A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
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Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

lunedì 22 luglio 2019

La chiusura dei viadotti Emoli I ed Emoli II ovvero... brutte prove tecniche di trasmissione.


Il seguente articolo è stato pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale UNIVERSITAS SANCTI FELICIS di San Fili) del mese di luglio 2019 a firma di... Pietro Perri.
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Imbocco della galleria nei pressi di San Fili
dalla parte del viadotto Emoli II - Foto rica-
vata da Google Maps.
Il 23 giugno scorso io e mia moglie, tra le dieci e trenta e le undici di sera, stavamo rientrando a casa dopo aver mangiato una bella pizza in un locale nella zona di Roges di Rende.
Abitando alla frazione Bucita abbiamo giustamente pensato di rientrare non imboccando il primo bivio per San Fili (quello di villa Miceli) bensì il secondo (ovvero quello dove si trova ora il distributore di benzina) cioè quello in località Macchia della Posta.
Giunti in prossimità dell’imbocco della galleria nei pressi del viadotto Emoli II ci siamo imbattuti in alcuni poliziotti e vigili del fuoco che ci invitavano sì a proseguire all’interno della galleria ma, come si usa dire dalle nostre parti, a passo di gallina.
Il motivo? ... all’interno della galleria si era verificato un incidente, fortunatamente non mortale, che aveva coinvolto, tramite un tamponamento a catena, almeno sei autoveicoli.
Si poteva circolare, quando giungemmo io e mia moglie in quel punto, su una sola corsia ed intelligentemente le forze dell’ordine, ed i vigili del fuoco, impegnate in quell’operazione di salvataggio e sgombero, avevano deviato, sfruttando lo svincolo di Macchia della Posta, le macchine che partite da Paola dovevano raggiungere Cosenza ed i paesi limitrofi verso la strada che passa internamente al centro abitato di San Fili e che, percorsa tutta, avrebbe portato queste automobili, non senza difficoltà per chi non conosce la strada, al bivio di villa Miceli dove si sarebbero reimmesse sulla strada statale 107... direzione il capoluogo bruzio.
Usciti dalla galleria abbiamo girato anche noi verso il centro abitato di San Fili dove, giunti all’abbeveratoio (villa Francesco Cesario), avremmo finalmente imboccato la deviazione che ci avrebbe portati dritti dritti alla frazione Bucita.
Inutile dire che per raggiungere la deviazione per la frazione Bucita dal distributore di benzina sito in località Macchia della Posta, considerato l’immissione all’interno della fila di macchine che si era formata su tale tratto di strada a causa della semichiusura al traffico all’interno della succitata galleria, camminando più che a passo di gallina oserei dire a passo di formina, abbiamo impiegato all’incirca un venti o trenta di minuti. E pensare che tra i due estremi c’è una distanza non superiore al mezzo chilometro.
Questo, e tant’altro, è quello che ci attende se per una motivo qualsiasi dovrebbero vietare il traffico sui viadotti Emoli I ed Emoli II. Cosa sempre più probabile e soprattutto in tempi relativamente brevi.
Perché, non dobbiamo dimenticarlo, prima o poi qualcuno (speriamo non sia il Fato... perché quello non perdona la stupidità umana) su questi due ponti dovrà metterci mano.
Domanda: al di là delle promesse e delle rassicurazioni in merito che continua a dare l’ANAS (gestore di tale tratto di strada), tramite le istituzioni pubbliche incluso il Comune di San Fili, c’è localmente qualcuno (Ente Provincia, Comuni ecc.) che si stia veramente preoccupando di anticipare lo stato di emergenza che comunque prima o poi ci sarà?
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 24 maggio 2019

A San Fili trattano così i platani e le altre piante per “motivi di sicurezza”?


Il seguente articolo (dal titolo “A San Fili trattano così i platani e le altre piante per “motivi di sicurezza”?) è stato pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di maggio 2019 a firma dell’amico Francesco “Ciccio” Gentile.
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Agnosco veteris vestigia flammae.
(o adgnosco veteris vestigia flammae)
"riconosco i segni dell'antica fiamma", ovvero sento ridestarsi il fuoco non sopito della passione.
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Un platano recentemente 
decapitato lungo corso XX
Settembre a San Fili.

Un tempo, non molto lontano, quando ancora ragazzi si andava a scuola, era in uso la “festa degli alberi”.
Orbene si ricorda, e chi non lo ricorda!, che durante l’anno scolastico vi era per l’appunto, una giornata dedicata alla cultura degli alberi. In quell’occasione si andava tutte le classi delle elementari insieme, in un posto prestabilito per piantare alcuni alberi.
Era una giornata gioiosa, dedita alla pratica ed alla cultura ecologica quella vera, autentica, senza tanti giri di parole vuote e retoriche, ma poche ed in memoria ed onore della natura sicché noi allora ragazzi, ci sentivamo partecipi di un rito antico, importante ed ossequioso della natura.
Ora non sappiamo in quale circostanza i nostri avi piantarono i platani lungo il corso XX Settembre, rimane il fatto che questi alberi sono lungo il corso da tempo immemore, ancor prima che nascessimo.
Ecco perché oggi, in molti di noi ed in particolare per chi scrive,  Agnosco veteris vestigia flammae”, ovvero, si ridesta non solo la vecchia passione, per quanto monta la rabbia, fredda  rabbia, nel vedere i vecchi maestosi alberi di platano, che in moltissime città continuano a svettare splendidi e temerari contro venti e tempeste, avversità di ogni tipo rimanendo imperterriti a sfidare il tempo e le inclemenze atmosferiche, con la forza di chi ha dalla sua la ferrea volontà di resistere a tutto e tutti.
Eppure in alcune città ed in particolare in San Fili, gli amministratori nostrani si accaniscono, con pervicace cattiveria, a capitozzare sistematicamente i nostri alberi.
Si proprio quelli che i nostri avi han piantato lungo corso XX Settembre…
Molti sanfilesi hanno rinunciato a protestare contro tale barbarie, altri lamentano flebilmente tale pratica, qualcuno si arrabbia, altri non sanno cosa dire o fare per paura di qualche ripicca o prepotenza dei “padroni” di turno.
Sono questi amministratori, miopi e attenti solo a mantenere “buoni” alcuni nemici delle piante, che hanno paura di qualche ramo che si spezzi, o che attraverso la caduta delle foglie, “sporchino” la strada.
Trattano così i platani e le altre piante, per “motivi di sicurezza”?
Sarebbe meglio tagliarli “in toto”, evitando loro, inutili dannose ferite annue.
E non solo i platani. Anche le acacie, notoriamente alberi da non potare, come d’altronde gli stessi platani, sono “potati”… con la loro capitozzatura.
Ora solo alcuni cenni sui platani, alberi che in tutte le città, sono rispettati e molto diffusi.
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Platano: albero generalmente molto alto, a chioma globosa-allungata, fusto eretto e massiccio da cui si dipartono grandi rami, corteccia verdastra e liscia da giovane, poi bianco-grigiastra desquamata in placche ampie e sottili; foglie alterne, palmate a 3-5-7 lobi, da 10 a 30 cm di lunghezza, margine intero talvolta dentato sul lobo apicale, nervature evidenti, lungamente picciolate. Fiori riuniti in capolini tondi e peduncolati: i maschili giallastri ridotti ad un unico stame, i femminili rossastri, distribuiti all'apice dei giovani rami. Infruttescenze sferiche di 3-4 cm, ricoperte da peli rossastri allungati, lungamente peduncolate, riunite anche in gruppi di 2-3; a maturità liberano frutti piumosi.
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Ed ecco i poveri alberi, ridotti a monconi come uomini a cui hanno staccato gli arti.
Che desolazione, che tristezza, e… questa estate, niente frescuraaa!
Viene così attuata non già la festa degli alberi, da ripristinare, ma LA FESTA AGLI ALBERI.
DESTINATI A MORIRE.
In un prossimo articolo parlerò dei danni derivanti dalla capitozzatura.
E… ad majora semper!
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 27 aprile 2019

San Fili, i cani randagi e i proprietari (dei cani di proprietà o adottati) incivili. (2)

Cani randagi in mezzo alla strada
nell’area antistante l’entrata del
campo  sportivo “Dante De Lio”
in contrada Frassino del Comune di 
San Fili.
Qualcuno potrebbe iniziare anche a pensare che lo scrivente ce l’abbia con i cani randagi.
Niente di tutto ciò e questo per due motivi: 1) ho il coraggio di sottoscrivere ciò che firmo e quindi di assumermi la responsabilità politica e morale di quanto affermo; 2) i cani randagi sono esseri viventi (che tra l’altro migliaia di anni fa hanno stupidamente scelto - secondo alcuni studiosi “gli è stato imposto” - di diventare i migliori amici dell’uomo) e meritano tutto il nostro rispetto ma meritano anche di vivere in modo dignitoso ed in piena sicurezza sia per loro che per quanti rischino di imbattersi in loro nel corso del quotidiano proprio cammino.
Il problema, come ho tenuto a sottolineare in un precedente post/articolo pubblicato sia sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di gennaio 2019 che su questo stesso blog, a San Fili, ma non solo a San Fili, abbiamo ormai un grossissimo problema da affrontare: i cani randagi.
I cani randagi che circolano quasi indisturbati per i vicoli e le strade del nostro amato/odiato paesino sono da tempo diventati un vero problema. Anche se gli stessi, è giusto sottolinearlo, si stanno adeguando al modo di vivere dei Sanfilesi ed osservando (studiando?) tale modo di vivere all’interno dello stesso si sono intelligentemente ritagliati un proprio spazio vitale.
Chi ha potuto, ad esempio, si è accattivato la simpatia di qualche “debosciato mentale” che non ha capito che col suo stupido modo di fare non fa altro che creare ulteriori problemi non solo al vivere civile della Comunità Sanfilese ma anche al vivere civile e sicuro della popolazione canina comunale stessa.
Mi riferisco, col termine “debosciato mentale”, ad esempio chi pensando di avere un po’ più di coscienza dei propri compaesani si prende la briga di gettare, magari lanciandole dal finestrino della propria automobile in corsa, buste piene di avanzi di cucina in zone che sa frequentate dai cani randagi.
Ed i cani randagi ormai consapevoli di ciò aspettano fiduciosi.
Purtroppo tali zone, dove vengono gettate le buste con gli avanzi della cucina, sono spesso e volentieri a ridosso di carreggiate stradali ed i cani randagi finiscono per considerare la stessa strada quasi come un porto franco, un punto dove possono vivere liberamente in attesa del proprio meritatissimo “pane quotidiano”.
Il risultato di tutto ciò? ... semplice: un grande rischio sia per chi guida la macchina sia per gli stessi animali.
Bestie! (e con il termine “bestie” mi riferisco ai summenzionati “debosciati mentali”).
Avete mai pensato al danno che state facendo anche e soprattutto a questi poveri animali? ... perché non iniziate ad adottarli, visto il vostro “buon cuore” portandoli nel vostro giardino o in casa vostra e garantendogli un minimo di civili cure e sicurezza?
Sono sicuro che sia i vostri concittadini che la comunità canina che vive nel nostro paese (in particolare quella che vive in contrada Frassino nei pressi del campo di calcio Dante De Lio) ve ne saranno infinitamente grati.
Ma voi non volete impegni né volete che il vostro buon cuore tocchi più di tanto il vostro portafogli quindi preferite (in alcuni casi anche rivestendo cariche pubbliche all’interno del nostro Comune) affrontare quest’argomento in modo decisamente parziale e spesso di incomprensibile messaggio a chi ha un po’ di sale in zucca.
Domanda stupida: secondo voi due cani al centro della strada, come quelli nella sopra a sinistra foto, non corrono nessun pericolo? E gli automobilisti che percorrono quella strada?
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 21 aprile 2019

Buona Pasqua di cuore a tutti i SANFILESI NEL MONDO ed ai lettori di questo blog.


In extremis voglio dare il mio augurio di una Buona e Santa Pasqua edizione 2019 a tutti i lettori di questo blog.
Cristo Redentore (Michelangelo
Buonarroti - basilica santa Maria
sopra Minerva - Roma)
Un augurio questo che vi viene dato da uno (lo scrivente) che com’è risaputo non crede nella divinità di Christòs (ovvero del Figlio Unigenito del Dio degli Ebrei) ma crede nella reale esistenza di un uomo che, pagando con la sua stessa vita e magari aiutato da un’ottima cassa di risonanza, ha saputo rivoluzionare il pensiero umano.
Gesù figlio di Nazareth per quel che mi riguarda è stato il più grande rivoluzionario mai esistito.
In ogni caso e senza voler eccessivamente prolungare questo mio pensiero (siamo a Pasqua e non voglio tediarvi più di tanto) rinnovo il mio augurio nei confronti di te, adorato lettore e mio unico incentivo al proseguire tale mio blog, con una poesia trasmessami tramite e-mail agli inizi di questo mese dall’amico OSCAR BRUNO (Sanfilese doc residente a Toronto in Canada).
La poesia, in fase di pubblicazione sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “UNIVERSITAS SANCTI FELICIS” di San Fili) del mese di aprile 2019, ha come titolo “IL DIO TRA NOI”.
Di nuovo auguri a tutti e soprattutto ai SANFILESI NEL MONDO.

Qual fu detto, lontano d’un tempo
Sarà in noi il Dio Messia,
così avvenne, ed è qui sulla via
quel figliol, che di già a predicar.

Giunto il tempo la sequela ha unito
Nuovo rito di fede ha formato,
per le vie guarisce il malato
insegnando, instancabile va’.

Alla gente ne parla e ammaestra
E ne lascia il giusto vangelo,
ogni male guarisce con zelo
chi lo segue, con Lui resterà.

Lui guarisce, ne suscita e sana
Il maligno d’una vita ha scacciato,
nuova vita a questi ne ha dato
e di gloria per le vie osannar.

La parola fa breccia ad ogn’uno
Il suo vero, ogn’uno lo crede,
chi ha odio, neanche ne vede
che Lui fosse il Cristo a venir.

Tardo tempo, con duolo ne avvenne
un dei suoi, col denar l’ha tradito
e il sinedrio con questi ha pagato,
con un bacio, a quei consegnò.

Niun accetta il suo ministero
Nessun crede ch’è figlio di Dio,
e a morir sulla croce è l’invio
or credea che tutto finì.

Non sapean, che un tempo lo disse:-
Che il tempio in tre giorni n’eretto’.
Fu così, di quel che ha detto
che di spirito in vita ne uscì.

Or che noi rinnoviamo tal rito
è il richiamo del suono sì arcano,
fede e amore si danno la mano
noi, siam questi, per unirci al Signor.

E la chiesa festeggia l’evento
Perché Cristo, al partir per l’ascesa,
disse ai suoi: voi siete la Chiesa
ed andate per il mondo a insegnar.

Ogni bronzo, è suono d’amore
Il rintocco, messaggio di pace,
sia il richiamo, sia sempre l’audace
e per sempre nel mondo e nei cuor.
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... si vis pacem para bellum!

venerdì 15 marzo 2019

San Fili e dintorni ovvero... ‘a cicuòria (la cicoria).



Nell’immagine a sinistra: pianta di cicoria selvatica con fiore. Immagine ripresa dal web.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2018... by Luigi “Gigino” Iantorno.

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San Fili e dintorni ovvero... ‘a cicuòria (la cicoria).

Di Luigi Gigino Iantorno.

Il passato, sia per quanto riguarda i ricordi belli che per quanto riguarda i ricordi brutti, è impossibile cancellarlo del tutto dalla propria memoria.

Il passato sembra scomparso dalla propria memoria eppure con l’andare avanti negli anni eccoci di botto catapultatici dritti dritti ai primi anni della nostra vita.

Eccoci... ragazzini. Teneramente attaccati alle gonne delle nostre affettuose e protettive madri.

Ed ero proprio un ragazzino, o forse non più di un fanciullo, quando una mattina mia madre mi portò con sé, lungo la strada provinciale che da San Fili saliva verso il valico Crocetta, in cerca di una prelibatezza culinaria.

Quella mattina di tanti e tanti anni fa (si era negli anni Cinquanta), io e mia madre andavamo in cerca di cicuòrie ossia di cicorie. Ed andavamo a raccoglierle in una zona famosa per la presenza delle stesse. Eravamo diretti verso la discesa per la Falconara.

Il bivio per Falconara Albanese, per chi ancora non lo sapesse, si trova, lungo la ex provinciale 107, poco al di sotto del valico Crocetta.

A quel tempo si andava a raccogliere le cicorie muniti di capienti sacchi. Ed un capiente sacco si portava dietro quella mattina anche mia madre.

Dopotutto se per raccogliere delle cicorie bisognava fare una camminata di circa sei o sette chilometri, opportunamente abbreviati da provvidenziali scurtaturi (scorciatoie) quali quello conosciuto con il nome di “scurtaturu de monachelle”.

Inutile dire che se nel corso del cammino ci si imbatteva in qualche pianticina di cicoria la stessa la si raccoglieva, tagliandola alla base e lasciando la radice nel terreno, e la si gettava nel sacco.

Essendo un ragazzino quella zona era del tutto nuova ai miei occhi ed il cammino mi sembrava lunghissimo.

Finalmente giungemmo in uno spiazzo dove potemmo raccogliere un bel po’ di cicorie ma non tanto da riempire il sacco che mia madre si era portato dietro.

Eravamo comunque giunti in alta montagna... al bivio per Falconara Albanese. Se avessimo proseguito salendo verso la cima della montagna saremmo in breve giunti al valico Crocetta e quindi all’inizio della discesa verso la cittadina di Paola.

La nostra meta non era però quella e quindi proseguimmo lungo la strada che portava a Falconara Albanese. Passammo la zona denominata sant’Angelo e finalmente giungemmo ad un’altra zona, poco dopo questa, denominata Peschiera.

Nella zona denominata Peschiera facemmo amicizia con una famiglia che abitava da quelle parti. Questa bravissima famiglia ci indicò, in un pezzo di terreno di sua proprietà, un punto in cui avremmo potuto raccogliere ottime cicorie ed in abbondanza.

Nel volgere di pochissimo tempo riempimmo fino all’orlo il sacco che mia madre si era portato dietro.

Potevamo quindi fare ritorno a casa.

Questa volta il cammino era tutto in discesa ma, malgrado ciò, comunque per niente facile.

E se non era un cammino facile per me sicuramente non lo era neanche per mia madre che doveva farlo portando tra l’altro il sacco strapieno di cicorie sulla testa. E sicuramente, data la mia età e la mia costituzione fisica, io non potevo minimamente esserle d’aiuto.

Passo dopo passo, in ogni caso, dopo un po’ di tempo giungemmo in paese... a San Fili.

All’entrare nel paese tanta gente nel vedere mia madre con quel grosso sacco in testa iniziò ad avvicinarsi ed a chiedere con legittima curiosità: “Marie’, chi puorti?

Quando mia madre mostrò loro il ben di dio che eravamo riusciti a raccogliere in quella proficua giornata furono in tanti a chiederle se gliene vendesse un po’. Cosa, quest’ultima, che a mia madre non dispiacque per niente.

Inutile dire che non riuscimmo ad esaudire tutte le richieste tanta era la gente interessata al prezioso, dal puto di vista alimentare, contenuto del nostro sacco. E poi un po’ di cicuòrie era giusto quel giorno che li portassimo a casa anche noi.

Le cicorie, ma non solo le cicorie, per quei tempi erano una risorsa alimentare di rispetto. Oggi purtroppo, anche nelle nostre zone, sono classificabili come un mero “guliu” ovvero una prelibatezza per palati sopraffini.

Eppure la cicoria selvatica è una pianta che opportunamente rivalutata potrebbe ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nella ristorazione locale e quindi diventare una fonte di reddito aggiuntivo per tante famiglie oggi in difficoltà.

Oltretutto la cicoria oltre a prestarsi a più impieghi in cucina ha diversi principi curativi (quindi può trovare impiego in erboristeria) e può essere utilizzata quale ingrediente base per preparazioni alcoliche.

Personalmente, in cucina, la gradisco sbollentata e condita ad insalata (o, sempre dopo essere stata sbollentata, passata in un tegame con un po’ d’olio e dell’aglio) o messa a cuocere mischiata con della carne di maiale e patate.

Noto con piacere comunque che, ai nostri giorni, in alcuni fruttivendoli della provincia si vendono delle accattivanti cicorie selvatiche.

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Il territorio sanfilese e quello dei Comuni circostanti è comunque ricchissimo di molte pianticine selvatiche commestibili. Tra queste, le più note, ricordiamo il cardo selvatico o cardune, l’aneto o finuocchiu ‘e timpa, il crescione d’acqua o scavune (pron. sc-kavune), la vitalba o vitarva, il lampagione o ‘a cipuddra cursunara e via dicendo.

Tutta roba che farebbe sicuramente impazzire di gioia i più celebri chef internazionali.

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


lunedì 25 febbraio 2019

San Fili e Alberto Moravia.



Nella foto a sinistra: Alberto Moravia nel 1931. Foto ripresa dal web.

Nella foto sotto (sempre a sinistra): il sanfilese Salvatore Oliva negli anni Trenta.

Articolo e note pubblicati sul Notiziario Sanfilese del mese di Febbraio 2019... by Pietro Perri.

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San Fili e Alberto Moravia.

Nota di Pietro Perri.

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Difficile, per non dire impossibile, parlare di letteratura italiana del Novecento senza citare il nome ed il cognome di Alberto Moravia.

In ogni caso, seppur aiutandoci con la solita enciclopedia impareggiabile (per il cosiddetto “copia/incolla” informatico) online Wikipedia, vediamo di rinfrescarci un po’ la memoria su chi è stato questo mostro della penna prima e della macchina da scrivere dopo:

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«Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle (Roma, 28 novembre 1907 – Roma, 26 settembre 1990), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, reporter di viaggio e critico cinematografico italiano.

Considerato uno dei più importanti romanzieri del XX secolo, ha esplorato nelle sue opere i temi della sessualità moderna, dell'alienazione sociale e dell'esistenzialismo.

Salì alla ribalta nel 1929 con il romanzo Gli indifferenti e pubblicò nella sua lunga carriera più di trenta romanzi. I temi centrali dell'opera di Moravia sono l'aridità morale, l'ipocrisia della vita contemporanea e la sostanziale incapacità degli uomini di raggiungere la felicità. La sua scrittura è rinomata per lo stile semplice e austero, caratterizzato dall'uso di un vocabolario comune inserito in una sintassi elegante ed elaborata.

(...) Dal 1930 iniziò a collaborare con La Stampa, allora diretta da Curzio Malaparte e nel 1933 fondò, insieme a Mario Pannunzio, la rivista "Caratteri", che vedrà la luce per soli quattro numeri. Collaborò poi alla rivista Oggi (sulle cui pagine uscirà, nel 1940, Cosma e i briganti). Sempre nel 1933 iniziò a collaborare con la "Gazzetta del Popolo", diretta da Ermanno Amicucci, uno dei futuri firmatari del Manifesto per la difesa della razza, ma il regime fascista avversò la sua opera vietando le recensioni a Le ambizioni sbagliate, sequestrando La mascherata e vietando la pubblicazione di Agostino.

(...) Alberto Moravia ricevette 15 candidature al premio Nobel per la letteratura dal 1949 al 1966, senza riuscire mai a vincerlo. A candidarlo, fra gli altri, furono anche il futuro vincitore del Nobel Eyvind Johnson nel 1960 e la scrittrice italiana Maria Bellonci nel 1966.»

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Ma, vi chiederete voi, cosa c’entra Alberto Moravia con San Fili e con il Notiziario Sanfilese (ovvero con il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili?

Certo non molto ma il solo fatto di leggere, anche se quasi di sfuggita o quasi per sbaglio o magari perché non ne ha proprio potuto fare a meno, il nome del nostro paesino in un suo seppur banale scritto (una semplice nota di viaggio pubblicata su un quotidiano nazionale) non può comunque che farci piacere e giustificare anche la presenza di questo suo scritto sul nostro... “bollettino”.

Il breve racconto o “appunto di viaggio” uscito a firma di un giovanissimo (aveva appena 28 anni) ma già affermato Alberto Moravia in cui compare per ben due volte il nome di San Fili prende il titolo di “Costa della Calabria” e compare sulla “Gazzetta del Popolo” il 3 luglio del 1935.

Di seguito non riportiamo l’intero pezzo ma solo la parte finale, quella, appunto, che ci riguarda da vicino in quanto Comunità Sanfilese. E’ questo il breve resoconto del tratto che percorrerà con la sua automobile compreso tra la cittadina di Paola e San Fili.

Ma leggiamolo assieme:

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Costa della Calabria.

Estratto da un articolo apparso, a firma dello scrittore Alberto Moravia, sulla “Gazzetta del Popolo” del 3 luglio del 1935.

(...)

Quindi dopo Paola lasciammo il mare per dirigerci alla volta di Cosenza.

Era ormai il tramonto e per una strada in ripida spirale dovevamo salire fino al passo di San Fili onde valicare la giogaia di monti che separa Cosenza dal mare. A misura che salivamo, il mare si scopriva ai nostri piedi deserto, freddo, torbido, sparso delle gialle luci sfasciate del tramonto nubiloso. Una nuvola lunga e affusolata, della forma di un osso di seppia sbarrava l'orizzonte, aveva nel mezzo una fessura e tra i bordi più chiari di questa fessura saettavano verso l'alto i raggi gloriosi del sole tramontante. Tutto il cielo in fuga pareva fermato da questa immobile raggiera; presto il sole si sarebbe spento e con esso le sue radiose spade di fredda luce e le nubi in libertà avrebbero cozzato l'una contro l'altra sopra la distesa agitata delle acque, tonando e lampeggiando. Volevamo arrivare sul valico prima che si facesse notte, ma a novecento metri entrammo in un fitto banco di nebbia, e fu giocoforza rallentare e procedere a passo d'uomo. A folate, come se una bocca gelata ci avesse alitato in faccia, la nebbia silenziosa c'investiva; tra una folata e l'altra, vedevamo i grigi fantasmi degli abeti fare nella caligine i loro gesti desolati e lentamente scomparire dietro il ciglio della strada, nel bianco e vuoto vapore; la luce dei fari si ripiegava su se stessa come sbattendo contro uno specchio appannato; il motore rantolava piano ascendendo l'erta, e questo, insieme con il cigolio metallico della ghiaia schiacciata dalle ruote, era il solo rumore del gran silenzio nebbioso. Dalla strada nuda sospesa sull'abisso passammo nel folto di una foresta di abeti, e quasi non ce ne accorgemmo. Un cavallo mi scalpitò allato mentre mi sporgevo dal finestrino aguzzando gli occhi nella foschia, e non vidi che la gamba del cavaliere, in pantalone di velluto e stivale, stretta contro la sella; tutto il resto, uomo e animale, non era che un'ombra tra le altre, vere e finte, che la nebbia trasportava nel suo seno. Poi, tutto ad un tratto, dopo un'ultima folata più densa, l'aria si sgombrò, limpida e notturna, e a valle, contro il nero profilo di altri monti lontani, apparvero le luminarie di San Fili.

Alberto Moravia.

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“e non vidi che la gamba del cavaliere (...) stretta contro la sella”.

Una domanda sorse spontanea... e fu leggenda sanfilese.

I primi sanfilesi che si trovarono a leggere le stupende righe che Alberto Moravia alla nostra bellissima catena paolana ed in particolare al tratto di strada (vecchia strada statale 107) che collega il nostro paesino con la cittadina di Paola arrivati al punto in cui in tale brano si legge “Un cavallo mi scalpitò allato mentre mi sporgevo dal finestrino aguzzando gli occhi nella foschia, e non vidi che la gamba del cavaliere, in pantalone di velluto e stivale, stretta contro la sella; tutto il resto, uomo e animale, non era che un'ombra tra le altre, vere e finte, che la nebbia trasportava nel suo seno” non poterono fare a meno di chiedersi chi era l’ombroso cavaliere in cui s’imbatte l’illustre scrittore.

E fu allora che, tra i Sanfilesi (come se fosse l’unico cavaliere all’epoca a frequentare il valico Crocetta), si pensò al compaesano Salvatore Oliva (nella foto a sinistra).

Una domanda sorse spontanea... e fu leggenda sanfilese.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


domenica 17 febbraio 2019

C’erano una volta le suriciare (trappole per catturare uccelli).

Di seguito l’articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di dicembre 2018... a firma dell’amico Luigi “Gigino” Intorno.

Le foto a corredo di questo post sono riprese dal web. Le stesse propongono un esempio di "suriciare" (trappole per la cattura degli uccelli di piccolo taglio). In altri tempi a San Fili venivano realizzate direttamente dai ragazzi più esperti ovviamente in tale campo.

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Ricordo quando ero ancora un giovanottino della fine degli anni cinquanta o al massimo dell’inizio degli anni sessanta del secolo scorso che molti miei compaesani venivano nella zona Coste di San Fili (dove la mia famiglia aveva la sua abitazione) e si metteva con tanta pazienza ad “armare” (ovvero posizionando ed azionando i relativi ingranaggi) delle trappole (suriciare) per uccelli.

Si era in pieno inverno e quelli erano tempi di magra. Quindi, per quei tempi, riuscire a catturare un certo numero di uccelli, per lo più passeri, poteva essere un buon modo per assicurarsi una variante gastronomica in tavola.

D’inverno anche gli uccelli avevano problemi a trovare del cibo e quindi era facile che cadessero vittime delle trappole posizionate dai cacciatori locali. Una situazione, quella della ricerca del cibo da parte di uccelli non migranti, che si accentuava nei periodi in cui faceva particolarmente freddo ed ancor più quando veniva a nevicare dalle nostre parti e quindi, a causa della coltre bianca che ricopriva il tutto, tali uccelli non potevano rovistare direttamente sul terreno.

Alle trappole venivano attaccate, come esca, delle olive nere (quindi ben visibili anche ad una certa distanza), miglio o briciole di pane (meglio se la scorza) cui gli uccelli che vivono liberi vanno particolarmente ghiotti.

La maggior parte delle trappole venivano posizionate nei punti in cui la neve lasciava qualche piccolo spazio libero. Tali spazi illudevano appunto gli uccelli che ci fosse qualcosa da beccare sul terreno non pensando che in quel punto invece avrebbero trovato ad accoglierli la morte grazie alle trappole armate da noi sanfilesi.

L’ingranaggio delle trappole (suriciare) scattava inesorabile e difficilmente l’uccello ne usciva illeso. Erano poche, infatti, le trappole che, come si diceva in quei casi, “scattavano a vuoto.

Tra quanti, tra sanfilesi, in quei giorni partecipavano con le loro trappole alla grande cattura degli uccelli nasceva una vera e propria sfida a chi riusciva a portare a casa il numero, e la qualità, più consistente. In alcuni casi, tra l’altro, se la giornata di caccia era andata particolarmente bene, si accendeva un fuoco sul posto e parte degli uccelli catturati venivano consumati sul posto in allegra compagnia.

Una parte veniva portata a casa magari al fine di insaporire altre pietanze della nostra cucina come le patate ‘mpacchiuse o la polenta. Anche perché da sola la carne del passero offriva ben poco di nutriente.

Non mancavano comunque tra i cacciatori improvvisati quanti si dedicavano a questo hobby non per acchiappare gli uccelli per mangiarseli ma speravano di prenderne qualcuno vivo ed in accettabili condizioni da portare a casa ed allevare gli stessi in una gabbietta.

C’erano più zone di caccia intorno a San Fili e quasi ogni cacciatore aveva la propria.

Le suriciare (trappole d’altri tempi per acchiappare uccelli ed altri animali di piccolo taglio) erano degli infernali ingranaggi in ferro muniti di una molla che quasi mai lasciavano possibilità di fuga, e di vita, alle prede cui miravano. Non raramente tali ingranaggi venivano realizzati direttamente dagli utilizzatori.

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Inutile dire che per saziare una sola persona ce ne volevano tantissimi uccelli specie se della grandezza di un semplice passero. Quello cui mi viene da pensare comunque è il fatto di come ci lamentavamo, e continuiamo a lamentarci, della presenza di mosche, zanzare ed altri fastidiosi insetti che regolarmente disturbano la nostra quiete quotidiana.

Purtroppo non tutti eravamo a conoscenza, e molti non lo sono neanche oggi, di quanto siano preziosi questi piccoli stupendi esseri, mi riferisco agli uccelli, per tenere sotto controllo il numero degli insetti dannosi che convivono assieme a noi.

I passeri e tanti altri piccoli uccelli, infatti, si cibano anche di insetti e quindi contribuiscono a garantire un giusto equilibrio per l’ecosistema circostante. Dovremmo rispettarli di più, magari dando di tanto in tanto qualcosa da mangiare per alleviare le loro difficoltà di sopravvivenza in periodi difficili come i mesi invernali e realizzare, come fanno in tante altre parti del mondo, appositi piccoli ricoveri.

E poi, diciamo la verità, è bello a volte fermarsi un pochino per strada o in campagna e farsi rapire dal loro armonico cinguettio.

Oltretutto mi sembra di notare ultimamente che persino i passeri non hanno più paura dell’uomo così come l’avevano ai tempi in cui io ero ancora un semplice ragazzino.

A volte oggi li vedo persino avvicinarsi, anche se a debita distanza, a noi esseri umani con la speranza che gli gettiamo vicino qualcosa da mangiare.

E forse anche la maggior parte dei cacciatori ancora in attività si sono finalmente resi conto che non vale la pena uccidere un piccolo essere come appunto un passero o un pettirosso.

Luigi Gigino Iantorno.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

mercoledì 30 gennaio 2019

San Fili, i cani randagi e i proprietari (dei cani di proprietà o adottati) incivili.


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di gennaio 2019... by Pietro Perri.
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Cani randagi in contrada Frassino.
San Fili, lo sanno benissimo ormai tutti i cittadini, più che un problema ha un intero dizionario di problemi che sicuramente non risolverà nel corso del periodo amministrativo che ci stiamo lasciando alle spalle (quello che per la storia della nostra Comunità sarà ricordato come “Prima Amministrazione Argentino”) e quasi certamente non riuscirà a risolvere nei prossimi decenni a venire.
Tra tali problemi c’è quello dei cani randagi: sia quelli per cui la nostra Comunità paga per mantenerli nei canili autorizzati dalla legge e sia, cosa ultimamente ancor più pericolosa e vergognosa per una cittadina che ha pure l’ardire di definirsi “civile”, per l’esorbitante numero che ancora bazzica indisturbato e sempre più pericoloso per l’incolumità fisica e la salute pubblica sul territorio sanfilese.
San Fili, che ci crediate o no (ma ci credete sicuramente perché in tanti avete avuto la sfortuna di appurarlo con i vostri occhi) è letteralmente invasa dai cani randagi.
Avete provato, infatti, stando a San Fili a fare una passeggiata sui Cozzi o nel Frassino?
Credetemi: forse non incontrerete un’altra persona fare una passeggiata come la state facendo voi ma sicuramente vi imbatterete, nel men che non si dica, se vi va bene in tre o quattro cani randagi mentre se vi va male in un intero branco di questi animali in cerca di un amico/padrone meno bastardo di quello che prima se li è comprati e poi li ha abbandonati.
Ed il branco, specie se composto da 15 o venti esemplari, anche se inoffensivo... fa un po’ paura a tutti.
La trattazione del tema dei cani randagi presenti sul territorio comunale di San Fili comunque merita un più ampio spazio che una semplice paginetta del nostro Notiziario Sanfilese. Ed è un tema, quindi, su cui ritornerò prossimamente cercando di focalizzarne più aspetti diversi.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 5 gennaio 2019

Servono a qualcosa le telecamere di videosorveglianza a San Fili?


In questi giorni si è verificato un brutto fatto di cronaca a San Fili: ignoti sono entrati nell’edificio dell’Istituto Comprensivo Statale che ospita le Scuole Medie ed hanno fatto, indisturbati, razzia di un bel po’ di materiale mettendo l’edificio stesso nell’impossibilità di essere usufruibile per un po’ di tempo allo scopo cui è destinato.
Inutile dire che io (e non solo io) spero che vengano immediatamente arrestati gli autori di tali razzie anche perché ho sempre ritenuto l’insegnamento un qualcosa di sacro e quindi di intoccabile ma... permettetemi di dubitare. Dopotutto non è la prima volta che certe cose avvengono a San Fili e sicuramente non sarà l’ultima.
Una domanda comunque fatemela porre: è sicuro che a San Fili abbiamo un sistema di videosorveglianza? E se si... siamo proprio sicuro che - malgrado quanto ci sia costato finora - serva veramente a qualcosa.
Perché onestamente il tutto inizia a ricordarmi i classici “spaventapasseri” ovvero dei pali rivestiti di paglia e di abiti vecchi su cui prima o poi anche i passeri troveranno caldo ricovero.
Ovviamente spero di essere smentito dai fatti.
Nel frattempo...
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Servono a qualcosa le telecamere di videosorveglianza fatte installare dal nostro Comune sul territorio sanfilese... con i soldi dei contribuenti sanfilesi?

“La domanda”, diceva un aspirante comico di qualche decennio addietro parafrasando il giornalista Antonio Lubrano, “sorge spontanea”: Servono a qualcosa le telecamere di videosorveglianza fatte installare dal nostro Comune sul territorio sanfilese... con i soldi dei contribuenti sanfilesi?
E’ questa la domanda che si è posta anche (ma non solo lui) un nostro socio simpatizzante (omissis) nel momento in cui, in queste ultime settimane si è visto rubare quasi sotto gli occhi la propria autovettura nel bel mezzo del nostro centro storico.
Questi rivoltosi a chi gestisce (o si pensa gestisca) il servizio di videosorveglianza tramite il circuito di telecamere realizzato dal nostro Comune (costato già alle tasche dei contribuenti sanfilesi diverse decine di migliaia di euro) sembra si sia sentito dire... “Impossibile risalire a chi ha rubato la vostra autovettura dalle registrazioni delle telecamere di videosorveglianza installate sul territorio del Comune di San Fili”.
Ok, allora crediamo anche noi sia giusto chiederci: “Servono a qualcosa le telecamere di videosorveglianza fatte installare dal nostro Comune sul territorio sanfilese... con i soldi dei contribuenti sanfilesi?”
Perché onestamente quando paghiamo un servizio pubblico pretendiamo che lo stesso serva al bene della collettività e quindi del singolo cittadino e non solo del singolo cittadino.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!