Nella foto a sinistra: Francesco Mazzulla alias “u
Summichele” in uno scatto dei primi anni Sessanta del secolo scorso davanti all’entrata
del magazzino seminterrato usato dallo stesso come abitazione di fortuna.
* * *
Francesco
Mazzulla alias... u Summichele.
Di Pietro Perri.
(articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Agosto 2009).
(...)
Chi
scrive, non ricorda chi fosse e come fosse fatto “u Summichele”: l’età,
per fortuna, l’ha graziato sul vivere quegli anni. Però ne ha sentito
tantissimo parlare dai suoi “anziani del paese” ed ha avuto il piacere
d’apprezzarne doti ed immagini negli accattivanti versi a lui dedicati dal
grande Gigino Aloe. Versi che riportiamo sulla destra (n.d'a.: sotto).
Gigino
Aloe, nel finale della sua poesia, paragona “u Summichele” al noto
opinionista e conduttore televisivo Gianfranco Funari (Roma 21 marzo 1932 -
Milano 12 luglio 2008) e lo fa simpaticamente precursore, nel modo di imporre
l’immagine di un prodotto da pubblicizzare, allo stesso.
Stupenda
la foto riportata sulla destra. E’ il 1960: “u Summichele” viene
immortalato uscendo dalla sua casa (?) con una mano che accompagna alla bocca
la sua “trumma” e l’altra mano impegnata a tener buoni i suoi fidi
compagni.
La
casa (un vero e proprio tugurio diremmo oggi) era un magazzino che si trovava
al di sotto dell’ex ufficio postale di San Fili (nei pressi di piazza
Madonnina)… di fronte alla scesa della rampa (attuale via Giuseppe Crispini).
Francesco Mazzulla de “u Summichele”, verrà ricordato lui stesso semplicemente con il soprannome che si portava dietro: “u Summichele” (il signor Michele).
* * *
Da “La domenica a San Fili (Anni 50)” di anonimo sanfilese.
«Nella prima mattinata molti uomini si affrettavano a portare a casa il “fagotto” con la carne appena acquistata riconoscibile dalla carta gialla spessa ed assorbente, usata solo dai macellai. Analoga cosa avveniva sporadicamente per il pesce, in quel caso c’era “U Summichele cu ra trumma a jettare u bannu” (il banditore) per informare dell’eccezionalità il paese.»
* * *
Da “U cancieddru” di Oscar Bruno.
(...)
Ma
la gente nun sa nente
Cchi
si vinne a su cancieddru,
O
minosce o se grispieddru
Sempre
‘ncunu a de gridare.
Cchi
furtuna chi nui avimu
Cc’e’
Franciscu u Summichele,
Ca
ppe’ vinne tene u mele
E’
avanti sa mastrìa.
Nun
criditi ca Franciscu
Era
natu povarieddru
A
furtuna appriessu a d’iddru
L’à
mannatu a su paise.
Era
natu miericanu
e
dinari ne facia
a
ri tiempi chi curria
e
‘ncappatu ‘nta li ‘ntisi.
Mo
tu vidi ‘ntu paise
Ppe’
campare onestamente,
Lu
bon core de la gente
Ppe’
Franciscu n’era china.
O
discurre ‘mmienzu u puentu
O
assettatu a ri muretti,
Ccu
nu piattu de spachetti
Ne
mmitava a ru barune.
Pue
si i pisci su arrivati
Iddru
pront’e’ ddra’ vicinu,
E
si pigliadi u caminu
ca
u bannu a de jettare.
Li
cchiu’ gruessi ‘nta’ na manu
‘nta
nu piattu o ‘nta na frunna,
Sunnu
frischi de chir’unna
Sunnu
pisci Paulani.
Mo
lu dice miericanu
E
ra gente nun capisce
E
nun sa’ cchi razza e pisce
E’
arrivatu a ru cancieddru..
Meracca
su marinuetu
E’
ddra’ dintra carciratu,
Ccu
ri pisci ca purtatu
Ti
li porjie da ferriata..
Sunu
frischi quasi vivi
‘Nta
la notte l’ha piscati
Ccu
ru ciucciu l’ha purtati
Ohi
cchi vita ca de fare.
Ti
li gira e ti li vota
Ccu
se manu ‘mprasticate,
Fa
de scasciu le pisate
Si
ti fa nu mienzu chilu.
Mo
Franciscu u Summichele
Sta’
gridannu ‘ntu paise’
Chine
e’ surdu puru ha ‘ntisu
Ca
de jatu ne tenia.
Mo
le genti du Rinacchiu
Da
la cruce o de la chiazza,
Curre
tutti ‘nta la chiazza
Ca
si pisci àu d’ accattare.
Nun
si fau chhiu’ quistione
A
ra fila su cunzati,
Mienzu
chilu bon pisati
Sinne vau murmuriannu.
(...)
* * *
Nu
giganti rapatu (u Summichele)
(versi
di Gigi Aloe)
Nu
giganti rapatu! N’uaminu servaggiu
ma
a chiri tiampi, nu grandi personaggiu.
Scavuzu
e mianzu nudu, cu friddu e cu ru gelu
nu
bloccu di graniti! Nu monumentu veru!
Campava
cu ru bannu! Na trumma e nu tamburu
sa
propaganda spicciula, attraversava i muri.
I
cani sempi appriassu, a merci supa a manu
a
genti mmianzu u puantu, rispunna a su richiamu.
Di
tutta la simana u juarnu preferitu
era
ru venerdì picchi’ u cchiu’ sapuritu.
Era
u beniaminu i tutti i piscinari
puru
su pisci puzza, iddru lu fa cumprari.
Pe
fa’ vidi’ ch’è friscu, sinn’inchia na cartata
iddru
su mangia crudu e grida: “E’ di jurnata!”.
Forse
pe certi versi è statu precursori
di
certi personaggi ditti presentatori.
I
stessi marchingegni oji li fa Funari
pe
garanti u prodottu fa finta i su mangiari
si
senta illuminatu pe sa bella trovata
un sa’ cu Summichele sa cosa l’ha inventata!
* * *
E’
facile ridere delle miserie altrui.
Di Nuccia Giglio-Carlise.
(Dal Notiziario Sanfilese del mese di settembre del 2009)
In
ogni paese c'é sempre qualcuno che attira l'attenzione per le stranezze che fa
e che lo fanno diventare, di conseguenza, lo zimbello di tutti. A San Fili un
tipo così è stato Francesco Mazzulla, conosciuto dai paesani come "u
Summichele" o anche "Sing-Sing". I sanfilesi non più
giovani si ricorderanno senz'altro di lui.
"U
Summichele" era una persona semplice e povera che viveva in un piccolo
tugurio sotto il vecchio ufficio postale nel palazzo Miceli. Aveva, quindi, di
fronte l'allora "muraglione" e precisamente la parte dove
veniva scaricata la spazzatura del paese (non c'erano ancora netturbini).
A
chi gli domandava cosa avesse avuto per pranzo Francesco rispondeva: "Gaddrine
morte e surici rimbambiti", riferendosi a tutta la spazzatura che
aveva sotto casa. “U Summichele” aveva vissuto in America e, si
diceva, appartenuto alla "Mano Nera", organizzazione criminale che
gli avrebbe fatto guadagnare il carcere, prima, nella prigione di Sing-Sing (da
cui il soprannome) e l'estradizione, poi, nel Paese natio.
Per
noi tutti "u Summichele" era soltanto un poveraccio che
languiva in un buco di abitazione e passava le sue giornate andando su e giù
corso XX Settembre a divertire la gente fingendo di "dirigere" il
poco traffico di quei tempi quando ancora non esistevano semafori.
Era
un poveraccio che rispondeva con improperi in inglese ai ragazzi che lo
provocavano prendendolo in giro.
Faceva
pena, poverino, ma è purtroppo troppo facile ridere delle miserie altrui...
"U Summichele" era preso in giro da tanti ragazzacci che si divertivano a "sfotterlo" dall'unica apertura che portava un po’ di luce nel piccolo tugurio.
* * *
Il
nonno racconta: u Summichele.
Di Oscar Bruno.
(Dal Notiziario Sanfilese del mese di novembre del 2011).
“Bene
figliolo”, disse il nonno rivolgendosi al sempre più curioso nipotino, “l’altra
volta ti ho raccontato un po’ della mia vita al paesino di San Fili. Prima di
dirti dell’altro, però, dimmi un po’… com’é andata ieri a scuola? … cosa hai
imparato dalla viva voce del maestro?”
Ed
ecco che il bambino molto educato e rispettoso rispose: “Nonno, io sono stato
molto attento alla spiegazione del maestro, il quale spiegò alcune parti
dell’aritmetica, e poi anche le prime parti grammaticali dell’inglese. Vedi,
nonno, il nostro metodo d’imparare si svolge poco alla volta. Però io sto molto
attento e quello che dice il maestro mi resta bene in mente.”
“Bene
figliolo”, proseguì il nonno, “fai così e vedrai che sarai sempre il primo
della classe. Ora però ti voglio raccontare un’altra storia del bel paesino di
San Fili, quello stupendo paesino della Calabria, in provincia di Cosenza, in
cui io ho vissuto nella mia giovane età. Sai, in questo piccolo paesino vi era
gente di diverso ceto e cultura ed a loro modo tutti erano dei veri e propri
personaggi. Ed è proprio di uno di questi personaggi che oggi voglio
raccontarti.”
Il
nonno fece una breve pausa, prima di riprendere la sua storiella paesana:
“Quella che io ti voglio raccontare è di una persona che per noi,
giovanissimi ragazzi, era l’uomo del giorno, cioè era presente ovunque e
parlava con tutti. Questo era molto povero e viveva col buon cuore della gente.
Questa persona si chiamava Francesco, però la gente lo chiamava… U SUMMICHELE.”
Al
nominare U SUMMICHELE il nonno non poté fare a meno emettere un sospiro di nostalgia
in ricordo dei bei tempi che furono: “Vedi figliolo, U SUMMICHELE è un nome un
po’ ridicolo, però lui, questo grande personaggio, accettava tutto con grande
dignità. Comunque non chiedermi per quale ragione avesse tale nomignolo… non
sarei in grado di darti una risposta in merito.”
Il
nonno ripensa, nel proseguire il racconto, alla sua San Fili… la sua lontana
San Fili e a quegli ancor più lontani anni: “Questo era nato in America, era
una bravissima persona ma quando era giovane s’incamminò per una vita facile
con persone poco buone che lo portarono in una brutta strada. Dopo diverse
avventure e peripezie poco oneste, un giorno fu preso dalla polizia e messo in
prigione in un posto chiamato SING SING. Caro bambino, questo luogo era molto
brutto ed in questo posto si soffriva tanto. Passarono gli anni e venne il
giorno in cui le autorità americane decisero di restituirgli la libertà ma
decisero al tempo stesso di rimpatriarlo nel paese d’origine dei suoi genitori,
cioè a San Fili.”
Purtroppo
l’America non fu “america” (sinonimo di fortuna e di vita migliore) per tutti
gli italiani partiti da una terra poco proficua nei loro confronti in cerca di
fortuna oltre Oceano. Per tanti l’America non è stato altro che il prosieguo
d’una vita senza speranze.
“Così, giunto a San Fili e non avendo nessuno”, continuò il nonno nel suo racconto, “ U SUMMICHELE si dedicò a fare dei lavori molto umili. Uno di questi lavori consisteva nel gettare il bando del pesce o di altre mercanzie che arrivavano in piazza. Lui era subito presente per dar voce al bando di ciò che si doveva vendere.
Il luogo in cui venivano esposte le merci poste in vendita era chiamato U CANCIEDDRU. Questo posto era un recinto in ferro che le autorità del paese avevano fatto costruire apposta regolamentare tali vendite. Arrivato il pescivendolo U SUMMICHELE, si prendeva un bel pesce in mano o in una foglia, e camminando per le vie del paese gridava con quanta voce aveva in gola che… i pesci erano freschi quasi appena usciti dall’acqua, decisamente vivi.
La frase che lui usava più spesso, e che ancora mi rintona nelle orecchie, era «Chine vo pisci a ru cancieddru a cientu lire u chilu». Prima la diceva in inglese, e poi in calabrese, dando la precisa dimostrazione di quello che aveva nella mano.
Era bellissimo per noi ragazzi ammirare questo stupendo
personaggio. A volte lo si canzonava per farlo arrabbiare, e lui, stando al
gioco, faceva finta di rincorrerci… ma poi non era cattivo con noi. A volte ci
raccontava della sua vita, e quando parlava di lui, si esprimeva anche in
inglese. Da lui ho imparato tante parole di questa strana lingua. Parole che mi
sono state utilissime quando sono venuto in Canada in cerca di fortuna.”
Una
breve pausa di silenzio… lunga un’eternità per l’orecchio attento del fanciullo.
Nella mente del nonno il racconto prosegue malgrado le parole non gli escano
più dalla bocca: “Lo ricordo sempre, U SUMMICHELE, perché ha vissuto di povertà
e di onestà, non ha fatto male a nessuno, e son certo che la sua voce intona
ancora nel piccolo paesino di San Fili.”
Poi
di nuovo rivolgendosi al nipotino: “Ora, bello, finisci la tua colazione che
devi andare a scuola, e stai sempre attento a ciò che ti insegna il maestro.”
“Grazie
nonno per le belle storie che mi racconti”, disse il fanciullo, “ho deciso che
quando sarò grande le scriverò e le riporterò in un bellissimo libro.”
“Bravo
figliolo, queste tue parole mi commuovono tantissimo. Ma ora... prendi la tua
cartella e vai, altrimenti fai tardi a scuola. Ciao bello, e sii sempre attento
ed educato non solo in classe ma anche e soprattutto nella vita.”
Così
facendo, guardando il nipotino sparire dietro l’angolo, il nonno pensa già, tra
le tante bellissime avventure che ha vissuto al paese natio, alla prossima
storia che dovrà raccontare all’amato fanciullo.
E
di storie a San Fili nonno Oscar ne ha viste, sentite e vissute veramente
tante.
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