Nella foto a sinistra: maggio 1990 piazza Mario Nigro (ex
piazza Caserma) a San Fili - (da sinistra) Mario Sergi (che mi ha messo a
disposizione l’originale di questa foto), Serafino Ninnuzzu Giraldi
e… mastru Francu Presta.
Ci
fu un tempo a San Fili in cui era difficile, per chi ne aveva qualcuno, non a
riuscire risolvere i propri problemi legati alla quotidianità. Ovviamente mi
riferisco ai problemi risolvibili ed in particolare a quando dovevi combattere
contro un oggetto che ti si era appena rotto.
Ti
si rompeva una scarpa? … ci pensavano i calzolai del paese. Ti si rompeva un
mobile o un infisso? … e cosa ci stavano a fare i tanti falegnami sanfilesi? …
il tuo mulo perdeva un ferro? … e cosa ci stavano a fare i maniscalchi? ….
qualsiasi cosa ti si rompeva, in quel tempo, c’era sicuramente un artigiano, a
San Fili, in grado di risolverti il problema: corso XX Settembre era un
brulicare di botteghe artigiane e tutte gestite da veri e propri maestri nella
loro… arte.
Una
brutta giornata di metà anni Settanta (avevo intorno a 14/15 anni quindi sarà
stato il 1975 o al massimo il 1976) la mia bici “tipo Graziella” (mi sembra si
trattasse di una “Atala” rossa) si era spezzata in due, proprio nel punto in
cui c’era l’aggancio (segnato da una evidente saldatura) per una eventuale
piegatura: un vero dramma… l’avevo appena comprata.
Come
risolvere il problema? … semplice: bastava andare a fare una capatina nella
bottega artigianale di mastru Francu Presta… u
forgiaru.
Non
ricordo chi mi avesse consigliato di fare un salto dal maestro… del ferro
saldato (ormai, a San Fili e non solo a San Fili, i maestri del ferro battuto,
come il mitico Gaetano Cirillo, appartenevano ad un’altra epoca)… ma
sicuramente non c’era altra soluzione in quel momento.
E
sicuramente le tasche della mia famiglia non potevano permettersi un acquisto
d’un’altra bici… tipo “Graziella” né tantomeno d’atri tipi.
E
poi, una saldatura il nostro caro indimenticato compaesano, dicevo tra me e me
recandomi in quell’antro - agenzia sanfilese - del dio Vulcano, non l’avrebbe
negata a nessuno… specie ad uno come il sottoscritto che in quel periodo era in
eterna bolletta.
Semplice?
… si fa per dire.
Quando
mi presentai a mastru Francu Presta, u forgiaru,
con la mia bici pieghevole (tipo Graziella) - spezzata in due - con
l’assurda speranza di farmela saldare… a gratis… non avevo ancora capito i
concetti di “crisi e congiuntura economica disastrosa”.
Il
problema era che in quel periodo, ovvero dalla metà degli anni Settanta del XX
secolo in poi, in bolletta a San Fili c’eravamo in tanti: io (ancora
imberbe), la mia famiglia… e sopratutto gli ultimi artigiani presenti nel
paese - ormai veri e propri sopravvissuti all’incetta di personale fatta dai
vari uffici pubblici di Cosenza e di Rende - soffrivano di questa strana e
spesso inguaribile malattia.
L’officina
(… forgia?) di mastru Francu Presta si trovava (e si trova
tuttora, anche se chiusa dal momento in cui il nostro eroe è passato
prematuramente a miglior vita) poco sotto la vecchia caserma dei Carabinieri
(il cui edificio oggi ospita la biblioteca comunale intestata a Goffredo Iusi
ed un ufficio decentrato dell’Azienda Sanitaria provinciale di Cosenza): tra
piazza Mario Nigro e la scesa della rampa (quella che porta a ciò che resta
della storica stazione ferroviaria di San Fili).
Ricordo
ancora che su quella facciata di agglomerato d’abitazioni, ovviamente a
pianterreno lato corso XX Settembre, c’erano (anche se in tempi diversi) il
tabacchino della signora Concetta (madre dell’indimenticato Sarvaturieddru Malfitano),
la fruttivendola di Pasqualina Schettino (moglie di Amedeo Perri, il postino di
San Fili), il negozio d’alimentari di Riccardo Bonanata (marito di Teresa
Comande’) e la storica cantina di Salvatore Cesario (Tutur’e ramagliu)
con annesso un piccolo spaccio di stupende leccornie quali le indimenticabili “sarache”
(ottime arrustute o fritte e mangiate con pane raffermo… ed il
tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso).
Corso
XX Settembre ancora negli anni Settanta del XX secolo era un brulicare di
negozi di vendita al dettaglio e di botteghe artigianali: barbieri, calzolai,
falegnami, forgiari, alimentari, fruttivendole, negozi per la
vendita di scarpe, stoffe e vestiti e chi più ne ha più ne metta.
L’entrata
di uno dei nostri discepoli prediletti dal dio Vulcano, ossia la forgia di mastru
Francu Presta, si presentava all’epoca così come si presenta adesso:
una saracinesca in ferro a sbarrarti di notte l’accesso e sull’entrata una
piccola tettoia (non so se in alluminio o in eternit) su cui, al centro, fa
capolino una strana piccola croce in ferro… quasi a ricordarci che oltre quel
simbolo ci sono le fiamme e le temperature tipiche di un girone dell’Inferno.
Sulla
parte superiore dell’entrata della forgia di “mastru Francu Presta”
(al di sopra della porta stessa) campeggia ancora una strana scritta…
un’equazione numerica che ancora oggi, dopo tantissimi anni, resta senza
soluzione per noi profani: l’equazione propostaci dall’indimenticato “mastru
Francu Presta” è… “8?8/9=” ... a te, amico lettore, il compito di
trovare, se non ci hai ancora provato, una possibile soluzione.
Non
ricordo bene se in qualche punto dell’entrata ci fossero anche un paio di corna
da caprone o altre simbologie simili… ma non me ne meraviglierei se altri me ne
certificassero… il ricordo. Alla sinistra dell’entrata compariva una bacheca in
lamiera, dipinta di rosso, con su una serie di scritti quali “vendita,
riparazioni ecc.”.
All’interno?
… sceso un paio di scalini dal piano strada? … esattamente ciò che ci si
aspetterebbe di trovare all’interno di uno dei covi del dio Vulcano: tanto
ferro, uno strano caldo anche quando il fuoco della forgia è spento e
soprattutto uno strano “odore e sapore di metallo”.
Sulle
prime mastru Francu si lamentò sul tempo e sul costo poi… ci
mettemmo quasi immediatamente d’accordo: la saldatura mi sarebbe costata una
bella “scartavitriata” ad alcune sbarre di ferro tremendamente
arrugginite presenti nella sua bottega.
Inutile
dire che a quei tempi ancora non si sapeva cosa fossero le minime norme di
sicurezza da seguire in certi ambienti di lavoro. Quindi… niente mascherina e
roba simile.
Accettai!
… tornandomene poi a casa con la bici stupendamente riparata ma… sporco da fare
schifo.
Altri
tempi!
Erano
quelli i tempi in cui fin da piccolo ti si cercava di insegnare che nulla nella
vita, specie ai ceti meno abbienti, era dovuto ma… che era bello guadagnarsi
giorno dopo giorno quanto pensavamo ci spettasse di diritto o per bontà
cristiana… anche con un po’ di sudore della nostra fronte.
Ed
in questo i gestori delle botteghe presenti nel nostro paesino erano dei veri
maestri.
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