Foto a sinistra: San Fili, 1946. Romano, Franco e Mirella Zuccarelli con la madre Francesca Lio davanti all’alloggio riservato, all’epoca, ai guardiani della centrale idroelettrica di San Fili. L’alloggio era ricavato all’interno di un mulino ad acqua al di sotto della villetta degli emigranti (curciu de Catalanu - Chjan’u mulinu). La foto era allegata all’articolo di Franca Napolitano pubblicato sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996.
Di seguito l'articolo pubblicato sul
Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2021... a firma di Pietro Perri.
La luce elettrica a San Fili. (5)
(di Pietro Perri)
(continua dal mese di agosto 2021)
«Chi aveva reso possibile tutto ciò, in particolare Giuseppe ed Alfredo
(padre e figlio) Cannataro, lo meritava. Dopotutto San Fili fu uno dei primi
comuni (se non il primo) della provincia di Cosenza ad apprezzare i piaceri
della luce elettrica... sicuramente prima della città dei Bruzi».
* * *
Un prezioso contributo alla storia della luce elettrica a San Fili lo dette
sul quindicinale l’occhio, nell’uscita del mese di marzo del 1996, l’insegnante
Franca Napolitano, vedova del compianto professor Francesco Gambaro, con un suo
articolo dal titolo “La centrale idroelettrica: ieri ed oggi”.
Articolo che ripropongo di seguito:
* * *
La centrale
idroelettrica: ieri ed oggi.
(articolo apparso sul quindicinale l’occhio di domenica 11 febbraio 1996
a firma di Franca Napolitano)
Nel gennaio 1925 fu data l'illuminazione elettrica in Piazza San Giovanni,
a San Fili.
E' quanto si legge in una relazione dettagliata e appassionante dell'ing.
Alfredo Cannataro, che fu l'ideatore e l'artefice della centrale idroelettrica.
Non era la prima volta che i Sanfilesi assistevano a tale
"prodigio". La prima illuminazione con lampadine a carbone fu
inaugurata già nel 1904.
I bambini, di sera, accoglievano l'accensione della luce elettrica con
grida e battimani appollaiati su una catasta di travi. Grosse corde di rame
portavano la corrente in tutte le vie del paese.
L'ingegnoso Giuseppe Cannataro, padre dell'ing. Alfredo, aveva ideato e
realizzato "la magia" utilizzando l'acqua dell'Emoli dopo aver
costruito una turbina artigianale a corrente continua (senza alternatore).
Dalla suddetta relazione apprendiamo che la prima idea dell'impianto sorse
tra la fine di giugno ed il luglio 1923 e di primo acchito si pensò di
impiantare la Centrale nel mulino di Palazia, derivando in prossimità dello
scarico di Francesco Luchetta (Filuzzo), facendo percorrere al canale un
nuovo tracciato. Fu studiato e redatto il progetto.
Verso la fine di settembre del 1923 si fecero gli approcci verso i
proprietari per la cessione del suolo. Nei primi giorni di ottobre iniziarono
gli scavi per il canale di scarico in proprietà di Andrea Astone e subito dopo
quelli di riattamento del vecchio fabbricato.
Occorreva dare l'energia a costo di qualunque sacrificio per ottenere
soddisfazione morale e continuare, rafforzato, il lavoro di Giuseppe Cannataro
per la precedente Centrale.
La prima spesa preventiva fu di centomila lire per poter dare la luce in
paese anche con un impianto non completo. I primi lavori vennero eseguiti da
pochi operai e durarono per tutta la primavera e parte dell'estate del 1924.
Nel luglio furono montate le macchine della Centrale: turbina, regolatore
automatico, alternatore e condotta forzata; lavoro al quale partecipò
materialmente lo stesso ingegnere per risparmiare sui costi.
Tra vicissitudini e mille difficoltà anche economiche i lavori continuarono
per tutto il 1924. In dicembre fu stesa la linea dalla Centrale a piazza San
Giovanni e nel mese di gennaio del 1925 fu data l'illuminazione in piazza.
Ci pare interessante citare qualche dato tecnico.
La portata dell'Emoli, all'epoca, oscillava fra i circa 500 litri al
secondo in inverno ed i circa 180 in estate. Il canale di derivazione per
condurre l'acqua alla turbina, lungo in tutto 475 metri, progettato per un
carico medio di 150 litri al secondo fu realizzato incassando in terra un
rivestimento in muratura. Il salto finale era di 33 metri e consentiva di
ricavare una potenza nominale di 66 Hp da impiegare per energia elettrica.
La bolletta per una lampadina da 10 candele per un mese costava 4 lire e 12
centesimi. La centrale fu condotta per alcuni anni a gestione familiare dai
nonni dell'ingegnere Aniceto Costa e Francesca Cannataro, dalla madre Rosina e
dalle sorelle Delia ed Irma.
Il padre Giuseppe, emigrato in America, collaborava inviando fondi sempre
necessari.
D'altronde si deve comprendere come, a quei tempi, il pagamento delle
bollette era un fatto piuttosto improvvisato che spesso avveniva in natura con
prodotti dell'agricoltura locale.
In seguito la Centrale fu rilevata dalla Società Elettrica delle Calabrie
che la ricostruì poco più a valle.
Nel 1988, dall'Amministrazione Comunale in carica, fu presentato un
progetto per la riattivazione della centralina idroelettrica sul torrente
Emoli, elaborato dall'Ing. Celentani e dall'Ing. Nasta. Dalla loro
presentazione si evince come lo sfruttamento dell'energia idroelettrica abbia
enormi potenzialità, anche nelle sue forme cosiddette minori, come sarebbe nel
caso di San Fili.
D'altronde è noto come l'Italia, grazie ad una favorevole morfologia del
territorio, sia particolarmente adatta a questa fonte di energia pulita,
ecologica, non inquinante. Chissà che un giorno anche questo progetto non si
trasformi in realtà, continuando una tradizione antica per San Fili quanto
l'elettricità.
* * *
Il surriportato articolo a firma di Franca
Napolitano è in ogni caso consultabile anche nel sito web che Giovanni, il
figlio della signora Franca e del compianto Francesco Gambaro, ha dedicato al
nostro borgo. Tale sito si trova all’indirizzo internet
http://web.tiscali.it/sanfili/
* * *
In questa puntata dell’articolo fiume dedicato alla “Luce elettrica a San
Fili” ho citato più volte il quindicinale l’occhio. Questo
periodico, voluto e diretto dalla bravissima giornalista Marisa Fallico, ha
contribuito tantissimo al recupero della memoria storica del nostro borgo.
Anche di tale stupenda avventura, perché ciò è stata, prima o poi dovrò parlarne.
(continua)
* * *
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
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