A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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venerdì 19 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (3/9): una stupenda passeggiata tutta sanfilese.


Nella foto a sinistra ritroviamo gli amici Enrico De Rasis e don Cesare (Cesarino) Gentile seduti sul muretto al centro de ‘a curva du pont’u su’Ndriu. L’anno dovrebbe essere il 1988 o al massimo il 1990. Lo scatto “By Pietro Perri”.

Don Cesare Gentile alcune volte mi fece visitare alcuni interni del palazzo di famiglia che si trova su corso XX Settembre a San Fili in prossimità della zona tradizionalmente “mmienz’u puontu”. Al di sotto del palazzo della famiglia Gentile, sul lato torrente Emoli, si trova un’altra cara alla mistica sanfilese: “u fuoss’e Stella”.

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Giunto finalmente sul greto del torrente Emoli (u jume de SantuFili) e scattate le prime foto (a quel masso mastodontico e artisticamente stupendo, o a quel pezzo di tronco dimenticato chissà da quale distratto boscaiolo, o… alla mia ombra proiettata sulla rena del greto del torrente) eccomi procedere, sul lato sinistro del fiume, verso la meta che mi ero prefisso fin da quando avevo in embrione l’odierna fluviale avventura: il ponte di Crispino (o di crispino… a seconda che si parli di un essere umano o di una pianta che dir si voglia).

M’imbattei quasi subito nel primo ostacolo da oltrepassare (forse il più difficile dell’intero percorso o comunque uno dei due più difficili): la frana al di sotto della storica via che da piazza san Giovanni (… a Cruce!) conduce alla fontana di Palazia.

Frana che si era verificata all’inizio di quest’anno (n.d’a.: 2013).

Effettivamente questa frana, specie vista dal basso verso l’alto, fa terribilmente più paura di quella creatasi al di sotto del palazzo della famiglia Gentile… qualche metro più in là!

Un palazzo, quello della famiglia Gentile, che ebbi modo più volte nella mia vita di frequentare. Sia perché nello stesso vi frequentai primi due anni della scuola media e sia perché più volte vi fui gradito ospite del caro don Cesare Gentile.

Qualche altra foto e… via verso nuovi punti di sosta e soprattutto verso l’affiorare sempre piacevole di obliati vecchi ricordi.

Raggiunta la base della seconda frana (quella più famosa) restai particolarmente colpito dal ritrovarmi davanti una bella strada facile da percorrere e… ci mancava solo che fosse asfaltata. Ma per fortuna non lo era.

Tra le due frane potei anche ammirare un bellissimo ponte naturale creatosi tra le due sponde del torrente… grazie ad un pluridecennale albero che, cadendo, aveva collegato le stesse. Inutile dire che la tentazione di salirci sopra fu enorme anche se… fortunatamente evitai.

L’età, ovviamente parlo per me, per fare certe pazzie (me ne accorsi drammaticamente qualche oretta dopo) è ormai passata da qualche tempo. E già fare questa passeggiata da solo di per sé è una bella pazzia: qualche spina, qualche cespuglio per niente invitante ad aggrapparcisi, qualche pietra su cui inciampare, il rumore di qualche animale per niente socievole…

C’era di tutto e di più ma… ne valeva la pena! … decisamente.

Raggiunsi quasi senza rendermene conto il piazzale (ovviamente sul greto del fiume) che si vede dalla balaustra della piccola accogliente piazzetta antistante la chiesa della Madonna del Carmine (o del Monte Carmelo), in cui ci si imbatte passeggiando lungo corso XX Settembre a San Fili, e… rieccomi tornato fa ciullo. Riecco rivedermi scendere, impavido e con altri impavidi coetanei, lungo quella pericolosissima scarpata e, dalla sovrastante piazzetta, ritrovarmi di botto, nel men che non si dica, sull’accattivante, quasi selvaggio, greto del torrente.?

Ricordo che da piccolo quella scesa, tutt’altro che facile, l’ho fatta almeno tre o quattro volte.

Certo che… ne abbiam di fegato quando siamo piccoli. Peccato che tutto quel fegato lo perdiamo non appena diventiamo maturi (?) ed adulti. O forse è un bene?

Guardo sopra e vedo la casa, poggiata sul dirupo, del mio amico d’infanzia (ormai da tempo in Canada) Tonino Cavaliere. E rivedo gli amici di tanti e tanti anni fa: Pinuzzu Storino, Gaetano Scarpelli, … me stesso.

Quante avventure con i miei amici d’infanzia: la verde natura circostante San Fili era la nostra seconda casa. Una seconda casa che conoscevamo meglio delle nostre tasche (anche perché eravamo sempre consapevoli che nelle nostre tasche, all’epoca, difficilmente vi avremmo trovato qualche cosa): erano gli anni compresi tra il 1968 ed il 1975. Erano gli anni in cui frequentavamo le scuole elementari e le scuole medie.

Qualche passo più in là (cosa che non guasta… diversamente finirei per farla durare un mese questa solitaria passeggiata) ed eccomi oltrepassare la seconda frana (quella - ma l’ho già detto - sotto il palazzo della famiglia Gentile) e giungere finalmente a ciò che fu l’enorme (per San Fili) vasca formatasi grazie alla piccola diga realizzata lungo il corso del torrente Emoli. Diga (invaso?) necessaria a garantire in altri tempi un costante flusso d’acqua ad una delle famose (seppur piccole) centrali idroelettriche presenti sul territorio del nostro comune: era quello u bacile.

Il mare dei temerari sanfilesi.

Al bacile dagli anni Venti agli anni Sessanta inoltrati erano tantissimi i giovani sanfilesi che andavano a “prendercisi i bagni”… ovvero a tuffarvicisi dentro e farci una bella nuotata. Altri tempi ed altre pelli: io vi ci sarei morto… ghiacciato.

Non so se per creare uno spauracchio nei confronti di noi bambini/fanciulli o meno… ma erano tanti i grandi che continuavano a dirci di non andare in quella zona in quanto più d’una volta avevano pescato in quell’acqua non solo bambini ma anche adulti… passati a miglior vita vittime delle terribili assassine acque del bacile: chi suicida e chi, troppo temerario, semplice involontaria vittima.

Acque assassine e, come se non bastasse, fantasmi assicurati.

A noi impavidi eroi poco importava tutto ciò: noi non avevamo paura di niente. Peccato che niente è un concetto molto piccolo nei confronti del tutto e quindi se non avevamo paura di niente comunque avevamo paura di tutto.

Guardo l’orologio: sono le dieci e trenta. 

Da piccolo non avevo un orologio e dubito che ne avessero uno i miei compagni d’avventura. Eppure anche allora sapevamo benissimo l’ora del momento e l’ora in cui avremmo dovuto rientrare prima di non avere a disposizione una buona giustificazione per i nostri genitori e quindi di buscarle di santa ragione senza, a nostro avviso, razionale ragione.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

 

giovedì 18 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (2/9): una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese.


Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri) un attimo del convegno sulla “Fiera di santa Maria degli angeli” tenutosi a San Fili nel mese di agosto dell’anno 2000. Da sinistra ritroviamo gli amici avvocato Luigi Gigetto Bruno (all’epoca sindaco del paese), il professor Giosino Cesario e lo storico ricercatore professor Mario Spizzirri. In questa foto il professor Giosino Cesario sta tenendo il suo accorato intervento.

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E fu così che, in una bella giornata di sabato del mese di marzo 2013, per alcuni versi in modo non del tutto facile, raggiunsi il greto del torrente Emoli: u jume (il fiume) de Santu Fili.

Il torrente Emoli era, e continua ad essere, uno spettacolo! Era esattamente come me lo ricordavo.

Già, i ricordi! … perché ripercorrendo le stesse vie già e più volte percorse in tenera età, quando ormai si è oltrepassata la soglia dei cinquanta anni (altro che nel dantesco “nel mezzo di nostra vita”, ovvero intorno ai trentacinque anni), non si fa altro che iniziare a ricordare: gli odori, i suoni, il sapore della stessa aria di cui continuiamo famelicamente, spesso ingenuamente ed inconsciamente, a cibarci… oggi più che allora.

Emoli? … che stupendo il nome del nostro torrente/jume e… chissà da cosa deriva (ovvero quale ne è la sua reale etimologia).

Agli inizi del Terzo Millennio (esattamente nel mese di agosto del 2000) a San Fili (e dove, se no?) in località Frassino, nella struttura adiacente al teatro all’aperto, realizzato nel corso degli anni novanta del XX secolo, in occasione della tradizionale ed annuale “Fiera di santa Maria degli angeli”, si tenne un convegno, se non ricordo male, sulla citata fiera stessa.

Al convegno parteciparono tra gli altri padre Rocco Benvenuto (dei minimi di Paola), il professor Giosino Cesario e il professor Mario Spizzirri (scrittore e ricercatore storico).

Io ero nel pubblico ed ero intento, oltre che ad ascoltare, a scattare qualche foto del convegno stesso.

Il tutto in quell’occasione solo per hobby e quindi in piena libertà… politica ed intellettuale.

Inutile dire che ad assistere al convegno eravamo i soliti quattro gatti. La cultura, quella commestibile (la cultura da marciapiede?) e quindi vera, purtroppo e specie dalle nostre parti, ha sempre avuto e continua ad avere pochissimi estimatori.

In quest’occasione si parlò, sempre e comunque come tema portante la fiera che si svolgeva intorno alla struttura che per l’occasione ci ospitava, di tutto e di più: si parlò delle fiere di paese così come erano una volta, si parlò di Aquilante Rocchetta (viaggiatore e scrittore cinque-seicentesco sanfilese) e del suo legame con la statua di santa Maria degli Angeli (custodita all’interno della Chiesa del Ritiro), si parlò… di San Fili in quanto paese legato ai fiori (‘e jinostre ‘ntr’atri tiempi presenti aru cuozzu de juri - le ginestre in altri tempi presenti in località “cozzo di iorio”) e di come possono nascere alcuni toponomastici o nomi di luoghi, di cose e magari di persone.

Incluso il nome con cui siamo stati abituati dai nostri avi a chiamare il nostro amato torrent/jume: l’Emoli.

Su quest’ultimo punto, è qui ritorno sulla retta via (quella de… u jum’e Santu Fili), si sbizzarrì in modo particolare il bravissimo - trasportante nei suoi aneddoti e nelle sue romantiche fantasie - professor Giosino Cesario.

Secondo il professor Giosino Cesario il termine Emoli potrebbe derivare dalla voce latina AEMULUS che a sua volta trova familiarità nella voce greca AIMYLOS e che significa “insinuante, lusinghevole, accorto, astuto”… “imitatore delle altrui virtù”… nel senso positivo del significato.

Inutile ricordare che noi calabresi in generale, e sanfilesi in particolare, un po’ romani ed un po’ greci lo siamo per diritto di nascita. E tutto ciò lo conferma in modo per niente equivoco il nostro stupendo dialetto dove malgrado tutto continuano a sopravvivere termini tipo scifu (in italiano “trogolo”, ampio recipiente ricavato svuotando l’intero di grossi tronchi d’albero ed in cui in altri tempi si posizionava il cibo per animali di grosso calibro destinati all’ingrasso e quindi alla trasformazione dei nostri impareggiabili insaccati di… maiale) o catuoju (in italiano “stanza sottostante/a pianterreno” dove una volta, nel nostro centro abitato, venivano ricoverati animali quali maiali, galline, conigli, muli e chi più ne ha più ne metta).

Potrebbe esserci un nome più bello e più appropriato con cui chiamare il nostro…fiume/jume del nome Emoli?

Certamente, no!

Così come l’affermò tale concetto, con amorevole convinzione, il professor Giosino Cesario in quel ricco convegno feci mia allora mia tale ipotesi e… l’affermo sempre più convinto anch’io ancora oggi.

Ma ritorniamo alla mia passeggiata lungo il tratto che partendo da piazza san Giovanni, scendendo nella scalinata che mi porta dritto dritto alla magica fontana di Palazia e quindi sulla sonda sinistra (ovviamente guardando ad una ipotetica cittadina di Rende) del succitato torrente Emoli. Poco più su, sempre parlando del corso du jume Emoli nel frattempo mi ero lasciato anche il fabbricato conosciuto come il mulino delle fate.

Com’è bello ricalpestare la sponda sabbiosa (pietrosa?) del nostro fiume, com’è bello sentirne lo scrosciare delle acque nel momento in cui le stesse nel loro fluttuante incedere verso il fiume Crati sbattono contro i grandi levigati sassi che trovano sul loro inarrestabile cammino o quando… precipitano sulla parte inferiore di uno dei tanti dislivelli (cascatine?) in cui costantemente s’imbattono per riprendere, dopo un breve attimo di smarrimento, il cammino verso un corso d’acqua di maggiore portata e raggiungono finalmente quel grande recipiente naturale chiamato… mare.

Alla fine a fare incetta di tutti i nostri ricordi fluviali sarà, per l’appunto, l’ingordo mare Ionio.

Un nome, anche quest’altro, che ci trascina nel ricordo dei nostri padri ellenici. Dopotutto Magna Grecia era anche il nostro territorio.

Eccomi, dicevo, su uno spiazzo, pochi metri al di sotto della fontana di Palazia, sabbioso dove, quasi al centro del tutto, si vedono scorrere, in un sinuoso accattivante tracciato, le acque del torrente Emoli.

Qualche primo scatto con la mia Konica Minolta Imagine Z3 (da tempo uscita fuori produzione) e subito via verso la vera e propria odierna inaspettata avventura direzione ponte di Crispini. Punto, quest’ultimo, da cui poi dovrò decidere se risalire verso la superstrada (SS107) o verso la parte inferiore del Canalicchio.

Nella parte inferiore del Canalicchio strategico, è giusto a questo punto ricordarlo, si trovano a distanza di poche decine di metri, ben due incroci (trivii per la precisione). Ed in prossimità degli stessi sembrano esserci seppelliti un magico tesoro ciascuno.

Chi vi avrà seppellito questi tesori?

Sicuramente non un essere umano né tantomeno un’anima degna del Purgatorio o del Paradiso visto che per poter entrare in possesso degli stessi il prezzo da pagare (leggenda - ma sarà poi una leggenda? - vuole) è comunque altissimo.

A quadara d’oro di santufilisi!

il resto del racconto?

Alla prossima puntata.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

domenica 14 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (1/9): una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese.


Nella foto a sinistra (scatto by Pietro Perri) ritroviamo in prima l’indimenticato maestro Giorgino Curatolo intento a scambiare qualche frase con l’amico architetto Biagio Luchetta.

L’occasione è stata una “giornata ecologica di volontariato” organizzata dall’appena nata Pro Loco di San Fili.

Ci troviamo verso la metà della scalinata in pietra di fiume che congiunge piazza San Giovanni con la fontana di Palazia… ovviamente a San Fili.

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Agli inizi del mese di marzo di quest’anno (n.d’a.: 2013), volendo vedere di persona (ovvero con i miei occhi) le frane (quella sotto il palazzo Gentile e quella sotto piazza San Giovanni… lato fiume) che ha subito San Fili nei mesi immediatamente precedenti, decisi di fare (in una quasi bella mattina di un quasi bel giorno di sabato) una passeggiata lungo un tratto (decisamente classico) del nostro, tanto obliato quanto stupendo, torrente Emoli.

U jum’e Santu Fili.

Per quanto riguarda il discorso frana (o frane?) e franati a San Fili ne ho già scritto in modo (credo) più che esauriente in un “pensiero” postato in questo stesso blog nell’ormai lontano 10 marzo scorso. Ciò di cui non ho parlato, in quell’occasione, è degli stupendi poetici scorci in cui mi sono imbattuto in questa strana, non programmata e quindi imprevista, avventura.

Già, proprio perché di una bella - solitaria - avventura (con tanto di tuffo nel passato) si è trattato. Una bella avventura in cui ho potuto ricordare alcuni stralci della mia fanciullezza, della mia pubertà ed anche della mia maturità… quest’ultima ancora non completata.

Quel giorno… quello stupendo giorno… armi in pugno (ovvero macchina fotografica all’interno del borsello che portavo a tracolla, giunto in piazza san Giovanni e sinceratomi che nessuno mi vedesse o quantomeno mi tenesse per conto (sapevo benissimo che se avessi detto loro ciò che stavo per fare come loro solito mi avrebbero dato del partito di testa. E e non me l’avessero detto sicuramente l’avrebbero pensato, bontà loro!) imboccai la scalinata che, appunto da piazza san Giovanni, porta dritta dritta alla fontana di Palazia.

La fontana di Palazia è la mitica fontana che in altri tempi (almeno fino ai primi del Novecento?) garantiva due uscite (scusate ma in questo momento non mi viene la parola! Ed “ugelli” proprio non ci sta!): la prima con acqua calda o quantomeno tiepida e la seconda con acqua fresca: la prima per lavare i panni e la seconda per dissetarsi.

Dite che non è possibile un tale prodigio? Possibile che ancora non avete capito che siamo in territorio di San Fili ovvero in territorio del paese delle magare e non sappiate ancora che nel paese delle magare tutto è possibile… anche e soprattutto l’impossibile?

E poi siamo anche nei pressi del mulino delle fate quindi avete ben poco da meravigliarvi dei prodigi cui si può assistere in questo luogo a dir poco fantastico.

La scalinata, per chi ancora non l’avesse capito, è quella posta proprio al di sotto del calvario (ovvero “da Cruce”, così come in altri tempi veniva indicata anche la zona di piazza san Giovanni). Tale scalinata è parte ancora in pietra di fiume, parte in antiestetico cemento e parte in terra battuta. Malgrado tutto e quando le amministrazioni comunali in carica si ricordano di darci una ripulita dalle erbacce che regolarmente l’invadono… stupendamente (e facilmente) comunque percorribile.

Scendendo lungo questa scalinata non potei fare a meno di ricordare alcune fanciullesche avventure vissute con i compagni delle scuole elementari e delle scuole medie quando, all’insaputa (perché diversamente sarebbero state botte) dei nostri genitori ci inoltravamo per alcuni sentieri tutt’altro che sicuri per imberbi spericolati avventurieri quali eravamo noi nei più begli e spensierati anni della nostra vita. Tutti potenziali protagonisti di romanzi per ragazzi tanto in voga negli anni sessanta e del XX secolo.

Era in quelle zone, nascoste agli occhi proibizionisti dei grandi, che potevamo finalmente dar vita al seguito delle stupende avventure che avevamo visto quello stesso giorno o qualche giorno prima nella magica sala del cinema di San Fili: Zorro, Tarzan, Maciste, Ursus, Sansone, Sandokan… King Kong e chissà quanti altri immaginari personaggi rivivevano nelle nostre sempre più reali mitiche gesta.

Noi fanciulli di quegli anni dal profumo ancora vivo del libro Cuore di Edmondo De Amicis, all’epoca, eravamo tutto ciò.

Nel mezzo di quella ammaliante discesa mi rivedo d’incanto davanti il carissimo indimenticato Giorgino Curatolo che, seppur morto ormai da qualche anno, ancora era poco al di sopra della via che stavo calpestando intento a zappare il suo piccolo, curato e scosceso preziosissimo pezzettino di terra.

Era un amore vederlo con la zappa o la falce in mano, era (e continua ad essere!) un amore ricordarlo col suo magico mandolino cullare con le sue dolci note tutta piazza san Giovanni, nella penombra del suo studio, nascosto e presente nel contempo agli occhi ed alle orecchie dei più.

Nel mezzo della discesa mi rivedo, agli inizi del 2000, impegnato con gli amici dell’allora neonata Pro Loco lavorare (falci ed altri attrezzi fra le mani… io sempre armato della macchina fotografica) per riaprire il passaggio (ormai pieno di spine, ortiche ed erbacce d’ogni genere) che in breve ci avrebbe condotto alla fontana di Palazia e che, in futuro, da tale fontana ci avrebbe dovuto condurre alla parte bassa du Canalicchjiu (la discesa che da piazza Rinacchio porta nella zona sottostante delle Volette) in un non tanto immaginario percorso che, nella nostra fantasia, all’epoca prese il titolo appunto di… “Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu”.

Altri tempi, ed anche io c’ero!

Altri tempi, ed anche io ancora ci sono!

Già! dicendo e facendo sono ormai giunto davanti alla fontana di Palazia, restaurata agli inizi degli anni ottanta del XX secolo dagli infaticabili (una fesseria ogni tanto è bello dirla! … ancor più bello se la stessa è grande!) operai del Consorzio di Bonifica (…).

Lateralmente alla fontana di Palazia, alla sua sinistra, si trova una colonna del ponte della superstrada… tanto immensa quanto spaventosa.

Il letto del fiume (e quindi il sentiero su cui mi stavo avventurando non sempre facilmente percorribile a piedi) risulta in parte occupato dalle due frane in cui mi sarei imbattuto a breve. L’inizio dello stesso si trova qualche metro più sotto il punto in cui si può d’un bel sorso d’acqua fresca sgorgante dalla fontana Palazia (inutile cercare nei nostri tempi di miscredenti la differenza dell’acqua che sgorga dai due punti d’uscita dell’acqua stessa).

Tale punto non troppo difficile da raggiungere… ma sicuramente non si ci può arrivare con i tacchi a spillo ai piedi.

Questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta magari in questa stessa avventura che comunque continua… alla prossima puntata.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti da Pietro Perri.

… /pace.