OGGETTO:
Il Blog di Pietro Perri dedicato a San Fili (uno dei più bei paesi della provincia di Cosenza) e ai Sanfilesi nel Mondo.
A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.
domenica 25 marzo 2018
Discesa via Danise alla frazione Bucita? ... un insopportabile problema ormai ultradecennale.
OGGETTO:
sabato 24 marzo 2018
E se analizzassimo anche l’acqua della fontana/sorgente di via Danise alla frazione Bucita di San Fili?
Fontana di via Danise a Bucita. Foto di repertorio by P. Perri. |
Non ci vuole un indovino penso ma la strada che collega l’abitato di San Fili all’abitato di Bucita... franerà!
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StradaSan Fili - Bucita... frane in corso. |
sabato 3 marzo 2018
Ricordi di un recente passato: il gioco delle bocce a San Fili.
Nella foto a sinistra: Quel che resta del campo di bocce della stazione
ferroviaria di San Fili. (Foto by Pietro Perri)
Riporto di seguito un bellissimo articolo pubblicato sul
Notiziario Sanfilese del mese di febbraio 2018.
L’articolo, firmato dall’amico e compaesano Luigi “Gigino”
Iantorno ci fa rivivere un’altra particolare pagina (aspetto?) della storia
della stazione ferroviaria di San Fili: il campetto del gioco delle bocce.
*
* *
Ricordi di un recente passato: il gioco
delle bocce a San Fili.
Di Luigi “Gigino” Iantorno.
Ricordo che, quand’ero ancora giovane,
a San Fili c’era anche un campo per il gioco delle bocce.
Questo campo si trovava (e ciò che ne
resta vi si trova ancora) nell’area della stazione ferroviaria del nostro
paese.
Uscendo dalla sala attesa, ed accedendo
sul piazzale antistante i binari, il campo per il gioco delle bocce ce lo si
ritrovava sulla sinistra a ridosso del serbatoio dell’acqua della stazione
stessa.
D’estate quando dovevo prendere il
treno o la littorina per andare al mare non raramente ero costretto ad
aspettare, assieme a tanti altri compaesani, una mezzoretta prima di poter
salire finalmente su tali mezzi... direzione Paola. Si partiva la mattina per
ritornare la sera o nel tardo pomeriggio. Quindi si passava un’intera giornata
di divertimento sulla spiaggia della città di Paola.
Il mare di Paola era all’epoca,
d’estate, la meta preferita per noi bagnanti di San Fili ed anche per quelli
della città di Cosenza o della vicina Rende.
Per la nuova SS (Strada Statale) 107 ci
sarebbe voluto la fine degli anni Sessanta e l’alternativa alla tratta
ferroviaria Cosenza-Paola (ovvero il passaggio tramite pullman della strada che
percorreva il tratto interessato dal valico Crocetta) era tutt’altro che
appetibile.
A volte la littorina giungeva con
qualche decina di minuti di ritardo in stazione altre volte ero io con i miei
familiari ad aver raggiunto con un certo anticipo la stessa. Quindi in un modo
o in un altro si era costretti a passare il tempo in attesa di salire sulla
littorina e quindi di partire.
La stazione ferroviaria di San Fili
offriva vari svaghi agli occhi di noi passeggeri. Specie a noi ragazzi.
Nel piazzale antistante i binari,
infatti, alla nostra sinistra, come già detto, c’era il campo di bocce (oltre
che ai servizi igienici e ad una stupenda fontana in ghisa che garantiva una
tra le migliori acque potabili - fresche e dissetanti - della zona) mentre
sulla destra trovavamo un bellissimo giardino recintato nel cui interno c’era
anche una vasca con al centro uno zampillo e con all’interno tanti pesciolini
rossi e gialli.
Non raramente in tali frangenti era
possibile assistere ad una partita di bocce tra ferrovieri cui spesso si
aggiungevano anche persone del nostro paese.
Era bello assistere quei signori
giocare a bocce specie dopo che gli stessi, a noi ragazzi, spiegavano le regole
e lo spirito del gioco.
Il gioco delle bocce è un gioco che
prevede una buona dose di intelligenza, una buona mira, fantasia, tecnica e
fortuna.
Non è un gioco pericoloso come tanti
giochi che praticavamo all’epoca noi ragazzi del paese.
Essendo il campo all’aperto inutile
dire che lo stesso veniva frequentato dai giocatori nelle belle giornate ed in
particolare in quelle dei mesi primaverili ed estivi.
Per giocare si utilizzavano un certo
numero di palle in legno (dette appunto “bocce”) tutte uguali e di una certa
dimensione ed una palla decisamente più piccola (detta “pallino”).
Spesso a tale gioco vi si gioca a
squadre: “I giocatori di una squadra lanciano a turno la propria boccia,
alternandosi coi giocatori della squadra avversaria. L'obiettivo del gioco è
quello di avvicinarsi il più possibile con il maggior numero di bocce a una
sfera di dimensioni più piccole, detta pallino o boccino che deve essere sempre
visibile ai giocatori” (N.d.R.: enciclopedia online Wikipedia).
Purtroppo noi passeggeri di transito
nella stazione di San Fili raramente potevamo assistere ad una partita a bocce
dall’inizio alla fine. La littorina o il treno infatti non avevano nessuna
voglia di aspettare... e neanche noi volevamo farci aspettare più di tanto
dalle desiderate spiaggia ed acqua del mare di Paola.
Ricordo che il campetto era costituito
da un lungo rettangolo di terra battuta e ben livellata (affinché le palle
rotolassero senza intoppi sul terreno di gioco). A delimitare l’area di gioco
c’erano delle sponde di legno (così che le palle non fuoriuscissero dall’area
di gioco).
Erano sicuramente altri tempi ma che,
nelle parti positive, non sarebbe sbagliato che ritornassero in auge. Erano gli
anni d’oro della stazione ferroviaria di San Fili.
* * *
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro
affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
sabato 24 febbraio 2018
Un pittoresco borgo della Calabria.
Nella foto a sinistra:
San Fili - scorcio visto dalle Volette.
Foto by Pietro Perri.
Riporto di seguito
l'articolo a firma di Nuccia Giglio-Carlise nel mese di febbraio del 2018 sul
Notiziario Sanfilese ovvero sul bollettino dell'Associazione culturale "Universitas
Sancti Felicis" di San Fili.
* *
*
Un pittoresco borgo
della Calabria.
Di Nuccia Giglio
Carlise.
Sappiamo tutti che tutte le città e tutti
i paesi d'Italia sono pieni di meravigliose opere d'arte e panorami mozzafiato.
Hanno anche in comune caratteristiche strade di pietra, vicoli stretti e
tortuosi e, fra l'altro, artistiche e suggestive fontanelle di ferro battuto
sparse qua e là un po' dappertutto.
A buona ragione, l'Italia è chiamata
"il giardino d'Europa".
San Fili, come tanti altri paesi del
territorio italiano, non è da meno ed ha, anche nel suo piccolo, qualcosa di
artistico.
Pensiamo alla bella chiesa Madre, a quella
di santa Maria degli angeli dove si conservano un bel crocefisso ligneo e una
statua marmorea della Madonna, e al monumento ai caduti di piazza san
Giovanni.
C'è poi il bel panorama che spazia lontano
fino a San Vincenzo la costa e ai monti della vicina Sila.
E che dire della catena di montagne che
fanno da cornice al paese?
Suggestive inoltre le fontanelle che
sorgono lungo il corso principale e nel centro storico e i due abbeveratoi
che delimitano la lunghezza del borgo stesso.
Anche i lampioni situati negli angoli del
centro storico sono suggestivi e contribuiscono a dare un’atmosfera magica al
panorama quando si accendono nell'oscurità della sera.
Insomma, San Fili conserva quel fascino
che soltanto i borghi antichi della vecchia Europa sanno dare: le case
abbarbicate sulle colline e strette l'una all'altra, i tetti di tegole e il
verde dei monti che le circondano.
Una bellezza paesaggistica che appaga gli
occhi e sembra guardare al di là di tutti quei problemi di ordinaria amministrazione
che sono inevitabili anche in questo piccolo centro della Calabria come in
tanti altri.
Nuccia Giglio-Carlise.
* * *
Un caro abbraccio a
tutti by Pietro Perri.
… /pace.
mercoledì 17 gennaio 2018
C’era una volta... un’altra San Fili.
Nella foto a sinistra; San Fili - largo
Municipio ('mmienzu u puontu) nel 1910. Notare le galline pascere in
primo piano.
* *
*
Qualche anno addietro assieme ad alcuni colleghi di lavoro feci una gita di
un giorno ai cosiddetti “Sassi di Matera”.
Al ritorno da tale gita non potei fare a meno di lamentarmi sul mio blog su
quanto mi avesse deluso tale gita. Su cosa mi fossi aspettato di trovare e su
quanto non avessi trovato.
Tra le cose che mi sarei aspettato di trovare a “i Sassi di Matera”, visto
la pubblicità che fanno (peggio di un martello pneumatico) su tale luogo, c’è
sicuramente una maggiore capacità imprenditoriale e quindi una maggiore
capacità di sfruttare quanto la natura o la storia ci hanno immeritatamente
elargito.
Purtroppo da Firenze in giù... siamo e saremo sempre e comunque Meridione.
Anche se l’oro, diciamo la verità, a noi ci sa… di tuorli d’uova marce.
Le critiche non passarono inosservate tanto che nel men che non si dica
alcuni operatori turistici di Matera me ne dissero di cotte e di crude. Non
mancarono comunque tra gli stessi quanti in effetti presero anche le mie
difese.
Qualcuno tra i più critici sul mio scritto disse (... ed a volte a pensar
male ci si azzecca pure) che io ero una persona insensibile perché non riuscivo
proprio a capire neanche in che modo vivessero gli abitanti della zona
denominata “i Sassi di Matera” fino alla fine degli anni Sessanta del secolo
scorso: animali d’allevamento (galline, maiali, conigli, muli, asini. vitelli e
chi più ne ha più ne metta) ovunque. E non pochi erano gli esseri umani che
dormivano assieme agli animali... magari in qualche grotta.
Tutto ciò come se tale realtà, da esseri dimenticati da Dio e dal Mondo,
fosse solo tipica di quella cittadina.
Si stupirono per la mia risposta. Una risposta che lasciava ben pochi
margini di ribattere all’argomento aperto: “Scusate...”, dissi loro, “... ma
pensate veramente che a San Fili (il borgo in cui io vivo) e gran parte delle
cittadine del Sud d’Italia in quel periodo si vivesse diversamente da come si
viveva nella vostra Matera?”
Credetemi, non la presero bene. Pensavano d’avere l’esclusiva ed invece...
... invece anche a San Fili, fino alla prima metà degli anni Settanta del
secolo scorso, non era difficile vedere galline libere di scorrazzare in cerca
di qualcosa da beccare nei nostri caratteristici vicoletti o notare dei recinti
con conigli o sentire i maiali grugnire tra i vari catoji (stanze a
pianterreno adibita al ricovero degli animali) sparsi, spesso l’uno affianco
all’altro, in vari punti del nostro centro abitato.
Oltretutto il possedere nella propria casa un luogo dove accudire tali
animali, e gli animali stessi, all’epoca era quasi un simbolo di famiglia
benestante.
Dopotutto chi possedeva un mulo, tanto per fare un banale esempio, nel
contempo possedeva oltre che un “capitale” (il valore del mulo) anche una buona
fonte di reddito.
Bellissima è una pagina scritta dal nostro indimenticato prof. Francesco
Cesario dal titolo “la villeggiatura dei maiali” ed apparsa nel suo libro “San
Fili nei tempi”.
In tale libro il prof. Francesco Cesario riporta tutta una serie di ricordi
della “sua” San Fili tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del XX
secolo. Se non l’avete letto questo libro e se siete sanfilesi doc...
leggetelo. Ne vale proprio la pena.
Ma, direte, a Matera c’era anche chi oltre che con gli animali dormiva
anche nelle grotte.
“Ed anche questo...”, rispondo io, “non ci siamo fatti mancare a San Fili e
per giunta fino ai primissimi anni Settanta”. Basta infatti pensare al mitico
Francesco Mazzulla alias “u Summichele”.
E pensate come dovevano essere puliti e sicuramente profumati i vicoli ed
il corso principale del nostro amato/odiato... stupendo borgo.
Altro che gli escrementi di cani in cui ci si imbatte così facilmente ai
giorni nostri.
* * *
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
venerdì 5 gennaio 2018
A SCANSO DI EQUIVOCI... COMPAESANI.
Spiegando sinteticamente i motivi di tale tutt'altro che facile scelta.
venerdì 8 dicembre 2017
Ricordi di un recente passato (sanfilese): u sampaulanu.
Immagine a sinistra ripresa dal web.
Riporto questa volta un
articolo dell’amico compaesano Luigi “Gigino” Iantorno pubblicato sul
Notiziario Sanfilese del mese di novembre 2017.
Tale articolo ci
catapulta nella San Fili gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
Sono passati poco più di
Cinquanta anni dall’epoca eppure sembra siano passati secoli.
Buona lettura by Pietro Perri.
Ricordi di un recente
passato: u sampaulanu.
Di Luigi “Gigino”
Iantorno.
Chi era, o chi è, u sampaolanu
o sampaolaro che dir si voglia?
U sampaulanu è innanzitutto un uomo nato nel giorno dedicato alla venerazione di san
Paolo ovvero il 29 giugno (giorno della morte dello stesso) o, in casi estremi,
tra la notte che va dal 24 al 25 gennaio (giorno della conversione di Saulo di
Tarso... futuro apostolo Paolo).
U sampaulanu tradizione vuole che nasca con un particolare segno, quasi un tatuaggio
divino, sul corpo. Un segno simile ad un serpente.
Sarà vero? ... sarà falso? ... questo
comunque raccontavano i nostri padri e nonni fino agli anni Sessanta del XX
secolo.
Vuole la tradizione che u sampaulanu sia
indenne da ogni morso di animale velenoso, guarisca chi ne è stato avvelenato e
salvi da altre malattie. Dono di Dio questo che san Paolo acquisì in un suo
soggiorno sull’isola di Malta. Un dono che questi bravi uomini in ogni caso
portavano con loro girando nei vari paesi ed aiutando con lo stesso quanti per
fede ne facevano richiesta.
Ricordo che quand’ero fanciullo di tanto
in tanto un sampaulanu veniva anche a San Fili.
Quest’uomo portava sempre con sé un cesto
chiuso (... spurtune?) nel cui interno custodiva gelosamente un serpente
nero (nu cursune).
Questo particolare tipo di serpente non è
velenoso ma fa tantissimo senso a vederlo. Ovviamente noi fanciulli non
sapevamo della non pericolosità di questo serpente. Avevamo paura ed eravamo
sicuri che u sampaulanu, per come gestisse lo stesso, avesse veramente
delle capacità miracolose.
U sampaulanu girava sul corso principale e tra i vicoli di San Fili chiedendo qualche
spicciolo per sopravvivere e dispensando a quanti rispondevano al suo appello
con benedizioni e promesse di preghiere per la positiva risoluzione dei loro
problemi in particolare per i problemi di salute.
Noi fanciulli, e sicuramente non solo noi,
eravamo tutti affascinati da quel misterioso personaggio.
Nel suo incedere tra i vicoli del nostro
paese di tanto in tanto u sampaulanu, che noi fanciulli seguivamo a
debita distanza, si fermava, faceva uscire il serpente dal cesto, lo
accarezzava e gli sussurrava strane parole che il nero strisciante animale
sembrava ascoltare con attenzione. Poi lo poggiava per terra e questi iniziava
ad andare su e giù girando sempre e comunque intorno all’umano amico.
La gente presente inutile dire che più il
serpente si avvicinava a loro e più la stessa scappava lontano per paura di
essere morsa dallo stesso. Cessato questo breve spettacolo u sampaulanu con
altre strane parole ed alcuni segni con le mani richiamava a sé il serpente
che, senza reagire, si faceva prendere in mano dal miracoloso uomo e si faceva
deporre di nuovo all’interno della succitata cesta.
U sampaulanu portava sempre con sé un misterioso libro. Diceva che nello stesso erano
riportate tutte le formule da utilizzare con qualsiasi tipo di serpente a
seconda di quale specie lo stesso appartenesse. Tramite queste formule u
sampaulanu aveva il comando assoluto su queste pericolosissime bestie.
Inutile dire che tale libro per avere
effetto le formule (incantesimi) in esso contenute poteva essere posseduto ed
utilizzato solo da una persona nata il 29 giugno ovvero il giorno dedicato a
san Paolo... dotati del segno sul corpo.
Dobbiamo credere nei poteri miracolosi dei
sampaulani?
Noi fanciulli dell’epoca ci credevamo ed
alcuni come me ne avevamo anche un buon motivo che racconto di seguito.
In uno dei giorni in cui mi imbattei, da
fanciullo, in un sampaulanu in visita a San Fili ricordo che
questi, a me ed al gruppo di ragazzi presenti all’occasione ci chiese se per
caso in zona avessimo visto ultimamente qualche serpente.
Risposi subito in modo affermativo ed
assieme a lui ci recammo sul posto in cui qualche giorno prima avevo visto il
terribile animale.
Lui prese il librettino, lo aprì in una
determinata pagina ed iniziò a leggere la strana formula riportata nella
stessa. Nel men che non si dica da un buco del muro che gli avevo prima
indicato uscì una grossa vipera.
U sampaulanu la prese tra le mani, l’accarezzò, la ripose per terra e lei, docile
docile, rientrò nel buco da cui era prima uscita scomparendo per sempre dalla
nostra vista.
Dobbiamo credere nel potere dei sampaulani?
Sono anni ormai che non vedo più camminare
tra i vicoli di San Fili, e non solo nel nostro borgo, qualche sampaulanu.
* *
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre
vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para
bellum”!
sabato 2 dicembre 2017
XVI edizione della borsa di studio “Vincenzo Miceli”.
San Fili (CS) ed il castello di San Fili... nel comune di Stignano (RC).
Nella foto sotto a sinistra (ripresa dal web): Il castello di San
Fili nel comune di Stignano in provincia di Reggio Calabria. Stupenda
costruzione del XVI secolo costruita come struttura difensiva.
Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di novembre
2017... by Pietro Perri.
In questi ultimi giorni un caro amico mi ha detto: “Pietro, sai che non
sapevo che San Fili avesse un castello?”
“Infatti non ce l’ha!”, gli ho risposto io.
“Come, non ce l’ha?!?", mi fa il mio caro amico, "... l’ho visto proprio ieri su internet anche se, per
quante volte sono stato a San Fili, non mi sembra di aver mai notato questa
costruzione.”
Ok, sveliamo l’arcano rispondendo alla domanda: esiste veramente un
castello “di San Fili”? ... notate: non ho detto “a San Fili”.
In effetti esiste veramente un castello di San Fili solo che non si trova a
San Fili in provincia di Cosenza ma in una contrada (appunto “contrada San
Fili”) nel comune di Stignano in provincia di Reggio Calabria.
Nelle mie ricerche ho trovato finora, oltre a quest’altro San Fili, altri
quattro San Fili: un San Fili nel comune di Conflenti (anche in questo caso una
contrada che tra l’altro ci accomuna con la presenza - o le presenze - di
esseri sovrannaturali chiamati “fantastica”), c’é poi contrada San Fili
nel comune di Locri, contrada San Fili nel comune di Melicucco ed infine,
decisamente dulcis in fundo, un’altra San Fili nel comune di
Monteroni in provincia di Lecce.
Per quanto riguarda San Fili a Monteroni, dove si venera la Vergine di
Costantinopoli, è bello vedere che tale contrada viene familiarmente chiamata “Santu
Fili” proprio come chiamiamo noi sanfilesi nel nostro dialetto il nostro
stupendo... amato/odiato borgo.
Qualche anno addietro, oltretutto, volendo scrivere anch’io qualcosa su San
Fili a Monteroni ho mandato a richiedere tramite internet il libro “San Fili a
Monteroni - ricordi bizantini storia culto tradizioni popolari” di Gino
Giovanni Chirizzi (Congedo Editore, Galatina 1993). E non posso negare che
sono rimasto felicemente stupito nel leggere tra le prime pagine dello stesso
che i Sanfilesi di Monteroni ipotizzano una propria discendenza diretta dalla
nostra Comunità.
In tale libro infatti leggiamo: “(...) dell’agiotoponimo Santu Fili,
è legittimo, ma con una certa cautela, avanzare l’ipotesi di un culto
medioevale a S. Felice, S. Phili, legato alle emigrazioni bizantine
dalla Calabria e forse al centro di San Fili.”
Il castello di San Fili a Stignano, per ritornare al tema portante di
questa pagina, risale al XVI secolo e nasce, nel 1500, come struttura
difensiva. Il castello appartiene oggi alla famiglia Alvaro-Salerno.
* * *
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.