Premessa: filo conduttore di questo post (una volta si chiamava “brano”) è il titolo del film “pomodori verdi fritti alla fermata del treno” del 1991 diretto da Jon Avnet ed interpretato tra gli altri dalla bravissima Kathy Bates (a sinistra la locandina del film). Il resto è l'amore per la nostra cultura gastronomica e per le magiche mani delle nostre mamme e delle nostre nonne.
* * *
Siamo
agli inizi del mese di settembre del 2010.
In
questi giorni, camminando nell’orto-giardino dei miei suoceri (nella frazione
Bucita), ho visto, ancora attaccati alle piante ormai rinsecchite, dei pomodori
verdi tendenti, nella parte finale, al bianco.
Subito
la mia mente è corsa a quando, bambino ed in campagna, vedevo mia madre
lavorare in mille ed uno modi quella prelibatezza, l’ultima, che ci regalava
l’ormai passata a miglior vita pianta di pomodoro.
In
campagna nulla si gettava. Tutto si riciclava e possibilmente si rendeva
commestibile… anche i pomodori (tossici?) verdi… una tra le ultime delizie di
fine estate.
Le
preparazioni erano diverse: sottaceto, sottosale e, in alcuni casi, anche a
marmellata.
Il
classico era e resta comunque l’affettarli ed il metterli sottosale. In
inverno, tempo in cui la terra riposa, dissalati, infarinati e fritti avrebbero
rallegrato le serate dei contadini (solo dei contadini?) sanfilesi.
La tentazione fu alquanto forte e, forte anche d’una facilissima ricetta insegnatami d’un caro amico, pregustai, ancor prima di raccogliere tale primizia (?) dell’orto, un bellissimo piatto di vermicelli ai pomodori verdi e basilico nonché una stupenda razione di pomodori verdi infarinati e fritti… alla fermata del treno?
Si, na vota!
Detto
fatto.
Raccolto
un quantitativo accettabile del prezioso frutto (in tal caso mi è quasi
impossibile definire ortaggio e non frutto il pomodoro), corsi in cucina con la
speranza che mia moglie non si sarebbe incavolata più di tanto.
Mia
moglie, infatti, quando mi avvicino alla cucina inizia a tremare… al solo
pensiero di come finirò ppe cce ‘mbroglia’ il suo regno. La mia opera
gastronomica infatti prevede che per un semplice uovo fritto non raramente
dovrò ‘mbrasticare più pentole, piatti, mestoli e chi più ne ha più ne
metta: l’arte è arte e pretende non solo il suo spazio ma anche le sue vittime.
Sminuzzo
tre pomodori assieme ad una buona manciata di basilico e faccio soffriggere il
tutto in un po’ d’olio. A metà cottura aggiungo un po’ di sale (… quanto basta?
… è un classico!), un po’ di peperoncino rosso (fresco) ed un mezzo bicchierino
di marsala secco. Fatto evaporare il liquore spengo il fornetto ed attendo che
la pasta giunga a giusta cottura.
Scolata
la pasta l’aggiungo al sughetto e la faccio saltare (magari in un wok)
per qualche minuto.
Il
risultato? … stupendo e decisamente gustoso, una vera opera d’arte.
A questo punto non mi resta che pensare alla parte (culinaria? che brutta parola! Punti di vista, ovviamente: non tutti nel gioco variegato dell’amore, infatti, stanno di spalle) relativa ai… pomodori verdi infarinati e fritti… alla fermata del treno!
Si, na vota!
I
pomodori, scelti ovviamente uno per uno direttamente dalla pianta, li taglio a
fette tonde e spesse (circa 4 millimetri) e li affogo in un impasto decisamente
liquido ottenuto con acqua, farina, sale, aglio sminuzzato ed origano.
Fatto
ciò prendo le fette di pomodoro una per una, ancora gocciolanti del succitato
impasto (pastella?) e li friggo, giusto il tempo di farle rosolare da entrambi
i lati, in abbondante olio di semi.
Conclude
il pasto una bella insalata (verde, per restare in tema) di lattuga e peperoni
(tipo frijarieddri) ed un buon bicchiere di vino rosso o al massimo
rosato.
Parlando con alcuni miei colleghi di lavoro, sono venuto a sapere che un buon cinquanta per cento di loro non ha mai assaggiato i pomodori verdi infarinati e fritti… alla fermata del treno!
Si, na vota!
Sono,
questi miei sfortunati colleghi, per lo più gente che ha abitato quasi
esclusivamente in città e quindi non è consapevole di quanto effettivamente può
offrirci e ci offre il territorio circostante. Sono, questi miei sfortunati
colleghi, per lo più gente che non sa come sa buono il formaggio con le pere…
anche se a dire la verità quanto sa buono il formaggio con le pere non lo so
neanche io (in effetti questo abbinamento mi fa un po’ senso).
Ne
sono passati anni da quando l’ultimo treno si è fermato alla stazione di San
Fili (ufficialmente il 1987, anche se ci fu un’eccezione agli inizi degli anni Novanta… ma fu appunto un’eccezione a scopo puramente turistico)! Così come
ne sono passati anni da quando potevo osservare mia madre preparare certe
prelibatezze (tra cui appunto la lavorazione dei pomodori verdi infarinati e
fritti… alla fermata del treno) tipicamente campagnole.
Mi
è duro ammetterlo ma quand’ero bambino i pomodori verdi fritti, … alla fermata
del treno, mi facevano tremendamente schifo.
Oggi,
forse perché mi riportano a quegli spensierati anni della mia vita, ne mangerei
tutti i giorni… pur sapendo che sono leggermente tossici. Ma dopotutto, cosa
c’è di più tossico nella vita del ricordo di una giovinezza non vissuta o
comunque non vissuta pienamente?
* * *
Un
caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
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