A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
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Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@alice.it

venerdì 9 aprile 2021

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (7)

Agosto 2019 - Pietro e Orietta
Perri su via Nanchino a Shanghai.

Con la settima puntata di quest’articolo fiume concludo il resoconto del viaggio fatto in Cina (in tempi non sospetti) da me, mia moglie ed un gruppo di calabresi tra il 22 ed il 31 agosto del 2019.
Ne è valsa la pena?
Viaggiare - e soprattutto viaggiare bene - vale comunque la pena.
Anche la settima puntata del resoconto di questo stupendo viaggio l’ho pubblicata sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale UNIVERSITAS SANCTI FELICIS di San Fili).
Buona lettura.
Sempre e comunque collericamente vostro... Pietro Perri.

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La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (7)

«Mao Zedong era consapevole di ciò e da illuminato qual era sapeva anche quale tipo di venerazione avrebbero subito le sue spoglie mortali.
Fu per questo che il quattro volte grande dei Cinesi espresse in vita la volontà di essere cremato.»
Mao Zedong (o Mao Tse-tung che dir si voglia) voleva impedire che lui stesso diventasse alla sua morte “oppio dei popoli” ma ai grandi è una delle poche cose che nessuno potrà mai concedere.
E lui comunque un grande lo fu.

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La domanda a questo punto sorge spontanea: la Cina è poi così perfetta come io l’ho descritta in questo mio breve racconto di viaggio?
Decisamente... no!
E di ciò se ne può facilmente rendere conto anche un turista ignorante come chi scrive. Malgrado chi scrive, da turista, vede ciò che comunque le guide decidono, anche su disposizioni delle autorità del luogo, di fargli vedere.
Ma né le guide né le autorità del luogo possono impedire ad un occhio ben allenato di poter leggere tra le righe, tra le tante immagini che gli passano davanti, le note stonanti presenti in una società... perfetta.
Un occhio allenato o un occhio sfortunato?
Perché onestamente io certe cose quando viaggio, credetemi, preferirei non vederle.
Il 23 agosto del 2019 (ancora non si sapeva di ciò che sarebbe successo da lì a qualche mese, ovvero dalla pandemia da covid-19) io e mia moglie ed il gruppo di turisti di cui facevamo parte (circa una trentina di persone provenienti da più parti della Calabria) ci trovammo anche a passeggiare sulla Nanking road (o Nanjing road o, per noi italiani, via Nanchino) a Shanghai.

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Breve digressione.

Nanchino: una brutta pagina della Seconda Guerra Mondiale.

Chi ama viaggiare come lo scrivente sa che quando viaggia, anche se a volte in modo inconsapevole, è come se avesse sempre e comunque un libro in mano. Un libro pieno di tante bellissime o quantomeno emozionanti immagini. Un libro con tante note e rimandi ad altri libri se non ad una intera enciclopedia (lode e gloria a Wikipedia) per capire, coltivare e quindi migliorare il proprio bagaglio culturale.
E’ nel rispetto di tale postulato che non appena ne ho avuto la possibilità ho cercato di capire perché Nanchino fosse tanto importante per i cinesi ed in particolare per gli abitanti di Shanghai.
Al di là del fatto che Nanchino fu anche capitale della Cina prima di Pechino ciò che mi colpì fu nel leggere il costo in vite umane che la città pagò nel corso della Seconda Guerra Mondiale in seguito all’occupazione che la Cina subì ad opera dei Giapponesi: “Nel 1937 il Giappone invase la Cina, dando così inizio alla seconda guerra sino-giapponese. Le loro truppe occuparono Nanchino nel dicembre 1937, attuando un terribile massacro. Il numero totale di morti, inclusi quelli conteggiati dal tribunale militare internazionale per l'Estremo Oriente e dal tribunale per i crimini di guerra di Nanchino, fu all'incirca tra le 300.000 e le 350.000 persone.” (Wikipedia)
A volte noi Europei siamo portati a credere che la Seconda Guerra Mondiale si sia svolta solo in Europa e ciò solo perché il nostro modo di interpretare la Storia e gli eventi spesso e volentieri non va oltre la punta del nostro naso... e/o dei nostri materiali interessi.

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Ma ritorniamo sui nostri legittimi passi (ossia sulle mire cui punta questa “memoria di viaggio).
Quando, lasciato il nostro pullman nell’apposito parcheggio, eravamo ormai all’inizio di via Nanchino a Shanghai, la guida locale non si limitò a spiegarci l’importanza di tale arteria commerciale o a dirci dove ed a che ora avremmo dovuto ritrovarci per riprendere il nostro tour ma ci disse di non meravigliarci nel notare strani, spesso antigienici, comportamenti di cinesi del luogo. Di non meravigliarci ad esempio se notavamo tante persone, quasi tutti maschi a dire il vero, sputare per terra o camminare con una semplice t-shirt addosso raggomitolata al di sopra della pancia e che di tanto in tanto, srotolata, viene usata come ventaglio.
Intendiamoci: fino agli inizi degli anni Settanta a San Fili era anche peggio, per quanto riguarda lo sputare per terra e non solo per questo. Ricordo ancora che nello storico “Caffè” di Salvatore Blasi (Tuture ‘u bagnaruotu) la facevano da padrone almeno due cartelli con su scritto “vietato sputare per terra”. Oggi fortunatamente a San Fili non abbiamo più bisogno di cartelli del genere (ma ne avremmo bisogno di migliaia di altri e sempre all’insegna di un rispettoso ed igienico vivere civile... magari per quanto riguarda la gestione delle evacuazioni degli animali domestici) ma in Cina ed in tante altre parti del Mondo... si!
Poco dopo essere stati liberati dalla nostra guida notai un signore, ovviamente cinese, sputare non per terra ma in un cestino dei rifiuti posto nelle vicinanze a disposizione dei passanti.
Fin qui nulla di strano, direte voi e così pensai anche io in quel preciso momento. Dopotutto, malgrado avesse potuto almeno sputare in un fazzoletto avendone proprio bisogno, perlomeno non aveva sputato per strada dove ognuno di noi avrebbe dopo un po’ potuto inzupparsi i piedi col verde polmonare elemento.
Un attimo dopo vedo passare un signore, sempre cinese, che, vestito con una vecchia e sporca tuta e con due grossi sacchi sulle spalle, si piegava a ridosso del cestino e, a mani nude, iniziata a cercare nello stesso materiale riciclabile (bottiglie di plastica o di vetro, carta ecc.) che magari gli avrebbero permesso per quella giornata di sbarcare il lunario.
Questo signore, tra l’altro alquanto giovane... almeno a vedersi, ripeto, indossava una vecchia e sporca tuta (il che faceva pensare fosse dipendente di qualche azienda specializzata nel recupero e nel riciclo di rifiuti solidi urbani) ma neanche un paio di guanti.
Ed è nell’essere stato spettatore di questa assurda scena che mi sono reso conto che qualcosa, nell’ingranaggio, in effetti non funzionava. Che ancora il Popolo Cinese per colmare il gap che ancora presenta con gran parte del resto del Mondo “civilizzato” deve colmare e deve colmare anche in fretta.
Non basta essersi abituati prima di noi all’uso della mascherina anche e soprattutto nel rispetto di chi ci sta difronte per potersi definire un popolo avanzato: la mascherina per tanti di loro è sinonimo appunto di rispetto verso gli altri mentre per tanti di noi (me per primo) è sinonimo di gabbia inaccettabile... anche quando qualcuno di noi da salumiere o da farmacista (solo per fare qualche stupido esempio), col raffreddore, senza ritegno ci porge l’affettato appena incartato e dove, quasi certamente, pochi attimi prima vi aveva starnutito sopra.
Ammettiamolo, su questo fronte dobbiamo ringraziare il covid-19 se un po’ di civiltà in più l’abbiamo imparata anche noi. Almeno oggi tanti di noi le mani qualche volta in più ce le laviamo ed a volte le disinfettiamo pure.
Non basta, infatti (faccio una battuta), essere i padroni del futuro mondiale se ancora, per tanti versi, si ostinano mentalmente a vivere nei nostri anni Sessanta del XX secolo e quindi continuano a mangiare non con cucchiaio, coltello e forchetta ma con dei semplici bastoncini di legno.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 6 marzo 2021

La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (5-6)

Shangai - Tempio del Buddha di
Giada.
In questo post vi propongo due articoli pubblicati rispettivamente sul Notiziario Sanfilese del mese di gennaio 2021 (il numero 5 o quinta parte) e del mese di febbraio 2021 (il numero 6 o sesta parte).
Tali articoli (ovviamente a mia firma) sono il prosieguo del resoconto del mio viaggio in Cina svoltosi tra il 22 ed il 31 agosto del 2019... in tempi ancora COVID-19 non sospetti.
La quarta puntata di tale resoconto era apparsa sul Notiziario Sanfilese del mese di dicembre 2019.
Se tutto va bene dovrei concludere tale resoconto con la settima puntata che dovrebbe venire pubblicata sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2021... tempo spazio e soprattutto volontà permettendo.
Ma ecco di seguito la quinta e la sesta puntata.
Questa volta parlo di Buddha e... di uno degli ultimi buddha vissuti.

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La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (5)

Chi conosce il mio modo di scrivere sa che spesso e volentieri, anche e soprattutto per non  “scocciare” il mio lettore con sproloqui fiume, divido alcuni miei articoli in più puntate con una sfaccettatura a se stante dell’argomento trattato. Ovviamente cercando di chiudere con una morale o un banale messaggio l’intera storia o articolo complessivo.
Un “progetto” questo che ho cercato di portare avanti anche nel raccontarvi il viaggio che io e mia moglie abbiamo fatto nel mese di Agosto del 2019 (in tempi non sospetti per quanto riguarda il discorso “COVID-19”).
Un progetto che sono stato costretto ad interrompere a dicembre del 2019 per dare spazio ad altri temi più interessanti per la nostra Comunità o, com’era giusto, per dare il meritato spazio ad altri collaboratori del nostro bollettino. Uno spazio, quest’ultimo, che è ancor più giusto tesorizzare nel reciproco rispetto di quanti collaborano al Notiziario Sanfilese stesso.
Per completare l’articolo sul resoconto del mio viaggio in Cina mi restavano due puntate.
Mi restava solo da trattare il discorso religioso e segnalare una piccola/grande pecca in un mondo così stranamente perfetto agli occhi di un semplice turista come chi scrive.
Un turista che può parlare solo di ciò che le guide locali gli dicono e di ciò che gli fanno vedere.
In questo numero del nostro bollettino parlerò brevemente della religione... mancata?

.^.

Quando pensiamo alla Cina non possiamo non pensare ad uno degli ultimi baluardi del materialismo comunista sulla terra. Come, qualcuno potrebbe obiettare, se comunismo e materialismo (o ateismo in questo caso) siano sinonimi.
Purtroppo è questo il concetto che ci hanno inculcato da piccoli prima e da giovani poi in tanti borghi del Bel Paese... ed anche in alcune sezioni politiche del nostro borgo. O almeno questo, a persone come me, ci è sembrato di capire e nessuno ha cercato di dissuaderci dalle nostre convinzioni. Qualcosa del genere sicuramente è avvenuto anche in Cina. Almeno nella Cina ipotizzata (sempre per quanto ci è stato fatto credere a tanti noi italiani di sinistra post sessantottini) da Mao Tze-tung.
Niente di più: i cinesi credono come noi. Certo non come noi cristiani (i loro dei infatti sono diversi dai nostri dei) ma... anche loro sono esseri umani e come tali non possono fare a meno di credere in qualcosa di più grande di loro. Credere, dopotutto, fa parte dei bisogni primari dell’essere umano.
Uno dei loro dei, sicuramente il principale, è Gautama Buddha (ovvero “l’illuminato Gautama”).
Ma Gautama Buddha è veramente un dio?
Personalmente, e per quanto mi è sembrato di capire (non sono un teologo, dopotutto) credo di no.
Gautama Buddha insegna la strada soprattutto per migliorare se stessi e comunque in ogni ambito della propria esistenza. Partendo anche dal concetto che migliorando se stessi si migliora anche ciò che ci sta intorno e quanti ci stanno intorno. Negli ultimi anni oltretutto è finito anch’egli vittima del capitalismo e quindi del consumismo imposto da chi manovra i capitali.

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La Cina è vi-Cina... molto più di quello che possiamo immaginare. (6)

Pietro Perri in piazza Tienanmen
a Pechino - Agosto 2019.
In fondo il mausoleo a Mao Zedong.

L’ammetto: quando entro in un luogo di culto (ovvero sacro per chi mi ospita in quel determinato momento), specie se in veste di semplice turista, non posso fare a meno di rispettare i canoni che m’impone la religione seguita in quel determinato luogo. Mi levo il cappello e faccio il segno della croce entrando in un tempio (chiesa) cattolico, ho tenuto il capo coperto quando sono entrato in una sinagoga o mi sono trovato nell’area sacra del Muro del Pianto a Gerusalemme, mi sono tolto le scarpe (ed i calzini ove mi veniva chiesto) entrando in una moschea, mi sono inginocchiato ovviamente davanti ad una statua del Buddha e mi sono inginocchiato persino quando ho calpestato il sacro suolo del tempio di Delfi in Grecia.
Una buona norma, questa del rispettare il luogo di culto in cui si entra che mi ha insegnato, tanti anni addietro, l’ex vescovo di Cosenza-Bisignano monsignor Dino Trabalzini, in occasione di un viaggio in Terra Santa.
Ho rispettato tale regola anche nel mio viaggio in Cina, terra dei Buddha passati a miglior vita e terra, forse, anche dei buddha viventi. Dei... santi uomini (difficile considerarli dei in quanto loro, per come mi sembra di capire, da “illuminati” si limitano ad indicare il metodo per trovare la propria via ma sta ai discepoli capire di quale via si tratti). Agli “illuminati” si può solo chiedere la luce. Ma se non coltiviamo in noi stessi tale scintilla dopo un attimo la stessa si spegne e ci rigetta nel buio in cui camminano i comuni mortali.
Mausoleo a Mao Zedong in
piazza Tienanmen a Pechino.
Mao Zedong, il quattro volte grande dei Cinesi, altro non era, o tale è considerato ed a ragione, se non un buddha vivente. Dopotutto è lui ad aver ridato la meritata dignità alla Grande Cina.
Eppure Mao Zedong tutto voleva, a sentir dire dai suoi biografi, tranne che essere venerato, alla sua morte, come un dio. Dopotutto lui era un Comunista con la C maiuscola consapevole che la religione è per buona parte, non del tutto, l’oppio dei popoli. “Ma... anche loro”, i cinesi, “sono esseri umani e come tali non possono fare a meno di credere in qualcosa di più grande di loro. Credere, dopotutto, fa parte dei bisogni primari dell’essere umano”.
Mao Zedong era consapevole di ciò e da illuminato qual era sapeva anche quale tipo di venerazione avrebbero subito le sue spoglie mortali. Fu per questo che il quattro volte grande dei Cinesi espresse in vita la volontà di essere cremato.
Speranza vana. Il suo corpo venne imbalsamato ed ora è debitamente venerato, in un mausoleo realizzato ad hoc, in piazza Tienanmen (porta della Pace Celeste).
Non ho potuto entrare all’interno del mausoleo che conserva le spoglie mortali di Mao Zedong. Ma, se mi fosse stato possibile, sicuramente mi sarei inginocchiato davanti al suo sarcofago ed avrei chiesto anche a lui di illuminare la mia via o di insegnarmi la giusta direzione.
Inutile dire che per la maggioranza dei cinesi è obbligatorio almeno una volta nella vita, per ovvie ragioni, fare un pellegrinaggio a piazza Tienanmen a Pechino.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

giovedì 31 dicembre 2020

IL 2021 SECONDO L'ORACOLO DELLA "MANO DI FATIMA... BY PIETRO PERRI.

Secondo la mia (libera?) interpretazione dell'Oracolo della Mano di Fatima il 2021 sarà un anno tutt'altro che positivo.
Inutile dire che siamo nel secondo millennio (2000) e che il secondo millennio è comunque un millennio caratterizzato dal tracciamento di una linea di confine tra ciò che c'era prima e ciò che ci sarà (c'è!) dopo.
Un vero e proprio divorzio col passato.
Nel 2021 resta ancora una variabile impazzita (o quantomeno dubbia nel suo evolversi) caratterizzata dallo 0 (ovvero dal numero mancante) e comunque il 2020 di zero (variabile impazzita) oltretutto ne aveva ben due.
Le variabili impazzite in un determinato numero (o data) dicevo che comunque non devono per forza far paura o quantomeno far paura più di tanto.
Spesso sono state proprio le variabili impazzite a far fare all’essere umano il suo salto di qualità nella sua microstoria dell’Universo.
Purtroppo le due variabili impazzite (i due zero) presenti nel 2020 non solo hanno segnato il modo decisamente negativo l’anno considerato ma hanno posto le basi per il 2021. Basi ad un primo occhio tutt’altro che poste su un terreno solido e quindi facente sperare in un roseo futuro.
Ciò che deve far più paura a noi comuni mortali (ovvero non a chi tira le fila dell’Umanità) sono i numeri 21 (in particolare), il 20 e l’1.
L'1 tra i tre numeri suincriminati potrebbe sembrare a prima vista il meno catastrofico. Dopotutto passionalità, ambizione, ardore sono tre virtù positive dell'essere umano... se sapute opportunamente indirizzare.
Perché se non sapute opportunamente indirizzare sfociano regolarmente in brutalità, grossolanità, violenza (ovvero nel numero 21) per assestarsi in tristezza, severità, austerità profetizzateci dal numero 20.
Purtroppo per quanto si possa sperare che il numero 1 lasci una possibilità di salvezza... purtroppo tale possibilità di salvezza s’imbatte drammaticamente nel numero 21.
Ed il 21 non lascia possibilità di dubbie interpretazioni.
Ergo se diamo credito all'Oracolo della Mano di Fatima il 2020 è solo il prologo del 2021.
Dio abbia pietà di noi ciarlatani.
E che il nostro Dio non sia il Dio di Cassandra.
By Pietro Perri.

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BREVE NOTA SULL’ORACOLO DELLA MANO DI FATIMA.

Diciamo a priori che l’Oracolo della Mano di Fatima non ha nulla a che dividere con la città portoghese famosa grazie alle miracolose apparizioni ai pastorelli di cattolica e santa memoria. Né, quindi, con i suoi famosi tre segreti... svelati dal Vaticano quando era ancora in vita Giovanni Paolo II alias Karol Wojtyła.
La Mano di Fatima nasce, come oracolo, nel mondo orientale. Oltretutto un talismano/simbolo a forma di mano (detto appunto Mano di Fatima) è venerato come il più potente talismano/simbolo nel mondo musulmano. Al pari della croce che in tanti portano addosso in ambito cristiano.
Fatima, per chi non lo sapesse, è stata la figlia prediletta del Grande Profeta, ovvero di Moametto.
Una mano di Fatima la troviamo anche nella raccolta di novelle delle Mille ed una notte. Da sottolineare che la raccolta delle Mille ed una notte per tanti studiosi dell’occulto nasconde un significato (ovvero una chiave di lettura) segreto da cui, scopertane la chiave, potrebbe svelarci anche il futuro dell’Umanità.
Inutile dire che un significato (chiave di lettura) segreto (sempre secondo gli studiosi dell’occulto) sembra sia presente anche nella Bibbia.
La Mano di Fatima in quanto oracolo (basato sulla numerologia) permette, giocando sulle lettere che compongono il nome ed il cognome delle persone o il nome degli animali o degli esseri viventi in generale o delle cose di conoscere tratti salienti (psicologici e/o premonitori) delle stesse.
Anche cose tutt’altro che belle.
Tale Oracolo sembra sia giunto in Europa grazie al mitico Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro. Sempre secondo tale tradizione sembra si debba sempre a lui l’adeguamento dei significati (la chiave di lettura) alla realtà del mondo occidentale.
L’Oracolo base manca in ogni caso di alcune definizioni che, una mente eletta, può anche trovare grazie alla propria acutezza ed esperienza.
C’è da credere in tale Oracolo?
In un mondo in cui ormai si crede in tutto (incluso nel COVID-19) perché non credere anche nell’Oracolo della Mano di Fatima?
In ogni caso, e nel dubbio, messa questa paginetta nero su bianco... ci vediamo (chi ci sarà) alle 24:00 del 31 dicembre 2021.
By Pietro Perri.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

martedì 13 ottobre 2020

Speciale elezione a San Fili - 20 e 21 settembre 2020: le AMMINISTRATIVE.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2020.

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L'avv.to Linda Cribari nuovo
sindaco di San Fili.

Il 20 ed il 21 settembre 2020 a San Fili si è votato anche per rinnovare gli organi istituzionali amministrativi locali.
Quindi, e dopo oltre cinque anni e quattro mesi, San Fili ha finalmente un nuovo sindaco ed un nuovo Consiglio comunale (almeno per l’80% visto che due consiglieri - entrambi dell’opposizione ed entrambi rimasti nell’opposizione - sono una riconferma).
Alla carica di sindaco (personalmente chi scrive preferisce utilizzare il “sostantivo neutro” sindaco ma in tanti in questo caso sono più che legittimati ad usare il “sostantivo femminile” sindaca. Il dizionario online Treccani ammette entrambe le possibilità) è stata eletta la nostra concittadina avvocato LINDA CRIBARI. E con lei in Consiglio comunale, così come previsto dalla vigente legge, sono entrati sette dei dieci candidati presenti nella lista FORGIA IL FUTURO a lei collegata. Questi, ovviamente, sono andati ad occupare le poltrone riservate alla maggioranza consiliare.
I sette consiglieri di maggioranza (ovvero coloro che hanno preso più preferenze nella lista FORGIA IL FUTURO sono  i seguenti:
 

1) ROMEO ANTONIO detto TONINO;

2) LIO MARIO;

3) MARTINO FRANCESCO detto ACHILLE;

4) PALAZZO RICCARDO;

5) LO FEUDO ALFREDO;

6) SAMMARCO SAVERIO;

7) CRISPINI GIUSEPPE.

Sono entrati a far parte della minoranza:
 

1) PERRONE ANDREA, in quanto candidato a sindaco nella lista EVOLUZIONE CIVICA;

2) MAZZULLA DANILO;

3) IANTORNO IVAN.
 

Le due riconferme, entrambe della minoranza nella precedente legislatura ed entrambe rimaste alla minoranza nella nuova legislatura, sono ovviamente ANDREA PERRONE e DANILO MAZZULLA.
Nel corso della prima riunione (o riunione d’insediamento) del nuovo Consiglio comunale tenutasi giorno 1 ottobre 2020 (questo Notiziario viene redatto ed esce con un po’ di ritardo) è stato tra l’altro eletto presidente del Consiglio comunale GIUSEPPE CRISPINI.

 

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 24 maggio 2020

San Fili ai tempi del covid-19. (3)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di maggio 2020... a firma di Pietro Perri.
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Chiesa Madre di San Fili 19 aprile 2020.
Il sacerdote don Franco Perrone celebra
la Santa Messa in diretta streaming.
I tempi cambiano e cambiano sempre più velocemente. E l’essere umano non può che non adattarsi ai nuovi tempi, specie se tali nuovi tempi sono il piacevole o il tragico frutto del suo stesso operato.
Non sappiamo ancora esattamente cosa abbia generato il covid-19 e le sue scioccanti conseguenze che hanno messo in ginocchio l’intero sistema economico e sociale mondiale. In giro, sui mass-media, si dice tutto ed il contrario di tutto. Ed a dire questo tutto ed il contrario di tutto spesso e volentieri sono proprio coloro che, da mostri sacri dell’ingegno e della conoscenza, dovrebbero dare certezze: gli scienziati. Ovvero coloro che calpestando i dogmi dovrebbero mettere l’Essere Umano difronte la inconfutabile cruda realtà.
I tempi cambiano ed a volte sono proprio le tragedie, o i problemi, a farci capire quanto siano macroscopicamente cambiati.
Noi, in effetti, da microbi quale continuiamo ad essere nella Storia del nostro stesso microbo pianeta all’interno del Creato, di alcuni aspetti neanche ce n’eravamo resi conto.
Ed ecco qua San Fili, e quindi la Comunità Sanfilese, nello scorso mese di aprile scoprire un’altra strada per confrontarsi col resto del mondo: la Santa Messa trasmessa in diretta streaming.
Una novità, questa, che ha dato l’opportunità a tanti nostri compaesani in giro per il Mondo di poter assistere ad una funzione religiosa nella propria amata Chiesa a migliaia di migliaia di chilometri di distanza.
 Un qualcosa che, speriamo, venga anche quando questo brutto periodo che stiamo vivendo sarà un fatto completamente dimenticato.
Sono stati tanti i sanfilesi, tra i miei contatti Facebook, infatti che mi hanno ringraziato per aver linkato le sante messe celebrate dal nostro sacerdote don Franco Perrone e trasmesse per l’occasione in diretta streaming.
Sante Messe che hanno dato la possibilità a chi mancava dal paese natio da diversi decenni (tanti di loro finora né hanno potuto farvi più ritorno né ve lo potranno fare, per varie ragioni, in futuro) non solo di pregare assieme ad altri loro compaesani ma anche e soprattutto di rivedere i luoghi sacri cui erano e restano eternamente affezionati: la Chiesa Madre (o della SS. Annunziata), la Chiesa del Carmine (o della Madonna del monte Carmelo), la Chiesa dello Spirito Santo (o di san Francesco da Paola), la Chiesa di santa Lucia alla frazione Bucita e via dicendo.
Tali celebrazioni sono a tutt’oggi visibili nella pagina Facebook della Parrocchia della SS. Annunziata di San Fili, all’indirizzo:
Complimenti e grazie di cuore (anche da parte di chi si spaccia per non credente o da chi non frequenta da tempo per pigrizia o altro i sacri luoghi del nostro paese) al nostro parroco don Franco Perrone ed ai suoi stretti collaboratori per questo stupendo regalo.
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N.B.: al fine di evitare stupide diatribe con alcuni miei detrattori voglio comunque evidenziare che a San Fili già in altri tempi si sono tenute delle dirette streaming. Ma... permettetemi di dubitare che abbiano avuto lo stesso valore di pubblico, simbolico e d’impatto.
(continua)
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 1 maggio 2020

Dalla spagnola al coronavirus * ovvero * San Fili ai tempi del covid-19. (2)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2020... a firma di Luigi “Gigino” Iantorno.
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Cento anni addietro un’altra epidemia colpì in modo devastante non solo l’Europa ma il mondo intero. Tale epidemia (influenza) fu chiamata la spagnola.
La spagnola, una influenza che all’epoca uccise tantissime persone, colpì in modo pesante anche il nostro paese.
San Fili subì tantissime perdite.
I morti vennero trasportati in quei tristi giorni su carri trainati da buoi al cimitero comunale per ricevere degna sepoltura.
Purtroppo quando imperversò la spagnola non c’erano non solo potenziali vaccini ma non c’erano neanche la tecnologia (e quindi la conoscenza), alcuni medicinali di contenimento e gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione e che ci stanno permettendo di contenere i danni di questo flagello umano.
La spagnola iniziò la sua marcia mortale verso la fine della Prima Guerra Mondiale e durò all’incirca due anni ovvero dal 1918 al 1920. Ed ancora oggi non si è certi del come sia terminata tale pandemia: “Una spiegazione per il rapido declino della letalità della malattia potrebbe essere che i medici erano riusciti a migliorare la prevenzione e la cura della polmonite che si sviluppava dopo che le vittime avevano contratto il virus.” o “(...) una ipotesi è che il virus del 1918 abbia subito una mutazione rapida verso una forma meno letale, un evento comune nei virus patogeni, poiché gli ospiti dei ceppi più pericolosi tendono a estinguersi.” (n.d.r.: corsivi tratti da Wikipedia).
Il virus della spagnola si rivelò una vera e propria catastrofe umana. Si stima che i decessi dovuti a tale virus in tutto il mondo possano essere stati tra i 50 ed i 100 milioni. Decisamente molti di più di quelli che causò la peste del 1300. Solo gli Stati Uniti d’America toccarono 675.000 vittime.
La spagnola non ebbe origine in Spagna così come il nome darebbe a pensare ma per il fatto che per primi a parlarne, di tale influenza, furono i giornalisti spagnoli.
Oggi al fine di contenere l’espandersi in modo drammaticamente esponenziale del numero dei contagiati dal coronavirus si è pensato di evitare che la gente uscisse di casa se non per comprovati urgenti ed improcrastinabili motivi. Ovvero si è cercato di mantenere le persone l’una distante dalle altre. Una cosa che sembra sia stata capita anche nel caso della spagnola. Ed oggi come allora si invogliò le persone all’uso delle mascherine.
Fortunatamente, a differenza del secolo scorso, oggi abbiamo tantissimi modi, anche in un paese come San Fili, per trascorrere il tempo, anche se non sempre piacevolmente, chiusi in casa. Oggi ad esempio abbiamo a disposizione la televisione o il computer che comunque ci mantengono collegati con il resto del mondo e comunque c’è, grazie a Dio, un governo (lo Stato) che riesce ad intervenire economicamente con aiuti economici e/o alimentari in favore delle famiglie più bisognose. Nel caso del periodo che ha interessato la spagnola purtroppo non c’era niente ed ognuno doveva arrangiarsi come meglio poteva.
L’influenza spagnola colpì anche la mia famiglia.
A causa della spagnola passò a miglior vita anche la mia nonna paterna. Nonna che io, proprio a causa di ciò, non ho avuto la fortuna di conoscere.
Mio padre restò orfano di madre, assieme ad un fratello e ad una sorella, a soli sette anni.
Mia nonna morì assieme ad un figlioletto di pochi mesi. Per tale motivo madre e figlio furono chiusi nella stessa bara e poi seppelliti nel cimitero del paese.
Mio nonno si risposò.
La seconda moglie di mio nonno non solo crebbe con amore i figli che già aveva avuto mio nonno ma diede allo stesso altri figli cresciuti con pari amore.
Dalla prima moglie mio nonno ebbe mio padre Francesco, zio Saverio e zia Carmela (oltre al figlioletto deceduto alla nascita). Dalla seconda moglie ebbe zia Marietta (emigrata in Brasile ed ivi deceduta), zio Giuseppe (emigrato in Canada) e zia Ida.
E sicuramente oggi staranno tutti pregando affinché usciamo al più presto e nel possibile incolumi da questo nuovo virus assassino.
(continua)
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

mercoledì 22 aprile 2020

San Fili ai tempi del COVID-19. (1)


Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2020... a firma di Pietro Perri.
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Questo numero del Notiziario Sanfilese esce con un cospicuo ritardo... ma esce (e credo sia questa la cosa più importante).
Uscirà con un certo ritardo anche il numero del mese di aprile e forse anche quello del mese di maggio.
Il motivo?
Semplice: il covid-19, ovvero questo assurdo virus che tanti problemi sta creando in tutto il mondo, è riuscito a sconvolgere anche la vita di San Fili e quindi di noi Sanfilesi.
Grazie a Dio, fino al momento in cui sto mettendo nero su bianco quest’articolo (siamo al 17 aprile), a San Fili non si registrano casi di contagiati dal coronavirus o covid-19.
Non ci ha colpito fisicamente, e speriamo continui ad evitarci anche in futuro, ma ci ha distrutto psicologicamente grazie anche e soprattutto alle varie disposizioni governative ribadite  e rafforzate localmente sia da ulteriori disposizioni regionali che comunali.
Alcune delle quali, tra l’altro, considerando la particolarità del nostro territorio, si potevano anche imporre ma in modo decisamente più leggero.
Tipo una passeggiata in solitario, con mascherina indosso o comunque a portata di mano e mantenendo le dovute distanze, non credo avrebbe ucciso nessuno.
I focolai di covid-19 in Calabria (ed anche in provincia di Cosenza, purtroppo) si sono verificati per ben altre ragioni ed in particolare anche e soprattutto per colpa di chi doveva vigilare affinché in determinate strutture (tipo le case di cura) fossero garantite a priori quelle normali regole d’igiene e sicurezza.
Dicevo che la causa del ritardo dell’uscita di questo numero del Notiziario Sanfilese è dovuto in particolare alla pandemia, psicologica almeno a San Fili o almeno fino ad ora... toccannu fierru, in quanto questo strano stato di cose, questa assurda atmosfera a dir poco fantascientifica (quanti film catastrofici ho visto negli anni su questo tema) tutto fa tranne che invogliare a fare qualcosa.
A volte ci invoglia appena appena a metterci sul divano a passare le ore leggendo i più strani libri, libri che in altri tempi non ci saremmo mai sognati di leggere non ritenendoli all’altezza della nostra aspettativa culturale.
Da non credere, in questi giorni sono riuscito a leggere sia “Harry Potter ed il calice di fuoco” (Harry Potter and the Goblet of Fire) che “Harry Potter e la Maledizione dell'Erede” (parte prima e parte seconda del copione per la rappresentazione teatrale) di Joanne Kathleen Rowling. E la cosa assurda è che mi sono anche piaciuti... Malgrado la loro eccessiva, per i miei gusti, lunghezza.
Odio i romanzi che oltrepassano le 150 pagine. Li ho sempre odiati almeno da quando, frequentando le scuole superiori, mi sono trovato tra le mani, costretto a studiarlo, “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni.
A San Fili, nel momento in cui scrivo, così come in quasi tutto il resto della Calabria, grazie alle norme vigenti causa il covid-19 si può quasi dire che non è possibile neanche affacciarsi dal balcone.
Dopotutto uscire per fare una semplice passeggiata non oltrepassando il perimetro di 200 metri oltre la propria abitazione impone psicologicamente, a quanti rispettano la legge, difatti a non uscire dalla propria abitazione.
Quindi se già prima era sempre più difficile imbattersi in compaesani lungo corso XX Settembre... vi lascio immaginare quale desolazione si possa vivere in questi ultime settimane nel nostro piccolo villaggio. Una desolazione ancor maggiore se si pensa che bar, barbieri e parrucchieri (i pochi ormai sopravvissuti ai tempi) sono stati obbligati a tenere le saracinesche abbassate.
Il mondo sta cambiando... decisamente in fretta in queste ultime settimane. E con il mondo, visto che ne fa parte, sta cambiando in modo irreversibile anche San Fili.
(continua)
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

martedì 3 marzo 2020

C’erano una volta i trappiti a San Fili.

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C’erano una volta i trappiti a San Fili,

Breve nota di Pietro Perri

Tra le tante attività che venivano svolte, ovviamente con una certa rilevanza, in agricoltura, nell’industriosa San Fili, almeno fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso vi era anche la raccolta e la lavorazione delle olive. Una lavorazione che prevedeva sia la conservazione ad uso alimentare delle stesse (alive ammaccate e via dicendo) che quella della produzione dell’olio.

Per quanto riguarda la lavorazione delle olive al fine della produzione dell’olio a San Fili c’erano, parlo ovviamente di ricordi che vanno via via offuscandosi nella mia sempre più vecchia e stanca memoria, diversi trappiti (frantoi).

Si parla, infatti, di almeno tre frantoi presenti all’interno del centro storico di San Fili: uno appartenente alla famiglia dei baroni Miceli (nella parte inferiore del palazzo di donna Vienna Gentile), uno appartenente alla famiglia dell’indimenticabile don Cesare Gentile (sempre mmienz’u puontu sotto la casa della famiglia Assise, all’inizio della scalinata che da piazza ex municipio conduce dritta dritta davanti all’edificio delle scuole materne del paese) ed uno (alquanto recente ma già posto fuori attività agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso) si trovava nella parte inferiore (adiacente alla cosiddetta “strata nova”) del palazzo di donna Giuliana Gentili. E sembra che donn’Oscaru Gentili gestisse anche un altro frantoio nei pressi della chiesa di sant’Antonio abate.

Un altro frantoio si trovava sui Cozzi in un’ala laterale del palazzo di don Peppino Blasi.

Tale frantoio, se non erro, era gestito da don Gaetano Blasi.

L’ultimo frantoio in ordine di apparizione nel centro urbano di San Fili sembra sia stato quello di Emilio Noto. Tale frantoio, situato nella zona denominata Piano Ghiande (poco più avanti del bivio per la frazione Bucita, ovviamente proseguendo in direzione Paola).

Credo sia giusto sottolineare che i più antichi trappiti di San Fili, parliamo a memoria d’uomo, sono i succitati appartenuti alle famiglie Gentile e Miceli, ovvero quelli situati nelle adiacenze della zona denominata mmienz’u puontu. Mentre i più recenti sono quelli gestiti da donn’Oscaru Gentili ed Emilio Noto.

Considerato il limitato, per estensione, territorio di San Fili la presenza di tali e tanti frantoi all’interno del nostro Comune è giustificata da un uso quasi a livello familiare.

Nulla toglie comunque che parte delle olive da cui si estraeva l’olio nei frantoi di San Fili venissero portate nel paese, sfruttando la forza motrice di somari e muli, dalle vicine contrade quale Cucchiano, le Volette e la Profico o zone ricadenti nel territorio della confinante cittadina di San Vincenzo la Costa.

Comunque non sarebbe sbagliato, in un prossimo futuro, ritornare a parlare, magari in modo più dettagliato e con qualche foto scattata nei locali in cui erano ubicati, dei trappiti di San Fili.

Ringrazio comunque l’Anonimo Sanfilese che mi ha mandato lo scritto che riporto di seguito per aver aperto questa stupenda pagina di... ricordi sanfilesi.

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C’erano una volta i trappiti a San Fili.

Di un caro Grafomane Sanfilese.


Nella foto a sinistra: Il pianerottolo (abbaddraturu?) sotto il portico della casa della famiglia Assisa. A sinistra di questa seconda foto il portone cui si accedeva al frantoio della famiglia Gentile.

Foto by Pietro Perri.

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Uccidere il maiale, fare il vino e fare l’olio erano i sacri riti familiari, ora i primi due stanno entrando nell’oblio, mentre per il terzo vige ancora la sacralità della raccolta delle ulive in proprio o facendo a metà con chi le raccoglie.

Il lavoro però non finisce all’imbrunire delle giornate autunnali e invernali, vi è poi la sosta al frantoio o meglio detto trappito, forse perché i cunei delle presse meccaniche che comprimevano i fiscoli, ad ogni aumento di pressione con la loro caduta emettevano un suono simile ad un trap-trap.

Nel trappito arrivavano i sacchi neri ed untuosi, ora in parte sostituiti dalle cassette di plastica multicolore, ed il rappresentante di ogni partita rimane a vigilare sulle drupe e sui recipienti destinati al trasporto dell’olio.

In un angolo del trappito vi è sempre un caminetto, spesso alimentato con la stessa sansa delle ulive, con l’immancabile recipiente dell’acqua calda coadiuvante alla pulizia delle mani o dei recipienti.

Non mancano le borse con le arance, il mezzo fiasco di vino, del pane e del companatico per lenire i morsi della fame che a fine giornata si fanno sentire, portati dai vari clienti all’atto dell’ingresso e poi lasciati nella disponibilità di tutti.

Il fuoco del caminetto ristora i presenti e nel contempo asciuga la parte bassa dei pantaloni dei raccoglitori.

Il pavimento è reso viscido dall’olio che per forza di cose scola dai fiscoli nel riempirli, dalle presse, dalla macina o dai soffioni violenti che talvolta fuoriescono dalla pila di dischi e fiscoli sotto pressione.

Tutto questo avviene in un ambiente pregno di un odore pungente di olio fresco che sgorga dalla macchina separatrice dell’olio dall’acqua di vegetazione come da una fontanella di acqua di montagna. Forse il piacere che si avverte vedendo sgorgare l’olio in inverno è simile a quello della vista di un getto di acqua fresca, fra ombrosità e muschi, in una tarda mattina della calda estate.

L’attesa è lunga, ma si è sempre in compagnia di persone da sempre conosciute, per cui gli argomenti di conversazione non mancano, ma di tanto in tanto lo sguardo vola ai propri sacchi ed al controllo visivo degli stessi. La buccia di un’arancia buttata fra i carboni accesi per qualche minuto profuma l’aria in modo diverso, mentre procura soddisfazione una nuova caduta di olive nella vasca della macina, indice che il tempo di attesa si accorcia.

In un angolo vi è un vecchio tavolino simile a quelli usati in cantina sul quale vi è un blocco di carta bianca riciclata, una penna legata con filo, e messo in verticale, un fil di ferro appuntito sul quale il frantoiano annota la partita, le quantità molite, la resa in olio e il pagamento se in natura o in contanti.

La lampadina, ad inizio stagione trasparente e pulita, è ora opaca e anch’essa untuosa, mentre tutti i clienti odiano quello scaldino elettrico con la sua sfacciata spia rossa, posto in alto ed in angolo, che fornisce l’acqua per pulire esternamente le presse, a spremitura avvenuta, perché convinti che anche quella poca acqua calda possa nuocere al nascente olio. Allo stesso modo tutti, in solitario, cercano di scoprire, in quel dedalo di tubazioni, quella destinata a fare la cresta sul loro olio direttamente in fase di produzione, a monte del separatore; da sempre il frantoiano, nella convinzione generale, è persona che lucra sull’olio che produce, in aggiunta al corrispettivo per il suo servizio.

Il frantoiano si avvicina ai sacchi della nuova partita: il cliente interessato salta in piedi lasciando il fuoco, le discussioni ed anche il bicchiere di vino a metà, per accertarsi che tutti i suoi sacchi vengano lavorati e lieto perché fra poco vedrà concretizzarsi il risultato del suo lavoro. Ora è più tranquillo, finisce il suo bicchiere di vino, parla più disteso con gli amici, offre un eventuale suo aiuto al frantoiano, ma prepara con cura delle fette di pane da leggermente arrostire al fuoco per poi innaffiarle dell’olio che per primo uscirà dal separatore. Quando ciò avverrà il frantoiano metterà il suo dito sotto il rivolo, quindi lo metterà in bocca oleandola tutta, quindi aspirerà con forza dell’aria e a quel punto, con un buon grado di approssimazione, stabilirà, dall’alto della sua esperienza, il grado di acidità.

Il cliente in quel momento è soddisfatto, raccoglie i suoi recipienti, ora pieni fino all’orlo, ed una volta a casa pensa che anche se nei giorni seguenti pioverà lui ormai le ulive le ha raccolte e l’olio per quest’anno è nella giara.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 29 febbraio 2020

Questa volta è andata bene, ma sarà sempre così? (Di Francesco Commis).


SAN FILI (CS) - Strada Provinciale SP 35, Km 22.
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Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Febbraio 2020 a firma di Francesco Commis.
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Un famoso aneddoto sanfilese, recitato spesso dalla mia cara nonna materna, diceva: "Prima de nu dannu, pruvvedimienti".
L'interpretazione dell'aneddoto è molto semplice: quando un fatto è noto ed esistono buone probabilità che possa ripetersi, bisogna predisporre gli opportuni interventi preventivi affinché lo stesso, riproponendosi, non arrechi nessun danno.
I lettori assidui del "Notiziario" ricorderanno il mio articolo "San Fili (CS) - SP 35 Km 22 - Ovvero: la spada di Damocle"-  dell'Aprile 2018. In quella occasione si voleva mettere in risalto la pericolosa situazione presente al Km 22 della strada provinciale, in località "timpe russe", lato Villa Miceli.
Le foto di quel periodo evidenziavano il degrado ambientale dopo il furioso incendio dell'estate 2017 e l'elevato grado di dissesto idrogeologico del versante, con il possibile verificarsi di smottamenti nel caso di abbondanti piogge della stagione invernale. L'ordinanza emanata dal sindaco n. 73 dell'Agosto 2017, pur se improntata al buonsenso e con lo scopo di tutelare la cittadinanza, si è rivelata priva di alcuna efficacia, in quanto chi doveva farla osservare non se ne è curato. Pochi e inidonei interventi furono allora eseguiti, da privati o Enti chiamati al ripristino dello stato dei luoghi e garantire la sicurezza di quel tratto di strada.
Gli interventi di allora sono consistiti in modeste azioni di pulizia, nel taglio dei rami degli alberi caduti sull'argine della strada e nella pulizia della cunetta dai detriti.
A tutt'oggi nulla è cambiato, tutto è rimasto come nell'estate del 2017. Gli alberi bruciati, con i tronchi anneriti e in precario equilibrio nel versante, gli smottamenti del terreno in bella mostra, con i detriti che ad ogni pioggia si riversano nella cunetta ostruendola.
Se non siete convinti delle mie parole basta fare il raffronto tra le foto del Dicembre 2019 e quelle di Aprile 2018: tutto è rimasto come allora. Anche il cartello stradale è uguale, bruciato ma molto pittoresco.
Nel mese di Dicembre 2019, il giorno 13, in occasione del violento temporale che ha colpito il nostro territorio, parte del costone soprastante la SP 35, in prossimità del Km 22 è franato. Tempestivamente l'Amministrazione Comunale di San Fili si è attivata e la sera stessa ha fatto ripulire l'arteria stradale da detriti e tronchi che l'avevano ostruita.
Fin qui tutto bene e un plauso al Comune di San Fili che è prontamente intervenuto. Va segnalato che nessun veicolo è rimasto coinvolto dallo smottamento, in quanto per fortuna nessuno transitava in quel momento lungo quel tratto di strada. Ma sarà sempre così? Ci sarà sempre Santa Lucia a proteggere gli automobilisti di passaggio?
Considerato che non è infrequente il ripetersi di temporali come quello del 13 Dicembre, anche perché tali eventi si sono sempre verificati durante i mesi invernali nel nostro territorio. Ancor più se si pensa che tali fenomeni possono essere, a detta degli esperti, amplificati dal riscaldamento climatico.
Sarebbe opportuno, pertanto, che chi gestisce il territorio agisca e obblighi chi di competenza, Enti o privati cittadini, per tutelare gli automobilisti e ridurre il rischio presente nella zona. Interventi necessari e immediati sono la bonifica del sito, rimuovendo i tronchi bruciati in bilico nel versante e la messa in sicurezza del costone soprastante la strada provinciale a rischio smottamento.

Questa volta è andata bene e nessuno si è fatto male: ma non continuiamo a sfidare la fortuna e la provvidenza.
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!