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martedì 19 aprile 2022

LEGGENDE SANFILESI: La Fantastica.


A sinistra: interpretazione della Fantastica opera del bravissimo Davide Rende (figlio di Geppino).

Streghe, stregoni, magare, fantasmi, spirdi, umbre, fate, monachieddri e chi più ne ha più ne metta: San Fili (con i suoi anziani) è una vera miniera in merito. Tutto un mondo a sé che, purtroppo, più passa il tempo e più cade tragicamente nel dimenticatoio.

Anche questo mondo, come il meraviglioso mondo di Fantasia (vero protagonista del film "La storia infinita") ha bisogno d'essere salvato da una lenta ed ormai forse inarrestabile agonia. Per salvare questo mondo c'è un solo modo: qualcuno, in determinate cose, deve ritornare a crederci.

Diversamente addio streghe, stregoni, magare, fantasmi, spirdi, umbre, fate, monachieddri e, tragedia nella tragedia... la mitica "Fantastica".

Luogo prediletto della Fantastica, una presenza sovrannaturale con tutti gli attributi al posto giusto, è il cosiddetto "zumpu della Fantastica".

La Fantastica ha sembianze di donna e, nella memoria popolare sanfilese (quel poco che ne è sopravvissuto), sembra divertirsi a spaventare i bambini che vogliono incautamente (da soli o con coetanei) lasciare il centro abitato senza la compagnia di qualche adulto.

Li adocchia, si avvicina a loro e più si avvicina e più diventa grande... li afferra... li... semplicemente "li", poiché giunti a tale punto succede qualcosa e d'incanto la Fantastica sparisce nel nulla, ovvero ritorna nel luogo da dov'era venuta.

E' bella? ... forse all'inizio della visione, nessuno è riuscito a darmi notizie in merito ed io non ho mai avuto la fortuna, o la sfortuna, d'imbattermi in lei.

Dicono che sia "u spirdu" di qualche donna morta nel circondario del paese di San Fili (forse più di una, da come mi è stato riferito da diversi anziani... almeno due). Dicono che "aru zumpu da Fantastica" ci sia morta, tanto e tanto tempo fa, una giovane donna in procinto di sposarsi. Era proprio il giorno del matrimonio e, chissà come, proprio in quel giorno ed in quel punto dette quello che doveva essere il suo ultimo addio al mondo. La sua anima in pena vaga ancora per quel punto... chissà perché, chissà in cerca di chi o di che cosa!

Dicono che la Fantastica indossi ancora il proprio abito da sposa.

Dicono pure che la Fantastica (almeno quella che appariva "ara scisa du Canalicchiu") indossasse un abito nero... da vecchia vedova... o forse da giovane donna impegnata nella vana ricerca del proprio figlio venuto a mancare da pochi giorni (questo potrebbe spiegarne l'abito nero).

La Fantastica "da scisa du Canalicchiu" si differenzia in forma e indumenti dalla Fantastica che regna nelle vicinanze della fontana di Pulizia... ma non nel fine ultimo: entrambe cercano (e pertanto bloccano) un bambino o una bambina.

La Fantastica "da scisa du Canalicchiu" adocchiato il bambino solo, gli gira intorno alzandosi piano piano da terra: gli gira intorno arrivando quasi a fargli perdere i sensi... e a volte ci riesce.

"U zumpu da Fantastica": è posizionato in quella ormai dimenticata via che congiunge Cozzo di Jorio alla vecchia fontana di Pulizia. Punto questo visibile dalla villetta realizzata di fronte l'ex palazzo Blasi nei pressi dell'abbeveratoio.

In effetti l'ubicazione, se ci si ragiona un pochino sopra, non è del tutto strana né tantomeno casuale (ammesso che la Fantastica non esisti realmente): si trova esattamente ad un punto di fine (o inizio che dir si voglia) di quello che fu, fino a pochi decenni addietro, il centro abitato di San Fili.

Da tale punto la Fantastica, infatti, poteva tener d'occhio oltre che la scesa verso l'originaria fontana di Pulizia anche, al di sopra de "u zumpu" omonimo anche la biforcazione per Bucita e per "a Macchia Posta".

Un punto questo che per i bambini d'una volta (ma anche per quelli di oggi) era bene non oltrepassare se non accompagnati da qualche adulto di loro conoscenza: "Attientu ca sinno' ti piglia a Fantastica!"... e magari se non era la fantastica, certamente era qualche male intenzionato.

*     *     *

Oggi, era dei non credenti (spesso mettiamo in dubbio persino la nostra stessa esistenza... ma su questo campo non siamo i primi, l'avevano fatto già gli antichi filosofi greci), e sfruttando le attuali risorse in campo... potremmo benissimo dire ai nostri bambini: "U jire e chira parte", indicando il bivio per Bucita, "ca sinno ti piglianu i Carabinieri".

Anche i Carabinieri, infatti, tanto tempo fa (ma non proprio tanto!) venivano usati come spauracchio, dai nostri anziani, per tenere buoni i bambini più turbolenti. A tener idonea compagnia ai Carabinieri, in questo campo, c'erano anche le iniezioni, i dottori e, per l'appunto, la Fantastica.

Il problema è che la Fantastica, strano essere sovrannaturale legato ai ricordi fanciulleschi dei nostri anziani, sembra non sia stata vista solo nei pressi del famoso ed omonimo "zumpu" (che certamente ha un non so che di misterioso) ma anche in altre zone della linea perimetrale del centro abitato di San Fili: alle Coste ad esempio.

In questi giorni, tra l'altro, ho parlato con un nostro compaesano che afferma di aver avuto, da bambino, un incontro ravvicinato con questo malefico (?) o semplicemente sovrannaturale essere.

Effettivamente la parola "malefico" è un po' esagerata nel rappresentare la nostra cara “materna presenza sovrannaturale” in quanto la Fantastica finora a quanti si sono imbattuti in lei, quasi tutti bambini, sembra abbia fatto prendere agli stessi solo una "proverbiale purga".

Il mio intervistato, che mi ha chiesto giustamente di non fare il suo nome in quanto già da piccolo è stato eccessivamente preso in giro per quanto da lui raccontato, ha detto che all'età di sette anni circa (siamo verso la metà degli anni quaranta, poco prima della fine della seconda guerra mondiale) si trovava a giocare a nascondino (alla "mmucciareddra", salviamola ogni tanto qualche parola del nostro glorioso passato!) in via Destre e per l'occasione s'era andato a nascondere sotto l'arco d'un portone della facciata che dava sulle Coste.

Le Coste, a quei tempi, tutto erano tranne quel zig zag (più o meno con senso... ma non sempre) di cemento dei nostri giorni.

Era da solo, il protagonista della nostra storia... o almeno lui credeva. D'incanto prende forma una strana donna che ancora oggi gli è difficile descrivere tanta la paura che gli mise addosso in quell'occasione. Una strana donna che più s'avvicinava e più assumeva forme gigantesche.

“S'avvicino ulteriormente verso di me”, mi disse l’ormai anziano signore, “che ero completamente paralizzato dalla visione, si piegò, mi scrutò dall’alto in basso e dal basso in alto e subito inizio ad sollevarmi in aria”.

Grazie a Dio, o semplicemente al suo angelo custode, si sfilò da dosso del bambino la giacchetta che lo stesso indossava in quel determinato momento, giacchetta che restò nelle mani della raccapricciante visione. Il bambino, trovatosi in tal modo libero dalla presa, non ci pensò due volte a scappare via senza mai voltarsi indietro.

Inutile dire che nessuno ha creduto a quella strana storia. Ci fu infatti chi pensò ad una semplice burla creata sul momento dalla sveglia mente del bambino (che magari non sapeva giustificare che fine avesse fatto fare al proprio giacchino) e chi, cercando di giustificare il pallore in viso e gli occhi rossi dello stesso, si limitò a dire che sicuramente "ci l'avia fattu u spirdu" o, per l'appunto, "ca s'u stava pigliannu 'a Fantastica". Un modo come un altro, questo, per fargli capire che quella, d'ora in poi, sarebbe dovuta essere per lui zona off-limit.

“Molti mesi dopo, quanto il tutto era ormai acqua passata”, continua il mio anonimo intervistato, “andando con mia nonna in cerca di funghi nei castagneti al di là del fiume, nei pressi della fontana di San Pietro ritrovai, con grande meraviglia (e non senza rinnovata paura) il giacchino rimasto nelle mani della strana signora”.

Puro racconto di fantasia? ... forse, io comunque a questo signore ho voluto crederci.

Tra l'altro la versione di questo signore è suffragato d'un'altra credenza in merito alla Fantastica: per allontanare la Fantastica da sé, infatti, era (ma forse lo è ancora) necessario gettarle contro qualcosa che si aveva addosso nel momento dell'incontro.

E’ vero, il bambino protagonista del racconto non gettò nulla contro la Fantastica... ma le lasciò in pegno, pur non volendo, il proprio giacchino.

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Nei pressi di questa zona (le Coste) o in un punto ben visibile da questa zona tanto e tanto tempo fa (ai tempi dei briganti) sembra ci sia morta, uccisa per errore, una giovane donna di nome "Stella" o "Estella". Questa notizia fa parte dei classici racconti dei nostri anziani seduti intorno al focolare (pertanto gli storici, tenuto conto che tutte le leggende hanno una base di verità, sono pregati di fare opportune ricerche in merito... io per fortuna non sono uno storico e, pur rischiando censure su censure, posso prendermi il gusto di soprassedere su determinate cose! Il giorno che sarò pagato come pagano gli storici, presumibilmente metterò da parte la ricerca popolare per dedicarmi alla ricerca documentale... ma sarà un brutto giorno quello per me!).

Non sono a tutt'oggi riuscito a capire, pur parlando con diversi anziani, esattamente chi fosse questa "Stella" o "Estella": madre, donna, giovane in età da marito? ... né come mai si trovasse nel punto in cui fu uccisa per errore (qualcuno afferma che era diretta da alcuni parenti, o dal fidanzato, datisi alla macchia in quanto appartenenti ad un gruppo di briganti) si dice dai gendarmi. Non sono riuscito neanche a capire esattamente dove venne uccisa: qualcuno dice alla via che da via Destre porta alla base "du Canalicchiu", ma un'altra versione vuole che venisse uccisa mentre stava passando il ponte di Crispini e che venisse seppellita alla base del ponte stesso.

Non so neanche se questa "Stella" o "Estella" sia una figura reale o immaginaria, ma siccome il fine che mi sono prefisso è quello di salvare un po' della nostra "memoria popolare" (senza la quale la nostra comunità cesserebbe definitivamente di esistere o di definirsi tale), non posso fare a meno di parlarne.

Fatto sta che "nu bellu spirdu" alla fine di via Destre, nei pressi "da terra 'e Mappa", alle Coste, alla base "du Canalicchiu" o al ponte di Crispini per mantenere buoni i bambini ci stava veramente bene.

Specie se "u spirdu unn'era malignu cumu u volianu veste"... e che, proprio per questo, invece di prendere raccapriccianti nomi, si facesse chiamasse semplicemente "Fantastica"... fantastica in più d'un senso.

Proprio così, quasi fosse una premurosa madre che non vuole che i suoi pargoli si allontanino dal centro abitato e si sperdano nelle campagne circostanti: non mi meraviglierei che fosse l'anima d'una madre in pena morta nella vana speranza di ritrovare il proprio bambino imprudentemente allontanatosi da casa.

Un essere grandissimo, la Fantastica, a dir poco gigantesco: con le sue gambe congiungeva i due punti più distanti del trivio in cui appariva (imbocco strada per Bucita o alla base "du Canalicchiu").

Oggi i più siamo vaccinati a certe credenze: oggi i più siamo vaccinati anche ai classici soggetti religiosi (Cristo, santi ecc.)... almeno finché non abbiamo bisogno di loro e, ricevendone grazia, non ci rendiamo conto finalmente dei nostri limiti e della loro inconfutabile reale presenza.

Esiste veramente la Fantastica? ... o per lo meno (tenuto conto che ormai non se ne parla più da tanto tempo), è esistita veramente la Fantastica?

Se è esistita veramente: che fine ha fatto adesso? ... chi era?

Personalmente ho fatto mia quell'affermazione di un notissimo scrittore (tanto noto da non venirmi mai a mente il suo nome) che recita in questo modo: "Non è vero, ma ci credo!". Proprio così: so benissimo che è tutta una grossa panzana la storiellina sulla Fantastica di San Fili... ma siccome sono libero di farlo, preferisco credere che esista veramente questo strano ed amorevole (materno) essere sovrannaturale.

Voi no? ... e se un giorno l'incontraste? ... dopotutto sono in tanti, anche se preferiscono restare nell'anonimato, i sanfilesi che asseriscono d'essercisi almeno una volta nella loro vita imbattuti.

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Sembrava che il discorso sulla Fantastica si dovesse chiudere con tale "ricerca popolare" che tra l'altro era ben lungi dall'essere resa nota ai più: così non è stato.

Agli inizi del 2001 l'amico Giuseppe (Peppe) Esposito, lasciata (sicuramente momentaneamente) la vita politica e scopertasi una innata capacità commediografa, dopo aver messo in scena la sua prima opera "Mastru Genu", mi chiese se avevo del materiale, fatticini locali e similari, da proporgli e che lui avrebbe potuto utilizzare come spunto per un suo nuovo lavoro.

Quasi scherzando gli parlai della "Fantastica"... e fu la nuova era de "'a Fantastica"... che solcherà le scene del locale teatro comunale per la prima volta il 27 luglio 2002... ed è stato un successone.

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A sinistra: interpretazione della Fantastica (morte di Stella) opera del bravissimo Davide Rende (figlio di Geppino).

Fin qui la trama dell'opera di Peppe Esposito, adesso vediamo chi ne sono stati i primi, magistrali, interpreti:

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Personaggi ed interpreti

Donnu 'Ntonu -Antonio Asta

Matalena - Adele Esposito

Zà Carmena - Tina Giorno

Donn'Affredu - Francesco D'Alessandro

Luvigi 'e Ciorra - Michele Ciancio

Don Micienzu - Armando Belmonte

Tutti membri, ovviamente, del laboratorio teatrale "Chiacchiara" di San Fili.

La scenografia invece è stata magistralmente studiata e realizzata dall'architetto Biagio Luchetta.

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A sinistra: particolare di una scena de "A Fantastica" di Peppe Esposito. Sul palco i bravi Michele Ciancio e Antonio Asta. Foto Pietro Perri.

Dando un'occhiata, verso la metà di luglio 2002, alla raccolta foto di Francesco "Ciccio" Cirillo fu con grande stupore che trovai tra le stesse una foto che riportava la seguente didascalia: "San Fili 1961 - strada verso le Volette: fosso di Stella" (vedi foto a lato).

Mi recai assieme all'amico Antonio Asta nella zona e chiesi ad un anziano compaesano se sapeva dove si trovava esattamente "u fuossu 'e Stella".

Sulle prime questo compaesano sembrò cadere dalle nuvole, poi ci disse che a lui, da piccolo, con il termine "fuossu 'e Stella" veniva indicata una zona (lato Coste) compresa tra la Chiesa dello Spirito Santo ed il palazzo Gentile ('mmienz'u Puontu).

A sinistra: San Fili - 1961 - strada verso le Volette - fosso di Stella. (Foto e Archivio Francesco "Ciccio" Cirillo).

Ovviamente chiesi pure se lui, per sentito dire, sapesse chi era "Stella". Ci disse che era un brigante, dal cognome "Stella", fucilato in quella stessa zona, pur non sapendo dire da chi ed in quale periodo. Il periodo indicato con il termine "brigantaggio", nella storia e nella nostra zona, infatti sappiamo che è troppo vasto per indicarlo come dato certo (1650 - 1910) così come non sappiamo dire in quale periodo si possa parlare a San Fili di brigantaggio politico o di pura e semplice criminalità.

Le impiccagioni e le fucilazioni sommarie dei briganti e dei sospettati tali sono però da far risalire ad un periodo compreso tra il 1650 ed il 1860 (quest'ultima data da far coincidere con l'unità d'Italia e con la presenza, nella nostra zona, di quel polentone sanguinario di Pietro Fumel).

Per cui "Stella": brigante o brigantessa? ... personalmente preferisco, in mancanza di dati certi, la versione "brigantessa", non fosse altro se non per il fatto che agli inizi dell'Ottocento a San Fili il nome, di donna e non cognome collegabile a famiglie locali, "Stella" era comune e stranamente tale nome, presumibilmente dopo la tragica fine di "Stella" cadrà nell'oblio.

Quest'ultima aggiunta cui avrei potuto benissimo fare a meno, contro il concetto sacrosanto di "dovere di cronaca", di parlare, ci fa comunque capire come la "storia di Stella" sia rimasta impressa, e non certo superficialmente, nella memoria degli anziani sanfilesi: come mai? ... eppure omicidi, fucilazione, impiccagioni, giustizie sommarie e via dicendo nei secoli ve ne sono stati tantissimi anche in un paesino come San Fili che nel XVII e nel XVIII secolo raggiungeva, se non superava, per numero d'abitanti la stessa popolazione della città di Cosenza.

L'abbinamento tra "Stella" e la "Fantastica" mi è stata suggerita, verso la fine del 1999 da un'anziana, cara e simpatica signora del paese: Maria Maier.

By Pietro Perri.

LEGGENDE SANFILESI: Il mulino delle fate.



A sinistra: San Fili 1955 - Mulino di Costantino sotto la neve nei pressi del ponte delle "Jumiceddre".

Che sia il mulino delle fate?

Foto ripresa dall'archivio fotografico di Francesco (Ciccio) Cirillo.

La favola poteva essere o riportata da qualche vecchio libro, o inventata di sana pianta sul momento oppure... realmente vissuta dal narratore o da qualche suo avo.

Quello che oggi vi voglio raccontare è successo a San Fili tanto, ma forse neanche poi tanto, tempo fa... quando i mulini ad acqua spadroneggiavano ai lati del grande solco tracciato dal torrente Emoli.

Siamo nei pressi del ponte "du chianu di mulini" (all'incirca dove oggi c'è la villa degli emigranti) ed una massaia sanfilese col suo misero carico di grano sulla testa (la povertà imperversava tra i nostri avi) si recava lemme lemme verso uno dei tanti mulini che all'epoca si trovavano nei pressi delle "jumiceddre".

Pur essendo poco quel grano, gli sarebbe bastato, tramutato in farina per pane e pasta, per sfamare la famiglia un paio o forse tre giorni.

Giunta nei pressi del ponte "du chianu di mulini", stavamo dicendo, la massaia s'imbatte in un gruppo di simpatiche signore intente a divertirsi, con giochi e parole argute, tra di loro.

"Che Dio guardi sa bella brigata!", disse di cuore la massaia rivolta alle simpatiche signore.

"Che Dio vi guardi sa bella giornata!", risposero le signore alla massaia in riconoscenza all'augurio ricevuto.

Inutile dire che le signore erano fate dei luoghi circostanti e, come tutti ben sappiamo, ogni parola che esce dalle bocche delle fate di fatto altro non è se non un benevolo incantesimo.

Giunta finalmente al mulino ed essendo la prima quella mattina, immediatamente consegnò i pochi chili di grano al mugnaio sicura che avrebbe fatto presto e che quindi, ancor più presto se ne sarebbe ritornata a casa.

Il mugnaio, messo in moto l'ingranaggio, iniziò a macinare il grano che, macina macina, più veniva macinato e più farina produceva. Erano passate già diverse ore e diverse massaie si erano recate al mulino col loro carico di grano sulla testa e tutte iniziavano a spazientirsi per la lunga attesa.

Ma il grano della nostra protagonista più veniva macinato e più farina produceva... tanta farina che la massaia difficilmente sarebbe riuscita ormai a trasportarla a casa se non in tre o quattro viaggi.

Anche il mugnaio finì per spazientirsi tanto d'arrivare a dire: "E mo' basta! ... sempre tu macini? ... ce sunnu puru l'atre c'aspettanu a tant'ure!"

Al profferire tali parole, di botto la produzione di farina del grano della brava ed educata massaia cessò di colpo... ma ormai la massaia era stata adeguatamente ricompensata per il suo buon cuore e la sua educazione.

Se trovandoti a passare a San Fili per "u chianu di mulini" ed incontri un gruppo di giovani e belle signore (ma anche gente normale, diciamo la verità!), non pensarci due volte a salutarle col cuore augurando loro tanto bene... potrebbero essere delle fate e chissà a te che regalo ti faranno.

Se poi non saranno delle fate ma gente normale, un saluto a te non sarà costato niente... ma ci avrai ricavato sicuramente la risposta ed un bel sorriso.

Si parla, nei pressi delle "jumiceddre" di un vecchio e abbandonato mulino detto "il mulino delle fate": che sia quello che ha beneficiato la protagonista di questo racconto?

By Pietro Perri.

domenica 17 aprile 2022

JUGALE ovvero UN PONTE TRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO. (1)

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2022 a firma di Pietro Perri.

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Organizzare un convegno sulla figura di Jugale non dovrebbe essere un qualcosa di difficile... Almeno così pensavo anch’io prima di cimentarmi in questa ciclopica impresa: Jugale, alla fine, ho dovuto ammettere che non è un personaggio poi così “jugale” (sciocco) come lo si è voluto dipingere fin da quando ha emesso i suoi primi vagiti nella Terra della Mezza Luna ovvero nel Mondo Arabo.

Sopra il poeta e filosofo Michele Montoro autore tra l’altro del libro “Pensieri Pensati”.

Già, perché Jugale non nasce né a San Fili (malgrado più di un sanfilese ne ha trascritto, quando non scritto, alcune romanze) né tantomeno a Cosenza, così come ha voluto darci ad intendere il bravo Antonio Chiappetta senior (alias Vigabbo).
Tra i sanfilesi che si sono confrontati con il personaggio di Jugale ricordiamo don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara, con i suoi canti andati perduti tranne il canto IX), Giuseppe “Peppe” Esposito (con la sua commedia “Mastru Genu” ed il nostro collaboratore Anonimo Grafomane (prima o poi, magari torturandolo, riuscirò ad estirpargli l’autorizzazione a farmi dire chi è) di cui abbiamo pubblicato l’anno scorso un breve racconto su questo tanto eccelso quanto unico personaggio.

Sopra il bravissimo Amedeo Cesario... interprete d'eccezione.

Dopo anni di gestazione (il progetto di organizzare un convegno su Jugale mi era venuto in mente nella prima decade di questo Millennio) e dopo diversi rinvii per le più svariate motivazioni (non ultime quelle legate alla pandemia da covid-19) finalmente il 28 agosto del 2021 siamo riusciti a coronare ciò che ormai, da Jugale a jugale, sembrava essere destinato a restare solo un sogno nel cassetto. E chissà, forse se tale fosse rimasto avremmo fatto meno danni al sogno stesso.
Alle ore 18 circa di sabato 28 agosto del 2021 all’interno della sala convegni della Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” di San Fili si dichiaravano finalmente aperti i lavori del convegno/spettacolo sul tema “JUGALE ovvero UN PONTE TRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO”.
A dare vita a tale convegno/spettacolo ci pensarono la voce del compianto Antonio “Totonno” Chiappetta (attore cabarettista, recentemente e prematuramente scomparso, nonché nipote di Antonio Chiappetta senior alias Vigabbo), Pietro Perri (presidente dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis”, l’avv.to Linda Cribari (sindaco di San Fili), Antonio Asta (attore cabarettista), Michele Montoro (filosofo, poeta ed autore del libro “Pensieri Pensati”) ed il carissimo amico Amedeo Cesario.
A mancare, sarebbe il caso di dire, per più di un motivo (qualcuno anche condivisibile) fu solo il pubblico (decisamente poche le presenze registrate a tale evento).
Un affronto che Jugale sicuramente non meritava visto che Jugale, per chi ancora non l’avesse capito, altro non è che il popolo stesso: Jugale boicottato da Jugale.
Ma, volenti o nolenti, la serata è andata avanti lo stesso e ciò che è stato comunque dimostrato in tale “esperimento” è che comunque com’era stata impostata... teneva: dopo circa due ore i pochi presenti non si erano ancora scocciati di starci ad ascoltare.
Jugale, in tale appuntamento, non era più Jugale ma era un maestro di vita... come di fatto è sempre stato, da oltre mille anni a questa parte, Jugale nei Paesi che si affacciano con le loro coste, le loro spiagge ed i loro porti sul mar Mediterraneo.

Perché Jugale è il Mediterraneo.
(continua)

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!


San Fili (CS) sabato 28 agosto 2021 - sala convegni Biblioteca comunale “Goffredo Iusi” - convegno/spettacolo  sul tema: JUGALE ovvero UN PONTE TRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO.
Nella foto da sinistra: Pietro Perri (presidente dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis), l’avv.to Linda Cribari (sindaco di San Fili) e Antonio Asta (attore cabarettista).
Le foto presenti in quest'articolo sono state riprese dalla pagina ufficiale Facebook del Comune di San Fili (https://www.facebook.com/comunedisanfili).

 


sabato 16 aprile 2022

L'AUTORE: Pietro Perri.



A sinistra: San Fili 1972 - zona Airella.

Pietro Perri con sullo sfondo il borgo di San Fili. 

Pietro Perri è nato il 29 giugno 1961 a Cosenza ma è sempre, o quasi, vissuto a San Fili, paese che l'ha ospitato fin dai primi giorni di vita.
Affascinato dal muoversi della propria penna sul foglio bianco, nel 1978, entrato in politica in qualità di Responsabile del locale Movimento Giovanile Socialista, riprende le pubblicazioni del "Sanfiliavanti".

Realizza la prima, e purtroppo unica, mostra filatelica sanfilese (ottobre 1988) nella saletta del locale Centro di Aggregazione Sociale, curandone per la stessa un opuscolo ad uso dei collezionisti.
Nel 1989 inizia a pubblicare sulla testata giornalistica "Il Gazzettino del Crati" di Santino Fasano e collabora contemporaneamente con il "Notiziario Sanfilese" di Ciccio Cirillo.
Nel 1990 da vita al volantino a cadenza mensile "Pagine Sanfilesi", che si occupava di storia ed attualità paesana. Collaborerà per un certo periodo al giornale "Sanfilesi nel Mondo" di Peppino Fullone.

Nel 1994 inizierà a scrivere sul quindicinale "l'occhio" di Marisa Fallico, diventandone immediatamente l'opinionista della redazione sanfilese (redattrice la prof.ssa Maria Rosaria Oriolo sostituita nel 1996 dall'insegnante Franca Napolitano). L'anno successivo sarà designato corrispondente della testata giornalistica "il quotidiano" di Cosenza.
Nel 1996 pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo "Elogio alla Morte" ed a settembre 1998 divulga, inedita, la sua seconda raccolta dal titolo "Solfeggi, ovvero, opinioni opinabili".
Nell'ottobre 1998 diventa il redattore sanfilese del quindicinale "l'occhio".
Nel 2006, ritornando al volantinaggio locale ed all'amore indiscutibile del proprio paese natale, come Presidente dell'Associazione culturale "Universitas Sancti Felicis" di San Fili dà vita al foglio (bollettino) a cadenza mensile "Notiziario Sanfilese".

Di lui hanno scritto:

"La prima pagina se la prende meritatamente il nostro corrispondente da San Fili, il coraggioso Pietro Perri, con un articolo (e non è il primo) che meriterebbe un giornale più diffuso del nostro, perché fosse più ampiamente conosciuto l'impegno e la preparazione del suo giovanissimo autore. Ma... siamo in Calabria (...) ove i giovani come Perri devono accontentarsi di "apparire" su fogli a modesta tiratura - come il nostro - che stentano anch'essi a decollare per i ristretti mezzi e per l'apatia (per non sospettare altro) delle locali "istituzioni": queste istituzioni (tutte maledette?) che poi spendono e spandono come vogliono, e finiscono... al mondo delle tangenti, del malaffare, e forse anche peggio.

Quando Perri scrisse l'articolo* (6 settembre, felice... anno corrente) non si erano ancora verificati gli arresti di Reggio Calabria e la richiesta di autorizzazione a procedere per ben TRE "Onorevoli" ed invece qualcosa era già successo, sulle coste tirreniche (e il nostro giornale se ne occupò, nel numero precedente, con un corsivo di prima pagina).
E' chiaro che l'articolo di Perri è incompleto sugli ultimi FATTI (ovvero: ARRESTI) calabresi su cui occorre una riflessione seria e approfondita (...).
Ma fin d'ora, possiamo gridare tutto lo sdegno, tutta la nostra delusione, tutta l'amarezza per gli abbondanti casi di corruzione che ci degradano, ci offendono, ed anzi ci insultano. Ora sappiamo perché in Calabria il decollo si è fermato".

Tratto dal "Gazzettino del Crati" anno XX n. 5 del 10.09.1992.
Santino Fasano (editore, scrittore, giornalista)

22-11-1933 / 05.03.1993.

"Diamo un bentornato agli amici della redazione di San Fili che, dopo una breve interruzione, riprendono la collaborazione con l'Occhio.
E' un ritorno che ci fa molto piacere anche perché San Fili è stata, con Montalto, la prima redazione esterna del giornale. Gli amici di San Fili con entusiasmo hanno accettato, nell'ormai lontano 1994, di intraprendere questa avventura con noi. Poi, un momento di stanca, comprensibile, ma per fortuna superato. Crediamo che il contributo di San Filli sia determinante per il nostro progetto di fare comunicazione nella fascia della Media Valle del Crati.
A coordinare la redazione una persona di grande sensibilità, di sagace ironia, che stimiamo molto e che siamo sicuri porterà avanti le problematiche di San Fili con impegno ed obiettività".

Tratto da "l'occhio" anno V numero 19 del 4.10.1998.
Marisa Fallico (giornalista).

A sinistra: 1991 piazza san Giovanni. 

Pietro Perri in occasione della Festa degli Emigranti.


domenica 23 gennaio 2022

50 Sfumature di Danza - Nuova pubblicazione di Mary Garret.

Nota apparsa sul Notiziario Sanfilese del mese di dicembre 2021 a firma di Pietro Perri.

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La nostra brava e grande Mariafrancesca Garritano (alias Mary Garret) ci riprova con la scrittura e tutti noi siamo sicuri che sarà il suo ennesimo successo.
Io ho già acquistato “50 Sfumature di Danza” (appunto la nuova pubblicazione di Mary Garret di cui a sinistra vediamo la copertina) e spero di leggerlo quanto prima. Purtroppo il tempo è sempre più tiranno... anche per i migliori.
Riporto di seguito il comunicato stampa emesso in occasione della messa in commercio di “50 Sfumature di Danza”:

«Un ritorno alla scrittura nato come forma di giornalismo partecipativo in cui, senza alcuna pretesa, si sperimenta la condizione di blogger e influencer, passando per l'analisi di notizie, fatti di cronaca, interviste e riflessioni di una danzatrice professionista che ha scelto la scrittura come suo secondo mezzo di espressione.
La danza si avvale del linguaggio del corpo per comunicare ciò che le parole non sempre riescono a spiegare, ed è proprio la danza che questo libro cerca di indagare e approfondire attraverso tematiche che spaziano tra contenuti più seri e argomenti leggeri.
Un libro che si può leggere aprendo un capitolo a caso, tra una pausa caffè e qualche fermata di metropolitana.
L'occasione per apprezzare gli aspetti positivi della rete, scegliendo di avere tra le mani ciò che in passato ha rappresentato una tra le forme principali di divulgazione».

Ad maiora semper, Mary Garret.

Ricordo che il libro “50 Sfumature di Danza” è acquistabile (sia nel formato e-book che nel formato cartaceo) sulla piattaforma e-commerce di Amazon.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

giovedì 25 novembre 2021

La luce elettrica a San Fili. (6/6)

Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri): Siamo nei primi anni 2000 e l'allora sindaco di San Fili Luigi Bruno (a destra) si appresta ad inaugurare la nuova centrale idroelettrica. A sinistra il presidente della Provincia Antonio Acri.

Di seguito l'articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre 2021... a firma di Pietro Perri.

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La luce elettrica a San Fili. (6/6)

(di Pietro Perri)

(continua dal mese di settembre 2021)

«I bambini, di sera, accoglievano l'accensione della luce elettrica con grida e battimani appollaiati su una catasta di travi. Grosse corde di rame portavano la corrente in tutte le vie del paese».

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Certo all’inizio del XX secolo non era immaginabile che la corrente elettrica, anche nelle piccole realtà meridionali quali lo stesso borgo di San Fili, potesse avere lo sviluppo che ha avuto dopo il 1950. Né lasciavano presagire ciò le condizioni economiche in cui versavano gran parte dei nuclei familiari del nostro amato/odiato paesino.

Il 1970 San Fili sarebbe stata a tutti gli effetti, su questo fronte, trasformata in una grande bobina elettrica. Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso era quasi impossibile trovare una sola abitazione sanfilese che non fosse ormai fornita di energia elettrica.

Il primo bacino (punto d’imbrigliamento delle acque), dopotutto nell’esperimento sanfilese parliamo di una centrale idroelettrica ovvero che sfrutta il movimento delle acque, fu realizzato lungo il corso del torrente Emoli sotto la zona denominata Coste.

In un articolo dell’indimenticabile (per i sanfilesi che l’hanno conosciuto e ne hanno saputo apprezzare il lavoro di ricerca storica e di recupero della memoria popolare della nostra Comunità) Francesco “Ciccio” Cirillo (deus ex machina del “Bollettino del San Fili Fraternity Club” e nella prima edizione del “Notiziario Sanfilese”) si legge tra l’altro: “(...) per darvi un’idea, almeno per quelli che non sono pratici del posto, sotto le case dei Pascalella”.

La prima centrale elettrica sanfilese sarà quindi realizzata nei pressi del ponte Crispino nella proprietà di “Genu ‘u mulinaru” che anni più tardi impianterà nella stessa zona il suo mulino per la macina del grano.

La conduttura dell’acqua seguiva così un percorso, di circa un chilometro, adiacente a tutte le proprietà che si trovavano tra il bacino, a monte, e la centrale idroelettrica, a valle.

Fare incetta di notizie del passato storico, più o meno recente, di San Fili e della Comunità Sanfilese è sempre stata una vera impresa: tutti sanno (ovviamente mi riferisco agli indigeni e non agli accolti), tutti vogliono dire e stradire, ma quando fai presente loro che vorresti mettere per iscritto qualcosa quasi tutti perdono la lingua.

Se chiedi poi a qualcuno di darti una mano ad accedere a particolari archivi su cui gli stessi potrebbero avere qualche influenza diretta o indiretta che dir si voglia ti rispondono immediatamente sconsigliandoti di entrare in certi meandri “custodi della conoscenza umana locale” in quanto secondo loro è sicuramente una perdita di tempo, un... lavoro sprecato a priori.

Il nostro passato, il passato dei sanfilesi (forse perché tutti o quasi abbiamo qualcosa da nascondere) si vorrebbe restasse celato per sempre. San Fili non deve avere una sua storia perché... San Fili non ha una storia. Alcune famiglie, chissà perché, vogliono che ci convinciamo di ciò.

E poi di tanto in tanto compaiono sul mercato versioni di brani di storia locale scritti ad immagine e ad uso esclusivo, con proprie interpretazioni dei fatti, di tali famiglie. Quindi tutto... tranne che una storia di San Fili e della Comunità Sanfilese.

E così anche per questa breve, ma a mio parere bellissima, storia della luce elettrica a San Fili ho dovuto rispolverare anche e soprattutto alcuni “ricordi paesani” proposti in altri tempi sul suo “Notiziario Sanfilese” dall’amico e compaesano prematuramente scomparso (nel 1990 se non vado errato) Francesco “Ciccio” Cirillo... il Sanfilese d’America.

Uno dei pochi Sanfilesi che ho conosciuto degni di definirsi Sanfilesi.

In uno dei suoi “Notiziario Sanfilese” (periodico mensile pubblicato nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso) tra l’altro leggiamo:

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«A San Fili di bacini idroelettrici ve n’erano due; uno per la Centrale Cannataro e l’altro per la SAIDE. E d’estate sia l’uno che l’altro erano una vera pacchia per i bagnanti locali.

(...) Il bacino della SAIDE era proprio sotto le Coste. Verso il centro del paese, ma al di sotto di un promontorio e quindi in un posto recluso.»

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«La luce nel nostro paese ha una storia lunga e particolare. Noi comunque proviamo a tracciarla brevemente per quel che sappiamo sulla stessa o di cui sulla stessa abbiamo sentito raccontare dai più vecchi.

Nel 1900 in San Fili si fondava una Società Elettrica tra Peppino Cannataro, Micuzzu Gambaro, Micuzzu de Cicerchia e Geno il Mulinaro. Tutti nostri concittadini più o meno facoltosi.

La ricevitoria per il pagamento delle bollette era al magazzino della casa dei Pagliarini, a fianco della “forgia” del Bersagliere. Nella centrale hanno lavorato Temiste Guido e poi Adone Argentino, il quale si occupava della manutenzione degli impianti.

Per affari che noi non vogliamo (...) le cose non funzionavano bene. La Società veniva assorbita da una Ditta chiamata SAIDE di proprietà dell’Ing. Longobardi di San Vincenzo la costa.

Peppino Cannataro (siamo negli anni Venti del Novecento) un perito elettrotecnico che al momento si trovava a Chicago e lavorava nel suo mondo tecnico, dava ordine all’Ing. Alfredo di fondare una Società tutta per loro. Così nasceva la Ditta Idroelettrica Cannataro, la quale era anche sotto la direzione di Aniceto Costa, un cognato di Peppino.

Il bacino veniva costruito vicino il ponte delle Jumicelle e la Centrale sotto il piano del Mulino, vicino il ponte di Palazia.

Tale Società durò diversissimi anni sempre sotto il controllo della stessa famiglia, anche se l’Ing. Alfredo alla fine della Prima Guerra Mondiale raggiunse il padre a Chicago.

Verso la fine degli anni Quaranta tale Società veniva assorbita dalla Società Elettrica Calabria che a sua volta, anni prima, aveva già assorbito la SAIDE.

La SAIDE, pur essendo stata assorbita dalla Società Elettrica Calabra, rimase in funzione per buona parte degli anni Sessanta mentre quella di Cannataro venne chiusa al momento della compera.

In ogni modo quando a Cosenza mancava la luce (a causa di qualche deficienza nella sua rete di distribuzione) era la centrale di San Fili che, in parte, sopperiva a tale problema. La corrente prodotta dalla nostra centrale, infatti, veniva deviata nella rete di distribuzione della città capoluogo. Ciò anche a costo, come alcune volte capitava, di fare rimanere il nostro paese al buio.

Ed è a conoscenza di molti che la Società Sanfilese di Elettricità fondata nel 1900 fu una delle prime della Calabria e che San Fili ebbe la luce molti anni prima della stessa città di Cosenza».

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Per dovere di cronaca: agli inizi di questo millennio l’allora sindaco Luigi Bruno assieme alla sua amministrazione, grazie a provvidenziali fondi pubblici, rimisero in funzione l’ultima centralina idroelettrica di San Fili. Quella che mantiene le sue turbine in un fabbricato al di sotto di contrada Volette.

Inutile dire che l’energia elettrica prodotta da tale centralina viene immessa direttamente nella rete di distribuzione pubblica in quanto, come limitata produzione di kilowattora di per sé sarebbe alquanto inutile per rendere autonoma qualsiasi agglomerato urbano anche se di piccole dimensioni.

Comunque fa piacere sapere, o illuderci nel pensare ciò, che la storia della luce elettrica prodotta nelle centrali idroelettriche di San Fili non si è ancora conclusa.

Chiudo con questa breve nota la storia della luce elettrica a San Fili sperando che questa seppur breve carrellata di notizie in merito a tale argomento abbia fatto piacere a tutti, o quantomeno alla maggioranza, lettori del Notiziario Sanfilese.

Da parte di chi scrive... grazie per il fatto che continuiate a sopportarmi. E comunque, se potete, sfruttate debitamente questi spunti storici che vi metto a disposizione.

Onestamente una piccola tesi (di laurea o semplicemente una tesina d’esame) sulla storia della luce elettrica a San Fili personalmente non la vedrei male.

Dopotutto materiale da mettere assieme al fine di realizzare un tale progetto credo che in circolazione ce ne sia più che a sufficienza.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 29 ottobre 2021

La luce elettrica a San Fili. (5/6)

Foto a sinistra: San Fili, 1946. Romano, Franco e Mirella Zuccarelli con la madre Francesca Lio davanti all’alloggio riservato, all’epoca, ai guardiani della centrale idroelettrica di San Fili. L’alloggio era ricavato all’interno di un mulino ad acqua al di sotto della villetta degli emigranti (curciu de Catalanu - Chjan’u mulinu). La foto era allegata all’articolo di Franca Napolitano pubblicato sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996.

Di seguito l'articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2021... a firma di Pietro Perri.

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La luce elettrica a San Fili. (5)

(di Pietro Perri)

(continua dal mese di agosto 2021)

«Chi aveva reso possibile tutto ciò, in particolare Giuseppe ed Alfredo (padre e figlio) Cannataro, lo meritava. Dopotutto San Fili fu uno dei primi comuni (se non il primo) della provincia di Cosenza ad apprezzare i piaceri della luce elettrica... sicuramente prima della città dei Bruzi».

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Un prezioso contributo alla storia della luce elettrica a San Fili lo dette sul quindicinale l’occhio, nell’uscita del mese di marzo del 1996, l’insegnante Franca Napolitano, vedova del compianto professor Francesco Gambaro, con un suo articolo dal titolo “La centrale idroelettrica: ieri ed oggi”.

Articolo che ripropongo di seguito:

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La centrale idroelettrica: ieri ed oggi.

(articolo apparso sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996 a firma di Franca Napolitano)

Nel gennaio 1925 fu data l'illuminazione elettrica in Piazza San Giovanni, a San Fili.

E' quanto si legge in una relazione dettagliata e appassionante dell'ing. Alfredo Cannataro, che fu l'ideatore e l'artefice della centrale idroelettrica.

Non era la prima volta che i Sanfilesi assistevano a tale "prodigio". La prima illuminazione con lampadine a carbone fu inaugurata già nel 1904.

I bambini, di sera, accoglievano l'accensione della luce elettrica con grida e battimani appollaiati su una catasta di travi. Grosse corde di rame portavano la corrente in tutte le vie del paese.

L'ingegnoso Giuseppe Cannataro, padre dell'ing. Alfredo, aveva ideato e realizzato "la magia" utilizzando l'acqua dell'Emoli dopo aver costruito una turbina artigianale a corrente continua (senza alternatore).

Dalla suddetta relazione apprendiamo che la prima idea dell'impianto sorse tra la fine di giugno ed il luglio 1923 e di primo acchito si pensò di impiantare la Centrale nel mulino di Palazia, derivando in prossimità dello scarico di Francesco Luchetta (Filuzzo), facendo percorrere al canale un nuovo tracciato. Fu studiato e redatto il progetto.

Verso la fine di settembre del 1923 si fecero gli approcci verso i proprietari per la cessione del suolo. Nei primi giorni di ottobre iniziarono gli scavi per il canale di scarico in proprietà di Andrea Astone e subito dopo quelli di riattamento del vecchio fabbricato.

Occorreva dare l'energia a costo di qualunque sacrificio per ottenere soddisfazione morale e continuare, rafforzato, il lavoro di Giuseppe Cannataro per la precedente Centrale.

La prima spesa preventiva fu di centomila lire per poter dare la luce in paese anche con un impianto non completo. I primi lavori vennero eseguiti da pochi operai e durarono per tutta la primavera e parte dell'estate del 1924.

Nel luglio furono montate le macchine della Centrale: turbina, regolatore automatico, alternatore e condotta forzata; lavoro al quale partecipò materialmente lo stesso ingegnere per risparmiare sui costi.

Tra vicissitudini e mille difficoltà anche economiche i lavori continuarono per tutto il 1924. In dicembre fu stesa la linea dalla Centrale a piazza San Giovanni e nel mese di gennaio del 1925 fu data l'illuminazione in piazza.

Ci pare interessante citare qualche dato tecnico.

La portata dell'Emoli, all'epoca, oscillava fra i circa 500 litri al secondo in inverno ed i circa 180 in estate. Il canale di derivazione per condurre l'acqua alla turbina, lungo in tutto 475 metri, progettato per un carico medio di 150 litri al secondo fu realizzato incassando in terra un rivestimento in muratura. Il salto finale era di 33 metri e consentiva di ricavare una potenza nominale di 66 Hp da impiegare per energia elettrica.

La bolletta per una lampadina da 10 candele per un mese costava 4 lire e 12 centesimi. La centrale fu condotta per alcuni anni a gestione familiare dai nonni dell'ingegnere Aniceto Costa e Francesca Cannataro, dalla madre Rosina e dalle sorelle Delia ed Irma.

Il padre Giuseppe, emigrato in America, collaborava inviando fondi sempre necessari.

D'altronde si deve comprendere come, a quei tempi, il pagamento delle bollette era un fatto piuttosto improvvisato che spesso avveniva in natura con prodotti dell'agricoltura locale.

In seguito la Centrale fu rilevata dalla Società Elettrica delle Calabrie che la ricostruì poco più a valle.

Nel 1988, dall'Amministrazione Comunale in carica, fu presentato un progetto per la riattivazione della centralina idroelettrica sul torrente Emoli, elaborato dall'Ing. Celentani e dall'Ing. Nasta. Dalla loro presentazione si evince come lo sfruttamento dell'energia idroelettrica abbia enormi potenzialità, anche nelle sue forme cosiddette minori, come sarebbe nel caso di San Fili.

D'altronde è noto come l'Italia, grazie ad una favorevole morfologia del territorio, sia particolarmente adatta a questa fonte di energia pulita, ecologica, non inquinante. Chissà che un giorno anche questo progetto non si trasformi in realtà, continuando una tradizione antica per San Fili quanto l'elettricità.

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Il surriportato articolo a firma di Franca Napolitano è in ogni caso consultabile anche nel sito web che Giovanni, il figlio della signora Franca e del compianto Francesco Gambaro, ha dedicato al nostro borgo. Tale sito si trova all’indirizzo internet http://web.tiscali.it/sanfili/

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In questa puntata dell’articolo fiume dedicato alla “Luce elettrica a San Fili” ho citato più volte il quindicinale l’occhio. Questo periodico, voluto e diretto dalla bravissima giornalista Marisa Fallico, ha contribuito tantissimo al recupero della memoria storica del nostro borgo.

Anche di tale stupenda avventura, perché ciò è stata, prima o poi dovrò parlarne.

(continua)

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 3 ottobre 2021

La luce elettrica a San Fili. (4/6)

Foto a sinistra (by Pietro Perri): Ponte di Crispino sul torrente Emoli in territorio di San Fili. Ponte in pietra a due arcate realizzato quasi certamente in epoca medioevale.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di agosto 2021... a firma di Pietro Perri.

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La luce elettrica a San Fili. (4/6)

(di Pietro Perri)

(continua dal mese di luglio 2021)

«Poi l'onorevole Ministro s'intrattenne mezz'ora in casa Miceli dove furono serviti dei rinfreschi, caffè e liquori.

I1 popolo fece una dimostrazione piuttosto imponente al grido di: Vogliamo la ferrovia Cosenza - Paola!

Il Ministro promise in modo da non lasciare dubbi che l'appalto per 1a ferrovia Cosenza - Paola sarà indetto certamente in quest'anno.

Indi si proseguì il viaggio per Cosenza».

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Ma ritorniamo al 3 dicembre del 2005 quando, non senza gli scetticismi del caso, noi dell’Associazione culturale Universitas Sancti Felicis di San Fili in collaborazione con le terze classi dell’Istituto comprensivo Statale del nostro borgo e con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, siamo riusciti ad organizzare un apprezzabile convegno al fine di commemorare degnamente il primo secolo della luce elettrica a San Fili.

Chi aveva reso possibile tutto ciò, in particolare Giuseppe ed Alfredo (padre e figlio) Cannataro, lo meritava. Dopotutto San Fili fu uno dei primi comuni (se non il primo) della provincia di Cosenza ad apprezzare i piaceri della luce elettrica... sicuramente prima della città dei Bruzi.

Tale convegno è stato possibile anche grazie all’uso del materiale (fotografico e/o di memoria popolare debitamente trascritta) raccolto nel corso di una intera vita e messoci a disposizione (come Comunità Sanfilese) dal compianto e fortunatamente non ancora dimenticato Francesco “Ciccio” Cirillo. 

Personalmente, quando ho fatto parte della “Commissione per la toponomastica” di San Fili (dal 2011 al 2015), avevo proposto di intitolare una via a Francesco “Ciccio” Cirillo proprio al fine di onorarne la memoria ma, per qualcuno, sembra non fosse abbastanza titolato per un tale onore.

E pensare che in tempi più o meno recenti a San Fili si sono intitolate via a bravissime persone ma, permettetemi questa polemica, pur sempre e solo delle bravissime persone come il 90% dei componenti della nostra comunità... presente, passata e quasi certamente futura.

Ad aprire e concludere il convegno sul tema “C’era una volta a San Fili - 1905/2005: cento anni di luce” ci pensai io.

Per fare un resoconto documentale di ciò che sono riuscito a salvare di quel convegno inizierò in questa uscita del nostro bollettino mensile (il Notiziario Sanfilese) con riportare le conclusioni, non che trassi ma che mi ero opportunamente preparato, al convegno stesso.

A tali conclusioni diedi titolo “Un museo a cielo aperto”.

Perché, ammettiamolo una volta per tutte, San Fili, come gran parte della Calabria, è...

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Un museo a cielo aperto.

Di Pietro Perri.

Come ogni convegno (commemorativo o meno) che si rispetti, anche quello organizzato dall’Associazione Culturale “Universitas Sancti Felicis” in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Statale (in particolare delle terze classi della Scuola Media Statale “V. Miceli”) e patrocinato dal Comune di San Fili, ha l’obbligo, avvicinandosi alla conclusione dei propri lavori, di lanciare uno o più messaggi, una o più proposte operative future, sia a quanti siedono al tavolo della presidenza che  all’uditorio tutto.

E allora… credo valga la pena seguire mentalmente il percorso che segue il tracciato operativo, funzionale delle due centraline storiche del paese: quella degli inizi del XX secolo e quella del 1924, quella che ha visto protagonista indiscusso Giuseppe Cannataro e quella che ha visto lo stesso co-protagonista assieme al figlio Alfredo.

Un percorso, una stupenda passeggiata, che già in altri tempi e con un'altra Associazione (n.d.r.: la Pro Loco di San Fili) io stesso ho chiamato “Du mulinu de fate aru tesoru du Canalicchiu”, oltre due chilometri di indiscusso valore storico e culturale che di fatto potrebbero essere adeguatamente ripresi e diventare un museo a cielo aperto.

Due chilometri cui potrebbero benissimo essere allungati di altri due chilometri se ci riallacciamo all’attuale centralina idroelettrica di San Fili (quella all’incirca “sutt’a turr’e Cucunatu” (ossia ai piedi del ponte di Santa Venere) o ancor più sotto (in zona Profico - sempre in territorio di San Fili) ai resti del mulino di Napoletano e quindi al terzo ponte in pietra che si trova lungo in corso del fiume Emoli in territorio di San Fili.

Quest’ultimo ponte importantissimo per la storia della nostra comunità e dell’intera provincia in quanto, ricollegandosi al cosiddetto “tracciato dei vescovi”, collegava Nogiano (Rende) con San Fili e quindi Cosenza con San Lucido, con il mare.

Ben tre ponti in pietra, dicevo (quello delle Jumiceddre, quello di Crispino e quello del mulino di Napoletano), lungo il percorso: quello delle Jumiceddre (utilizzato dai monaci della Catena) che sembra essere uscito da un presepe; quello di Crispino (stupendo, con le sue due arcate), e quello del mulino di Napoletano, che ricorda tantissimo un ambiente medioevale o i classici paesaggi alla Robin Hood.

Sempre in questo tracciato, che voglio iniziare dalla “villa degli Emigranti” (aru Curc’e Catalanu, dove tra l’altro si possono incontrare un gruppo di fate) e percorrere scendendo appunto al ponte delle Jumiceddre, troviamo tutta una serie di resti (alcuni in buone condizioni) di mulini ad acqua: di Costantino, delle Fate, Crispini, Napolitano   e forse qualcuno l’ho pure dimenticato.

Il luogo dove sopravvivono i resti della seconda centrale Cannataro dopotutto è denominato “Chjianu di mulini”, a sottolineare che in quella zona di mulini ce n’erano più di uno in funzione in altri tempi. E le stesse due centrali storiche erano ricavate da una “riqualificazione” di vecchi mulini ad acqua.

Pensiamo poi, alla salita (o scisa?) della fontana di Palazia (che entrerebbe, sia la via che collega piazza San Giovanni con il fiume che la stessa fontana, nel tracciato turistico), al bacile (o bacino della prima centrale Cannataro) che tra l’altro rifornisce l’attuale centrale idroelettrica sotto le Volette.

Da piccolo “u bacile”, assieme ai miei compagni d’avventura, lo chiamavamo “a cascata”. Stupenda quella brezzolina che produceva (e produce) l’acqua dell’Emoli cadendo ai piedi della piccola diga (oltre 3 metri) e ti finisce delicatamente in faccia. Vorresti stare in quel punto in eterno.

Proseguendo nel nostro cammino, eccoci giunti in prossimità del ponte di Crispino. Siamo sul lato destro del fiume. Davanti a noi il ponte.

Viene normale girarci verso l’altra sponda e notare i resti del mulino di Ottorino Perri, alle nostre spalle, nascosti tra le erbacce e le spine, i resti (tufi decisamente unici) della fontana di Crispino.

Guardando in alto, il paese di San Fili sembra volerci cascare addosso... ma è lì, ed in quella particolare posizione, ormai da secoli.

Sfiorando il ponte di Crispino (irrimediabilmente rovinato da sciacalli che andrebbero relegati dalla società non solo sanfilese ma oserei dire universale), si può ammirare la stupenda (si fa per dire, visto in quali condizioni si trova oggi) scalinata realizzata con pietre di fiume.

Da tale scalinata si raggiunge l’entrata della galleria ferroviaria ai piedi “du Canalicchiju” esattamente dove è sepolto lo storico (fantastico) tesoro.

Non salgo per la scalinata, malgrado ne avrei tantissima voglia, e decido di continuare (non dopo essermi dissetato alla fontana, nella mia passeggiata lungo l’Emoli - non dopo aver salutato i resti mortali di Stella, che so essere sepolti ai piedi del ponte di Crispino), ed eccomi prima giungere alla centralina elettrica (recentemente rimessa in funzione) e finalmente al ponte in pietra nei pressi del mulino di Napoletano (quello che ci porta a Nogiano). Stupendo il ponte e stupendi i resti del mulino.

E’ a questo punto che decido di sospendere la mia avanzata stracolma di ricordi e decido di intraprendere la strada del ritorno. La strada, asfaltata verso la metà degli anni Sessanta, e che mi vedrà risalire fino a San Fili. A Frajapicu trovo il ponte sulla ferrovia. Inutile dire quanto sia bello ed unico per la nostra zona, per il nostro territorio. Ed anche un punto di fantasmi e spettri (spirdi). Potrei decidere di rientrare seguendo il tracciato della ferrovia e risalire “u Canalicchiu” dall’imbocco della ferrovia (mi ritroverei nell’ex piazza Rinacchio attuale piazza Adolfo Mauro) o (perché no?) potrei anche raggiungere San Fili passando all’interno della galleria e ritrovarmi “sutta u Muragliune”.

A stringere il tutto sul proprio petto in un amorevole materno abbraccio, l’anima di Stella, l’anima della “Fantastica”.

Che stupendo percorso, che stupenda passeggiata, che stupenda nuotata nella memoria storica sanfilese.

Mulini, centrali idroelettriche, ponti in pietra, storico tracciato della ferrovia, natura… che stupendo museo a cielo aperto: e non ci vorrebbe granché (né grossi capitali) per realizzarlo, per renderlo operativamente ed economicamente valido.

Questo almeno in un primo tempo, poi si potrebbe vedere se lo stesso non possa diventare un valido volano per l’economia della nostra cittadina, almeno nel periodo estivo.

(continua)

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!