei soci della Banca di Credito Cooperativo di San Fili. Al primo punto dell’ordine del giorno leggiamo: “Approvazione del Progetto di Fusione per incorporazione della Banca di Credito Cooperativo di San Fili, società cooperativa a responsabilità limitata con il Credito Emiliano S.p.A.”. Un altro capitolo si è definitivamente chiuso per San Fili è mi è sembrato più che giusto, in questo numero, ricordare anche quel maledetto giorno in cui le strade del nostro paesino, quasi per gioco, si tinsero del colore rosso di due poveri giovani figli di questa strana, malsana ed insulsa società.

Secondo me fu solo un caso, e non destrezza, se il tutto si limitò, grazie a Dio, al solo sangue di quei due incoscienti.

*     *     *

Cassa Rurale Artigiana

Di Luigi Aloe

Tant'anni fa' pe bloccari u strozzinaggiu

nu certu de Cardona fa vidari u curaggiu.

 

Parta pe tutta Italia na Santa Crociata

i banchi locali iddru l'ha inventate.

 

Santu Fili tra i primi rispunna a su richiamu

puru cca' na bancarella parte chianu chianu.

 

Rurale artigiana iddra è chiamata

a guerra a ri strozzini è dichiarata.

 

Dua priaviti nu postinu, n'esatturi e tria impiegati

u millenoveciantuquattordici sa banca hannu fondatu.

 

A sede? na casa mianzu u puantu

t'hadi fari i scali si vu rapa u cuntu.

 

Putighe, forge, officine, magazzini

n'hannu finanziatu diverse duzzine.

 

Chini vo mindi l'animali a ra campagna

si presta i sordi senza lassa nu pignu.

 

Piacure crape, maiali e vaccini

venanu finanziati da sira a ra matina.

 

U scopu principali è garantire

piccoli acquisti pe puti' campari.

 

Sa banca è stata sempi a gestioni familiari

quannu u diritturi ti zinna è u momentu di pagari.

 

A festa e' sempi sacra! Un si incassanu insoluti

cumu si fossi scrittu pe statutu!

 

Quannu sa banca attraversava i crisi

Robertu Rinaldi un si pagava pe misi.

 

Na vota è puru fallita, ma forse pe bontà

havia dunatu troppu senza si fa paga'.

 

U momentu era bruttu, a genti unn'havia nenti

aumentavanu ogni juarnu l'emigranti.

 

Però riparta! E risaglia ra china

cchiù abbuttunata! Ma disponibile come prima.

 

A stima du paisanu un l'ha mai pirduta

na bella storia ancunu m'ha cuntatu.

 

Tant'anni fa', a banca utilizzava

n'esatturi chi sordi ricuglia.

 

Sarvaturi Aiellu, Turiddru pe ra genti

lavurava tuttu u juarnu, quasi pe senza nenti.

 

A fiducia ca godia era immenza

u putigaru i sordi i tinia suttu a vilanza.

 

Senza i cuntari i mintia ntra nu cistinu

e ri dunava a Turiddru ogni matina.

 

S'esemplare i cuntava dintra a banca

senza ca si verificasse mai n'ammancu.

 

I soci cristianu! Ormai su cchiù di ciantu

a ra guida s'alternanu nu saccu i presidenti.

 

D'Elia, Montagna, Gambaru, Caputu

nu contributu concretu hannu portatu.

 

Forsi d'ancunu nu pocu s'è parratu:

"ru paisi nun si movia foglia s'un vulia Caputu!".

 

Oramai s'istitutu è secolare

un s'è mai coniugatu u verbu fricari.

 

Don Salvaturi Apuzzu, Gentile Cesariu Rinaldi e tanti atri

ponnu fa suanni tranquilli! Unn hannu lassatu latri.

 

L'unicu neu i sa banca; m'haviti i perdunari!

U tena quannu è tiampu di votari!

 

Si fa pigliari a manu e si ci jetta

e purtroppu determina i scunfitte.

 

S'istitutu è di tutti! Da destra e da sinistra

d'Arfonsu e di Giggettu, d'Ottorinu e di Carbotti.

 

Pe tantu quannu è tiampu di votari

unn'haddi vida, unn'haddi senta, unn'haddi parrari!

 

Ull'haddi interessa su sinnacu sign'iu

o s'è ru figliu i Giuvanni Crediddiu!

 

Sicuramente diminuerannu i nemici

e pari pari aumenterannu i soci!

 

U consigliu pocu rinnuvatu

a sa cosa di certu ci ha pinsatu!

 

Oji unn'è cchiù Rurali, ma è Coperativa

ci vo' cchiù forza pe a fa restare attiva.

 

Un ni scordamu cu paisanu c'ha sempi pagatu

puru s'un tene nenti vene accuntentatu!

 

A burocrazia si po dire ca cca unn'esista

quannu ci trasi viani servutu a vista.

 

N.d.r.: questo qualche anno fa’! ... oggi non c'è più la "Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili" né la "Banca di Credito Cooperativo di San Fili". Ma gli antichi, tra tante verità, non dicevano pure che "non tutti i mal (specie ari Santufilisi) vengono per nuocere"?  

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!