Nella foto a sinistra:
pianta del pungitopo. Questa pianta è particolarmente presente nel sottobosco
dei castagneti circostanti il centro abitato di San Fili... o quanto meno lo
era fino a qualche decina d’anni addietro.
Foto (ed articolo) by
Pietro Perri.
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Lippu, frascogna e
pungitopu.
Del Natale e delle "meglie feste
dell'anno" a San Fili (Capodanno, Pasqua ecc.) ne ha ampiamente
parlato il prof. Francesco Cesario nel suo libro "San Fili nel tempo"
per cui, evitando di ripetermi, a chi ancora non l'ha, consiglio di
procurarsene una copia.
In questi giorni (inizio dicembre)
comunque, avendo in mente di costruire il tradizionale presepio, mi è girato
per la testa di ripescare alcuni termini dialettali della mia fanciullezza
decisamente caduti in disuso.
Sono termini prettamente botanici: lippu
(con i derivati "lippusu" e "lippìadi"), spinapulice
o spinasurice (ossia pungitopu) e frascogna (o viscogna).
Oggi per realizzare il verde nei presepi
basta andare in un qualsiasi negozio e comprare una appropriata carta verde...
per la gioia delle casalinghe in quanto non corrono il rischio di sporcare
eccessivamente le loro abitazioni... sono poche famiglie oggi ormai, infatti,
ad utilizzare per tale scopo anche nei nostri paesini del naturale "lippu"
(muschio).
Fino a qualche decina d'anni orsono invece
a San Fili c'era una vera e propria incetta, nel periodo prenatalizio, di
questa pianticina primordiale e la maggior parte finiva certamente ad abbellire
il presepe che veniva realizzato nella Chiesa Madre.
Il Natale a San Fili veniva per tutti e
per tutti era sacro rispettare la tradizione del presepe. Chi non poteva
comprare dei pastorelli in terracotta o cartapesta, senza lasciarsi prendere
troppo dallo sconforto, realizzava i propri "pascarieddri"
(non sempre definibili opere d'arte) in creta che si procurava dai locali
"ceramilari". Plasmato il "pezzo", lo si faceva
indurire (cuocere) accanto al fuoco di casa (u fuocularu).
Il "lippu" migliore, per
gli intenditori, era ed è in ogni quello che cresce ai piedi degli alberi di
d’ulivo e dei castagni, anche se non è da biasimare neanche quello trovato a
ridosso dei grandi sassi o della roccia rossa (tipica del nostro paesino).
Lippusu comunque era la frutta acerba o un vino delle peggiori annate. "Lippu"
è detta quella buccia finissima che riveste internamente le castagne e "lippìadi"
persino un'esistenza senza senso... anche se "pigliare lippu"
equivale ad attaccarsi, affezionarsi ad un luogo o ad una comunità.
Un'altra pianta di questo periodo (e di
cui sono stracarichi i nostri alberi di castagno sopravvissuti al cancro ed
alla stupidità umana) è certamente la frascogna o viscu (vischio).
A parte il concetto ornamentale natalizio di tale "pianta parassita",
c'è da dire che dalle palline della stessa, in altri tempi ovviamente,
opportunamente bollite, se ne ricavava una particolare colla con la quale si
cospargevano sia le zone dove era qualche pianticina di vischio che altre zone
dove si sapeva che si sarebbero posati piccoli uccelli in cerca di qualcosa da
beccare.
Tali uccelli, inutile dirlo, finivano
senza via di scampo nel paniere dei cosiddetti "cardiliaturi"
(persone specializzate nell'acchiappare cardili).
La terza ed ultima pianta tipica del
periodo natalizio (a San Fili come in buona parte del mondo) è la "spinapulice"
o "spinasurice", conosciuta ormai come pungitopo... ma qui si
può dire che siamo di fronte ad un vero e proprio termine italiano. Ossia
quella stupenda pianticina sempreverde con quelle caratteristiche palline
rosse.
Qualche nostro anziano la fa coincidere
con il termine "vrusciu", ma con questa parola (più che altro
"vruscia") anticamente venivano intesi "i
rimasugli di castagne e di ghiande che restano dimenticati, o rifiutati come
scadenti nei castagneti o nei querceti, e in cui si fanno pascolare i porci per
nutrirsene" (n.d.r.: definizione presa dal "Vocabolario del
dialetto calabrese" di Luigi Accattatis), ovvero i luoghi dove si
sarebbero potute trovare le pianticine di pungitopo e non le pianticine stesse.
Le pianticine di pungitopo venivano usate
anche per abbellire l'albero di Natale, assieme a qualche pezzetto di torrone,
a dei "pupazzieddri" di stoffa fatti in casa, a dei fiocchi di
cotone (simbolo della neve) e a quant'altro, nei bei anni che furono (ante
1950) offriva ai nostri anziani la magnanima Signora Provvidenza.
N.B.: Quest'articolo
risale alla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
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