SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: La luce elettrica a San Fili. (5)

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venerdì 29 ottobre 2021

La luce elettrica a San Fili. (5)

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2021... a firma di Pietro Perri.


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La luce elettrica a San Fili. (5)
(di Pietro Perri)

(continua dal mese di agosto 2021)
«Chi aveva reso possibile tutto ciò, in particolare Giuseppe ed Alfredo (padre e figlio) Cannataro, lo meritava. Dopotutto San Fili fu uno dei primi comuni (se non il primo) della provincia di Cosenza ad apprezzare i piaceri della luce elettrica... sicuramente prima della città dei Bruzi».

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Un prezioso contributo alla storia della luce elettrica a San Fili lo dette sul quindicinale l’occhio, nell’uscita del mese di marzo del 1996, l’insegnante Franca Napolitano, vedova del compianto professor Francesco Gambaro, con un suo articolo dal titolo “La centrale idroelettrica: ieri ed oggi”.
Articolo che ripropongo di seguito:

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La centrale idroelettrica: ieri ed oggi.

(articolo apparso sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996 a firma di Franca Napolitano)

Nel gennaio 1925 fu data l'illuminazione elettrica in Piazza San Giovanni, a San Fili.
E' quanto si legge in una relazione dettagliata e appassionante dell'ing. Alfredo Cannataro, che fu l'ideatore e l'artefice della centrale idroelettrica.
Non era la prima volta che i Sanfilesi assistevano a tale "prodigio". La prima illuminazione con lampadine a carbone fu inaugurata già nel 1904.
I bambini, di sera, accoglievano l'accensione della luce elettrica con grida e battimani appollaiati su una catasta di travi. Grosse corde di rame portavano la corrente in tutte le vie del paese.
L'ingegnoso Giuseppe Cannataro, padre dell'ing. Alfredo, aveva ideato e realizzato "la magia" utilizzando l'acqua dell'Emoli dopo aver costruito una turbina artigianale a corrente continua (senza alternatore).
Dalla suddetta relazione apprendiamo che la prima idea dell'impianto sorse tra la fine di giugno ed il luglio 1923 e di primo acchito si pensò di impiantare la Centrale nel mulino di Palazia, derivando in prossimità dello scarico di Francesco Luchetta (Filuzzo), facendo percorrere al canale un nuovo tracciato. Fu studiato e redatto il progetto.
Verso la fine di settembre del 1923 si fecero gli approcci verso i proprietari per la cessione del suolo. Nei primi giorni di ottobre iniziarono gli scavi per il canale di scarico in proprietà di Andrea Astone e subito dopo quelli di riattamento del vecchio fabbricato.
Occorreva dare l'energia a costo di qualunque sacrificio per ottenere soddisfazione morale e continuare, rafforzato, il lavoro di Giuseppe Cannataro per la precedente Centrale.
La prima spesa preventiva fu di centomila lire per poter dare la luce in paese anche con un impianto non completo. I primi lavori vennero eseguiti da pochi operai e durarono per tutta la primavera e parte dell'estate del 1924.
Nel luglio furono montate le macchine della Centrale: turbina, regolatore automatico, alternatore e condotta forzata; lavoro al quale partecipò materialmente lo stesso ingegnere per risparmiare sui costi.
Tra vicissitudini e mille difficoltà anche economiche i lavori continuarono per tutto il 1924.In dicembre fu stesa la linea dalla Centrale a piazza San Giovanni e nel mese di gennaio del 1925 fu data l'illuminazione in piazza.
Ci pare interessante citare qualche dato tecnico.
La portata dell'Emoli, all'epoca, oscillava fra i circa 500 litri al secondo in inverno ed i circa 180 in estate. Il canale di derivazione per condurre l'acqua alla turbina, lungo in tutto 475 metri, progettato per un carico medio di 150 litri al secondo fu realizzato incassando in terra un rivestimento in muratura. Il salto finale era di 33 metri e consentiva di ricavare una potenza nominale di 66 Hp da impiegare per energia elettrica.
La bolletta per una lampadina da 10 candele per un mese costava 4 lire e 12 centesimi. La centrale fu condotta per alcuni anni a gestione familiare dai nonni dell'ingegnere Aniceto Costa e Francesca Cannataro, dalla madre Rosina e dalle sorelle Delia ed Irma.
Il padre Giuseppe, emigrato in America, collaborava inviando fondi sempre necessari.
D'altronde si deve comprendere come, a quei tempi, il pagamento delle bollette era un fatto piuttosto improvvisato che spesso avveniva in natura con prodotti dell'agricoltura locale.
In seguito la Centrale fu rilevata dalla Società Elettrica delle Calabrie che la ricostruì poco più a valle.
Nel 1988, dall'Amministrazione Comunale in carica, fu presentato un progetto per la riattivazione della centralina idroelettrica sul torrente Emoli, elaborato dall'Ing. Celentani e dall'Ing. Nasta. Dalla loro presentazione si evince come lo sfruttamento dell'energia idroelettrica abbia enormi potenzialità, anche nelle sue forme cosiddette minori, come sarebbe nel caso di San Fili.
D'altronde è noto come l'Italia, grazie ad una favorevole morfologia del territorio, sia particolarmente adatta a questa fonte di energia pulita, ecologica, non inquinante. Chissà che un giorno anche questo progetto non si trasformi in realtà, continuando una tradizione antica per San Fili quanto l'elettricità.

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Il surriportato articolo a firma di Franca Napolitano è in ogni caso consultabile anche nel sito web che Giovanni, il figlio della signora Franca e del compianto Francesco Gambaro, ha dedicato al nostro borgo. Tale sito si trova all’indirizzo internet http://web.tiscali.it/sanfili/

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In questa puntata dell’articolo fiume dedicato alla “Luce elettrica a San Fili” ho citato più volte il quindicinale l’occhio. Questo periodico, voluto e diretto dalla bravissima giornalista Marisa Fallico, ha contribuito tantissimo al recupero della memoria storica del nostro borgo.
Anche di tale stupenda avventura, perché ciò è stata, prima o poi dovrò parlarne.

(continua)

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

Nota alla foto allegata a questo post: San Fili, 1946. Romano, Franco e Mirella Zuccarelli con la madre Francesca Lio davanti all’alloggio riservato, all’epoca, ai guardiani della centrale idroelettrica di San Fili. L’alloggio era ricavato all’interno di un mulino ad acqua al di sotto della villetta degli emigranti (curciu de Catalanu - Chjan’u mulinu).
La foto era allegata all’articolo di Franca Napolitano pubblicato sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996.

 

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