... il giorno della "SAGRA DELLA FRESA
SANTUFILISE" (ovvero il 22 Agosto 2014) si avvicina. Con ospiti di
riguardo e con tanta voglia di stare assieme. E' quasi completato anche il
tavolo della presidenza del convegno. Tra gli altri ci saranno la dottoressa
Rosanna Labonia, lo chef Mario Molinaro, lo scrittore Anton Francesco Milicia e
l'artista Pietro De Seta. E ci saremo anche noi dell'Associazione culturale
"Universitas Sancti Felicis" di San Fili.
Tu... sarai dei nostri?
* * *
Vi siete mai chiesti cos’è la
fresa? … da buongustai sanfilesi, per
non dire meridionali, sicuramente no! … sicuramente… l’avete solo mangiata.
Molti di voi hanno capito subito ch’era buona: era buona col tutto ed era
buona, in alcuni casi, anche col niente. Dopotutto, appurato ch’era buona,
perché chiedersi anche cos’era? … ovvero da cosa derivasse il suo nome e quale
ne fosse la sua preparazione?
Non solo: perché era
utilissima alle generazioni che ci hanno preceduto, quale ne è stato il motivo
della sua “passata fortuna” e perché per un buon tempo, parliamo degli ultimi
tre o quattro decenni, anche da noi è caduta in un colpevole oblio e come mai
oggi sembra ritornare in auge anche se in una nuova e più accattivante veste?
Ok, l’ammetto: chi scrive se
l’è chiesto solo in questi ultimi giorni. Quando, cioè, i membri
dell’Associazione culturale “Universitas
Sancti Felicis” di San Fili hanno deciso di organizzare la prima edizione
della “Sagra della Fresa Santufilise”
e quando qualcuno, tramite il social-network Facebook, invitato a partecipare a
tale manifestazione, ha avuto l’ardire, quasi una bestemmia, di scrivere e
soprattutto di chiedere… “Va bene, ci verrò ma… cos’è la fresa santufilise?”
La risposta che diedi a
questo mio contatto Facebook fu dei più semplici ma sicuramente non dei più
illuminati: “... nulla di particolare: è la tipica fresa variamente condita
(dalla classica con olio, aglio, origano, sale e aceto alla più ricercata
condita con 'nduja o rosamarina). E' un modo come un altro
per stare una serata... assieme.”
Il giorno successivo ho
provato anch’io a pormi la stessa domanda: “Cos’è la fresa santufilise?” ovvero
“la fresa calabrese?” o quantomeno almeno... “la fresa?”
Nulla di più facile, giunto a
questo punto, che aprire il primo dizionario d’italiano - magari un dizionario
online - e cercare il termine “fresa”. Le risposte furono tutt’altro che
incoraggianti e tutt’altro che attinenti al concetto che mi sono fatto finora
di questo ben di Dio: in italiano la parola fresa (legata a qualcosa di
alimentare) non esiste.
Persino i principali
dizionari etimologici disconoscono tale parola.
La parola “fresa”, col significato in cui la
cercavo io, è un termine usato nel parlare comune per segnalare qualcosa che
derivi dal pane o quantomeno da qualche impasto di farina lievito acqua e sale,
legato quasi esclusivamente al Meridione d’Italia ed in particolare alle
regioni Calabria, Puglia e... Sardegna.
Non, come vorrebbero
propinarmelo i dizionari nordisti, come, al massimo, un diminutivo dei mezzi
meccanici chiamati fresatrice. Oltretutto in questo caso il termine deriva
dalla parola francese “fraise” ovvero
fragola. Quindi? ... niente a che fare con una bontà quale la “fresa” che noi
calabresi abbiamo ereditato presumibilmente dai nostri padri colonizzatori
greci. Ritorna anche in questo caso, nel nostro DNA di meridionali, l’onnipresente
passato della Magna Grecia.
Un po’ di più fortuna l’ho
avuta con alcuni siti legati all’arte culinaria che sembrano ben conoscere la
cosiddetta “fresa calabrese”, segno che tale piatto tipico inizia a crearsi un
proprio giusto spazio sulla tavola dei buongustai, nonché con la sempiterna
Wikipedia, l’enciclopedia online “fai da te” e col dizionario calabrese di
Luigi Accattatis.
Nel “Vocabolario del Dialetto
Calabrese” (concluso nel 1895) di Luigi Accattatis al temine “fresa” troviamo: “s. f. Focaccia, Schiacciata di pasta di farina, divisa circolarmente,
in due parti e cotta nel forno, o sulla brace. ‘Na frisa de lupini, de granza’. Il gr. mod. ha frissa,
specie di biscotto.”
Da tale definizione
apprendiamo almeno quatto cose: 1) almeno nel 1895 la fresa era conosciutissima
a Cosenza e nei dintorni... quindi pure a San Fil; 2) era ottenuta con una
schiacciata di farina divisa in due e cotta nel forno o sulla brace; 3) non si
otteneva solo con la farina di grano; 4) nella lingua greca era presente il
termine frissa e questo termine
segnala un tipo di biscotto ovvero un qualcosa (bis-cotto) cotto due volte.
... finalmente, mi sono
detto, un po’ di luce alla fine del tunnel.
Dopotutto che la “fresa” esistesse ne ero più che certo...
almeno per il fatto d’averne mangiate a centinaia nel mezzo secolo di vita che
da qualche anno a questa parte mi sono lasciato alle spalle: ne ho mangiato con
il semplice condimento di sale, olio, aglio, aceto e origano e ne ho mangiato
pure con una bella spalmata di rosamarina
o con pomodori tagliati a piccoli cubetti e opportunamente conditi.
Ma non sarà in questo
paragrafo, né spero essere io, che vi dirò i mille ed uno metodi per condire
la... fresa santufilise o quantomeno
calabrese.
(continua).
* * *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro
affezionato Pietro Perri.
... /pace.
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