Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri) un attimo del convegno sulla “Fiera
di santa Maria degli angeli” tenutosi a San Fili nel mese di agosto dell’anno
2000. Da sinistra ritroviamo gli amici avvocato Luigi Gigetto Bruno (all’epoca
sindaco del paese), il professor Giosino Cesario e lo storico ricercatore
professor Mario Spizzirri. In questa foto il professor Giosino Cesario sta tenendo
il suo accorato intervento.
* * *
E fu così che, in una bella giornata di sabato del mese di marzo 2013, per alcuni versi in modo non del tutto facile, raggiunsi il greto del torrente Emoli: u jume (il fiume) de Santu Fili.Il torrente Emoli era, e continua ad essere, uno spettacolo! Era
esattamente come me lo ricordavo.
Già, i ricordi! … perché ripercorrendo le stesse vie già e più volte
percorse in tenera età, quando ormai si è oltrepassata la soglia dei cinquanta anni
(altro che nel dantesco “nel mezzo di nostra vita”, ovvero intorno ai
trentacinque anni), non si fa altro che iniziare a ricordare: gli odori, i
suoni, il sapore della stessa aria di cui continuiamo famelicamente, spesso
ingenuamente ed inconsciamente, a cibarci… oggi più che allora.
Emoli? … che stupendo il nome del nostro torrente/jume e… chissà da
cosa deriva (ovvero quale ne è la sua reale etimologia).
Agli inizi del Terzo Millennio (esattamente nel mese di agosto del 2000) a San Fili (e dove, se no?) in
località Frassino, nella struttura adiacente al teatro all’aperto, realizzato
nel corso degli anni novanta del XX secolo, in occasione della tradizionale ed
annuale “Fiera di santa Maria degli angeli”, si tenne un convegno, se non
ricordo male, sulla citata fiera stessa.
Al convegno parteciparono tra gli altri padre Rocco Benvenuto (dei minimi
di Paola), il professor Giosino Cesario e il professor Mario Spizzirri (scrittore
e ricercatore storico).
Io ero nel pubblico ed ero intento, oltre che ad ascoltare, a scattare
qualche foto del convegno stesso.
Il tutto in quell’occasione solo per hobby e quindi in piena libertà…
politica ed intellettuale.
Inutile dire che ad assistere al convegno eravamo i soliti quattro gatti.
La cultura, quella commestibile (la cultura da marciapiede?) e quindi vera, purtroppo
e specie dalle nostre parti, ha sempre avuto e continua ad avere pochissimi
estimatori.
In quest’occasione si parlò, sempre e comunque come tema portante la fiera
che si svolgeva intorno alla struttura che per l’occasione ci ospitava, di
tutto e di più: si parlò delle fiere di paese così come erano una volta, si
parlò di Aquilante Rocchetta (viaggiatore e scrittore cinque-seicentesco
sanfilese) e del suo legame con la statua di santa Maria degli Angeli
(custodita all’interno della Chiesa del Ritiro), si parlò… di San Fili in
quanto paese legato ai fiori (‘e jinostre ‘ntr’atri tiempi presenti aru
cuozzu de juri - le ginestre in altri tempi presenti in località “cozzo
di iorio”) e di come possono nascere alcuni toponomastici o nomi di luoghi, di
cose e magari di persone.
Incluso il nome con cui siamo stati abituati dai nostri avi a chiamare il
nostro amato torrent/jume: l’Emoli.
Su quest’ultimo punto, è qui ritorno sulla retta via (quella de… u
jum’e Santu Fili), si sbizzarrì in modo particolare il bravissimo -
trasportante nei suoi aneddoti e nelle sue romantiche fantasie - professor
Giosino Cesario.
Secondo il professor Giosino Cesario il termine Emoli potrebbe derivare
dalla voce latina AEMULUS che a sua volta trova familiarità nella voce greca
AIMYLOS e che significa “insinuante, lusinghevole, accorto, astuto”… “imitatore
delle altrui virtù”… nel senso positivo del significato.
Inutile ricordare che noi calabresi in generale, e sanfilesi in
particolare, un po’ romani ed un po’ greci lo siamo per diritto di nascita. E
tutto ciò lo conferma in modo per niente equivoco il nostro stupendo dialetto
dove malgrado tutto continuano a sopravvivere termini tipo scifu (in
italiano “trogolo”, ampio recipiente ricavato svuotando l’intero di grossi
tronchi d’albero ed in cui in altri tempi si posizionava il cibo per animali di
grosso calibro destinati all’ingrasso e quindi alla trasformazione dei nostri
impareggiabili insaccati di… maiale) o catuoju (in italiano “stanza
sottostante/a pianterreno” dove una volta, nel nostro centro abitato, venivano ricoverati
animali quali maiali, galline, conigli, muli e chi più ne ha più ne metta).
Potrebbe esserci un nome più bello e più appropriato con cui chiamare il
nostro…fiume/jume del nome Emoli?
Certamente, no!
Così come l’affermò tale concetto, con amorevole convinzione, il professor
Giosino Cesario in quel ricco convegno feci mia allora mia tale ipotesi e…
l’affermo sempre più convinto anch’io ancora oggi.
Ma ritorniamo alla mia passeggiata lungo il tratto che partendo da piazza
san Giovanni, scendendo nella scalinata che mi porta dritto dritto alla magica
fontana di Palazia e quindi sulla sonda sinistra (ovviamente guardando ad una
ipotetica cittadina di Rende) del succitato torrente Emoli. Poco più su, sempre
parlando del corso du jume Emoli nel frattempo mi ero lasciato anche il
fabbricato conosciuto come il mulino delle fate.
Com’è bello ricalpestare la sponda sabbiosa (pietrosa?) del nostro fiume,
com’è bello sentirne lo scrosciare delle acque nel momento in cui le stesse nel
loro fluttuante incedere verso il fiume Crati sbattono contro i grandi levigati
sassi che trovano sul loro inarrestabile cammino o quando… precipitano sulla
parte inferiore di uno dei tanti dislivelli (cascatine?) in cui costantemente
s’imbattono per riprendere, dopo un breve attimo di smarrimento, il cammino
verso un corso d’acqua di maggiore portata e raggiungono finalmente quel grande
recipiente naturale chiamato… mare.
Alla fine a fare incetta di tutti i nostri ricordi fluviali sarà, per l’appunto,
l’ingordo mare Ionio.
Un nome, anche quest’altro, che ci trascina nel ricordo dei nostri padri
ellenici. Dopotutto Magna Grecia era anche il nostro territorio.
Eccomi, dicevo, su uno spiazzo, pochi metri al di sotto della fontana di
Palazia, sabbioso dove, quasi al centro del tutto, si vedono scorrere, in un
sinuoso accattivante tracciato, le acque del torrente Emoli.
Qualche primo scatto con la mia Konica Minolta Imagine Z3 (da tempo uscita
fuori produzione) e subito via verso la vera e propria odierna inaspettata
avventura direzione ponte di Crispini. Punto, quest’ultimo, da cui poi dovrò
decidere se risalire verso la superstrada (SS107) o verso la parte inferiore
del Canalicchio.
Nella parte inferiore del Canalicchio strategico, è giusto a questo punto
ricordarlo, si trovano a distanza di poche decine di metri, ben due incroci (trivii
per la precisione). Ed in prossimità degli stessi sembrano esserci seppelliti
un magico tesoro ciascuno.
Chi vi avrà seppellito questi tesori?
Sicuramente non un essere umano né tantomeno un’anima degna del Purgatorio
o del Paradiso visto che per poter entrare in possesso degli stessi il prezzo
da pagare (leggenda - ma sarà poi una leggenda? - vuole) è comunque
altissimo.
A quadara d’oro di santufilisi!
il resto del racconto?
Alla prossima puntata.
(continua).
* * *
… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!
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