A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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domenica 20 marzo 2011

Fiera di San Giuseppe a Cosenza? ... capita anche questo: chi non piscia in compagnia... !


Fiera di san Giuseppe a Cosenza? … capita anche questo.
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… giorno 19 marzo sono giunto al Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria… per chi ci manca da qualche decennio a questa parte) per fare una passeggiata nei luoghi in cui si svolgeva la storica tradizionale Fiera di San Giuseppe.
… malgrado non compriamo più un cavolo, da qualche anno a questa parte, in tale esposizione di prodotti che sanno di già visto e di mercati rionali settimanali (oltretutto che trovi a minor costo nei supermercati che ormai hanno invaso la nostra stupenda - ? - cittadina), e quasi un obbligo, per me e mia moglie, farci comunque un salto nella confusione di tale Fiera.
Anzi no, qualcosa compriamo regolarmente: tre o quattro “cavaddruzzi” realizzati con pasta di formaggio filata.
Piacciono tanto a mio suocero.
Tale prodotto, infatti, non è semplice trovarlo in altri periodi dell’anno ed in altri negozi della zona.
… oltre ai “cavaddruzzi” compriamo pure un vassoi etto di “zeppole di san Giuseppe”… quelle classiche, però.
Li compriamo, le “zeppole di san Giuseppe”, alla pasticceria “il vassoio d’oro” dei fratelli Perna, nei pressi di Piazza Loreto.
Come li fa tale pasticceria… decisamente uniche.
Dopotutto questa pasticceria (“il vassoio d’oro” dei fratelli Perna a Cosenza) campa solo sull’arte pasticcera (non è abbinata infatti ad un bar o ad uno spaccio di altri generi voluttuosi  o meno di tipo alimentare)… e quindi deve garantire un prodotto veramente di qualità ai suoi clienti.
Ma ritorniamo a noi ed in particolare ritorniamo al Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria… per chi ci manca da qualche decennio a questa parte)… tutto bene? … niente da segnalare?
… se non avessi niente da segnalare decisamente non sarei io e se fossi io non starei a perdere il mio tempo davanti ad un PC (Personal Computer e non Partito Comunista)… avrei qualcosa di meglio sicuramente da fare… magari me ne starei a leggere un bel libro o quantomeno a sfogliare la rivista di Focus Storia di questo mese.
… qualcosa di storto in effetti c’è stata… giusto per dire che come giornata per alcuni versi ne avrei potuto fare a meno. E quel qualcosa di storto si e verificata proprio al Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria… per chi ci manca da qualche decennio a questa parte).
Dovete pisciare? … sapete all’interno del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria)… per chi ci manca da qualche decennio a questa parte) dove si trovano le toilette (WC per uomini, donne e disabili) pubbliche? … quelle dove ogni botta costa 20 centesimi (sia se ne fate un litro che se ne fate poche gocce… in questo secondo caso vi costerebbero meno dei pannolini)?
… io lo so benissimo: ci sono abbonato.
Appena lascio la macchina in uno degli appositi spazi (decisamente strapagati) sembra che il mio fontanino senta l’odore… è più forte di lui… anche se non deve andare comunque devo andare… venti centesimi permettendo.
Anche questa volta non ho sbagliato il colpo, tranne per il fatto che appena arrivo all’entrata delle toilette (WC per uomini, donne e disabili) pubbliche che si trovano all’interno del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria) una strana scritta colpisce la mia vista e la mia uretra.
… “bagni guasti”!
… secondo voi finisce in questo modo la mia avventura, quella mattina, all’interno del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria) alla ricerca di una toilette? … magari!
… ma questo sarà argomento di una seconda puntata delle serie… quasi quasi la faccio dietro quell’angolo, tanto oltre che alla telecamera a circuito chiuso sicuramente non mi vede nessuno.
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Chi non piscia in compagnia… (a Cosenza) sicuramente non è né un ladro e né una spia.
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Non appena finii di leggere quel demoniaco cartello con su scritto “bagni guasti”… domenica mattina (addì 19 marzo 2011… festa di san Giuseppe con annessa fiera) all’interno del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria) e mentre ero tutto intento a convincere il mio fontanino portatile che comunque, con un po’ di buona volontà, avrebbe potuto anche resistere un paio d’orette, … illuso!, mi si accese una lampadina (almeno 200 watt) in testa: perché non provare a chiedere agli addetti alla vigilanza del parcheggio se all’interno della struttura non c’era qualche altra toilette a disposizione dei viandanti?

Detto fatto, dopotutto la stanzetta degli addetti alla vigilanza del parcheggio si trova esattamente difronte all’entrata dei cessi.
All’interno della stanzetta degli addetti alla vigilanza del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria) cerano almeno un tre… addetti (un po’ come i carabinieri dell’ex Unione Sovietica: il primo che detta, il secondo che scrive ed il terzo che controlla due intellettuali).
Bussai al finestrino e subito uno dei tre (il più giovane) venne a sentire (non lo nego, in modo decisamente cortese… sulla cortesia di questo posto di guardiania non ho mai avuto modo di lamentarmi) cosa avevo da dirgli.
Pietro: … scusate, volevo solo sapere se all’interno del parcheggio c’era qualche altro bagno pubblico.
Guardia: … no, mi dispiace, purtroppo è l’unico.
Pietro: … vabbè, grazie lo stesso.
Guardia: … comunque se è proprio necessario…
Pietro: … in effetti, c’è anche mia moglie che…
Guardia: … le prendo la chiave. Sa’, in effetti abbiamo dovuto chiudere il bagno per il fatto della fiera.
Mi prende la chiave e me la porge.
Guardia: … mi raccomando, dopo richiuda il tutto e mi restituisca la chiave. Ovviamente per entrare alzi il cartello ed introduca i venti centesimi.
Ditemi un po’: si può non ringraziare per tale gentilezza e disponibilità una tale guardia? … personalmente non ho potuto fare a meno di ringraziarla… ero quasi tentato d’offrirgli un caffè o una… “zeppola di san Giuseppe”… al lui! … perché per quanto riguarda il sistema… meglio sarebbe stato rifiutarmi di farmi una bella pisciata civilmente (ed anche esosamente) in un bagno pubblico e farla dietro il primo angolo che mi veniva davanti… magari all’interno de parcheggio stesso.
Secondo voi… è legittimo che si chiudano gli accessi a dei… cessi pubblici con la deficiente tecnica del cartello con su la scritta “bagno guasto” solo per evitare che dei ferari (magari negri, indiani o cinesi) la facciano nello stesso posto in cui la facciamo noi?
… abbiamo costruito veramente uno schifo di società… anche nell’ospitale terra dell’ex Magna Grecia.
Domanda: perché dovremmo lamentarci se dietro ogni angolo delle nostre stupende cittadine s’avverte il nauseante odore di piscio e d’escrementi umani? … se siamo noi gente civile a togliere la possibilità alla gente (ai nostri pari) di comportarsi in modo civile?
Altro che chiudere i pochi bagni (vespasiani) pubblici presenti nel centro urbano di Cosenza… specie in un appuntamento come quello della tradizionale “fiera di San Giuseppe”.
Intelligenza vorrebbe che il comune di Cosenza in tale occasione centuplicasse tali punti d’incontro con il proprio io e la natura circostante… altro che costringere i pochi fortunati (come il sottoscritto) tra l’altro paganti a ringraziare un addetto alla vigilanza del Parcheggio dei Due Fiumi a Cosenza (all’incirca dov’era la vecchia stazione ferroviaria) per un piacere… si, un piacere al cazzo!
Stavo per chiudere la porta del bagno quando un signore (… sembrava ballasse un vecchio sheick) mi chiese se poteva fare una “urbana” (pisciata)… non me la sentii di negargli questo diritto.
Pietro: … metta i venti centesimi ed entri.
Tizio: … la ringrazio, mi ha salvato!
Cinque minuti dopo eravamo fuori dal cesso io, il Tizio, mia moglie e… la guardia che era venuta a ritirare le chiavi che mi aveva gentilmente concesso (non mi meraviglierei che avesse visto entrare quell’altro signore e che magari avesse avuto paura che chiamassi tutti i ferari presenti intorno al Centro Commerciale “I due Fiumi” e dicessi loro che finalmente potevano farsi una bella e meritata pisciata in santa pace ed alla faccia di tutti gli organizzatori del tradizionale evento.
… gli diedi le chiavi, ringraziammo di cuore e ce ne andammo.
… a vescica vuota, purtroppo, iniziai a pensare e pensando… non trovai giustificazione plausibile all’intera faccenda.
Pietro: … ma facimu i seri, dopututto… simu cusentini!
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!
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N.B.: ... a proposito: non sarebbe sbagliato se si decidessero a ristrutturare i bagni pubblici (WC - toilette) del Parcheggio "I Due Fiumi" di Cosenza... un po' schifo lo fanno veramente! ... e venti centesimi (per entrarci) sono pur sempre venti centesimi... sono, per chi se l'è dimenticato, ben quattrocento vecchi lire.

giovedì 17 marzo 2011

"A l'Italia". Soniettu di Giovanni Gentile alias Chiacchiara... santufilise doc.

Povera Italia, cumu t'àu ridutta...
chjina de fame e de pezzenteria:
'nvece de saglie sempre scinni sutta:
la chjù sciuddrata si', disgrazia mia!

Quannu ti piensu mi piglia 'na gutta:
'na tisica mi pari, arrassu sia...
chi 'tra la giuventute è quasi strutta
e cunsumata de 'sta malatia.

Lu male chi tu tieni 'un si guarisce:
'ncunu gruossu perccatu ài de scuntare:
è la mabu de Dio chi ti curpisce.

Ma tu jettati 'nterra a Lu pregare,
e sulu tannu de pregà finisce,
quannu ti dice ca ti vo sarvare.

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Tali versi, scritti prima del 1900 (vennero pubblicati nel 1901), sono di don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara) da San Fili.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

mercoledì 16 marzo 2011

San Fili, cambio in rosa nella Giunta comunale: Biancamaria Iusi sostituisce Mario Molinaro..

Biancamaria Iusi, nuovo Assessore
alla Viabilità del Comune di S. Fili.
E' vero, è una notizia che avrei dovuto dare ormai da qualche giorno... ma non è mai troppo tardi per dare una notizia: la Giunta comunale di San Fili perde un pezzo per acquistarne immediatamente un altro.
E' da pochi giorni a questa parte infatti la notizia che è stato revocato l'incarico di "Assessore alla viabilità" Mario Molinaro e che tale incarico è stato affidato a Biancamaria Iusi.
Biancamaria Iusi è l'unica donna a far parte, attualmente, della Giunta comunale di San Fili. Presente nella lista civica "Insieme per il Futuro", lista che ha vinto le elezioni del mese di marzo 2010, a fine competizione elettorale si era classificata al terzo posto per quanto riguarda le preferenze ottenute... con ben 95 preferenze al suo attivo.
A questo punto dei membri della Giunta comunale di San Fili fanno parte solo due esterni (ossia soggetti che non facevano parte della lista vincente) su cinque.
La Giunta comunale di San Fili risulta ora così composta:
  • Ottorino ZUCCARELLI, Sindaco;
  • Antonio ARGENTINO, ASSESSORE AI SERVIZI SOCIALI E SCUOLE CON DELEGA A VICE-SINDACO (esterno al Consiglio comunale);
  • Biancamaria IUSI, ASSESSORE ALLA VIABILITA';
  • Mario SERGI, ASSESSORE AL PERSONALE;
  • Giocondo PERRI, ASSESSORE AL BILANCIO (esterno al Consiglio comunale).
... inutile ribadire a tutti di fare un buon lavoro... in quanto San Fili e i Sanfilesi ne hanno tremendamente bisogno.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

venerdì 11 marzo 2011

San Fili e... u purceddruzzu de sant'Antonu (by Pietro Perri).

Falena: u purceddruzzu de sant'Antonu.
San Fili e i Sanfilesi sono molto legati aru purceddruzzu de sant'Antonu.
… “u purceddruzzu de sant’Antonu”, diciamolo a scanso d’equivoci ed a priori, non è un maialino (appunto “nu purceddruzzu”) ma è una bellissima, si fa per dire (in quanto di bello ha ben poco) farfalla… casalinga.
E’ una farfalla pelosa, grossa, buffa e goffa che non disdegna, a differenza dei propri simili, neanche avere contatti ravvicinati col genere umano.
Non raramente si rischia di trovarcela, oltre che dentro casa, sui nostri vestiti e persino sulle nostre mani.
Secondo i nostri padri “u purceddruzzu de sant’Antonu” era (e per alcuni di noi ancora è) portatore di buone notizie.
Quando lo si trovava dentro casa, infatti, si pensava fosse venuto per comunicarci il prossimo arrivo di soldi (più o meno aspettati) o comunque di buone notizie (magari la realizzazione, quasi in modo miracoloso) di un desiderio risolutore del nostro terreno calvario. 
Guai ad ucciderne, volontariamente, una o semplicemente a cacciarla fuori di casa: la maledizione può colpirci da un momento all’altro.
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Questa breve paginetta la dedico a mio padre Salvatore Perri (passato a miglior vita, a circa 85 anni, il 17 settembre 2003... era un mercoledì, un mercoledì della Madonna del monte Carmelo). La dedico a mio padre in quanto mio padre... mi ha insegnato a credere... 'ntru purceddruzzu de sant'Antonu.
Fermo restando che sulle farfalle in generale (nel modo in cui le consideravano quanti ci hanno preceduto) ci sarebbe tantissimo da dire e da scrivere.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace.

mercoledì 9 marzo 2011

L'otto marzo? ... "giornata della donna"!

L’otto marzo? … “giornata della donna”!
Stranamente, ma poi neanche tanto strano dopotutto, da qualche decennio a questa parte qualche disonesto maschilista ha voluto cambiare la parola “giornata” con la parola “festa”… facendo da un punto di vista decadere il valore politico, civile e morale di tale ricorrenza e dando alla stessa un mero sapore consumistico.
Cosa c’è da festeggiare l’otto marzo di ogni anno? … decisamente niente: chi festeggia qualcosa in questo giorno nel nome della donna… è nient’altro che un disonesto.
L’otto marzo, ricordiamolo, non è una “festa” bensì è una “giornata” e le “giornate” non sono altro che delle pause per riflettere su qualcosa e quel qualcosa non sempre è accompagnato da un bel ricordo.
Nel caso della “giornata della donna”, ovvero dell’otto marzo, la pausa che le protagoniste, assieme ai rispettivi partner con cui convivono non sempre brillantemente sul pianeta terra, è la condizione femministe stessa: di ieri, di oggi e di domani.
La donna, e lo dico da uomo (chiedendo scusa alla mia metà), ha pagato un prezzo enorme, disumano… per garantire all’intera Umanità di raggiungere, più o meno felicemente, il fatidico Terzo Millennio… ricevendo in cambio (dall’altro sesso) offese, umiliazioni, mutilazioni nel fisico e nello spirito.
Persino la Chiesa, quell’istituzione che la venera come madre del dio vivente, da organizzazione maschilista qual è nata e quale s’è sviluppata nei secoli, non ci ha pensato due volte ad indicarla come il simbolo di tutti i mali terreni e l’anticamera dei gironi infernali.
La donna, non dimentichiamolo, per la chiesa di Roma non può che essere una strega… tranne che non decida di rinnegare la propria natura (quella che Dio dopotutto le ha dato) e preferisca all’amore (sesso) ed alla procreazione… la morte.
Yara Gambirasio come Maria Goretti: un esempio per tutte e per tutti.
Abbiamo più volte sentito in televisione in questi ultimi giorni tali assurde farneticazioni tra l’altro riprese e commentate alcuni siti gestiti da maschi (maschilisti) in gonnella.
L’otto marzo sono rientrato dal lavoro senza nulla in mano.
Mia moglie mi ha detto: “… neanche un ramoscello di mimosa?”.
… proprio così: neanche un ramoscello di mimosa.
Decisamente non me la sono sentita e le ho spiegato il perché: un regalo, seppur banale, seppur limitato ad un semplice ramoscello di mimosa datoglielo accompagnato da un augurio del tipo “buona festa della donna”... equivaleva ad offendere in modo malvagio non solo lei ma tutte le donne del mondo… incluso quella donna al mondo che mi ha messo, mi ha allevato e mi ha portato ad essere quello che sono… ed a cui, per questo, sarò sempre grato.
La “giornata della donna” è nata per ricordare un fatto di morte.
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Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
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La “giornata della donna” è una pausa per riflettere… riflettere chiedendoci cosa è cambiato dal 1908 nei rapporti tra gli uomini e le donne.
Chiediamocelo! … chiediamoci se la chiesa di Roma finalmente ha capito che la donna è l’altra metà del genere umano.
Chiediamoci se la donna ha finalmente trovato il suo giusto spazio e ruolo nella società odierna.
Chiediamoci…

… chiediamoci come mai ancora oggi dobbiamo sentire notizie come quelle relative a Sarah Scazzi, a Yara Gambirasio, a Maricica Hahainu, alle gemelline Alessia e Livia Schepp e poi, da uomini, chiediamo scusa a tutte le donne del mondo.
Chiediamo scusa alle donne di ieri, alle donne di oggi ed alle donne di domani.
Un caro abbraccio a tutte le donne del mondo.
… questo è il mio piccolo povero ramoscello di mimosa che dedico a loro: a mia nonna (che da tempo non è più tra noi) a mia madre, a mia moglie, a mia sorella, a mia cugina Concetta Rende (morta pochi giorni addietro ad appena 53 anni di vita), alle mie colleghe di lavoro, alle mie amiche... alle donne della mia vita.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!

sabato 26 febbraio 2011

"Chiamami ancora amore" di Roberto Vecchioni? ... sarà!

... che buffo: dicono tutti che la canzone che Vecchioni ha presentato al Festival di San Remo edizione 2011 (vincendolo, "mi si consenta", con scarsi meriti) sia una canzone d'amore e di riconoscimento del valore della propria compagna... ed io invece leggo tra le righe della stessa solo un attacco politico goffamente mimetizzato.
Non ci credete? ... leggete le parole che riporto di seguito (ovviamente si tratta del testo della canzone).
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E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che ha perso il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendoci il pensiero

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

(omissis ritornello)

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole

(omissis ritornello)

In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

(omissis ritornello)

Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo

(omissis ritornello)

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

(omissis ritornello)

Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

(omissis ritornello)

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

(omissis ritornello)

In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

(omissis ritornello)
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... in altri tempi una canzone di questo tipo non sarebbe neanche stata ammessa al Festival di San Remo.
In altri tempi hanno censurato anche canzoni come "Papaveri e papere" o "Vola colomba".
... ma oggi sono... altri tempi?
Comunque non posso fare a meno di dire grazie ad Roberto Vecchioni (al professore) che dall’alto della sua cattedra ci insegna ancora ad essere uomini, ad essere… Italiani.
… in tanti si sono presentati sul palco dell’Ariston di San Remo… a presentare canzonette senza senso. La canzone di Vecchioni ha senso e coraggio.
... un abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

domenica 6 febbraio 2011

Pietro Aloise... un Sanfilese nella Roma (culturalmente parlando) caput mundi.

Anche se noi sanfilesi ce ne rendiamo sempre meno conto… c’è una San Fili (ovvero dei Sanfilesi con la S maiuscola) che fa onore alla sua San Fili.
E’ questa una San Fili, spesso sparsa per il mondo (… i figli migliori d’una determinata terra difficilmente trovano spazio nel proprio paese natio), che non solo lavoro ma anche e soprattutto… produce e… produce cultura.
Sono questi dei poeti, degli scrittori (romanzieri, saggisti ecc.), dei pittori, dei registi e chi più ne ha più ne metta.
La domanda sorge spontanea: come mai questa San Fili (la San Fili degna d’essere vissuta e raccontata e non la San Fili che ci propinano con cadenza ormai quasi settimanale i quotidiani locali) non riesce ad avere la meglio sulla San Fili traffichiera di bettolana memoria e a vari livelli delinquenziale?
Un esempio della San Fili per bene? … Pietro Aloise.
A Pietro Aloise è dedicato questo post.
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Pietro Aloise.
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Il frontespizio della Rac-
colta di poesie "Pasqua è
sulu na festa?" di Pietro
Aloise.
Pietro Aloise è nato il 19 Giugno 1943 a Bucita, la storica frazione di San Fili.
Attualmente vive a Roma.
Ha pubblicato nel 1990 la prima raccolta di poesie "LE TRAPPOLE DELLA NOSTALGIA" con preefazione di Renato Minore e Renzo Paris aggiudicandosi come migliore opera prima il premio Città di Tropea Brutium e successivamente il premio Alessandro Pinto a Palinuro.
Nel 1993 pubblica "L'AMORE COMUNQUE" con prefazione di Walter Pedullà.
Nel 1999 pubblica una silloge in dialetto calabrese "JURI CA NUN SI SCIPPANU" che gli ha permesso di vincere il premio Emilio Argiroffi (inserito nell'ambito del Rhegium Julii), come miglior poeta calabrese.
Nel 2003 pubblica "INSOSTENIBILI TREMORI" con prefazione di Lucio Dalla e Sergio Valzania; con questa raccolta è stato finalista del Premio Letterario Anguillara Sabazia Città d'Arte.

L'8 luglio 2005 per la lirica in vernacolo "Si pàtrimma è statu 'nu filibùsta" è stato finalista del premio Nicola Giunta 2004 patrocinato dal Centro Culturale Rhegium Julii, ed ha ricevuto il premio speciale Giuseppe Morabito.
Il 17 Settembre 2005 nell'ambito del Premio Letterario Anguillara Sabazia Città d'Arte, con la poesia "Ho attraversato molte stagioni" ha vinto la Coppa Comune di Anguillara.
Nel 2006 pubblica la raccolta di poesie in dialetto calabrese "PASQUA E' SULU 'NA FESTA?" prefazione di Antonio Piromalli e Roberto Roversi e con nota di lettura di Francesco De Gregori; a questa raccolta, è stato assegnato il premio Nicola Giunta patrocinato dal Centro Culturale Rhegium Julii, e il Premio speciale della giuria di Camaiore 2006; inoltre, il 30 settembre ha ricevuto il Premio Presidenza Archè Anguillara Sabazia città d'arte.

Il 2 dicembre, presso la Casa della Cultura Leonida Rèpaci, ha ricevuto una menzione speciale della giuria per la XII edizione del premio Palmi.
Il frontespizio della Rac-
colta di poesie "Corri
poeta corri" di Pietro
Aloise.
Nel 2007 pubblica "CORRI POETA CORRI" con prefazione di Giampaolo Rugarli e Giovanna Marini e una nota di lettura di Vincenzo Mollica; con questa raccolta è stato finalista nel 2009 del XXI Premio Nazionale di poesia Sandro Penna a Città della Pieve.
E' stato ospite di vari programmi culturali su Radio l e Radio 2.
Molti critici letterari (Mario Luzi, Walter Pedullà, Valerio Magrelli, Roberto Roversi, Dante Maffia, Dario Bellezza, Renato Minore, GiuseRpe Neri, Giampaolo Rugarli, Antonio Spinosa, Walter Mauro, Elena Clementelli, Giuseppe Marchetti, Giuseppe Bova, Santino Salerno, Antonio Piromalli, Paolo Ruffilli, Luigi Reina, Sergio Valzania, Davide Rondoni, etc.), hanno espresso giudizi positivi della sua poesia e molti di questi, hanno recensito le sue raccolte.
Come autore di canzoni ha partecipato nel 1971 alla finale di Canzonissima, nel 1974 al Disco per l'Estate, nel 1976 al Festivalbar, nel 1997 al Festival di S. Remo.
Per oltre venti anni si è occupato di promozione discografica per artisti come Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Ron, Mimmo Locasciulli, Giovanna Marini, Enrico Ruggeri, Ambrogio Sparagna, OmelIa Vanoni, Tosca - Amore disperato, Dracula, Antonello Venditti, Gino Paoli, Renato Zero, Renzo Arbore, Anna Oxa, Gianni Morandi, Luca Carboni, Giorgia, Samuele Bersani, Angela Baraldi, Mike Francis, Mario Castelnuovo, Mariella Nava, etc..
Come consulente musicale ha lavorato per dieci anni con Radio 1-2 e filodiffusione della Rai partecipando a numerosi programmi.
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… e sicuramente non è poco.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace.

giovedì 27 gennaio 2011

San Fili / Auswitz 2011 - affinché il ricordo non muoia.

Il brano che riporto di seguito (adattato solo in un paio di parti appositamente proposte, in questo spazio ed in questa occasione, in corsivo) è stato pubblicato sul quindicinale “l’occhio” anno II n. 7 di domenica 2 aprile 1995… ovviamente a firma del sottoscritto… alias Pietro Perri.
Lo ripropongo oggi, giornata della Shoah (della memoria), affinché… il ricordo non muoia e con il ricordo non muoia anche il nostro futuro.
Anche San Fili ha avuto i suoi deportati, i suoi morti e i suoi confinati nel corso della Seconda Guerra Mondiale.  
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Marzo 1945: a soli sedici anni moriva, nel campo di concentra­mento di Bergen-Belsen, una ra­gazzina ebrea diventata suo malgrado il simbolo dell'olocausto: Annaleis Marie Frank, Anna, au­trice dell'omonimo diario.
Qualche anno addietro ebbi il piacere di leggere le toccanti pa­gine di quelle stupende e tragiche lettere inviate idealmente alla sua amica del cuore Kitty... l'inesi­stente, come era inesistente e rea­le al tempo stesso, la sua vita nell'alloggio segreto di Amsterdam.
Oggi Anna Frank, per le nuove leve potrebbe non essere mai esistita: l'ultima partita di pallone o ciò che hanno detto o che non hanno detto gli eterni dottori dei mali economici e sociali di questa strana società... sono gli interes­santissimi discorsi che monopo­lizzano la loro attenzione. Anna Frank è il passato. Ed il passato lo vediamo quotidianamente in tele­visione, anche se con nomi diver­si: il passato oggi si chiama So­malia, Iraq, Bosnia, Cecenia, Ruanda... la TV non ne parla più, quindi il pericolo è scomparso, inutile preoccuparsi.
Il presente invece è bello: si chiama Beautiful, Perla Nera, Sen­tieri... in alcuni casi Tempo Reale e Combat Film. Il presente, video permettendo, sarà eterno.
Qualcuno si chiederà perché ho deciso di dedicare questo spazio a questo fantasma del passato... mi auguro che qualcuno se lo chie­da. Semplice: sabato 4 marzo (n.d.a.: 1995), mi trovavo a San Fili in piazza San Giovanni a discutere del più e del meno con alcuni amici, sulla si­tuazione politica attuale.
Uno di questi miei amici disse scherzosamente che per quei simpaticoni di onorevoli della Prima Repubblica e mezzo, si do­vrebbero costruire degli appositi campi di concentramento. Un si­gnore, a pochi passi da noi, puntualizzò: "Purché non siano nazisti". Questo signore di cui in questa occasione non svelerò il nome, tra l'altro padre di un mio ex compagno di scuola, prose­guendo ci confidò di essere stato lui stesso prigioniero in un campo di concentramento in Germania.
(…) E’ questo un brandello di storia mondiale che quasi quotidiana­mente incrociamo senza render­cene neanche conto in piazza San Giovanni o lungo corso XX Settembre.
Un brandel­lo di storia che magari avrebbe tanta voglia di parlarci di se e che noi,  impegnati  nel  nostro perbenismo, nel ridicolizzare e sottovalutare il nostro prossimo, ci sforziamo di non riconoscere.
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Quando i nostri passi incrociano quelli di un anziano… fermiamoli un attimo e guardiamo nel volto chi ci sta di fronte: quel volto, quegli occhi… le sue mani… sono un pezzo di storia che sicuramente nessuno ci racconterà mai.
Un paese che non conosce, comprende ed elabora compiutamente la propria storia è destinato a rivivere il proprio passato - (Elsa Morante).
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… pace!

sabato 22 gennaio 2011

C'era na vota 'a staffila... maestra di vita (2).

La staffilata alle Scuole Elementari di San Fili? … quasi, se non certo, una fustigazione.
C’erano mille buone scuse, per un insegnante “signor maestro” per utilizzare la staffila. Parliamo ovviamente, mi auguro, di periodi precedenti il 1975.
Era, dopotutto, anche quella una forma di pedagogia tra l’altro approvata dal novanta e più per cento dei nostri genitori di allora.
... non potevano fare altro: mettersi contro un insegnante “signor maestro” (una vera casta) significava far giocare ai propri figli anche il semplice diritto di concludere il primo ciclo di studi, quello delle Scuole Elementari.
All’epoca senza quel pezzo di carta non si poteva fare niente, non si poteva accedere neanche ad un posto semplice di bidello… occupazione oggi ambitissima anche da soggetti plurilaureati.
La licenza elementare era, in quei fantastici (?) anni, un vero e proprio, ambitissimo, “titolo di studio”.
A nulla, infatti, serviva lamentarci, rientrati a casa, d’aver preso qualche staffilata nel corso della mattina. A qualcuno di noi poteva capitare anche di buscare il resto (ovviamente con schiaffi e similari) dai nostri genitori… altri tempi.
E com’era brutto buscare una staffilata senza capire il motivo della stessa e magari con il signor maestro che si accorgeva troppo tardi d’averti dato una staffilata in più e si scusava dicendo: “... non preoccuparti, alla prossima occasione te ne darò una in meno”.
La staffila aveva anche un nome e persino, a detta di qualcuno, un cognome, si chiamava “Margherita”… “Margherita”, di nome, “Gonfia Le Dita”, di cognome.
... io appartengo a quella massa (?) di studenti che di staffilate ne ha prese tantissime... almeno negli anni in cui frequentavamo le Scuole Elementari... di San Fili (nel mio caso dal 1967 al 1972... anno più anno meno... purtroppo la mia memoria non è più quella d'una volta).
La staffila, all'epoca, era utilizzata generosamente dai nostri insegnanti, dai nostri "signor maestro" e "signora maestra".
All'epoca (l'epoca in cui gli insegnanti delle scuole elementari appunto erano maestri e non professori) i nostri "signor maestro" e "signora maestra" ancor prima d'essere insegnanti di storia, di italiano, di educazione civica (ma si insegna ancora l’educazione civica nelle scuole elementari?) e di geografia erano sopratutto... maestri di vita.
Erano quelli i tempi (quelli vissuti dallo scrivente) del "signor Direttore" Goffredo Iusi e dei "signori maestri" Raffaele Perri (cugino di mio padre), Eugenio Aiello (vicino di casa), Eugenio Chiappetta (Socialista convinto), Francesco Stillo, Isidoro Apuzzo, Benito Zuccarelli e delle "signori maestre" quale Maria Ruffolo e Ada Trotta.
Tra i succitati in tanti mi hanno riferito che il meno terribile era proprio il “signor maestro” Raffaele Perri. Questi, convinto assertore della scuola alla don Milani o alla Montessori, più che costringere i “suoi” alunni in modo al proprio “lavoro” con la staffila… li costringeva con allettanti iniziative quali quelle che si svolgevano, nel doposcuola, allo storico ed indimenticabile “Centro di lettura”.
Ovviamente questi sono i nomi che rientrano nei miei ricordi e sicuramente tantissimi, “signor maestro” e “signora maestra”, involontariamente ed innocentemente sono stati cancellati da tali ricordi.
Per dirla tutta, comunque, a me non piace bleffare con me stesso né con la storia che, amico lettore, ti vado propinando, qualcuna e/o qualcuno, degli insegnanti di cui non faccio il nome in queste pagine, li ho dimenticati volutamente: anche in quanti si sono succeduti nel corpo insegnanti delle scuole elementari e medie del nostro paese, di San Fili, ci sono stati i classici soggetti definibili come soggetti che “né adduranu e né puzzanu”. Soggetti cioè che, in quegli importantissimi edifici dove si formavano (e si formano tutt’oggi) i sanfilesi di domani, non valevano neanche l’aria che respiravano… e purtroppo la nostra Comunità ne sta pagando tristemente lo scotto.
La Scuola (quella con la “S” maiuscola), per i “signor maestro” e le “signora maestra” degli anni sessanta e settanta (1960/1980) non era una professione … era una missione e come tale andava oltre il proprio compito “infra mura” (dentro le mura dell’edificio scolastico).
In quegli anni il sabato, la domenica e le feste comandate il lavoro della nostra élite intellettuale proseguiva con una serie d’incontri quali quelli, decisamente indimenticabili, all’interno del Circolo di Cultura Enrico Granata.
Fanno bene oggi a chiamarli “professore”, e gli stessi fanno bene a farsi chiamare in tale modo, e non “maestro” in quanto oggi tali insegnanti sono più dei professionisti che non dei “magister”, ossia delle persone “grandi, che stanno al di sopra”.
... altri tempi.
... in quei tempi anche la staffila era... maestra di vita: ... e cumu avvrinchiava supra 'e manu!
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Anche se in questo caso non siamo difronte ad una staffila, non me la sento di tacere su un piccolo fatto che mi è accaduto, non so se alla seconda o alla terza elementare, presso, appunto, le Scuole Elementari di San Fili.
Personaggi: la signora maestra Maria Ruffolo, il signor maestro Francesco Stillo e… io (quel tipo di scuola mi ha insegnato tra l’altro che è cattiva educazione, in una elencazione, quando si scrive, mettersi prima degli altri).
L’anno? … il 1968 o il 1969.
La signora maestra Maria Ruffolo ed il signor maestro Francesco Stillo stavano parlando fra di loro non so se del più o del meno o di fatti inerenti il proprio lavoro. Non so per quale motivo (ovviamente parlo di un ragazzino che poteva avere al massimo nove o dieci anni), ma qualcosa mi costrinse ad avvicinarmi alla coppia e a chiamare più volte, inutilmente, la signora maestra Maria Ruffolo.
Visto la mia inutile insistenza al fine di attirare la sua attenzione mi lasciai sfuggire un fischio e nel men che non si dica il signor maestro Francesco Stillo si lasciò sfuggire uno schiaffo che colpi, non senza lasciarmi di stucco, il mio, all’epoca, delicato visino.
Percepii, comunque, a sommi capi il dialogo che susseguì tra la signora maestra Maria Ruffolo ed il signor maestro Francesco Stillo.
Dialogo che riporto di seguito.
Maria Ruffolo:          “France’, perché gli hai dato questo schiaffo?”.
Francesco Stillo:        “Mari’, ha fischiato… per giunta a Scuola”.
Maria Ruffolo:          “Ma l’ha fatto per attirare la mia attenzione, e poi se qualcuno doveva punirlo questo era compito mio… dopotutto è un mio alunno”.
Francesco Stillo:        “Mari’, fischiare anche se per attirare l’attenzione di qualcuno è comunque segno di cattiva educazione e nel suo caso è cattiva educazione nei confronti del corpo docente, dell’Istituzione… quindi la punizione poteva essere inflitta da ognuno di noi”.
Maria Ruffolo:          “Allora, Perri, cos’è che devi dirmi?”.
… non so, non ricordo, cosa ho risposto alla signora maestra Maria Ruffolo (una bravissima insegnante che è riuscita d’una “crapa” come il sottoscritto a fare il tuo migliore interlocutore… diversamente non trovo giustificazione al fatto che ancora leggi le mie assurde divagazioni).
… non so perché, o forse lo so benissimo, ma quello schiaffo mi ha fatto decisamente meno male di tantissime staffilate. Forse perché tante staffilate non avevano motivo d’essere ed invece quello schiaffo lo ricordo ancora oggi, piacevolmente (non per il dolore cagionatomi dallo stesso), come una lezione di vita e per la vita.
Oggi, infatti, quando mi sento chiamare da qualcuno con un fischio o quanto mi rendo conto che qualcuno vuole attirare la mia attenzione con un fischio… faccio finta di non sentirlo e proseguo per la mia strada fintanto che lo stesso non pronuncia il mio nome o non mi da’ del signore.
Mi chiamano con un fischio? … non mi sembra né di essere una pecora né di essere un cane.
Che gente maleducata incrocia a volte i miei passi… meriterebbe un bello schiaffo in faccia… magari dall’erudita mano dell’indimenticabile carissimo signor maestro Francesco Stillo.


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 continua.
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.

venerdì 14 gennaio 2011

“Tante navi tante storie”… Pasquale Guaglianone a San Fili (parte seconda).

Come sono venuto in possesso di questo libro e perché sono venuto in possesso di questo libro l’ho detto in un post precedente (esattamente il 6 Gennaio 2011): il libro me l’ha prestato (?) l’amico Giuseppe Falbo il perché era dovuto al fatto che con l’Associazione culturale di cui mi onoro essere il Presidente in carica (la “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) il 22 dicembre (triste giorno per la nostra comunità) si è tenuta la presentazione dello stesso all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro stupendo paesino.
Ciò che non ho fatto nel precedente post (quello del 6 Gennaio 2011) è… dire a te, amico lettore, a sommi capi cos’è questo libro (cosa contiene), a chi si rivolge, se è di facile ed interessante lettura… se vale la pena leggerlo.
Se volessi sbrigarmela in quattro e quattr’otto potrei limitarmi a dire: si, è di facile lettura; si rivolge a tutti noi (emigranti, figli di emigranti, parenti di emigranti, estranei al mondo dell’emigrazione ma che tanto devono al fenomeno dell’emigrazione); è interessante (nella sua indiscutibile leggerezza)… vale la pena leggerlo.
Detto così, però, chi mi conosce (ed anche qualcuno che non mi conosce) potrebbe benissimo dire… “Pietro Perri questo libro non l’ha mai letto!”. Non c’è bisogno di leggere, infatti, questo libro per poter dire dello stesso ciò che ho detto. O quanto meno non c’è bisogno di leggerlo tutto… basta leggere la presentazione e la premessa all’inizio, prime dieci pagine, nonché la nota sulla copertina.
In tal modo sappiamo (in parte sbagliando in quanto sembra, da tali parti, essere rivolto solo ai Cetraresi  sparsi per il mondo ed in particolare nell’America latina mentre guarda a 360 gradi all’emigrazione, calabrese in particolare ed italiana in generale, della prima metà del XX secolo) che parla, in modo stilisticamente accattivante oserei dire, di emigrazione.
Pasquale Guaglianone, giornalista e scrittore (cittadino del mondo) sembra sfogliare, nella sua opera “Tante navi tante storie”, l’emigrazione in tutte le sue sfaccettature principali: la poesia, la tragedia, la voglia di rivalsa, il dubbio, il coraggio, la famiglia, il fallimento, il successo… la fede religiosa, la madre (quest’ultima vero e proprio filo conduttore di quanto è “trascritto” dal bravissimo Pasquale).
In questo libro l’autore in effetti, da provato giornalista qual è, non scrive… trascrive, riporta, cioè, ciò che i propri interlocutori gli “dettano”. Eroi nell’opera “Tante navi tante storie” sono i cosiddetti “antieroi” di sartriana (Jean Paul Sartre) memoria, coloro, cioè, che devono lottare quotidianamente contro mille piccoli draghi (la miseria, i figli, le scelte estreme) e che malgrado il loro costante impegno difficilmente troveranno spazio su un libro di storia.
Sottotitolo del libro è “Tanos, calabresi e cetraresi in Argentina”.
Cosa sono i “Tanos”? … ce lo dice, nella presentazione al libro, don Enzo Stamile, parroco di San Benedetto abate a Cetraro: “Ma il pregio di questo volume, è soprattutto quello di farci fare una viaggio nella memoria attraverso i nostri Tanos, così venivano chiamati gli italiani in Argentina, che è un diminutivo di Napoletanos”.
… un pensiero questo che dovrebbe far tantissimo riflettere per chi studia il fenomeno dell’emigrazione italiana nel corso del XX secolo.
Proprio per questo, quasi certamente, l’autore  apre questo stupendo (pittoresco e spesso tragico) percorso con il capitolo “Domani, partiamo per l’Argentina”. Un’esperienza, quella del lungo viaggio in nave, che in alcuni tratti ricorda tanto il viaggio degli ebrei (ovviamente mi riferisco ai viaggiatori delle classi più basse), stipati nei carri merci, verso i campi di concentramento nazista. Cambiava la visione della speranza, una speranza straripante di domande e dubbi. Cambiavano i carcerieri: nel caso degli ebrei… decisamente dannosi per la loro cattiveria, nel caso degli emigranti… decisamente dannosi per la loro inesperienza.
Emblematico, sul fatto dell’inesperienza dei “carcerieri” è l’ultimo viaggio della nave “Principessa Mafalda”, magistralmente descritto nelle pagine di “Tante navi tante storie”. Una tra le più grandi, se non la più grande, tragedie della storia della marina italiana.
Ed ecco, in tale tragedia, la voce di Angelina, della madre, ergersi al di sopra di tutte con il suo accorato appello: “No, no, salvate i miei due figli, scendo io, nuoto fin dove potrò, non abbandonate i miei figli”.
Risponde, ad Angelina, non con la voce ma con la sua storia, la signora (madre anch’essa) Cristina Maritato.
Vince, in tutta l’opera, l’Edmondo De Amicis del libro “Cuore”… che sia un parente stretto (almeno spiritualmente) del nostro comune amico Pasquale Guaglianone?
Sull’altra sponda, in Argentina, per coloro che riuscivano ad arrivarci… finalmente un sole (non il sole della Calabria, ma pur sempre un sole) e la promessa di un futuro diverso da quello che si era da qualche giorno lasciati alle spalle.
E’ stupendo il disegno che traccia Pasquale Guaglianone in merito all’emigrante in processo di partire, negli ultimi, se non nell’ultimo, giorno in cui calpesterà il suolo natio: “Sensazioni, che avrei ricordato per sempre (…) Erano cose mie. Mi appartenevano. Dovevo portarle con me. Nella mia memoria”.
Chi parte, sapendo che c’è anche la possibilità del non ritorno, è obbligato a fotografare, nella propria memoria, i più piccoli particolare della vita che sta per lasciarsi alle spalle: la propria fanciullezza, l’aroma del caffè (siamo italiani anche per questo), la figura paterna (che sparisce subito nell’opera) e quella materna (che lo accompagna, il nostro “autore/viaggiatore”, per tutta l’opera).
Altro filo conduttore importantissimo, oltre alla donna/madre, al caffè, alla ricercatezza del lavoro italiano all’estero è sicuramente la religiosità (spesso puramente folcloristica e/o legata ad una antica ritualità che si rifà ai nostri miti greci e latini): padre Pio, san Benedetto abate, la madonna… sempre presenti al nostro fianco… sempre presenti al fianco degli emigranti (anche e soprattutto quando tutto sembra andar loro nel peggiore dei versi).
L’incontro tra alcuni cetraresi (che non conoscevano direttamente l’autore di “Tante navi tante storie”… ma che conoscevano il padre e quindi la famiglia d’origine dello stesso) e Pasquale Guaglianone, sembra riportarci all’incontro tra Virgilio ed il suo compaesano Sordello all’interno della Divina Commedia (Purgatorio).
I senza terra, i senza patria (“tanos” in Argentina e “mericani” quando ritornano in Italia a ritrovare i propri cari e gli amici d’infanzia) finiscono per essere gli unici veri depositari (memoria storica) di una vita, di un mondo e d’un tempo che ormai tutti, in Calabria ed in particolare nel cosentino, ci siamo lasciati alle spalle. Noi, cittadini del mondo, confusi in una serie di mondi d’altri, spesso virtuali, non sappiamo più in che mondo abitiamo ed a quale mondo apparteniamo.
Vale la pena di leggere il libro di Pasquale Guaglianone? … decisamente si! … perché è scritto bene, perché ha contenuti interessantissimi, perché parla della nostra storia, perché… siamo Calabresi ed Emigranti.
“Tante navi tante storie” è… tantissimo, anche uno spaccato, ben fotografato, della vita che si conduceva tra il 1900 ed il 1950 nelle nostre zone: in Calabria (nella Calabria Citeriore).
Non mi dilungherò oltre (in questo spazio non ho nessuna intenzione di scrivere un altro libro col titolo “Tante navi tante storie”). Chiudo il tutto così come il bravissimo Pasquale Guaglianone ha chiuso la sua opera: “Prima di morire, un giorno di tanti anni fa, una donna calabrese originaria della provincia di Vibo Valentia, chiese che su di sé, alla sua morte, venisse cosparsa un poco di terra della campagna, che qualcuno portò dal suo paese natio”.
Meditiamo, su questa chiusura, sulla fortuna che abbiamo, noi, oggi, che grazie anche e soprattutto alla gente che è emigrata… possiamo godere di quello che ci hanno lasciato in eredità… la loro… la nostra terra.
Con Pasquale Guaglianone resta, da parte mia e dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili, l’impegno ad incontrarci di nuovo all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro amato/odiato paesino... di San Fili.

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.

lunedì 10 gennaio 2011

Marano Principato: restaurate le opere del pittore Raffaele Rinaldi di San Fili.

L'articolo che riporto di seguito (ripreso da un "pezzo" apparso sulla rivista “Parola di vita” – Settimanale di informazione dell’arcidiocesi, di Cosenza-Bisignano) si potrà leggere bollettino dell'Associazione culturale "Universitas Sancti Felicis" di San Fili (ovvero il nostro "Notiziario Sanfilese") del mese di Gennaio 2011... di prossima uscita.
Parla della San Fili che merita, parla della San Fili che ha saputo, nei secoli scorsi, ritagliarsi un proprio spazio nella storia che conta e conta positivamente. Parla del pittore Raffaele Rinaldi... da San Fili.
Parla di giovani (quali lo storico dell'arte dott. Roberto Iantorno) sanfilesi - parlano i giovani sanfilesi -che oggi, con sacrifici, riescono a ritagliarsi un proprio spazio vitale un una società che sembra fare acqua da tutte le parti.
Parla di un passato, sanfilese, certo e parla di un futuro, per San Fili e per i Sanfilesi, con qualche valido barlume di luce e di speranza... ci sono giovani su cui possiamo ancora contare, e questa è la cosa più importante.
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Il 18 novembre 2010, sono state restituite le opere afferenti al maggior corpus dell’artista Raffaele Rinaldi, nella chiesa dedicata alla SS. Annunziata, a Marano Principato, una vera e propria pinacoteca personale dell’artista sanfilese.
L’intervento iniziato il mese di aprile, è stato finanziato dalla Regione Calabria per il progetto “Restauro e valorizzazione del patrimonio storico artistico mobile”.
Il progetto di restauro e valorizzazione dei dipinti è stato realizzato con fondi europei erogati per i beni culturali e paesaggistici della Calabria e realizzato grazie alla collaborazione della Soprintendenza e della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Unical.
Da quest’ultima sono state realizzate le microanalisi sui pigmenti dei colori e analisi morfologiche per la caratterizzazione dei materiali costitutivi i dipinti.
Dalle parole dei relatori il quadro che ne esce è la ricchezza del patrimonio culturale calabro e di quanto sia importante custodire, curare e valorizzare tanta ricchezza.
Per meglio comprendere la bellezza e l’originalità delle opere del pittore calabrese, il Dott. Roberto Iantorno, spiega come il Rinaldi, eliminando il superfluo concentra la sua attenzione sul protagonista della scena rappresentata.
Il pittore, pur sempre attingendo dalle iconografie tradizionali, ripropone episodi della vita quotidiana dei santi, rappresentandoli in maniera unica ed essenziale.
Le figure, infatti, appaiono spoglie di particolari e di sontuosità, ma vengono comunque arricchite da essenziali attributi iconografici, così da permettere, a chi osserva, di comprendere subito a chi si riferisce l’opera.
Ne sono un esempio il giglio bianco, simbolo di purezza, riportato nell’Immacolata Concezione oppure gli attrezzi da falegname raffigurati nel Transito di San Giuseppe, o ancora la palma del martirio stretta nella mano di Santa Lucia.
Ha svolto ruolo di stazione appaltante la Direzione Regionale BBCC della Calabria e ruolo di controllo la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, guidata dal Dott. Fabio De Chirico.
Direttore dei Lavori è stato il sig. Faustino Nigrelli.
I lavori di restauro sono stati effettuati dal restauratore cosentino Gianluca Nava. Per l’esecuzione delle indagini diagnostiche fisiche, hanno collaborato il sig. Attilio Onofrio e la Dott.ssa Valentina Cosco della Soprintendenza BSAE; le indagini diagnostiche chimiche sono state condotte dal Prof. Mauro La Russa dei laboratori di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Unical e dirette dal Prof. Gino Crisci, Preside della Facoltà di SMFN dell’Ateneo calabrese.
Il lavoro effettuato secondo una sapiente miscela di tecniche tradizionali ed innovative, è stato preceduto, coadiuvato e seguito da alcune indagini diagnostiche ed ha permesso di ottenere delle informazioni molto utili per l’elaborazione di un database unico ed inedito sull’artista sanfilese.
La formula vincente collaudata per questo intervento, tra la Soprintendenza Bsae, l’Unical ed il restauratore cosentino, sarà racchiusa in una pubblicazione di prossima uscita nei primi mesi dell’anno 2011.
Successivamente alla ricollocazione dei dipinti nella chiesa, presso l’auditorium Baccelli, si è tenuto un dibattito dal titolo: “Raffaele Rinaldi da San Fili. Tracce per una rilettura del passato”.
Sono intervenuti il Sindaco di Marano Principato Tenuta, il Sac. Iaconetti, il sig. Nigrelli della Soprintendenza BSAE, il Preside della Facoltà di SMFN Crisci, il biografo di Raffaele Rinaldi dott. Roberto Iantorno ed il restauratore Gianluca Nava.
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Nella foto sopra da sinistra: G. Crisci (Preside della Facoltà di SMFN dell’Unical), A. Tenuta (sindaco di Marano Principato), G. Nava (restauratore), F. Nigrelli (funzionario della Soprintendenza BSAE) e R. Iantorno (storico dell’arte).
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

giovedì 6 gennaio 2011

"Tante navi tante storie"... Pasquale Guaglianone a San Fili (parte prima).

Pasquale Guaglianone.
Sono un discreto lettore, l’ammetto!, ovviamente considerato la media di lettura che ipotizzo in merito a San Fili e ai Sanfilesi.
Normalmente riesco a tracannare almeno uno o due libri al mese (intorno alle 150 - 200 pagine ciascuno) a cui vanno aggiunte le letture della rivista mensile Focus Storia e delle riviste trimestrali Focus Storia Wars, Focus Storia Collection, Focus Storia Biografie e la raccolta di saggi Hiram.
Normalmente (per non dire sempre), da quando ho lasciato la scuola (tanti e tantissimi anni fa), sono stato sempre io a decidere le mie letture... non attinenti a necessità di lavoro o ad incomprensibili libri di istruzioni per far funzionare i diabolici marchingegni che ci mettiamo sempre più deficentemente dentro casa.
Un privilegio questo raggiunto con tantissimi sacrifici (ore ed ore passate appunto sui libri al fine di crearmi una serie di anticorpi verso l’irrazionale mondo che attenta quotidianamente al mio “libero” spazio vitale) che mi ha reso immune  persino dall’assordante ripetitivo martellare della pubblicità.
Difficilmente compro un libro (bestseller?) che mi viene consigliato dalla TV o dai giornali.
Questo l’ho fatto solo due volte (almeno quelle che ricordo): quando ho comprato “L’Inferno -  profondo Sud” di Giorgio Bocca e quando ho comprato “Il simbolo perduto” di Dan Brown … soldi, come volevasi dimostrare, in entrambi i casi sprecati!
Strano ma vero, negli ultimi mesi del 2010 sono stato piacevolmente obbligato a leggere due libri che sicuramente non erano né nelle mie intenzioni di comprare né nelle mie intenzioni di leggere: la prima parte della negazione, quella relativa all’acquisto delle opere, si risolse facilmente con un… non considerato, ma decisamente apprezzato (la mia tirchieria è ormai proverbiale) omaggio. La seconda negazione venne abbattuta sia dalla soluzione della prima che dal fatto di un impegno morale che mi ero preso con gli autori (se non con gli amici degli autori) di tali opere.
Questi libri erano (… sono stati?) “La verità, vi prego, sulla danza” di Mary Garret (all’epoca Mariafrancesca Garritano, figlia della nostra indimenticabile compaesana Manola Calomeni) e “Tante navi  tante storie” di Pasquale Guaglianone.
Del libro “La verità, vi prego, sulla danza” ne ho abbondantemente parlato in precedenti post sempre su questo blog quindi eviterò di dilungarmi sullo stesso ma rimando ai miei precedenti scritti.
Quello su cui invece credo sia opportuno parlare in questa occasione, come preambolo, ed in qualche occasione futura, come cappello, trama e legittime considerazioni, è invece il libro dell’amico (mi arrogo il diritto di definirlo in quanto tra l’altro abbiamo ultimamente stretto questo stupendo rapporto anche sul social network Facebook) cetrarese Pasquale Guaglianone.
Mi fu chiesto di presentare il libro di Pasquale (libro di cui all’inizio ignoravo non solo il titolo ma anche e soprattutto il contenuto dello stesso) nel corso di qualche mia iniziativa culturale o di qualche iniziativa culturale che l’Associazione di cui sono presidente in carica (la “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) aveva in programma per la fine di questo decisamente poco stupendo, per San Fili e per i Sanfilesi, 2010.
A darmi una mano su questo fronte ci pensò il nostro compaesano Giuseppe (Pino) Falbo che mi passò la sua copia, tra l’altro “dedicata”, dell’opera di Pasquale.
… il titolo? … l’ho detto! … il contenuto? … lo dirò! … ma in un prossimo post.
Dandogli una veloce sfogliata, anche per capire cosa mi aspettava da lì a qualche giorno (in quanto avevo già un libro segnato a metà sul comodino e non intendevo iniziare una nuova battaglia culturale senza aver concluso quella in corso… perché leggere un libro è comunque una battaglia culturale!), una cosa colpì immediatamente i miei occhi e quindi la mia percezione sensoriale: i disegni contenuti (quindi a corredo dell’opera) all’interno del libro.
… stupendi, anche e soprattutto perché erano firmati da un altro… Sanfilese per metà: il mio carissimo amico Pietro De Seta. Sanfilese per metà in quanto la madre di Pietro De Seta è originaria di San Fili, appartiene alla famiglia dei Marchesani.
Ecco, mi son detto, un buon motivo per presentare un libro a San Fili.
La data? … mercoledì 22 dicembre 2010.
Una data, quella di mercoledì 22 dicembre 2010, che resterà impressa, speriamo per sempre (perché il popolo che non dimentica evita di commettere gli stessi errori) nella storia della piccola libera Repubblica di San Fili… e purtroppo non per la presentazione del libro dell’amico Pasquale Guaglianone corredato dai disegni dell’amico Pietro De Seta.
Ma questo e tant’altro sarà argomento di un prossimo post.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.