SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: gennaio 2011

A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
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Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@sanfili.net

giovedì 27 gennaio 2011

San Fili / Auswitz 2011 - affinché il ricordo non muoia.

Il brano che riporto di seguito (adattato solo in un paio di parti appositamente proposte, in questo spazio ed in questa occasione, in corsivo) è stato pubblicato sul quindicinale “l’occhio” anno II n. 7 di domenica 2 aprile 1995… ovviamente a firma del sottoscritto… alias Pietro Perri.
Lo ripropongo oggi, giornata della Shoah (della memoria), affinché… il ricordo non muoia e con il ricordo non muoia anche il nostro futuro.
Anche San Fili ha avuto i suoi deportati, i suoi morti e i suoi confinati nel corso della Seconda Guerra Mondiale.  
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Marzo 1945: a soli sedici anni moriva, nel campo di concentra­mento di Bergen-Belsen, una ra­gazzina ebrea diventata suo malgrado il simbolo dell'olocausto: Annaleis Marie Frank, Anna, au­trice dell'omonimo diario.
Qualche anno addietro ebbi il piacere di leggere le toccanti pa­gine di quelle stupende e tragiche lettere inviate idealmente alla sua amica del cuore Kitty... l'inesi­stente, come era inesistente e rea­le al tempo stesso, la sua vita nell'alloggio segreto di Amsterdam.
Oggi Anna Frank, per le nuove leve potrebbe non essere mai esistita: l'ultima partita di pallone o ciò che hanno detto o che non hanno detto gli eterni dottori dei mali economici e sociali di questa strana società... sono gli interes­santissimi discorsi che monopo­lizzano la loro attenzione. Anna Frank è il passato. Ed il passato lo vediamo quotidianamente in tele­visione, anche se con nomi diver­si: il passato oggi si chiama So­malia, Iraq, Bosnia, Cecenia, Ruanda... la TV non ne parla più, quindi il pericolo è scomparso, inutile preoccuparsi.
Il presente invece è bello: si chiama Beautiful, Perla Nera, Sen­tieri... in alcuni casi Tempo Reale e Combat Film. Il presente, video permettendo, sarà eterno.
Qualcuno si chiederà perché ho deciso di dedicare questo spazio a questo fantasma del passato... mi auguro che qualcuno se lo chie­da. Semplice: sabato 4 marzo (n.d.a.: 1995), mi trovavo a San Fili in piazza San Giovanni a discutere del più e del meno con alcuni amici, sulla si­tuazione politica attuale.
Uno di questi miei amici disse scherzosamente che per quei simpaticoni di onorevoli della Prima Repubblica e mezzo, si do­vrebbero costruire degli appositi campi di concentramento. Un si­gnore, a pochi passi da noi, puntualizzò: "Purché non siano nazisti". Questo signore di cui in questa occasione non svelerò il nome, tra l'altro padre di un mio ex compagno di scuola, prose­guendo ci confidò di essere stato lui stesso prigioniero in un campo di concentramento in Germania.
(…) E’ questo un brandello di storia mondiale che quasi quotidiana­mente incrociamo senza render­cene neanche conto in piazza San Giovanni o lungo corso XX Settembre.
Un brandel­lo di storia che magari avrebbe tanta voglia di parlarci di se e che noi,  impegnati  nel  nostro perbenismo, nel ridicolizzare e sottovalutare il nostro prossimo, ci sforziamo di non riconoscere.
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Quando i nostri passi incrociano quelli di un anziano… fermiamoli un attimo e guardiamo nel volto chi ci sta di fronte: quel volto, quegli occhi… le sue mani… sono un pezzo di storia che sicuramente nessuno ci racconterà mai.
Un paese che non conosce, comprende ed elabora compiutamente la propria storia è destinato a rivivere il proprio passato - (Elsa Morante).
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… pace!

sabato 22 gennaio 2011

C'era na vota 'a staffila... maestra di vita (2).

La staffilata alle Scuole Elementari di San Fili? … quasi, se non certo, una fustigazione.
C’erano mille buone scuse, per un insegnante “signor maestro” per utilizzare la staffila. Parliamo ovviamente, mi auguro, di periodi precedenti il 1975.
Era, dopotutto, anche quella una forma di pedagogia tra l’altro approvata dal novanta e più per cento dei nostri genitori di allora.
... non potevano fare altro: mettersi contro un insegnante “signor maestro” (una vera casta) significava far giocare ai propri figli anche il semplice diritto di concludere il primo ciclo di studi, quello delle Scuole Elementari.
All’epoca senza quel pezzo di carta non si poteva fare niente, non si poteva accedere neanche ad un posto semplice di bidello… occupazione oggi ambitissima anche da soggetti plurilaureati.
La licenza elementare era, in quei fantastici (?) anni, un vero e proprio, ambitissimo, “titolo di studio”.
A nulla, infatti, serviva lamentarci, rientrati a casa, d’aver preso qualche staffilata nel corso della mattina. A qualcuno di noi poteva capitare anche di buscare il resto (ovviamente con schiaffi e similari) dai nostri genitori… altri tempi.
E com’era brutto buscare una staffilata senza capire il motivo della stessa e magari con il signor maestro che si accorgeva troppo tardi d’averti dato una staffilata in più e si scusava dicendo: “... non preoccuparti, alla prossima occasione te ne darò una in meno”.
La staffila aveva anche un nome e persino, a detta di qualcuno, un cognome, si chiamava “Margherita”… “Margherita”, di nome, “Gonfia Le Dita”, di cognome.
... io appartengo a quella massa (?) di studenti che di staffilate ne ha prese tantissime... almeno negli anni in cui frequentavamo le Scuole Elementari... di San Fili (nel mio caso dal 1967 al 1972... anno più anno meno... purtroppo la mia memoria non è più quella d'una volta).
La staffila, all'epoca, era utilizzata generosamente dai nostri insegnanti, dai nostri "signor maestro" e "signora maestra".
All'epoca (l'epoca in cui gli insegnanti delle scuole elementari appunto erano maestri e non professori) i nostri "signor maestro" e "signora maestra" ancor prima d'essere insegnanti di storia, di italiano, di educazione civica (ma si insegna ancora l’educazione civica nelle scuole elementari?) e di geografia erano sopratutto... maestri di vita.
Erano quelli i tempi (quelli vissuti dallo scrivente) del "signor Direttore" Goffredo Iusi e dei "signori maestri" Raffaele Perri (cugino di mio padre), Eugenio Aiello (vicino di casa), Eugenio Chiappetta (Socialista convinto), Francesco Stillo, Isidoro Apuzzo, Benito Zuccarelli e delle "signori maestre" quale Maria Ruffolo e Ada Trotta.
Tra i succitati in tanti mi hanno riferito che il meno terribile era proprio il “signor maestro” Raffaele Perri. Questi, convinto assertore della scuola alla don Milani o alla Montessori, più che costringere i “suoi” alunni in modo al proprio “lavoro” con la staffila… li costringeva con allettanti iniziative quali quelle che si svolgevano, nel doposcuola, allo storico ed indimenticabile “Centro di lettura”.
Ovviamente questi sono i nomi che rientrano nei miei ricordi e sicuramente tantissimi, “signor maestro” e “signora maestra”, involontariamente ed innocentemente sono stati cancellati da tali ricordi.
Per dirla tutta, comunque, a me non piace bleffare con me stesso né con la storia che, amico lettore, ti vado propinando, qualcuna e/o qualcuno, degli insegnanti di cui non faccio il nome in queste pagine, li ho dimenticati volutamente: anche in quanti si sono succeduti nel corpo insegnanti delle scuole elementari e medie del nostro paese, di San Fili, ci sono stati i classici soggetti definibili come soggetti che “né adduranu e né puzzanu”. Soggetti cioè che, in quegli importantissimi edifici dove si formavano (e si formano tutt’oggi) i sanfilesi di domani, non valevano neanche l’aria che respiravano… e purtroppo la nostra Comunità ne sta pagando tristemente lo scotto.
La Scuola (quella con la “S” maiuscola), per i “signor maestro” e le “signora maestra” degli anni sessanta e settanta (1960/1980) non era una professione … era una missione e come tale andava oltre il proprio compito “infra mura” (dentro le mura dell’edificio scolastico).
In quegli anni il sabato, la domenica e le feste comandate il lavoro della nostra élite intellettuale proseguiva con una serie d’incontri quali quelli, decisamente indimenticabili, all’interno del Circolo di Cultura Enrico Granata.
Fanno bene oggi a chiamarli “professore”, e gli stessi fanno bene a farsi chiamare in tale modo, e non “maestro” in quanto oggi tali insegnanti sono più dei professionisti che non dei “magister”, ossia delle persone “grandi, che stanno al di sopra”.
... altri tempi.
... in quei tempi anche la staffila era... maestra di vita: ... e cumu avvrinchiava supra 'e manu!
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Anche se in questo caso non siamo difronte ad una staffila, non me la sento di tacere su un piccolo fatto che mi è accaduto, non so se alla seconda o alla terza elementare, presso, appunto, le Scuole Elementari di San Fili.
Personaggi: la signora maestra Maria Ruffolo, il signor maestro Francesco Stillo e… io (quel tipo di scuola mi ha insegnato tra l’altro che è cattiva educazione, in una elencazione, quando si scrive, mettersi prima degli altri).
L’anno? … il 1968 o il 1969.
La signora maestra Maria Ruffolo ed il signor maestro Francesco Stillo stavano parlando fra di loro non so se del più o del meno o di fatti inerenti il proprio lavoro. Non so per quale motivo (ovviamente parlo di un ragazzino che poteva avere al massimo nove o dieci anni), ma qualcosa mi costrinse ad avvicinarmi alla coppia e a chiamare più volte, inutilmente, la signora maestra Maria Ruffolo.
Visto la mia inutile insistenza al fine di attirare la sua attenzione mi lasciai sfuggire un fischio e nel men che non si dica il signor maestro Francesco Stillo si lasciò sfuggire uno schiaffo che colpi, non senza lasciarmi di stucco, il mio, all’epoca, delicato visino.
Percepii, comunque, a sommi capi il dialogo che susseguì tra la signora maestra Maria Ruffolo ed il signor maestro Francesco Stillo.
Dialogo che riporto di seguito.
Maria Ruffolo:          “France’, perché gli hai dato questo schiaffo?”.
Francesco Stillo:        “Mari’, ha fischiato… per giunta a Scuola”.
Maria Ruffolo:          “Ma l’ha fatto per attirare la mia attenzione, e poi se qualcuno doveva punirlo questo era compito mio… dopotutto è un mio alunno”.
Francesco Stillo:        “Mari’, fischiare anche se per attirare l’attenzione di qualcuno è comunque segno di cattiva educazione e nel suo caso è cattiva educazione nei confronti del corpo docente, dell’Istituzione… quindi la punizione poteva essere inflitta da ognuno di noi”.
Maria Ruffolo:          “Allora, Perri, cos’è che devi dirmi?”.
… non so, non ricordo, cosa ho risposto alla signora maestra Maria Ruffolo (una bravissima insegnante che è riuscita d’una “crapa” come il sottoscritto a fare il tuo migliore interlocutore… diversamente non trovo giustificazione al fatto che ancora leggi le mie assurde divagazioni).
… non so perché, o forse lo so benissimo, ma quello schiaffo mi ha fatto decisamente meno male di tantissime staffilate. Forse perché tante staffilate non avevano motivo d’essere ed invece quello schiaffo lo ricordo ancora oggi, piacevolmente (non per il dolore cagionatomi dallo stesso), come una lezione di vita e per la vita.
Oggi, infatti, quando mi sento chiamare da qualcuno con un fischio o quanto mi rendo conto che qualcuno vuole attirare la mia attenzione con un fischio… faccio finta di non sentirlo e proseguo per la mia strada fintanto che lo stesso non pronuncia il mio nome o non mi da’ del signore.
Mi chiamano con un fischio? … non mi sembra né di essere una pecora né di essere un cane.
Che gente maleducata incrocia a volte i miei passi… meriterebbe un bello schiaffo in faccia… magari dall’erudita mano dell’indimenticabile carissimo signor maestro Francesco Stillo.


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 continua.
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.

domenica 16 gennaio 2011

Nuovi sondaggi per una San Fili migliore... by Pietro Perri.

Giorno 31 dicembre 2010 dopo circa quattro mesi si è chiuso ufficialmente il primo sondaggio lanciato da questo blog e rivolto ai Sanfilesi in particolare ed in generale a tutti i visitatori del “San Fili Blog by Pietro Perri”.
La domanda a cui si era tenuti a rispondere era la seguente: “Ti piacerebbe che San Fili diventasse frazione di Rende?”.
Inutile negare che tale sondaggio ha registrato un eccezionale flop… almeno in base alle risposte ottenute. Su quattromila accessi (cento in più / cento in meno) registrati da questo stupendo, appunto per gli accessi dallo stesso registrati, “San Fili Blog by Pietro Perri”… solo 151 (il 3,77 %) persone hanno ritenuto legittimo, intelligente ed utile dare una propria risposta a tale sondaggio.
Per la cronaca di questi 151 eroici votanti 20 hanno risposto SO, 125 hanno risposto NO, 4 hanno risposto NON SAPREI e 2 (ai quali comunque vanno aggiunti gli altri 3900 visitatori che hanno scelto di non votare) NON MI INTERESSA.
Personalmente penso che non sia comunque errata la strada del “sondaggio locale”. Ecco perché oggi ti propongo (sempre sul “San Fili Blog by Pietro Perri), amico lettore, ben altri due sondaggi. Sondaggi cui si chiede di rispondere a questi quesiti: 1) “SECONDO TE… LA GIUNTA ZUCCARELLI TER PORTERA’ A CONCLUSIONE IL SUO MANDATO QUINQUENNALE (2015)?”; 2) “SECONDO TE… CHI E’ STATO IL MIGLIOR SINDACO DI SAN FILI NEGLI ULTIMI 40 ANNI?”.
Entrambi i sondaggi resteranno aperti fino al 31 marzo 2011… a te la parola.
A proposito: i sondaggi sono completamente anonimi, quindi puoi sbizzarrirti come meglio credi.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!

venerdì 14 gennaio 2011

“Tante navi tante storie”… Pasquale Guaglianone a San Fili (parte seconda).

Come sono venuto in possesso di questo libro e perché sono venuto in possesso di questo libro l’ho detto in un post precedente (esattamente il 6 Gennaio 2011): il libro me l’ha prestato (?) l’amico Giuseppe Falbo il perché era dovuto al fatto che con l’Associazione culturale di cui mi onoro essere il Presidente in carica (la “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) il 22 dicembre (triste giorno per la nostra comunità) si è tenuta la presentazione dello stesso all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro stupendo paesino.
Ciò che non ho fatto nel precedente post (quello del 6 Gennaio 2011) è… dire a te, amico lettore, a sommi capi cos’è questo libro (cosa contiene), a chi si rivolge, se è di facile ed interessante lettura… se vale la pena leggerlo.
Se volessi sbrigarmela in quattro e quattr’otto potrei limitarmi a dire: si, è di facile lettura; si rivolge a tutti noi (emigranti, figli di emigranti, parenti di emigranti, estranei al mondo dell’emigrazione ma che tanto devono al fenomeno dell’emigrazione); è interessante (nella sua indiscutibile leggerezza)… vale la pena leggerlo.
Detto così, però, chi mi conosce (ed anche qualcuno che non mi conosce) potrebbe benissimo dire… “Pietro Perri questo libro non l’ha mai letto!”. Non c’è bisogno di leggere, infatti, questo libro per poter dire dello stesso ciò che ho detto. O quanto meno non c’è bisogno di leggerlo tutto… basta leggere la presentazione e la premessa all’inizio, prime dieci pagine, nonché la nota sulla copertina.
In tal modo sappiamo (in parte sbagliando in quanto sembra, da tali parti, essere rivolto solo ai Cetraresi  sparsi per il mondo ed in particolare nell’America latina mentre guarda a 360 gradi all’emigrazione, calabrese in particolare ed italiana in generale, della prima metà del XX secolo) che parla, in modo stilisticamente accattivante oserei dire, di emigrazione.
Pasquale Guaglianone, giornalista e scrittore (cittadino del mondo) sembra sfogliare, nella sua opera “Tante navi tante storie”, l’emigrazione in tutte le sue sfaccettature principali: la poesia, la tragedia, la voglia di rivalsa, il dubbio, il coraggio, la famiglia, il fallimento, il successo… la fede religiosa, la madre (quest’ultima vero e proprio filo conduttore di quanto è “trascritto” dal bravissimo Pasquale).
In questo libro l’autore in effetti, da provato giornalista qual è, non scrive… trascrive, riporta, cioè, ciò che i propri interlocutori gli “dettano”. Eroi nell’opera “Tante navi tante storie” sono i cosiddetti “antieroi” di sartriana (Jean Paul Sartre) memoria, coloro, cioè, che devono lottare quotidianamente contro mille piccoli draghi (la miseria, i figli, le scelte estreme) e che malgrado il loro costante impegno difficilmente troveranno spazio su un libro di storia.
Sottotitolo del libro è “Tanos, calabresi e cetraresi in Argentina”.
Cosa sono i “Tanos”? … ce lo dice, nella presentazione al libro, don Enzo Stamile, parroco di San Benedetto abate a Cetraro: “Ma il pregio di questo volume, è soprattutto quello di farci fare una viaggio nella memoria attraverso i nostri Tanos, così venivano chiamati gli italiani in Argentina, che è un diminutivo di Napoletanos”.
… un pensiero questo che dovrebbe far tantissimo riflettere per chi studia il fenomeno dell’emigrazione italiana nel corso del XX secolo.
Proprio per questo, quasi certamente, l’autore  apre questo stupendo (pittoresco e spesso tragico) percorso con il capitolo “Domani, partiamo per l’Argentina”. Un’esperienza, quella del lungo viaggio in nave, che in alcuni tratti ricorda tanto il viaggio degli ebrei (ovviamente mi riferisco ai viaggiatori delle classi più basse), stipati nei carri merci, verso i campi di concentramento nazista. Cambiava la visione della speranza, una speranza straripante di domande e dubbi. Cambiavano i carcerieri: nel caso degli ebrei… decisamente dannosi per la loro cattiveria, nel caso degli emigranti… decisamente dannosi per la loro inesperienza.
Emblematico, sul fatto dell’inesperienza dei “carcerieri” è l’ultimo viaggio della nave “Principessa Mafalda”, magistralmente descritto nelle pagine di “Tante navi tante storie”. Una tra le più grandi, se non la più grande, tragedie della storia della marina italiana.
Ed ecco, in tale tragedia, la voce di Angelina, della madre, ergersi al di sopra di tutte con il suo accorato appello: “No, no, salvate i miei due figli, scendo io, nuoto fin dove potrò, non abbandonate i miei figli”.
Risponde, ad Angelina, non con la voce ma con la sua storia, la signora (madre anch’essa) Cristina Maritato.
Vince, in tutta l’opera, l’Edmondo De Amicis del libro “Cuore”… che sia un parente stretto (almeno spiritualmente) del nostro comune amico Pasquale Guaglianone?
Sull’altra sponda, in Argentina, per coloro che riuscivano ad arrivarci… finalmente un sole (non il sole della Calabria, ma pur sempre un sole) e la promessa di un futuro diverso da quello che si era da qualche giorno lasciati alle spalle.
E’ stupendo il disegno che traccia Pasquale Guaglianone in merito all’emigrante in processo di partire, negli ultimi, se non nell’ultimo, giorno in cui calpesterà il suolo natio: “Sensazioni, che avrei ricordato per sempre (…) Erano cose mie. Mi appartenevano. Dovevo portarle con me. Nella mia memoria”.
Chi parte, sapendo che c’è anche la possibilità del non ritorno, è obbligato a fotografare, nella propria memoria, i più piccoli particolare della vita che sta per lasciarsi alle spalle: la propria fanciullezza, l’aroma del caffè (siamo italiani anche per questo), la figura paterna (che sparisce subito nell’opera) e quella materna (che lo accompagna, il nostro “autore/viaggiatore”, per tutta l’opera).
Altro filo conduttore importantissimo, oltre alla donna/madre, al caffè, alla ricercatezza del lavoro italiano all’estero è sicuramente la religiosità (spesso puramente folcloristica e/o legata ad una antica ritualità che si rifà ai nostri miti greci e latini): padre Pio, san Benedetto abate, la madonna… sempre presenti al nostro fianco… sempre presenti al fianco degli emigranti (anche e soprattutto quando tutto sembra andar loro nel peggiore dei versi).
L’incontro tra alcuni cetraresi (che non conoscevano direttamente l’autore di “Tante navi tante storie”… ma che conoscevano il padre e quindi la famiglia d’origine dello stesso) e Pasquale Guaglianone, sembra riportarci all’incontro tra Virgilio ed il suo compaesano Sordello all’interno della Divina Commedia (Purgatorio).
I senza terra, i senza patria (“tanos” in Argentina e “mericani” quando ritornano in Italia a ritrovare i propri cari e gli amici d’infanzia) finiscono per essere gli unici veri depositari (memoria storica) di una vita, di un mondo e d’un tempo che ormai tutti, in Calabria ed in particolare nel cosentino, ci siamo lasciati alle spalle. Noi, cittadini del mondo, confusi in una serie di mondi d’altri, spesso virtuali, non sappiamo più in che mondo abitiamo ed a quale mondo apparteniamo.
Vale la pena di leggere il libro di Pasquale Guaglianone? … decisamente si! … perché è scritto bene, perché ha contenuti interessantissimi, perché parla della nostra storia, perché… siamo Calabresi ed Emigranti.
“Tante navi tante storie” è… tantissimo, anche uno spaccato, ben fotografato, della vita che si conduceva tra il 1900 ed il 1950 nelle nostre zone: in Calabria (nella Calabria Citeriore).
Non mi dilungherò oltre (in questo spazio non ho nessuna intenzione di scrivere un altro libro col titolo “Tante navi tante storie”). Chiudo il tutto così come il bravissimo Pasquale Guaglianone ha chiuso la sua opera: “Prima di morire, un giorno di tanti anni fa, una donna calabrese originaria della provincia di Vibo Valentia, chiese che su di sé, alla sua morte, venisse cosparsa un poco di terra della campagna, che qualcuno portò dal suo paese natio”.
Meditiamo, su questa chiusura, sulla fortuna che abbiamo, noi, oggi, che grazie anche e soprattutto alla gente che è emigrata… possiamo godere di quello che ci hanno lasciato in eredità… la loro… la nostra terra.
Con Pasquale Guaglianone resta, da parte mia e dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili, l’impegno ad incontrarci di nuovo all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” del nostro amato/odiato paesino... di San Fili.

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.

lunedì 10 gennaio 2011

Marano Principato: restaurate le opere del pittore Raffaele Rinaldi di San Fili.


L'articolo che riporto di seguito (ripreso da un "pezzo" apparso sulla rivista “Parola di vita” – Settimanale di informazione dell’arcidiocesi, di Cosenza-Bisignano) si potrà leggere bollettino dell'Associazione culturale "Universitas Sancti Felicis" di San Fili (ovvero il nostro "Notiziario Sanfilese") del mese di Gennaio 2011... di prossima uscita.
Parla della San Fili che merita, parla della San Fili che ha saputo, nei secoli scorsi, ritagliarsi un proprio spazio nella storia che conta e conta positivamente. Parla del pittore Raffaele Rinaldi... da San Fili.
Parla di giovani (quali lo storico dell'arte dott. Roberto Iantorno) sanfilesi - parlano i giovani sanfilesi -che oggi, con sacrifici, riescono a ritagliarsi un proprio spazio vitale un una società che sembra fare acqua da tutte le parti.
Parla di un passato, sanfilese, certo e parla di un futuro, per San Fili e per i Sanfilesi, con qualche valido barlume di luce e di speranza... ci sono giovani su cui possiamo ancora contare, e questa è la cosa più importante.
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Il 18 novembre 2010, sono state restituite le opere afferenti al maggior corpus dell’artista Raffaele Rinaldi, nella chiesa dedicata alla SS. Annunziata, a Marano Principato, una vera e propria pinacoteca personale dell’artista sanfilese.
L’intervento iniziato il mese di aprile, è stato finanziato dalla Regione Calabria per il progetto “Restauro e valorizzazione del patrimonio storico artistico mobile”.
Il progetto di restauro e valorizzazione dei dipinti è stato realizzato con fondi europei erogati per i beni culturali e paesaggistici della Calabria e realizzato grazie alla collaborazione della Soprintendenza e della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Unical.
Da quest’ultima sono state realizzate le microanalisi sui pigmenti dei colori e analisi morfologiche per la caratterizzazione dei materiali costitutivi i dipinti.
Dalle parole dei relatori il quadro che ne esce è la ricchezza del patrimonio culturale calabro e di quanto sia importante custodire, curare e valorizzare tanta ricchezza.
Per meglio comprendere la bellezza e l’originalità delle opere del pittore calabrese, il Dott. Roberto Iantorno, spiega come il Rinaldi, eliminando il superfluo concentra la sua attenzione sul protagonista della scena rappresentata.
Il pittore, pur sempre attingendo dalle iconografie tradizionali, ripropone episodi della vita quotidiana dei santi, rappresentandoli in maniera unica ed essenziale.
Le figure, infatti, appaiono spoglie di particolari e di sontuosità, ma vengono comunque arricchite da essenziali attributi iconografici, così da permettere, a chi osserva, di comprendere subito a chi si riferisce l’opera.
Ne sono un esempio il giglio bianco, simbolo di purezza, riportato nell’Immacolata Concezione oppure gli attrezzi da falegname raffigurati nel Transito di San Giuseppe, o ancora la palma del martirio stretta nella mano di Santa Lucia.
Ha svolto ruolo di stazione appaltante la Direzione Regionale BBCC della Calabria e ruolo di controllo la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, guidata dal Dott. Fabio De Chirico.
Direttore dei Lavori è stato il sig. Faustino Nigrelli.
I lavori di restauro sono stati effettuati dal restauratore cosentino Gianluca Nava. Per l’esecuzione delle indagini diagnostiche fisiche, hanno collaborato il sig. Attilio Onofrio e la Dott.ssa Valentina Cosco della Soprintendenza BSAE; le indagini diagnostiche chimiche sono state condotte dal Prof. Mauro La Russa dei laboratori di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Unical e dirette dal Prof. Gino Crisci, Preside della Facoltà di SMFN dell’Ateneo calabrese.
Il lavoro effettuato secondo una sapiente miscela di tecniche tradizionali ed innovative, è stato preceduto, coadiuvato e seguito da alcune indagini diagnostiche ed ha permesso di ottenere delle informazioni molto utili per l’elaborazione di un database unico ed inedito sull’artista sanfilese.
La formula vincente collaudata per questo intervento, tra la Soprintendenza Bsae, l’Unical ed il restauratore cosentino, sarà racchiusa in una pubblicazione di prossima uscita nei primi mesi dell’anno 2011.
Successivamente alla ricollocazione dei dipinti nella chiesa, presso l’auditorium Baccelli, si è tenuto un dibattito dal titolo: “Raffaele Rinaldi da San Fili. Tracce per una rilettura del passato”.
Sono intervenuti il Sindaco di Marano Principato Tenuta, il Sac. Iaconetti, il sig. Nigrelli della Soprintendenza BSAE, il Preside della Facoltà di SMFN Crisci, il biografo di Raffaele Rinaldi dott. Roberto Iantorno ed il restauratore Gianluca Nava.
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Nella foto sopra da sinistra: G. Crisci (Preside della Facoltà di SMFN dell’Unical), A. Tenuta (sindaco di Marano Principato), G. Nava (restauratore), F. Nigrelli (funzionario della Soprintendenza BSAE) e R. Iantorno (storico dell’arte).
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

venerdì 7 gennaio 2011

... parlerò di San Fili e della sua gente (poesia... by Pietro Perri / 1982).

... un modo come un altro per darvi (per l'ennesima volta) i miei auguri di un favoloso 2011... con un impegno preso nei vostri confronti nel lontano 1982.
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... a San Fili e a tutti i Sanfilesi nel mondo.
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!

giovedì 6 gennaio 2011

"Tante navi tante storie"... Pasquale Guaglianone a San Fili (parte prima).

Pasquale Guaglianone.
Sono un discreto lettore, l’ammetto!, ovviamente considerato la media di lettura che ipotizzo in merito a San Fili e ai Sanfilesi.
Normalmente riesco a tracannare almeno uno o due libri al mese (intorno alle 150 - 200 pagine ciascuno) a cui vanno aggiunte le letture della rivista mensile Focus Storia e delle riviste trimestrali Focus Storia Wars, Focus Storia Collection, Focus Storia Biografie e la raccolta di saggi Hiram.
Normalmente (per non dire sempre), da quando ho lasciato la scuola (tanti e tantissimi anni fa), sono stato sempre io a decidere le mie letture... non attinenti a necessità di lavoro o ad incomprensibili libri di istruzioni per far funzionare i diabolici marchingegni che ci mettiamo sempre più deficentemente dentro casa.
Un privilegio questo raggiunto con tantissimi sacrifici (ore ed ore passate appunto sui libri al fine di crearmi una serie di anticorpi verso l’irrazionale mondo che attenta quotidianamente al mio “libero” spazio vitale) che mi ha reso immune  persino dall’assordante ripetitivo martellare della pubblicità.
Difficilmente compro un libro (bestseller?) che mi viene consigliato dalla TV o dai giornali.
Questo l’ho fatto solo due volte (almeno quelle che ricordo): quando ho comprato “L’Inferno -  profondo Sud” di Giorgio Bocca e quando ho comprato “Il simbolo perduto” di Dan Brown … soldi, come volevasi dimostrare, in entrambi i casi sprecati!
Strano ma vero, negli ultimi mesi del 2010 sono stato piacevolmente obbligato a leggere due libri che sicuramente non erano né nelle mie intenzioni di comprare né nelle mie intenzioni di leggere: la prima parte della negazione, quella relativa all’acquisto delle opere, si risolse facilmente con un… non considerato, ma decisamente apprezzato (la mia tirchieria è ormai proverbiale) omaggio. La seconda negazione venne abbattuta sia dalla soluzione della prima che dal fatto di un impegno morale che mi ero preso con gli autori (se non con gli amici degli autori) di tali opere.
Questi libri erano (… sono stati?) “La verità, vi prego, sulla danza” di Mary Garret (all’epoca Mariafrancesca Garritano, figlia della nostra indimenticabile compaesana Manola Calomeni) e “Tante navi  tante storie” di Pasquale Guaglianone.
Del libro “La verità, vi prego, sulla danza” ne ho abbondantemente parlato in precedenti post sempre su questo blog quindi eviterò di dilungarmi sullo stesso ma rimando ai miei precedenti scritti.
Quello su cui invece credo sia opportuno parlare in questa occasione, come preambolo, ed in qualche occasione futura, come cappello, trama e legittime considerazioni, è invece il libro dell’amico (mi arrogo il diritto di definirlo in quanto tra l’altro abbiamo ultimamente stretto questo stupendo rapporto anche sul social network Facebook) cetrarese Pasquale Guaglianone.
Mi fu chiesto di presentare il libro di Pasquale (libro di cui all’inizio ignoravo non solo il titolo ma anche e soprattutto il contenuto dello stesso) nel corso di qualche mia iniziativa culturale o di qualche iniziativa culturale che l’Associazione di cui sono presidente in carica (la “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) aveva in programma per la fine di questo decisamente poco stupendo, per San Fili e per i Sanfilesi, 2010.
A darmi una mano su questo fronte ci pensò il nostro compaesano Giuseppe (Pino) Falbo che mi passò la sua copia, tra l’altro “dedicata”, dell’opera di Pasquale.
… il titolo? … l’ho detto! … il contenuto? … lo dirò! … ma in un prossimo post.
Dandogli una veloce sfogliata, anche per capire cosa mi aspettava da lì a qualche giorno (in quanto avevo già un libro segnato a metà sul comodino e non intendevo iniziare una nuova battaglia culturale senza aver concluso quella in corso… perché leggere un libro è comunque una battaglia culturale!), una cosa colpì immediatamente i miei occhi e quindi la mia percezione sensoriale: i disegni contenuti (quindi a corredo dell’opera) all’interno del libro.
… stupendi, anche e soprattutto perché erano firmati da un altro… Sanfilese per metà: il mio carissimo amico Pietro De Seta. Sanfilese per metà in quanto la madre di Pietro De Seta è originaria di San Fili, appartiene alla famiglia dei Marchesani.
Ecco, mi son detto, un buon motivo per presentare un libro a San Fili.
La data? … mercoledì 22 dicembre 2010.
Una data, quella di mercoledì 22 dicembre 2010, che resterà impressa, speriamo per sempre (perché il popolo che non dimentica evita di commettere gli stessi errori) nella storia della piccola libera Repubblica di San Fili… e purtroppo non per la presentazione del libro dell’amico Pasquale Guaglianone corredato dai disegni dell’amico Pietro De Seta.
Ma questo e tant’altro sarà argomento di un prossimo post.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace.