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giovedì 18 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (2/9): una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese.


Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri) un attimo del convegno sulla “Fiera di santa Maria degli angeli” tenutosi a San Fili nel mese di agosto dell’anno 2000. Da sinistra ritroviamo gli amici avvocato Luigi Gigetto Bruno (all’epoca sindaco del paese), il professor Giosino Cesario e lo storico ricercatore professor Mario Spizzirri. In questa foto il professor Giosino Cesario sta tenendo il suo accorato intervento.

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E fu così che, in una bella giornata di sabato del mese di marzo 2013, per alcuni versi in modo non del tutto facile, raggiunsi il greto del torrente Emoli: u jume (il fiume) de Santu Fili.

Il torrente Emoli era, e continua ad essere, uno spettacolo! Era esattamente come me lo ricordavo.

Già, i ricordi! … perché ripercorrendo le stesse vie già e più volte percorse in tenera età, quando ormai si è oltrepassata la soglia dei cinquanta anni (altro che nel dantesco “nel mezzo di nostra vita”, ovvero intorno ai trentacinque anni), non si fa altro che iniziare a ricordare: gli odori, i suoni, il sapore della stessa aria di cui continuiamo famelicamente, spesso ingenuamente ed inconsciamente, a cibarci… oggi più che allora.

Emoli? … che stupendo il nome del nostro torrente/jume e… chissà da cosa deriva (ovvero quale ne è la sua reale etimologia).

Agli inizi del Terzo Millennio (esattamente nel mese di agosto del 2000) a San Fili (e dove, se no?) in località Frassino, nella struttura adiacente al teatro all’aperto, realizzato nel corso degli anni novanta del XX secolo, in occasione della tradizionale ed annuale “Fiera di santa Maria degli angeli”, si tenne un convegno, se non ricordo male, sulla citata fiera stessa.

Al convegno parteciparono tra gli altri padre Rocco Benvenuto (dei minimi di Paola), il professor Giosino Cesario e il professor Mario Spizzirri (scrittore e ricercatore storico).

Io ero nel pubblico ed ero intento, oltre che ad ascoltare, a scattare qualche foto del convegno stesso.

Il tutto in quell’occasione solo per hobby e quindi in piena libertà… politica ed intellettuale.

Inutile dire che ad assistere al convegno eravamo i soliti quattro gatti. La cultura, quella commestibile (la cultura da marciapiede?) e quindi vera, purtroppo e specie dalle nostre parti, ha sempre avuto e continua ad avere pochissimi estimatori.

In quest’occasione si parlò, sempre e comunque come tema portante la fiera che si svolgeva intorno alla struttura che per l’occasione ci ospitava, di tutto e di più: si parlò delle fiere di paese così come erano una volta, si parlò di Aquilante Rocchetta (viaggiatore e scrittore cinque-seicentesco sanfilese) e del suo legame con la statua di santa Maria degli Angeli (custodita all’interno della Chiesa del Ritiro), si parlò… di San Fili in quanto paese legato ai fiori (‘e jinostre ‘ntr’atri tiempi presenti aru cuozzu de juri - le ginestre in altri tempi presenti in località “cozzo di iorio”) e di come possono nascere alcuni toponomastici o nomi di luoghi, di cose e magari di persone.

Incluso il nome con cui siamo stati abituati dai nostri avi a chiamare il nostro amato torrent/jume: l’Emoli.

Su quest’ultimo punto, è qui ritorno sulla retta via (quella de… u jum’e Santu Fili), si sbizzarrì in modo particolare il bravissimo - trasportante nei suoi aneddoti e nelle sue romantiche fantasie - professor Giosino Cesario.

Secondo il professor Giosino Cesario il termine Emoli potrebbe derivare dalla voce latina AEMULUS che a sua volta trova familiarità nella voce greca AIMYLOS e che significa “insinuante, lusinghevole, accorto, astuto”… “imitatore delle altrui virtù”… nel senso positivo del significato.

Inutile ricordare che noi calabresi in generale, e sanfilesi in particolare, un po’ romani ed un po’ greci lo siamo per diritto di nascita. E tutto ciò lo conferma in modo per niente equivoco il nostro stupendo dialetto dove malgrado tutto continuano a sopravvivere termini tipo scifu (in italiano “trogolo”, ampio recipiente ricavato svuotando l’intero di grossi tronchi d’albero ed in cui in altri tempi si posizionava il cibo per animali di grosso calibro destinati all’ingrasso e quindi alla trasformazione dei nostri impareggiabili insaccati di… maiale) o catuoju (in italiano “stanza sottostante/a pianterreno” dove una volta, nel nostro centro abitato, venivano ricoverati animali quali maiali, galline, conigli, muli e chi più ne ha più ne metta).

Potrebbe esserci un nome più bello e più appropriato con cui chiamare il nostro…fiume/jume del nome Emoli?

Certamente, no!

Così come l’affermò tale concetto, con amorevole convinzione, il professor Giosino Cesario in quel ricco convegno feci mia allora mia tale ipotesi e… l’affermo sempre più convinto anch’io ancora oggi.

Ma ritorniamo alla mia passeggiata lungo il tratto che partendo da piazza san Giovanni, scendendo nella scalinata che mi porta dritto dritto alla magica fontana di Palazia e quindi sulla sonda sinistra (ovviamente guardando ad una ipotetica cittadina di Rende) del succitato torrente Emoli. Poco più su, sempre parlando del corso du jume Emoli nel frattempo mi ero lasciato anche il fabbricato conosciuto come il mulino delle fate.

Com’è bello ricalpestare la sponda sabbiosa (pietrosa?) del nostro fiume, com’è bello sentirne lo scrosciare delle acque nel momento in cui le stesse nel loro fluttuante incedere verso il fiume Crati sbattono contro i grandi levigati sassi che trovano sul loro inarrestabile cammino o quando… precipitano sulla parte inferiore di uno dei tanti dislivelli (cascatine?) in cui costantemente s’imbattono per riprendere, dopo un breve attimo di smarrimento, il cammino verso un corso d’acqua di maggiore portata e raggiungono finalmente quel grande recipiente naturale chiamato… mare.

Alla fine a fare incetta di tutti i nostri ricordi fluviali sarà, per l’appunto, l’ingordo mare Ionio.

Un nome, anche quest’altro, che ci trascina nel ricordo dei nostri padri ellenici. Dopotutto Magna Grecia era anche il nostro territorio.

Eccomi, dicevo, su uno spiazzo, pochi metri al di sotto della fontana di Palazia, sabbioso dove, quasi al centro del tutto, si vedono scorrere, in un sinuoso accattivante tracciato, le acque del torrente Emoli.

Qualche primo scatto con la mia Konica Minolta Imagine Z3 (da tempo uscita fuori produzione) e subito via verso la vera e propria odierna inaspettata avventura direzione ponte di Crispini. Punto, quest’ultimo, da cui poi dovrò decidere se risalire verso la superstrada (SS107) o verso la parte inferiore del Canalicchio.

Nella parte inferiore del Canalicchio strategico, è giusto a questo punto ricordarlo, si trovano a distanza di poche decine di metri, ben due incroci (trivii per la precisione). Ed in prossimità degli stessi sembrano esserci seppelliti un magico tesoro ciascuno.

Chi vi avrà seppellito questi tesori?

Sicuramente non un essere umano né tantomeno un’anima degna del Purgatorio o del Paradiso visto che per poter entrare in possesso degli stessi il prezzo da pagare (leggenda - ma sarà poi una leggenda? - vuole) è comunque altissimo.

A quadara d’oro di santufilisi!

il resto del racconto?

Alla prossima puntata.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!

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