Articolo
pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di maggio 2022.
Di Pietro
Perri... ricordando suo padre Salvatore. E ricordando quanti, partiti in guerra
per combattere una guerra non loro, in un modo o nell’altro sono riusciti a
riportare la pelle a casa alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
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Mi ero
ripromesso, forse una decina di anni fa, di riportare sulle pagine del
Notiziario Sanfilese alcuni ricordi dell’esperienza bellica (fortunatamente non
traumatica né tragica com’è capitato a tanti altri nostri compaesani) subita da
mio padre Salvatore.
Diciamo a
priori che mio padre Salvatore non indossò la divisa, nel corso della Seconda
Guerra Mondiale, volontariamente (ed anche con innato piacere se non orgoglio)
come l’ho indossata io, per circa cinque anni, dal 1983 al 1988. Mio padre,
come tanti italiani della classe 1918, dicevo, semplicemente la subì... ma non
tanto male da cercare di convincermi a desistere sul mio insano intento.
Fatto
questo breve preambolo... permettetemi di parlare, da questo momento in poi in
questo breve ricorso, non da figlio ma in terza persona.
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Salvatore Perri (figlio
di Francesco e di Teresa Asta) nasce a San Fili il 23 novembre del 1918 ed ivi
muore il 17 settembre del 2003.
Il 21 febbraio del 1940
viene dichiarato rivedibile alle chiamate delle classi 1918 e 1919 ma sarà
costretto a rispondere alla chiamata alle armi della classe 1921. Classe
interessata all’inquadramento del 1941.
Dal foglio matricolare
leggiamo alla voce “arte o professione” panettiere.
Il saper fare il pane,
come la gran parte dei contadini del nostro borgo, si rivelò per Salvatore un
vero e proprio colpo di fortuna nella tragedia che stavano per vivere i suoi
compagni di sventura: al fronte si ma... a debita distanza. I panettieri in
periodo di guerra all’epoca erano non carne da mandare al macello ma carne da
tenere cara... in debita considerazione.
Una fortuna, teneva a
sottolineare Salvatore agli amici con cui passava il poco tempo disponibile
(fuori dalla campagna e fuori dagli impegni di sacrestano/volontario presso la
locale chiesetta della Madonna del monte Carmelo), non caduta del tutto dal
cielo: suo fratello Amedeo, storico indimenticato postino di San Fili, gli
aveva consigliato di dire, alla visita di leva, non di fare il contadino ma di
fare il panettiere. Bugia non tanto grande, in effetti: in quegli anni tutte le
case di campagna erano provviste di forno a legna e tutte le famiglie di
contadini facevano il pane in casa.
E fu così che Salvatore
fu insignito del titolo di panettiere a tutti gli effetti.
Nel mese di gennaio del
1941 Salvatore Perri viene inquadrato nella 10° Comp. Sussistenza ed avviato a
Capua.
Nel mese di settembre
del 1941 lo troviamo assegnato alla 161^ Sezione Panettieri con forni
carreggiabili 1897 con destinazione Africa a disposizione dell’Intendenza della
Tripolitania - Ufficio Ordinamento Sezione Oltremare.
17 marzo 1942 sbarcherà
(viaggio in aereo) a Tripoli ed ivi viene aggregato alla 20^ Comp. Suss.
Giunto a Bengasi dal
foglio matricolare sembra sia stato ricoverato “per causa di servizio”
nell’0spedale da campo n. 188 e riassegnato alla 161^ sezione Panettieri e da
qui assegnato alla 20^ Comp. Suss.
Cessa di essere in zona
di operazione di guerra il 10 maggio del 1943 in quanto preso prigioniero dagli
Inglesi, trasferito in Inghilterra ed ivi richiuso in un campo di internamento.
Resterà in mano agli
Inglesi per ben tre anni, ovvero dall’11 maggio del 1943 al 9 giugno del 1946
(giorno, quest’ultimo, in cui viene sbarcato a Taranto.
Nella parte finale del
foglio matricolare si legge tra l’altro (ed a scanso di equivoci): “Nessuno
addebito può essere elevato in merito alle circostanze della cattura ed al
comportamento tenuto durante la prigionia”.
Salvatore Perri, anche
in quell’occasione, aveva pienamente fatto il suo dovere verso lo Stato. E
tutto ciò malgrado fu mandato a combattere in una guerra non sua ed in cui
sicuramente non credeva.
Salvatore Perri in ogni
caso fu tantissimo più fortunato di tanti suoi compagni di sventura... anche
Sanfilesi tanti dei quali impegnati in fronti (e soprattutto con altri
incarichi) quali i Balcani o la Russia: molti non rientrarono affatto, molti
rientrarono mutilati e molti ancora psicologicamente provati e che per anni
soffrirono di bestiali incubi.
Salvatore Perri riportò a San Fili qualche medaglia da eroe? ... si, una e
la più importante riportò indietro la propria vita.
E credo non ci sia
miglior medaglia di questa... soprattutto per i propri familiari.
* * *
Mio padre amava scherzare
sulla sua esperienza bellica in Africa e di successiva prigionia in
Inghilterra... ed ovviamente non smetteva di ringraziare suo fratello per aver
contribuito a salvargli, a suo modo, la vita.
Di quel periodo mio
padre non parlava mai, segno forse che non era stato tutto rose e fiori come a
volte mi dava a credere, né io gli chiesi mai (sbagliando?) di raccontarmi per
filo e per segno tale sua esperienza.
Amava dire, scherzandoci
su, che comunque lui almeno non soffrì la fame: nelle panetterie il pane non
mancava mai ed in Inghilterra, nei campi di prigionia, la razione quotidiana di
patate era assicurata a tutti.
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Sopra a sinistra: Perri Salvatore in una classica foto che lo Stato
regalava ai propri figli destinati al fronte.
Una foto che poteva essere l’ultima e che per alcuni era anche la prima
della loro vita.
La foto è stata scattata nel 1941 a Castellamare di Stabia.
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato
Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis
pacem para bellum”!
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