Ed eccoci giunti al fatidico
23 dicembre 2014 mattina ed all’interno di uno degli edifici di RAI
Nomentana... quello dove, da diversi anni a questa parte ormai, si registra il
gioco a premi “L’eredità”. L’accattivante programma condotto, in quel periodo,
da Fabrizio Frizzi in sostituzione di Carlo Conti.
Ad accoglierci c’era uno
staff fantastico e decisamente rodato. Ci fecero sentire subito come se fossimo
a casa nostra... e dopotutto la RAI non era detta in altri tempi anche “la casa
degli Italiani”? ... e noi in quel momento, giunti da più regioni del nostro
Bel Paese, come ci disse una delle nostre “madrine”, rappresentavamo parte
dell’Italia.
Ci portarono in uno stanzino
con relativa anticamera e ci fecero mettere a degli appendi abiti due cambi
cadauno che ci eravamo portati dietro. Gli addetti alle scene ci avrebbero
fatto sapere, fra non molto, quale dei due cambi avremmo dovuto indossare per
andare in scena.
Firmammo le liberatorie e...
via in sala trucco.
Poi a turno fummo condotti
(ognuno assieme al proprio accompagnatore o alla propria accompagnatrice) in
uno stanzino dove ci aspettava uno degli autori per concordare sia l’argomento
con cui mi sarei presentato al grande pubblico, nel corso della registrazione,
e sia il breve intervento che avrebbe fatto mia moglie (per l’occasione “la mia
accompagnatrice”) parlando dei miei pregi (tanti o forse nessuno) e dei miei
difetti (nessuno o forse tanti).
E così concordammo che avrei
parlato di “San Fili paese delle magare” e che il mio pregio base sarebbe stato
il fatto di saper cucinare ed il mio difetto base quello di essere un soggetto
particolarmente disordinato.
Ritornammo nello stanzino in
cui accedemmo la prima volta che entrammo nello stabile e ci cambiammo. Eravamo
pronti per entrare in scena? ... solo all’apparenza. Restava ancora la parte
più importante: il rischio “panico delle luci di scena e delle cineprese”.
La tensione, dopotutto, per
gente non del mestiere come noi concorrenti doveva essere tremenda... ed in
parte, a breve, lo sarà anche per me.
Fatto ciò mentre una fatina
(ovvero una delle signore messeci a disposizione per lavorare sul nostro stato
d’animo) cercava di caricarci al massimo spiegandoci tra l’altro alcuni trucchi
del mestiere al fine di non farci prendere dal panico quando saremmo entrati in
scena e nel prepararci ad una prevedibile immediata eliminazione, altre due
fatine controllavano scrupolosamente se sugli indumenti che indossavamo, scarpe
incluse, comparissero loghi o scritte varie che potessero essere intese come
pubblicità occulta. Ogni minimo accenno a ciò veniva adeguatamente oscurato con
appositi ritagli di nastri adesivi... non trasparenti.
“Se siete qui”, ci disse
quella dolce fatina, “siete già dei vincitori. Dopotutto siete stati scelti a
rappresentare la vostra regione su centinaia di candidati. Voi? ... valete!”
(continua).
* * *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro
affezionato Pietro Perri.
... /pace (anche a chi sbaglia onestamente)!
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