A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
* * *
Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

mercoledì 30 luglio 2014

… si fa presto a dire fresa. (4)

... il giorno della "SAGRA DELLA FRESA SANTUFILISE" (ovvero il 22 Agosto 2014) si avvicina. Con ospiti di riguardo e con tanta voglia di stare assieme. E' quasi completato anche il tavolo della presidenza del convegno. Tra gli altri ci saranno la dottoressa Rosanna Labonia, lo chef Mario Molinaro, lo scrittore Anton Francesco Milicia e l'artista Pietro De Seta. E ci saremo anche noi dell'Associazione culturale "Universitas Sancti Felicis" di San Fili.
Tu... sarai dei nostri?
*     *     *
La fresa, questo l’ho già detto, è un prodotto che nasce, non si sa se per un puro caso o per una tecnica frutto di un lungo studio di menti eccelse - personalmente opto per la prima ipotesi -, in epoche a dir poco remote. Sicuramente la conoscevano, ovviamente con le giuste varianti locali, sia gli antichi navigatori e colonizzatori greci che gli abitanti dei nuraghi in Sardegna. Sicuramente è nata nel corso della prima esperienza di panificazione tramite cottura a forno: una pagnotta magari cotta male, non opportunamente segnata in superfice, scoppiata per il vapore che si creò al suo interno e… bis-cottata (ovvero cotta due volte: una prima intera ed una seconda in più pezzi grazie proprio al botto che aveva fatto).
All’inizio quel povero improvvisato fornaio raccolse immediatamente i pezzi della pagnotta scoppiata e, deluso, cercò di capire dove avesse sbagliato.
Quel lavoro era da gettare: duro ed immangiabile… eppure. Eppure messane qualche briciola in bocca la stessa si scioglieva nella saliva e, diciamolo francamente, si mostrava più saporita del pane stesso.
Se poi alla saliva si sostituiva, anticipando il processo di riumidificazione, della semplice acqua o un qualsiasi altro magari più aromatico liquido ci si ritrovava d’incanto difronte ad una pietanza da re o quantomeno da soggetti alquanto facoltosi.
Quel primo provetto fornaio si rese conto oltretutto che la pagnotta bis-cottata (ovvero la fresa) a differenza del pane normale non andava subito a male e poteva essere usata anche dopo diverse settimane dalla sua cottura mantenendo quasi inalterato il sapore iniziale.
Quindi vide che il risultato dell’errore era cosa buona e, studiando il processo di tale errore, lavorò per facilitare il procedimento stesso: la fresa, grazie al citato errore - o per un semplice caso -, entrava in tal modo nella storia dell’Umanità.
Un prodotto alimentare a lunga conservazione oltretutto permetteva ai semplici lavoratori o agli avventurieri dei primi secoli di affrontare senza grossi problemi lunghe assenze dalle proprie abitazioni… dalla propria tribù.
Che ci crediate o no (chi scrive non ci crede) fu proprio grazie alla fresa che si misero su i primi pilastri delle grandi civiltà e quindi dei mitici imperi del passato.
Oltretutto quella ormai storica fallimentare prima infornata fece capire un’altra cosa importantissima al nostro eroe del fuoco e della pala: era necessario, per evitare che un numero eccessivo di pagnotte scoppiasse durante la cottura (la fresa è bella ma a lungo andare e col solo suo uso fa desiderare anche una bella fetta di pane fresco al nostro sempre più delicato palato). Le poche pagnotte che si erano salvate da quella sfortunata  infornata presentavano delle piccole crepe nella scorza: lateralmente o sulla parte superiore. Da tali crepe in effetti era fuoriuscito parte del vapore acqueo presente, in fase di cottura, all’interno della pagnotta… evitando che la stessa facesse boom come le sue consorelle.
Da tale esperienza il fornaio capì due cose importantissime: 1) per salvare la pagnotta, ovvero per toglierla integra dal forno dopo la giusta cottura, bisognava con un coltellino intaccarne la superfice; 2) per ottenere, volutamente e non per caso, ciò cui in seguito avrebbe chiamato semplicemente fresa, era necessario togliere la pagnotta a meta cottura dal forno, dividerla in due e rimetterla in forno per completare la cottura stessa.
Non solo: per quanto riguarda la fresa… meglio se la pagnotta veniva infornata leggermente schiacciata se non appiattita.
E se alla pagnotta appiattita si faceva anche un bel buco al centro? … a questo punto a tale rivoluzionario prodotto alimentare bastava semplicemente dare un nome. E che fosse un nome che ricordasse magari lo storico giorno in cui la prima pagnotta nella prima infornata finì in briciole grazie ad un non previsto… provvidenziale botto.
Se a scoprire la fresa (dire “inventarla” sarebbe una bestemmia in quanto a “crearla” può essere stata solo una... caritatevole sbadata divinità) sono stati quasi certamente i Greci o gli Egiziani... a darle il nome sono stati altrettanto quasi certamente gli antichi romani.
In latino, ma in parte l’ho già detto, troviamo il termine “fresus” in quanto participio passato del verbo “frendeo” ovvero “frantumare, sbriciolare” ma anche “fresa” in quanto “ferita, taglio”. E cos’è la fresa se non un prodotto ottenuto da un taglio e spesso sbriciolato o comunque mangiato a pezzi?
(continua).
*     *     *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace.

Nessun commento: