A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
* * *
Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

domenica 7 agosto 2022

Quando le donne ricamano.


San Fili anni Sessanta - Donne d'altri tempi. 

Foto archivio Francesco (Ciccio) Cirillo.

Credete negli oroscopi? ... nella lettura dei fondi dei caffè o nei tarocchi? ... se credete a tutto ciò allora non potete non credere all'oracolo delle donne che ricamano!

Lo so, ogni tanto vi viene il dubbio che l'autore di queste pagine web su San Fili non sia poi tanto in regola con le rotelle della testa, ma questo simpatico oracolo mi è stato raccontato da una simpatica anziana signora e non ho potuto fare a meno di riportarvelo.

E' un oracolo d'altri tempi e non certamente consigliabile per l'adozione quotidiana dello stesso... non fosse per altro, se non per il male che cagiona alle Cassandra di turno.

Tanti e tanti anni fa, le signorine ritornando dal lavoro nei campi, spesse volte si riunivano e si riposavano "lavorando all'uncinetto" (oggi non solo non vanno nei campi, ma dubito che tante di loro si riposino "lavorando all'uncinetto") ricamando ed in tal modo contribuendo fattivamente ad aumentare il loro seppur scarno corredo.

Ricamando ricamando, non raramente finivano per pungersi a qualche dito della mano ("sinistra" specifica la mia cara e simpatica anziana confidente). Un po' come dire che chi gioca col fuoco prima o poi finirà per bruciarsi... e chi lavora (o gioca) con gli aghi, di conseguenza, non dovrà meravigliarsi se prima o poi finirà per pungersi.

Ed è proprio dalla "punciuta" che prende forma il nostro oracolo: in base al dito interessato, infatti, cambiava di volta in volta il profetico significato.

Una "punciuta" al pollice significava piacere imminente (la mia confidente afferma che era vero in quanto nel men che non si dica si verificava qualcosa di positivo per l'interessata).

Una "punciuta" all'indice significava dispiacere.

Una "punciuta" al medio significava posta in arrivo (n.d.r.: cosa che in altri tempi faceva enorme piacere sia per le buone nuove dei parenti lontani e sia perché, non raramente, in qualche busta si poteva trovare anche qualche dollaro americano. Oggi, purtroppo, gli italiani emigrati iniziano a scrivere tramite e-mail... e alle e-mail i dollari possono allegarsi solo in formato *.bmp o *.jpg).

Una "punciuta" all'anulare significava visita in arrivo.

Una "punciuta" al mignolo, infine, significava matrimonio nelle vicinanze.

Personalmente non so se quest'oracolo abbia fondamenta reali, il giorno che anch'io mi dedicherò al ricamo (lasciando magari l'hobby della scrittura... cosa richiestami da più tempo da qualche ignorante in libera circolazione per corso XX Settembre) vi saprò dire qualcosa di più in merito.

Era comunque un buon metodo per passare tra le amiche simpaticamente un po' di tempo assieme... ricamando (ossia facendo qualcosa di utile) e chiacchierando del più e del meno.

Oggi i tempi sono leggermente cambiati, malgrado si continua a ricamare e a tagliare nei nostri paesini.

Solo che il ricamo, il cucito ed il tagliare ("fuorficiare") dei nostri giorni non si fa più all'interno delle case, ma seduti (sedute) ad una panchina nel mentre si vede qualche compaesano o compaesana passare nelle vicinanze.

Potete anche non crederci... ma gli si cuciono (o le si cuciono) degli abiti addosso con una tale perfezione che neanche il più grande stilista nazionale riuscirebbe in una tale impresa.

San Fili "mmianzu u puontu". Festa estiva paesana agli inizi degli anni 2000 (2003?). A sinistra, in primo piano, la simpatica signora Maria Maier. Nella foto vediamo, intento a suonare la fisarmonica, il figlio Luigi (Gigino) Iantorno. Inutile dire che la signora Maier è stata mia preziosa confidente per questo ed altri articoli. Foto, ovviamente, by Pietro Perri.

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Questo articolo (Quanto le donne ricamano) mi è particolarmente caro.

Nel 2000 fu citato anche dalla rivista "Il Mio Computer" con un titolo (l'articolo della rivista "Il Mio Computer" a dir poco stupendo: UN PAESE INCANTEVOLE.

Riporto di seguito la pagina della citata rivista in cui si parla del mio sito "SAN FILI BY PIETRO PERRI" ed in cui viene citato anche il mio articolo dal titolo "Quando le donne ricamano".

Proprio così: è la pagina n. 111 della rivista (a tiratura nazionale) "Il Mio Computer" del mese di novembre (speciale SMAU) 2001. Il sito recensito sulla sinistra è proprio "San Fili by Pietro Perri". Questa è la recensione degli esperti della succitata rivista:

Il sito di Pietro rivela l'amore per il suo paese e per le sue tradizioni, ci sono storie e curiosità dai sapori antichi. Leggiamo per esempio nella sezione Storie e Leggende, in base alle regole di un particolare oroscopo, cosa può aspettarsi dal futuro una nostra amica o una nostra parente se si punge un dito quando cuce o ricama.

Scusate se è poco.

By Pietro Perri.


domenica 31 luglio 2022

Quando il passero cinguetta... pensando alla strage di Bologna del 2 agosto 1980.

 

Articolo apparso su il "Gazzettino del Crati" del 30 luglio 1992 (successivamente all'assassinio di Paolo Borsellino). Autore ovviamente Pietro Perri.

Foto a sinistra ripresa dal web.

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Mi capitò, tanto tempo fa, di osservare, ascoltare ed apprezzare un passero posato sulla cima di un alto abete nel suo dolce cinguettare primaverile.

Rimasi di stucco quando un mio amico mi fece notare come quella «specie d’animale» stesse prendendomi per il naso: metteva in mostra la sua stupenda arte canora esclusivamente per carpire la mia attenzione. Due abeti oltre, la sua compagna stava realizzando il familiare nido: l'uomo non doveva vedere, l'uomo è pericoloso.

Disse una volta una insigne persona di cui stranamente, non ricordo mai il nome: «... più sto con la gente e più amo gli animali!», contraddicendo il concetto secondo cui l'uomo si differenzia dalle bestie (dubito a tal punto se in bene o in male) per la «superiorità della ragione».

Hanno assassinato il giudice Giovanni Falcone con la propria scorta: la Mafia o il passero cinguettante? ... nidi in costruzione in quel tragico periodo ce n'erano tanti: l'Italia delle tangenti stava ridicolizzando la Repubblica della Lega Lombarda, il Parlamento italiano (decisamente in fase di stallo) non riusciva ad esprimere un Presidente della Repubblica in una Repubblica parlamentare, un governo illegittimo (figlio cioè di un Parlamento decaduto da quasi sessanta giorni) continuava a decretare.

Hanno assassinato il giudice Giovanni Falcone, così come avevano messo la bomba alla stazione di Bologna e realizzato numerose altre stragi... una tecnica che la Mafia, e con ciò nessuno vuole difendere uno dei peggiori mali della nostra società, ha finora sempre evitato, mirando esclusivamente all'esecuzione di chi non riconosceva le proprie regole... comunque andava guardata nel possibile l'incolumità della gente.

Questa volta si è mirato alla strage: l'eroe Giovanni Falcone era solo una giustificazione plausibile: se c'era un pullman di turisti o di gente comune nella traiettoria del proiettile (i mille chili di tritolo), tanto meglio... la compagna del passero doveva continuare indisturbata il suo nido.

Qualcuno, tra i «grandi elettori» (così oggi si chiamano deputati, senatori e rappresentanti delle regioni d'Italia), rinsavisce di colpo (meglio tardi che mai): la DC comprende che le proporzioni in Parlamento sono cambiate e che i «rossi» non sono poi tanto «rossi» come per decenni li si è dipinti, così carne il PDS comprende che anche lui deve prendersi la propria parte di responsabilità nella diretta gestione dello Stato Italiano.

L'on.le Oscar Luigi Scalfaro succede a Cossiga nella carica di Presidente del Bel Paese: l'impressione sulla gente è decisamente positiva... qualcosa, era ora, sta cambiando (presumibilmente ritorneremo a sentirci cristiani ed italiani). Tutti l'hanno ammirato nella conduzione dei quindici scrutini (fumate nere) precedenti la sua elezione: ... ci sa fare!

E' bella sentire il passero cinguettare (anche se non dava l'impressione di cinguettare poi tanto all'elezione del nostro nuovo e caro Presidente... che qualcosa sia andato storto? ... qualcuno, ha parlato di elezione al di fuori della politica … dubito che questo qualcuno sappia il significato del termine «politica»), così com'è bello sapere che ci ha preso in giro, elegantemente, per l'ennesima volta. Non so perché, ma ho la vaga sensazione d'averlo sentito cinguettare anche quando è scoppiato lo scandalo delle tangenti a Milano («Tangentopoli», come l'ha ribattezzata qualche simpatico burlone)... erano passati pochi giorni dalle Politiche del 1992 e non era del tutto sbagliato ricordare ai fratelli della «Lega Lombarda» che anche loro sono Italiani e tutti gli «Italiani», si diceva una volta, «sono brava gente»: qualcuno ha dei dubbi?

Uno tra gli sceneggiati televisivi più apprezzati negli ultimi due lustri, è stato certamente la «Piovra» col suo mitico (eroe anche questo) commissario Cattani interpretato dal bravissimo Michele Placido. Una cosa (ancora per poco e non per malto) non ho afferrato malto bene: chi è quell'ignorante che ha avuta l'astrusa idea di ambientare la «Piovra» a Milano invece che a Palermo, anteponendo per giunta l'artritico «Puparo» (decisamente commovente, carcerato com'era dei suoi ricordi e del tacito grande amore per la sua soleggiata tragica terra) ai freddi e calcolatori Espinosa e Tano Cariddi. Come collocare questo apprezzabile sbadato scrittore: in un superbo osservatore?

Povero illuso passero cinguettante: ormai abbiamo scoperto il tuo gioco, ed il mio amico è già salito sull'albero inquisito per distruggere il materno lavoro della tua compagna. Inventa qualche altro trucco: con questo non ci caschiamo più. 


sabato 9 luglio 2022

JUGALE ovvero UN PONTE TRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO. (3)

Don Giovanni Genitle alias
Chiacchiara in una caricatura
di Ruggero Crispini alias
Rucrì. Entrambi da San Fili.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Maggio 2022 a firma di Pietro Perri.

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Il contenuto del canto IX messo nero su bianco dal nostro don Giovanni Gentile”, dicevo sul Notiziario Sanfilese del mese di aprile, “lo ritroviamo, con leggere varianti sulla narrazione, anche nel Jugale di Antonio Chiappetta senior”.

Riporto, solo per darne una idea, due stralci di queste tanto stupende quanto simpatiche composizioni in dialetto cosentino.

Il primo stralcio è opera del sanfilese don Giovanni Gentile (prete si ma non certo per vocazione) alias Chiacchiara.

L’antefatto: Jugale chiede giustizia al giudice perché una mosca le ha rubato la carne e non vuole pagargliela.

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Lu judice ridiennu de Jugale,

Li dissedi: «Io nun ci aju cchi cce fare:

«Giustizia nun ci ‘nn’ha ppe st’animale.

«Ti dugnu libertà de l’ammazzare:

«De moni avanti, ogni musca chi vidi

«‘Mpacchiacce ‘na palata cumu cridi ».

 

«Mentre chi vussuria cussì m’à dittu,

«‘N pratica vuogliu minte stu cunsigliu:

«Quannu viju na musca, cittu cittu,

«L’aju de dà la morte drue la pigliu:

«Vidimu si stu picculu animale

«S’à de vantà ca chiecchiariau Jugale ».

 

Doppu chi de stu modu iddru parlau,

E si pigliau lu palu e lu cappieddru,

Una ‘n frunte a lu Judice vulau:

Jugale dice: “ ‘A legge l’à fatt’iddru ”

Azau de manu e ‘narvalau la mazza

E la musca a lu Judice t’ammazza.

*     *     *

Il secondo stralcio, stesso episodio, invece è opera di Antonio Chiappetta senior alias Vigabbo.

*     *     *

Lu judice rispuse e disse: - Figliu,

stu casu ‘ntra lu colici penale

nun è previstu, sulu te cunsigliu.

sempre bene pe’ tia, pe’ loru male,

addue le vidi, senza avi’ pagura,

ammazzale, e ‘u li paghi a la Pretura.

 

Sti paroli ‘un avissi prufiritu!

‘ntra la frunti li cursi  na palata;

ca bona avìa la sintenza capitu

Jugale, ed all’affettu avìa purtata:

alla frunta du judice piscata

avìa na musca e ci l’avìa frappata.

 

Criju ca nun c’è bisuognu de ve dire

ca lu judice s’appe de ‘mpassare

la frunta, ca ne steze pe’ murire

ed a Jugale appe de perdunare:

illu ci l’avìa data l’avirtenza

ed alla frunta coze la sentenza.

*     *     *

La storiellina (rumanza o canto che dir si voglia) non nasce in Calabria né tantomeno a Cosenza (grazie ad Antonio Chiappetta) né tantomeno a San Fili (grazie a don Giovanni Gentile).

La storiellina, vera perla di saggezza e decisamente un colpo al cuore della mala giustizia, era conosciutissima da tempo immemore in tutti i paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo.

La riportano alcuni autori d’origine islamica e la riporta, in una sua celebre raccolta, il siciliano Giuseppe Pitrè, scrittore, medico, letterato e etnologo italiano (22 dicembre 1842 - 10 aprile 1916). Ovviamente non col nome di Jugale ma col nome che più si addice al territorio in cui vengono di volta in volta ambientate le storie di cui Jugale è interprete (personalmente vedo Jugale come un interprete e non come un personaggio; il personaggio nelle storie di Jugale è e resta il Popolo): Jugale, Johala, Giufà, Giucà, Djehà, Giuhà, Guhà, Jochà, Vardiello,  Giaffah... cambiano i nomi ma Jugale resta Jugale.

(Continua).

*     *     *

... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

domenica 3 luglio 2022

A RI CACCIATURI SANTUFILISI di don GIOVANNI GENTILE alias CHIACCHIARA.


Versi attribuiti a don Giovanni Gentile alias Chiacchiara.

Poeta dialettale calabrese nato e deceduto a San Fili. Vissuto a cavallo del XIX e del XX secolo.

Prete, riporta una sua biografia, più avvezzo alle gonne ed al fucile che al vangelo con il quale si accompagnava nel corso e tra i vicoli del borgo.

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Sopra a sinistra foto di cacciatori sanfilesi verso la fine degli anni Settanta.

Da sinistra: Michele Storino, Franchino Aiello, Serafino Giraldi, Francesco Lombardo e Vincenzo Rende. Non sappiamo chi è il fanciullo.

Sulla 850 uno spettacolare cinghiale che avrebbe fatto crepare d’invidia l’autore di questi stupendi versi.

Siamo nei pressi di piazza Mario Nigro (ex piazza Caserma).

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La poesia “A ri cacciaturi sntufilisi” è stata proposta sul Notiziario Sanfilese del mese di maggio 2022.

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I lupi su calati a ru paise,

le vurpe faù la tana pe ra strata;

mo nù stà chju tranquillu lu furise,

la jocca nù stà questa o sbriscerata.

 

Cu si tri cacciaturi... de parole

i liepueri mo dormenu a ru liettu;

stennicchìati milogna, ‘ntre viole

e pisciami a ra porta, pe dispiettu.

 

Si mintenu a ra mmuzzu, a ra ‘ssettata,

a cuntà fatti de franciddri e piche;

faù ccu la vucca: bum - chi schiuppettata!

saglienu nu scalune - ih, chi fatighe!

 

S’ammazzanu n’acieddru scacaturu,

pisanu la carne e cuntanu le pinne;

la gatta ù ne vò sentire l’adduru,

ma a d’iddri u cannaruozzu saglie e scinne.

 

A videre nu liepure... su stati

- e chi ‘a po’ cuntà - ntra na furesta...

cani de ca, schiuppette a griddri azati,

spara: ta bum; attiuìenti, sta mulesta...

 

Macchì... chiddru e canusce e si ne vani

tranquillu, a cuda vascia... e chin’u mpurra

tantu su vicini o su luntani,

si sparanu, nu chjavanu a na turra.

 

La sira, pue la sira... A ra sezione...

trissette e scupa: veri cacciaturi

ca mmiennule priparanu le trone

e faù li stagli dintra quattru muri.

 

Na vota! .. Eranu tiempi chi lu cane

nu stava dintra a si fa tunnu e grassu;

siecute e fatte e suonu de campane;

la vuce, ntra le macchje, a d’ogne passu.

 

Na vota! .. Eranu tiempi chi la serra

era la casa de lu cacciature:

liettu de paglia, adduru de la terra:

era nu chjuovu ‘n core, era n’amure.

 

E mo... tiegnu na collera... chi dicu

è nu dulure quannu sientu e guardu.

Ah, si vivissi ancora mastru Ricu,

ih, si ce fuossi ca sulu Filardu!

 

Ca i lupi mo ni vienu ‘ntra la casa,

si curca la milogna a ru scalune,

ti chjica l’uocchiu a vurpe a d’ogni rasa,

u liepure è tranquillu a ru fuddrune.

 

Pecchì si cacciaturi, la schiuppetta

la tienu pe pagare lu satture.

Bah, s’è cuntientu chine nu la jetta

è natu pe d’avì se fricature.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

giovedì 30 giugno 2022

JUGALE ovvero UN PONTE TRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO. (2)

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Aprile 2022 a firma di Pietro Perri. 

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Jugale, dicevo, non nasce in Calabria né tantomeno a Cosenza o nel cosentino... malgrado ciò che ne scrisse il letterato Antonio Chiappetta senior (alias Vigabbo) nel suo poema omonimo (il Jugale dato alle stampe per la prima volta nel 1899).

Jugale (con tutta una serie di varianti sul suo nome), quando Antonio Chiappetta senior dava, con qualche remora o dubbio, per la prima volta alle stampe la sua più famosa opera toccava i porti che si affacciavano sull’intero Mediterraneo almeno da 5 secoli a quella parte. E tutto ciò grazie alle conquiste territoriali dell’impero turco-ottomano.

Jugale, secondo una tradizione ormai accettata universalmente, nasce in territorio arabo grazie a Nasreddin Khoja.

Nasreddin Khoja “(...) è una figura favolistica (ma anche presente nella letteratura del sufismo), che la cultura turca vorrebbe vissuta intorno al XIII secolo ad Akşehir e successivamente a Konya, al tempo della dinastia Selgiuchide, ma che, sotto il nome di Guha, ossia Giufà, è presente anche nella favolistica araba-siciliana. Sarebbe stato un filosofo populista, spesso citato in storielle
divertenti e aneddoti
”.

Personalmente amo pensare sia stato un giudice arabo che volle mettere alla berlina il modo di gestire la giustizia da parte dei suoi colleghi. Una giustizia gestita sempre e comunque a discapito delle parti deboli e sempre e comunque sottovalutando l’intelligenza e le necessità del popolo che si rivolgeva ai togati dell’epoca.

Mi piace pensare ciò almeno per due motivi:

1) adoro la rumanza (canto o racconto che dir si voglia) in cui Jugale su invito indiretto e canzonatorio del giudice spacca la testa allo stesso;

2) le rumanze di Jugale (tranne in pochissimi casi in cui si rende lo stesso un semplice personaggio quasi senza senso) sono sempre e comunque delle vere e proprie “sentenze di vita” e soprattutto “per la vita”.

L’ipotetica stupidità di Jugale, nel Jugale tradizionale, infatti serve solo per  introdurre la storia e mai per finirla. Alla fine del racconto in cui lui sembra (e dico “sembra”) essere protagonista il vero stupido (e quindi protagonista) si rivela essere il giudice di turno, il disonesto, il popolo (quasi sempre punto centrale delle rumanze) o lo stesso attento ascoltatore o lettore della simpatica storiella.

Alla fine del racconto sembra che Jugale dica a colui che ascolta o legge lo stesso: non essere come me... ragiona. Non essere come me perché io sono un semplice personaggio in cerca costante d’autore (le sue storie infatti pur se eterne cessano di vivere nell’arco di qualche riga dattiloscritta) ma tu sei quello che sta scrivendo, con la tua vita e quindi a tue spese, la mia nuova storia.

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Antonio Chiappetta senior (alias Vigabbo) è contemporaneo al sanfilese don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara).

Antonio Chiappetta senior nasce a Cosenza nel 1876 ed ivi muore nel 1942. Don Giovanni Gentile nasce a San Fili nel 1877 ed ivi muore nel 1953. Don Giovanni Gentile frequenta le scuole superiori (il seminario-carcere in cui “fu rinchiuso”, a suo dire) a Cosenza e nulla toglie che abbiano frequentato circoli e/o amicizie in comune e quindi siano stati anche amici tra di loro.

Entrambi sono maestri nell’uso del dialetto cosentino (il dialetto dei letterati, se così si può dire) e quasi contemporaneamente (se non contemporaneamente) si cimentano nel mettere in versi (appunto in dialetto cosentino) le gesta tragicheroicomiche avventure di Jugale.

Entrambi, nel pubblicare le loro opere in cui compare Jugale, utilizzano un alias (Vigabbo ossia “vi prendo in giro” e Chiacchiara ossia “vi prendo in giro”).

Nel 1899 viene data alle stampe l’opera di Antonio Chiappetta senior “Jugale”, nel 1903 all’interno della raccolta di poesie in dialetto calabrese data alle stampe dal sanfilese compare il canto IX del Jugale (poemetto inedito e... purtroppo, dico io, perduto).

Il contenuto del canto IX messo nero su bianco dal nostro don Giovanni Gentile lo ritroviamo, con leggere varianti sulla narrazione, anche nel Jugale di Antonio Chiappetta senior.

Parlo della già citata rumanza in cui si parla della mosca che mangiato a sbafo la carne di proprietà di Jugale si rifiuta di pagare la contropartita al nostro eroe. Chiamata in causa la mosca, il giudice gli fa notare che siccome non c’è giustizia per questi animali... dove ne vedesse una non ci pensasse su due volte e subito l’accoppasse.

Purtroppo per il giudice la prima mosca che vide Jugale  dopo quella “illuminata sentenza” si posò proprio sulla fronte del togato e... lascio a voi capire (o ricordare) cosa successe dopo.

Ok, nel dubbio che siate pronipoti di Jugale ve lo dico io: il giudice, nel rispetto della sua sentenza, si beccò una bella mazzata in testa.

Mazzata meritatissima in quanto non è corretto/giusto prendere in giro Jugale ovvero il Popolo.

E sono sicuro che di giudici che meriterebbero una eguale lezione da Jugale anche tu ne conosci tantissimi, o sbaglio?

In una nota trovata su web leggiamo: “Antonio Chiappetta, poeta, letterato e giornalista, lo scrisse ancora adolescente sul finire dell’800 come mero esercizio letterario. E tale avrebbe dovuto rimanere per volontà dello stesso autore”.

In poche parole sembra che il Jugale di Antonio Chiappetta nasca quasi come una gara da portare avanti in competizione con qualcun altro. Che sia il sanfilese don Giovanni Gentile questo qualcun altro?

(Continua).

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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

Nel disegno sopra una delle interpretazioni del Jugale di Antonio Chiappetta alias Vigabbo.


martedì 28 giugno 2022

La guerra di chi la guerra non avrebbe mai voluto farla.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di maggio 2022.

Di Pietro Perri... ricordando suo padre Salvatore. E ricordando quanti, partiti in guerra per combattere una guerra non loro, in un modo o nell’altro sono riusciti a riportare la pelle a casa alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

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Mi ero ripromesso, forse una decina di anni fa, di riportare sulle pagine del Notiziario Sanfilese alcuni ricordi dell’esperienza bellica (fortunatamente non traumatica né tragica com’è capitato a tanti altri nostri compaesani) subita da mio padre Salvatore.

Diciamo a priori che mio padre Salvatore non indossò la divisa, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, volontariamente (ed anche con innato piacere se non orgoglio) come l’ho indossata io, per circa cinque anni, dal 1983 al 1988. Mio padre, come tanti italiani della classe 1918, dicevo, semplicemente la subì... ma non tanto male da cercare di convincermi a desistere sul mio insano intento.

Fatto questo breve preambolo... permettetemi di parlare, da questo momento in poi in questo breve ricorso, non da figlio ma in terza persona.

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Salvatore Perri (figlio di Francesco e di Teresa Asta) nasce a San Fili il 23 novembre del 1918 ed ivi muore il 17 settembre del 2003.

Il 21 febbraio del 1940 viene dichiarato rivedibile alle chiamate delle classi 1918 e 1919 ma sarà costretto a rispondere alla chiamata alle armi della classe 1921. Classe interessata all’inquadramento del 1941.

Dal foglio matricolare leggiamo alla voce “arte o professione” panettiere.

Il saper fare il pane, come la gran parte dei contadini del nostro borgo, si rivelò per Salvatore un vero e proprio colpo di fortuna nella tragedia che stavano per vivere i suoi compagni di sventura: al fronte si ma... a debita distanza. I panettieri in periodo di guerra all’epoca erano non carne da mandare al macello ma carne da tenere cara... in debita considerazione.

Una fortuna, teneva a sottolineare Salvatore agli amici con cui passava il poco tempo disponibile (fuori dalla campagna e fuori dagli impegni di sacrestano/volontario presso la locale chiesetta della Madonna del monte Carmelo), non caduta del tutto dal cielo: suo fratello Amedeo, storico indimenticato postino di San Fili, gli aveva consigliato di dire, alla visita di leva, non di fare il contadino ma di fare il panettiere. Bugia non tanto grande, in effetti: in quegli anni tutte le case di campagna erano provviste di forno a legna e tutte le famiglie di contadini facevano il pane in casa.

E fu così che Salvatore fu insignito del titolo di panettiere a tutti gli effetti.

Nel mese di gennaio del 1941 Salvatore Perri viene inquadrato nella 10° Comp. Sussistenza ed avviato a Capua.

Nel mese di settembre del 1941 lo troviamo assegnato alla 161^ Sezione Panettieri con forni carreggiabili 1897 con destinazione Africa a disposizione dell’Intendenza della Tripolitania - Ufficio Ordinamento Sezione Oltremare.

17 marzo 1942 sbarcherà (viaggio in aereo) a Tripoli ed ivi viene aggregato alla 20^ Comp. Suss.

Giunto a Bengasi dal foglio matricolare sembra sia stato ricoverato “per causa di servizio” nell’0spedale da campo n. 188 e riassegnato alla 161^ sezione Panettieri e da qui assegnato alla 20^ Comp. Suss.

Cessa di essere in zona di operazione di guerra il 10 maggio del 1943 in quanto preso prigioniero dagli Inglesi, trasferito in Inghilterra ed ivi richiuso in un campo di internamento.

Resterà in mano agli Inglesi per ben tre anni, ovvero dall’11 maggio del 1943 al 9 giugno del 1946 (giorno, quest’ultimo, in cui viene sbarcato a Taranto.

Nella parte finale del foglio matricolare si legge tra l’altro (ed a scanso di equivoci): “Nessuno addebito può essere elevato in merito alle circostanze della cattura ed al comportamento tenuto durante la prigionia”.

Salvatore Perri, anche in quell’occasione, aveva pienamente fatto il suo dovere verso lo Stato. E tutto ciò malgrado fu mandato a combattere in una guerra non sua ed in cui sicuramente non credeva.

Salvatore Perri in ogni caso fu tantissimo più fortunato di tanti suoi compagni di sventura... anche Sanfilesi tanti dei quali impegnati in fronti (e soprattutto con altri incarichi) quali i Balcani o la Russia: molti non rientrarono affatto, molti rientrarono mutilati e molti ancora psicologicamente provati e che per anni soffrirono di bestiali incubi.

Salvatore Perri riportò a San Fili qualche medaglia da eroe? ... si, una e la più importante riportò indietro la propria vita.

E credo non ci sia miglior medaglia di questa... soprattutto per i propri familiari.

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Mio padre amava scherzare sulla sua esperienza bellica in Africa e di successiva prigionia in Inghilterra... ed ovviamente non smetteva di ringraziare suo fratello per aver contribuito a salvargli, a suo modo, la vita.

Di quel periodo mio padre non parlava mai, segno forse che non era stato tutto rose e fiori come a volte mi dava a credere, né io gli chiesi mai (sbagliando?) di raccontarmi per filo e per segno tale sua esperienza.

Amava dire, scherzandoci su, che comunque lui almeno non soffrì la fame: nelle panetterie il pane non mancava mai ed in Inghilterra, nei campi di prigionia, la razione quotidiana di patate era assicurata a tutti.

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Sopra a sinistra: Perri Salvatore in una classica foto che lo Stato regalava ai propri figli destinati al fronte.

Una foto che poteva essere l’ultima e che per alcuni era anche la prima della loro vita.

La foto è stata scattata nel 1941 a Castellamare di Stabia.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

giovedì 23 giugno 2022

Una promessa mantenuta per 16 lunghi anni... by Pietro Perri.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Maggio 2022... by Pietro Perri.

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Nella foto a sinistra: Francesco “Ciccio” Cirillo saluta i suoi lettori con la sua ultima pubblicazione dal titolo, appunto, “ADDIO!.. / FAREWELL!..”.

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Era l’aprile del 1987 quando pubblico il suo ennesimo libricino dedicato ai Sanfilesi nel Mondo.

Nel mese di marzo del 1990 uscirà anche il suo ultimo Notiziario Sanfilese e purtroppo gran parte delle copie spedite dal caro Francesco “Ciccio” Cirillo giungeranno ai destinatari quando lui ormai era da poco passato a miglior vita. Aveva circa 64 e sicuramente poteva dare ancora

tanto alla Comunità Sanfilese.

Una Comunità, quella sanfilese, che come tutte le Comunità che si rispettino spesso è molto prodiga con gli “accolti” e/o gli avventurieri di turno ed altrettanto spesso decisamente avara con i suoi figli migliori.

Francesco “Ciccio” Cirillo (Sanfilese doc che ha tanto amato la sua San Fili ed i Sanfilesi tutti e di cui ne fu il custode, ricercatore e divulgatore della memoria storica per tantissimi anni) risponde benissimo al concetto di “nemo propheta in patria”.

Sugli ultimi Notiziario Sanfilese pubblicati dall’indimenticato ed indimenticabile (per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzarlo) Francesco Ciccio Cirillo compaiono anche le firme di Francesco Apuzzo (allora responsabile della Biblioteca comunale di San Fili) e dello scrivente. E Ciccio Cirillo vedendo in noi chi finalmente poteva dare il giusto valore al suo lavoro ci ringrazierà di vero cuore.

Nel febbraio del 1990 Ciccio Cirillo scriveva a Francesco Apuzzo: “Finalmente qualcuno mi ha capito e questo è un ringraziamento che debbo rivolgere a te (...)”.

Pensiero che sarà ribadito nel marzo del 1990 nei miei confronti: “Ho pubblicato le tue lettere anche per una certa soddisfazione per quello che dici circa di me, così da farlo sapere agli altri, specie se andrà alle orecchie di quelli che poco mi possono vedere”.

Nel mese di giugno del 1990 Francesco Apuzzo, io ed alcuni altri amici (tra cui Gianni De Nittis) decidemmo tra l’altro di dare vita ad un nuovo volantino/lettera aperta tra i Sanfilesi nel Mondo anche al fine di proseguire l’opera di Ciccio Cirillo.

Questo volantino/lettera aperta tra i Sanfilesi nel Mondo, chiamato Pagine Sanfilesi, non ebbe vita lunga e ciò perché mancava di un qualcosa di basilare: restava un volantino ed era ben distante dal divenire, così come era il Notiziario Sanfilese, una lettera aperta tra i Sanfilesi nel Mondo. Pagine Sanfilesi (sia per mancanza di collegamenti con i Sanfilesi sparsi nel Mondo che per un discorso anche economico) non fu in grado di oltrepassare i confini materiali del territorio comunale.

Ma fu comunque un inizio.

Qualcosa cambiò finalmente con lo svilupparsi della rete di internet e, agli inizi degli anni Duemila, con la mia idea di dare vita ad una nuova serie dei Notiziario Sanfilese... online. Idea che fu subito apprezzata da alcuni cari “compaesani d’oltreoceano”. Tra questi il caro (prematuramente scomparso) prof. Franco Fato e Carmelo Serpe a cui col tempo si aggiungeranno Oscar Bruno, Giuseppe Muto e la nostra collaboratrice Nuccia Giglio-Carlise.

Nel maggio del 2006 l’ulteriore svolta (e naturale evoluzione), di tale piccolo tesoro di divulgazione culturale della nostra Comunità, con l’uscita del primo numero del Notiziario Sanfilese a cura dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” San Fili.

E credeteci: sedici anni di regolare uscita mensile non sono pochi. E non sono poche oltre 1500 pagine (in 188 uscite) su foglio A4 di notizie varie, attualità, curiosità storiche, foto e via dicendo su San Fili e sulla Comunità Sanfilese.

Le pubblicazioni del Notiziario Sanfilese potrebbero proseguire ancora per tantissimo tempo (il problema non è infatti la mancanza di materiale o un discorso puramente economico) ma questo è un tempo che non posso più io mettere a disposizione né, per quello che mi sembra di percepire, c’è più come prima l’interesse della Comunità Sanfilese verso questo mezzo d’informazione.

Anche perché, ammettiamolo, la Comunità Sanfilese (a San Fili e nel Mondo) non è più quella d’una volta.

Da parte mia credo d’aver pienamente tenuto fede alla promessa di proseguire il suo prezioso lavoro al caro indimenticato Ciccio Cirillo ed il fatto che qualcuno inizia ad abbinare il mio nome al suo non può che confermarmi ciò e non può che farmi tantissimo piacere.

Spero vivamente che qualcuno, in futuro, prenda il mio posto su questo fronte... Anche se in questo futuro e su questo fronte vedo solo ombre in fondo al tunnel.

Da parte mia, e se ovviamente sarà richiesto, se lo riterrò opportuno metterò a disposizione di questo qualcuno parte del materiale che ho racimolato in questi lunghi anni in cui ho prestato, orgoglioso di ciò, la mia firma alla Comunità Sanfilese nel Mondo. Una firma apparsa su quotidiani locali (la Gazzetta del Sud, il Quotidiano di Cosenza e Provincia, la Provincia Cosentina), mensili e quindicinali (il Gazzettino del Crati, l’Occhio), e, dulcis in fundo, il nostro Notiziario Sanfilese.

E chissà, forse dopo essere anch’io passato a miglior vita (spero in buona salute ed il più tardi possibile), fra tanti anni potrò anch’io leggere qualche elogio nei miei confronti su qualche nuova edizione del Notiziario Sanfilese.

Carissimo Francesco “Ciccio” Cirillo di gente che non ha lesinato parole offensive verso questo mio piacere della scrittura e di amore verso la Comunità Sanfilese nel Mondo ne ho incontrato tantissima anch’io su questo mio percorso (ed anche questo è uno dei motivi per cui ho deciso di appendere le penne stilo e la tastiera del mio computer ad un chiodo). Compaesani con cui hai sempre vissuto e che in buona parte hai pure aiutato quando era nelle tue possibilità e che, svoltato l’angolo e dimentichi di ciò, sia davanti che alle spalle, sia in pubblico che in privato non ci pensano due volte a pugnalarti a tradimento come se col tuo “gratuito fare” gli togli il pane dalla bocca. 

Si può combattere contro tutto e contro tutti ma non, a lungo andare, contro i tuoi simili e quindi contro te stesso: si perde a priori.

Carissimo Francesco “Ciccio” Cirillo grazie per ciò che hai fatto per tutti noi.

E... “ADDIO!.. / FAREWELL!..”

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Un cordiale affettuoso abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!