Come sono venuto in possesso di questo libro e perché sono venuto in possesso di questo libro l’ho detto in un post precedente (esattamente il 6 Gennaio 2011): il libro me l’ha prestato (?) l’amico Giuseppe Falbo il perché era dovuto al fatto che con l’Associazione culturale di cui mi onoro essere il Presidente in carica (la “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) il 22 dicembre (triste giorno per la nostra comunità) si è tenuta la presentazione dello stesso all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro stupendo paesino.
Ciò che non ho fatto nel precedente post (quello del 6 Gennaio 2011) è… dire a te, amico lettore, a sommi capi cos’è questo libro (cosa contiene), a chi si rivolge, se è di facile ed interessante lettura… se vale la pena leggerlo.
Se volessi sbrigarmela in quattro e quattr’otto potrei limitarmi a dire: si, è di facile lettura; si rivolge a tutti noi (emigranti, figli di emigranti, parenti di emigranti, estranei al mondo dell’emigrazione ma che tanto devono al fenomeno dell’emigrazione); è interessante (nella sua indiscutibile leggerezza)… vale la pena leggerlo.
Detto così, però, chi mi conosce (ed anche qualcuno che non mi conosce) potrebbe benissimo dire… “Pietro Perri questo libro non l’ha mai letto!”. Non c’è bisogno di leggere, infatti, questo libro per poter dire dello stesso ciò che ho detto. O quanto meno non c’è bisogno di leggerlo tutto… basta leggere la presentazione e la premessa all’inizio, prime dieci pagine, nonché la nota sulla copertina.
In tal modo sappiamo (in parte sbagliando in quanto sembra, da tali parti, essere rivolto solo ai Cetraresi sparsi per il mondo ed in particolare nell’America latina mentre guarda a 360 gradi all’emigrazione, calabrese in particolare ed italiana in generale, della prima metà del XX secolo) che parla, in modo stilisticamente accattivante oserei dire, di emigrazione.
Pasquale Guaglianone, giornalista e scrittore (cittadino del mondo) sembra sfogliare, nella sua opera “Tante navi tante storie”, l’emigrazione in tutte le sue sfaccettature principali: la poesia, la tragedia, la voglia di rivalsa, il dubbio, il coraggio, la famiglia, il fallimento, il successo… la fede religiosa, la madre (quest’ultima vero e proprio filo conduttore di quanto è “trascritto” dal bravissimo Pasquale).
In questo libro l’autore in effetti, da provato giornalista qual è, non scrive… trascrive, riporta, cioè, ciò che i propri interlocutori gli “dettano”. Eroi nell’opera “Tante navi tante storie” sono i cosiddetti “antieroi” di sartriana (Jean Paul Sartre) memoria, coloro, cioè, che devono lottare quotidianamente contro mille piccoli draghi (la miseria, i figli, le scelte estreme) e che malgrado il loro costante impegno difficilmente troveranno spazio su un libro di storia.
Sottotitolo del libro è “Tanos, calabresi e cetraresi in Argentina”.
Cosa sono i “Tanos”? … ce lo dice, nella presentazione al libro, don Enzo Stamile, parroco di San Benedetto abate a Cetraro: “Ma il pregio di questo volume, è soprattutto quello di farci fare una viaggio nella memoria attraverso i nostri Tanos, così venivano chiamati gli italiani in Argentina, che è un diminutivo di Napoletanos”.
… un pensiero questo che dovrebbe far tantissimo riflettere per chi studia il fenomeno dell’emigrazione italiana nel corso del XX secolo.
Proprio per questo, quasi certamente, l’autore apre questo stupendo (pittoresco e spesso tragico) percorso con il capitolo “Domani, partiamo per l’Argentina”. Un’esperienza, quella del lungo viaggio in nave, che in alcuni tratti ricorda tanto il viaggio degli ebrei (ovviamente mi riferisco ai viaggiatori delle classi più basse), stipati nei carri merci, verso i campi di concentramento nazista. Cambiava la visione della speranza, una speranza straripante di domande e dubbi. Cambiavano i carcerieri: nel caso degli ebrei… decisamente dannosi per la loro cattiveria, nel caso degli emigranti… decisamente dannosi per la loro inesperienza.
Emblematico, sul fatto dell’inesperienza dei “carcerieri” è l’ultimo viaggio della nave “Principessa Mafalda”, magistralmente descritto nelle pagine di “Tante navi tante storie”. Una tra le più grandi, se non la più grande, tragedie della storia della marina italiana.
Ed ecco, in tale tragedia, la voce di Angelina, della madre, ergersi al di sopra di tutte con il suo accorato appello: “No, no, salvate i miei due figli, scendo io, nuoto fin dove potrò, non abbandonate i miei figli”.
Risponde, ad Angelina, non con la voce ma con la sua storia, la signora (madre anch’essa) Cristina Maritato.
Vince, in tutta l’opera, l’Edmondo De Amicis del libro “Cuore”… che sia un parente stretto (almeno spiritualmente) del nostro comune amico Pasquale Guaglianone?
Sull’altra sponda, in Argentina, per coloro che riuscivano ad arrivarci… finalmente un sole (non il sole della Calabria, ma pur sempre un sole) e la promessa di un futuro diverso da quello che si era da qualche giorno lasciati alle spalle.
E’ stupendo il disegno che traccia Pasquale Guaglianone in merito all’emigrante in processo di partire, negli ultimi, se non nell’ultimo, giorno in cui calpesterà il suolo natio: “Sensazioni, che avrei ricordato per sempre (…) Erano cose mie. Mi appartenevano. Dovevo portarle con me. Nella mia memoria”.
Chi parte, sapendo che c’è anche la possibilità del non ritorno, è obbligato a fotografare, nella propria memoria, i più piccoli particolare della vita che sta per lasciarsi alle spalle: la propria fanciullezza, l’aroma del caffè (siamo italiani anche per questo), la figura paterna (che sparisce subito nell’opera) e quella materna (che lo accompagna, il nostro “autore/viaggiatore”, per tutta l’opera).
Altro filo conduttore importantissimo, oltre alla donna/madre, al caffè, alla ricercatezza del lavoro italiano all’estero è sicuramente la religiosità (spesso puramente folcloristica e/o legata ad una antica ritualità che si rifà ai nostri miti greci e latini): padre Pio, san Benedetto abate, la madonna… sempre presenti al nostro fianco… sempre presenti al fianco degli emigranti (anche e soprattutto quando tutto sembra andar loro nel peggiore dei versi).
L’incontro tra alcuni cetraresi (che non conoscevano direttamente l’autore di “Tante navi tante storie”… ma che conoscevano il padre e quindi la famiglia d’origine dello stesso) e Pasquale Guaglianone, sembra riportarci all’incontro tra Virgilio ed il suo compaesano Sordello all’interno della Divina Commedia (Purgatorio).
I senza terra, i senza patria (“tanos” in Argentina e “mericani” quando ritornano in Italia a ritrovare i propri cari e gli amici d’infanzia) finiscono per essere gli unici veri depositari (memoria storica) di una vita, di un mondo e d’un tempo che ormai tutti, in Calabria ed in particolare nel cosentino, ci siamo lasciati alle spalle. Noi, cittadini del mondo, confusi in una serie di mondi d’altri, spesso virtuali, non sappiamo più in che mondo abitiamo ed a quale mondo apparteniamo.
Vale la pena di leggere il libro di Pasquale Guaglianone? … decisamente si! … perché è scritto bene, perché ha contenuti interessantissimi, perché parla della nostra storia, perché… siamo Calabresi ed Emigranti.
“Tante navi tante storie” è… tantissimo, anche uno spaccato, ben fotografato, della vita che si conduceva tra il 1900 ed il 1950 nelle nostre zone: in Calabria (nella Calabria Citeriore).
Non mi dilungherò oltre (in questo spazio non ho nessuna intenzione di scrivere un altro libro col titolo “Tante navi tante storie”). Chiudo il tutto così come il bravissimo Pasquale Guaglianone ha chiuso la sua opera: “Prima di morire, un giorno di tanti anni fa, una donna calabrese originaria della provincia di Vibo Valentia, chiese che su di sé, alla sua morte, venisse cosparsa un poco di terra della campagna, che qualcuno portò dal suo paese natio”.
Meditiamo, su questa chiusura, sulla fortuna che abbiamo, noi, oggi, che grazie anche e soprattutto alla gente che è emigrata… possiamo godere di quello che ci hanno lasciato in eredità… la loro… la nostra terra.
Con Pasquale Guaglianone resta, da parte mia e dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili, l’impegno ad incontrarci di nuovo all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro amato/odiato paesino... di San Fili.
* * *
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.
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