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domenica 14 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (1/9): una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese.


Nella foto a sinistra (scatto by Pietro Perri) ritroviamo in prima l’indimenticato maestro Giorgino Curatolo intento a scambiare qualche frase con l’amico architetto Biagio Luchetta.

L’occasione è stata una “giornata ecologica di volontariato” organizzata dall’appena nata Pro Loco di San Fili.

Ci troviamo verso la metà della scalinata in pietra di fiume che congiunge piazza San Giovanni con la fontana di Palazia… ovviamente a San Fili.

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Agli inizi del mese di marzo di quest’anno (n.d’a.: 2013), volendo vedere di persona (ovvero con i miei occhi) le frane (quella sotto il palazzo Gentile e quella sotto piazza San Giovanni… lato fiume) che ha subito San Fili nei mesi immediatamente precedenti, decisi di fare (in una quasi bella mattina di un quasi bel giorno di sabato) una passeggiata lungo un tratto (decisamente classico) del nostro, tanto obliato quanto stupendo, torrente Emoli.

U jum’e Santu Fili.

Per quanto riguarda il discorso frana (o frane?) e franati a San Fili ne ho già scritto in modo (credo) più che esauriente in un “pensiero” postato in questo stesso blog nell’ormai lontano 10 marzo scorso. Ciò di cui non ho parlato, in quell’occasione, è degli stupendi poetici scorci in cui mi sono imbattuto in questa strana, non programmata e quindi imprevista, avventura.

Già, proprio perché di una bella - solitaria - avventura (con tanto di tuffo nel passato) si è trattato. Una bella avventura in cui ho potuto ricordare alcuni stralci della mia fanciullezza, della mia pubertà ed anche della mia maturità… quest’ultima ancora non completata.

Quel giorno… quello stupendo giorno… armi in pugno (ovvero macchina fotografica all’interno del borsello che portavo a tracolla, giunto in piazza san Giovanni e sinceratomi che nessuno mi vedesse o quantomeno mi tenesse per conto (sapevo benissimo che se avessi detto loro ciò che stavo per fare come loro solito mi avrebbero dato del partito di testa. E e non me l’avessero detto sicuramente l’avrebbero pensato, bontà loro!) imboccai la scalinata che, appunto da piazza san Giovanni, porta dritta dritta alla fontana di Palazia.

La fontana di Palazia è la mitica fontana che in altri tempi (almeno fino ai primi del Novecento?) garantiva due uscite (scusate ma in questo momento non mi viene la parola! Ed “ugelli” proprio non ci sta!): la prima con acqua calda o quantomeno tiepida e la seconda con acqua fresca: la prima per lavare i panni e la seconda per dissetarsi.

Dite che non è possibile un tale prodigio? Possibile che ancora non avete capito che siamo in territorio di San Fili ovvero in territorio del paese delle magare e non sappiate ancora che nel paese delle magare tutto è possibile… anche e soprattutto l’impossibile?

E poi siamo anche nei pressi del mulino delle fate quindi avete ben poco da meravigliarvi dei prodigi cui si può assistere in questo luogo a dir poco fantastico.

La scalinata, per chi ancora non l’avesse capito, è quella posta proprio al di sotto del calvario (ovvero “da Cruce”, così come in altri tempi veniva indicata anche la zona di piazza san Giovanni). Tale scalinata è parte ancora in pietra di fiume, parte in antiestetico cemento e parte in terra battuta. Malgrado tutto e quando le amministrazioni comunali in carica si ricordano di darci una ripulita dalle erbacce che regolarmente l’invadono… stupendamente (e facilmente) comunque percorribile.

Scendendo lungo questa scalinata non potei fare a meno di ricordare alcune fanciullesche avventure vissute con i compagni delle scuole elementari e delle scuole medie quando, all’insaputa (perché diversamente sarebbero state botte) dei nostri genitori ci inoltravamo per alcuni sentieri tutt’altro che sicuri per imberbi spericolati avventurieri quali eravamo noi nei più begli e spensierati anni della nostra vita. Tutti potenziali protagonisti di romanzi per ragazzi tanto in voga negli anni sessanta e del XX secolo.

Era in quelle zone, nascoste agli occhi proibizionisti dei grandi, che potevamo finalmente dar vita al seguito delle stupende avventure che avevamo visto quello stesso giorno o qualche giorno prima nella magica sala del cinema di San Fili: Zorro, Tarzan, Maciste, Ursus, Sansone, Sandokan… King Kong e chissà quanti altri immaginari personaggi rivivevano nelle nostre sempre più reali mitiche gesta.

Noi fanciulli di quegli anni dal profumo ancora vivo del libro Cuore di Edmondo De Amicis, all’epoca, eravamo tutto ciò.

Nel mezzo di quella ammaliante discesa mi rivedo d’incanto davanti il carissimo indimenticato Giorgino Curatolo che, seppur morto ormai da qualche anno, ancora era poco al di sopra della via che stavo calpestando intento a zappare il suo piccolo, curato e scosceso preziosissimo pezzettino di terra.

Era un amore vederlo con la zappa o la falce in mano, era (e continua ad essere!) un amore ricordarlo col suo magico mandolino cullare con le sue dolci note tutta piazza san Giovanni, nella penombra del suo studio, nascosto e presente nel contempo agli occhi ed alle orecchie dei più.

Nel mezzo della discesa mi rivedo, agli inizi del 2000, impegnato con gli amici dell’allora neonata Pro Loco lavorare (falci ed altri attrezzi fra le mani… io sempre armato della macchina fotografica) per riaprire il passaggio (ormai pieno di spine, ortiche ed erbacce d’ogni genere) che in breve ci avrebbe condotto alla fontana di Palazia e che, in futuro, da tale fontana ci avrebbe dovuto condurre alla parte bassa du Canalicchjiu (la discesa che da piazza Rinacchio porta nella zona sottostante delle Volette) in un non tanto immaginario percorso che, nella nostra fantasia, all’epoca prese il titolo appunto di… “Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu”.

Altri tempi, ed anche io c’ero!

Altri tempi, ed anche io ancora ci sono!

Già! dicendo e facendo sono ormai giunto davanti alla fontana di Palazia, restaurata agli inizi degli anni ottanta del XX secolo dagli infaticabili (una fesseria ogni tanto è bello dirla! … ancor più bello se la stessa è grande!) operai del Consorzio di Bonifica (…).

Lateralmente alla fontana di Palazia, alla sua sinistra, si trova una colonna del ponte della superstrada… tanto immensa quanto spaventosa.

Il letto del fiume (e quindi il sentiero su cui mi stavo avventurando non sempre facilmente percorribile a piedi) risulta in parte occupato dalle due frane in cui mi sarei imbattuto a breve. L’inizio dello stesso si trova qualche metro più sotto il punto in cui si può d’un bel sorso d’acqua fresca sgorgante dalla fontana Palazia (inutile cercare nei nostri tempi di miscredenti la differenza dell’acqua che sgorga dai due punti d’uscita dell’acqua stessa).

Tale punto non troppo difficile da raggiungere… ma sicuramente non si ci può arrivare con i tacchi a spillo ai piedi.

Questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta magari in questa stessa avventura che comunque continua… alla prossima puntata.

(continua).

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… un caro abbraccio a tutti da Pietro Perri.

… /pace.

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