Ore 16 e 45 di giovedì 27 Maggio 2010.
Ci siamo, io e mia moglie, lasciati da qualche minuto alle spalle non solo l’abitato di Bucita (fino a poco tempo addietro l’unica frazione del Comune di San Fili) ma anche il bivio per la frazione, piano Ghiande “ccu ru pont’e picciune”, il distributore di benzina dell’Esso gestito da Mario Saullo (dove si può assaporare quello che secondo me è uno dei migliori caffè della provincia di Cosenza… sarà anche merito dell’acqua che scorre nella rete idrica sanfilese?) con la “macchia posta”, il bivio tra la vecchia e la nuova statale 107 (quel tratto che collega San Fili con la cittadina di Paola) e finanche “a curva du Fiegu”.
Fra poco, grazie anche e soprattutto alla mia “Toyota Yaris Now” rosso Ferrari, ci lasceremo alle spalle anche la vista del centro abitato di San Fili.
Per chi ancora non l’avesse capito, questa è la seconda parte dell’avventura in cui ci siamo imbarcati io e mia moglie alla ricerca di germogli di “vitarve” (alias “clementis vitalba” per gli scienziati - botanici -, alias “vitalba” per gli stranieri che si sono imbattuti, per piacere o per necessità, nel regno del Sud d’Italia… ossia per i compatrioti di Umberto Bossi, l’Umberto nazionale).
Di piante “vitarve” (così come dicevo nella prima parte) San Fili, ed il territorio sanfilese, ne è strapieno: fra poco tale pianta finirà, per noi sanfilesi d’hoc, per diventare un vero e proprio incubo. Fra poco… ce la vedremo, nel corso delle notti estive (periodo in cui siamo costretti a tenere socchiusa la finestra) entrare strisciando in camera da letto ed avvinghiarci in una stretta mortale nel nostro ultimo tragico sonno.
La natura si ribella. La natura si ribella anche e soprattutto ad una popolazione che ha da tempo dimenticato come rispettarla e, nel rispetto reciproco, addomesticarla ai propri fini.
Ne corso del nostro tragitto, la parte che ci siamo lasciati alle spalle, ne abbiamo lasciato ovunque: dentro Bucita (se ne vedono in far capolino in diversi muri), all’uscita del centro abitato di Bucita e lungo il tratto di strada che collega Bucita al centro abitato di San Fili, all’uscita di San Fili ed in diversi punti dei terreni che si trovano ai lati della strada che abbiamo percorso fino alla “curva du Fiegu”.
Qualcuno, in altri tempi, avrebbe detto (sicuro della fortuna che gli era capitato in tempi decisamente di magra) “Tutt’u munnu, santufilise, eni vitarve!”.
Le vitarve, infatti, in altri tempi (anche relativi all’ultimo dopoguerra), erano alla base dell’alimentazione di quanti, a San Fili, ci hanno preceduto.
Alle vitarve, in questo periodo, facevano tra l’altro succulente compagnia i cardi selvatici (carduni), le lattuceddre, i cavuliaddri selvatici, i germogli di aneto (finuocchi ‘ e timpa) e chi più ne ha più ne metta.
Tutto ciò per quanto riguarda il puro discorso alimentare, per non parlare delle piante tipicamente medicinali e/o aromatizzanti (nepita, aneto, origano, aranzu etc. etc.).
La natura (selvaggia?), diciamo la verità, per San Fili e per i sanfilesi è sempre stata ed è tutt’ora eccezionalmente prodiga e benevola… anche se purtroppo San Fili ed i sanfilesi sono ben lungi da rendersene conto.
Malgrado i germogli di vitarva ce li si ritrovava ovunque invitanti a fermarci ed a raccoglierli, da parte mia ho sempre preferito oltrepassare la “curva du Fiegu” e fermarmi almeno nei pressi della località Acquatina (zona agriturismo Carrera) se non oltre.
Il motivo? … le piante, così come qualsiasi essere vivente, respirano e a livello dell’abitato di San Fili finiscono per respirare anche gli scarichi delle automobili. Quindi mangiando (ovviamente debitamente cotti) i germogli di vitarva nelle zone limitrofe al centro abitato di San Fili finiamo per mangiare parte del veleno rilasciato dalle centinaia di automobili e mezzi pesanti che quotidianamente passano lungo la nuova statale 107.
Il Fiego (a curva du Fiegu) oltretutto mi ricorda tanto la discarica abusiva che per decenni, fino agli inizi degli anni Ottanta, ha avvelenato i Sanfilesi e parte degli abitanti dei paesi confinanti con San Fili (non dico tutti ma certamente San Vincenzo la Costa e Marano Marchesato).
Può anche essere semplice fantasia, ma può anche essere che alcuni picchi di tumori registratisi negli anni scorsi tra le succitate popolazioni siano dovuti proprio alla presenza di tale discarica.
… ma questa è un’altra storia.
(continua - 2)
* * *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace!
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