A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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sabato 23 settembre 2017

C'ERA UNA VOLTA SAN FILI: Le more di rovo (l'amureddr'e spine) - Articolo di Luigi Gigino Iantorno.



Foto a sinistra: le stupende e saporite amureddre (more) di spine (rovo). Prelibatezza regalataci dalla natura di cui San Fili è ricchissima nei mesi di verso la fine della stagione estiva.

Foto by Pietro Perri - Articolo by Luigi Gigino Iantorno.

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Con questo ricordo, messo nero su bianco dall’amico Luigi “Gigino” Iantorno (pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di settembre 2017), riporto alla mente una bellissima pagina di ricordi... anche e soprattutto della mia infanzia: le “amureddr’e spine”.

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Mi ricordo quando, da ragazzino, nel periodo ricadente tra la seconda metà di agosto e la prima metà di settembre andavo all’incetta di alcuni particolari gustosissimi frutti che ci elargiva in modo spontaneo la natura circostante: le more di rovo o (come chiamavamo all’epoca tale pianta) di spine.

Il rovo è una pianta particolarmente fastidiosa proprio perché presenta lungo i suoi filamenti tutta una serie costante di spine che lasciano ben poco a sperare in quanti ci si imbattono. Una quantomeno piccola puntura è infatti comunque assicurata.
Le more di rovo sono frutti selvatici commestibili e di buona qualità.

Da ragazzino, dicevo, come tutti i miei coetanei ne ero alquanto goloso e quindi ne mangiavo tantissime. Con i miei compagni d’avventura in ogni caso ne raccoglievamo tantissime e dopo averne mangiato buona parte, ci divertivamo ad infilare il resto in alcuni fili d’erba appositamente selezionati per tale scopo.

Si dava così vita al cosiddetto filaru (appunto il filo d’erba in cui erano infilate una dietro l’altra le more raccolte).
Inutile dire che tra noi ragazzini si faceva a gara a chi avvistasse il rovo più carico di more... ovviamente giunte a giusta maturazione e più grandi delle altre.

Era questo un frutto senza padrone e quindi serviva anche a placare i desideri, in alcuni casi una vera e propria necessità alternativa, della povera gente.
Spesso i filari venivano portati a casa e messi a disposizione degli altri componenti il nucleo familiare.

Inutile ribadire che molti erano i graffi che si accumulavano sulla propria pelle nel cercare di raccogliere dai rovi più more possibili ed a volte qualcuno di noi ci rimetteva (a causa di vari strappi) anche le camicie, le maglie o i pantaloni. Il che poteva significare non ottenere dai genitori i complimenti per il lavoro fatto ma un bel ceffone per il danno causato ai vestiti.

Le more dei rovi (o di spine) oggi sono alquanto ricercate anche per la realizzazione di ottimi dolci, di saporite bevande e di gustosi gelati.
Stranamente le stesse sembra non siano più ricercate dai ragazzini di oggi.
Ma i tempi passano e forse è anche meglio così.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
*/pace ma... “si vis pacem para bellum”!


lunedì 28 agosto 2017

Quando il legno sanfilese era ricercatissimo per le pipe da fumo.

Sulla sinistra: Pipe ricavate da radice di erica arborea.

Foto ripresa dal web.

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San Fili malgrado abbia un territorio limitatissimo ha saputo imporsi nei secoli passati in più campi sia della cultura che dell’economia. Ed ogni tanto di qualità che hanno caratterizzato la nostra cittadina (il nostro stupendo amato/odiato borgo) e la nostra Comunità ne scopriamo (o quantomeno ne riscopriamo) una nuova.

Questa volta, ad esempio, grazie anche ad un articolo scritto dall’amico e compaesano Luigi “Gigino” Iantorno (e con una mia piccola successiva aggiunta) ci immergiamo nel campo del... fumo.

L’articolo e l’aggiunta, che riporto di seguito, sono stati pubblicati sul Notiziario Sanfilese del mese di Agosto 2017.

Buona lettura.

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Quando il legno sanfilese era ricercatissimo per le pipe da fumo.

Di Luigi “Gigino” Iantorno.

Finora non credo che qualcuno ne abbia mai parlato o scritto ma tra le tante cose che in altri tempi rendevano famoso il territorio sanfilese c’era - e c’è ancora anche se non è più ricercata - una particolare pianta le cui radici fornivano un prezioso materiale per realizzare le pipe da fumo.

Parlo dell’ilica (erica arborea) ovvero di un arbusto sempreverde, dalla corteccia rossastra, a portamento eretto, appartenente alla famiglia delle Ericaceae. Questa pianta la troviamo crescere in modo spontaneo in più punti del territorio sanfilese, in particolare a ridosso, spesso come semplice sottobosco, dei castagneti presenti nella zona chiamata i Cozzi.

Quando ero giovane mi capitava spesso di seguire mio padre in campagna.

Ci fu un tempo, a ridosso degli anni Settanta, in cui mio padre lavorava un pezzo di terra in una zona, sempre nel territorio di San Fili, chiamata “i carusi”. Tale zona si trova nelle vicinanze della statale 107 all’altezza di contrada Profico.

In una di queste occasioni mi capitò di osservare delle persone che non avevo mai visto prima. Erano scesi da un grosso mezzo di trasporto e portavano con sé, per quella zona, una combinazione di strani attrezzi da lavoro: accette, pichi e sacchi di canapa.

Costeggiando la proprietà che lavorava mio padre si erano diretti, come seppi dagli stessi nel momento in cui gli chiesi il motivo della loro presenza in una zona vicina conosciuta come “i martini” (...).

In tale zona, mi dissero inoltre, c’erano diverse piante di ilica. Piante che per loro rappresentavano un vero e proprio tesoro.

Inutile dire che dalle nostre parti tale pianta era, ed è ancora considerata, una pianta a dir poco inutile se non fastidiosa ed infestante o utile al massimo per realizzare, con i fini ramoscelli, delle rustiche scope da dare in uso agli spazzini del paese.

Arrivati nel punto per loro di maggiore interesse, quei signori venuti da chissà dove iniziarono a farsi spazio tra i cespugli di ilica tagliando con le accette i rami delle stesse mettendoli in modo frettoloso da parte. Dopotutto non erano i rami di tali piante nel loro interesse ma... le radici che iniziarono nel men che non si dica ad estirpare con grosse botte di piccone.

Dalle radici delle iliche, appunto per loro materiale preziosissimo, mi dissero infatti che avrebbero ricavato delle pipe da fumo ricercatissime sul mercato internazionale. Tale legno era considerato, per oggetti del genere, decisamente pregiato.

Quel giorno riuscirono a riempire più sacchi con le succitate radici. La giornata, almeno per loro, era stata alquanto fruttuosa.

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Sulla sinistra: Ramoscello di erica arborea ripreso di stampe d'epoca.

Foto dal web.

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Alla fine, quando ci salutammo, dopo avermi spiegato l’uso che avrebbero fatto di quelle radici, mi svelarono anche che venivano dalla Campania e che consideravano le radici di ilica presenti sul territorio sanfilese migliori di uguali materiali che andavano raccogliendo in altre zone del cosentino in particolare e della Calabria in generale. Tutto ciò forse, mi dissero, era dovuto all’esposizione soleggiata del nostro territorio.

Fatto sta che la radice delle piante di ilica che si trova a San Fili sembra sia particolarmente tenera e quindi facile da lavorare ma che quando, lavorata, si lascia opportunamente essiccare diventa decisamente resistente e quindi permette la realizzazione di pipe da fumo decisamente uniche nel suo genere.

Quindi valeva la pena, per i nostri amici della Campania, fare tanti chilometri per venire a respirare un po’ di aria buona a San Fili.

Oggi certo i fumatori di pipa sono diminuiti e le pipe vengono realizzate con tanti altri materiali ma sicuramente non sono belle come quelle che in altri tempi venivano realizzate con la radice di ilica sanfilese. E chissà che un domani, magari qualcuno dei nostri figli o dei nostri nipoti, non decida di riprendere questa attività, ovvero l’estrazione e la lavorazione della “erica arborea” anche solo al fine di realizzare oggetti da utilizzare come semplici soprammobili, portachiavi, fermacarte e via dicendo.

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E non solo terra di pipe.

Di Pietro Perri.

San Fili, come ci ha ricordato l’amico e compaesano Luigi “Gigino” Iantorno nel suo articolo “Quando il legno sanfilese era ricercatissimo per le pipe da fumo” è strettamente collegato alla storia del consumo del tabacco in Italia.

Dopotutto l’erica arborea (ilica) è una pianta decisamente presente sul nostro territorio. In particolare nella zona dei Cozzi.

Eppure il borgo di San Fili in altri tempi, ed in particolare quando nel Sud d’Italia governavano i Borbone di Napoli, era famoso anche per la coltivazione del tabacco.

Non è difficile infatti trovare scritto in diversi libri e/o pagine internet che parlano del nostro comune che “per molto tempo a San Fili fu fiorente la produzione di un’ottima qualità di tabacco, il Brasile. Tale era commercializzata in varie regioni del Meridione d’Italia”.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

lunedì 14 agosto 2017

Ne abbiamo discusso su Facebook: emergenza idrica a San Fili.

Marietta ‘e Cicculiddru prende
acqua alla fontana di piazza san 
Giovanni a San Fili (anno 1961 - 
Foto raccolta Ciccio Cirillo).

Ormai anche per San Fili ed i Sanfilesi la vera agorà (ovvero la piazza principale o il luogo preposto alla discussione dei problemi della comunità) non è più piazza san Giovanni, corso XX Settembre, il Teatro Comunale, i locali dell’ex Circolo di cultura E. Granata (attuale sala convegni della Biblioteca G. Iusi) o le preistoriche da anni ormai inesistenti sezioni partitiche ma è diventato il social network per eccellenza: Facebook.
Su Facebook incontri ormai Sanfilesi di ogni età; dai dieci (forse qualcuno anche più giovane) ai novanta anni. Inutile appunto cercare Sanfilesi nei più consoni punti in cui nel passato si discuteva animosamente ed alla fine, se si era oltrepassati i normali limiti del vivere civile, grazie all’intercessione di qualche compaesano più intelligente presente alla disputa, ci si stringeva anche la mano.
Su Facebook il nemico è nemico e spesso lo è e lo resterà anche nel mondo reale... o cesserà di essere nemico nel momento stesso in cui abbiamo spento il personal computer, il tablet o lo smartphone (ossia quando ci siamo disconnessi dalla linea e quindi dal social network).
Su Facebook si parla (Ci si confronta? ... anche!) del più e del meno: di cosa si è mangiato a mezzogiorno, di quante volte si è andati il giorno prima al bagno (qualcuno come prova ne pubblica anche le foto) e persino di problemi importanti che interessano appunto la comunità di cui si fa parte e quindi le persone con le quali, nel mondo reale, si interagisce.
Un esempio? ... il dramma degli incendi che hanno colpito in questi ultimi giorni il nostro territorio (cosa di cui ho parlato nel Notiziario Sanfilese del mese scorso) o, come avvenuto in questi ultimi giorni, della crisi idrica con cui dovrà sempre più fare i conti l’intera popolazione sanfilese. Perché, che ci si creda o no, anche se per motivazioni diverse... la crisi idrica non è solo un problema della città di Roma e quindi della giunta guidata da Virginia Raggi ma anche del borgo di San Fili e della giunta guidata dal sindaco Antonio Argentino. Ovviamente nell’uno e nell’altro caso parliamo di oggi e quindi dei rispettivi sindaci in carica. Per quanto riguarda il futuro sarà un problema di chi ci sarà... ma sempre e comunque dei romani e dei sanfilesi.
Ok, lo so che è difficile ammetterlo ma più si va avanti e più diventa tragico constatare che San Fili è sempre meno il San Fili degli anni Cinquanta/Sessanta del secolo scorso. San Fili infatti è sempre meno il paese dell’acqua, dell’aria buona e di tutto il resto.
San Fili, credeteci, è sempre meno... San Fili.
Della crisi idrica che ha colpito in questi ultimi tempi San Fili, dicevo, ne abbiamo parlato anche su Facebook. Ed eravamo in tanti a parlarne: giovani e meno giovani.
Cercandone i motivi e provando a individuarne qualche soluzione.
Alla discussione erano assenti, come al solito, solo i nostri (reali) amministratori locali.
Chissà se parlandone con loro, con largo anticipo e nei luoghi opportuni, possiamo evitare di subire anche nell’estate 2018 una ennesima crisi idrica... tutta paesana.
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... un cordiale affettuoso abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

lunedì 24 luglio 2017

San Fili brucia - Il criminale (la bestia?) colpisce ancora.

In questa foto si vede il fumo che
nasconde completamente la frazione 
Bucita. 
(Articolo apparso sul Notiziario Sanfilese del mese di luglio 2017. Ovviamente a firma di Pietro Perri).
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Il 12 luglio scorso una vasta area di castagneto al di sopra del centro abitato della frazione Bucita di San Fili è stata colpita e semidistrutta da un tremendo incendio.
Un incendio come se n’erano visti ben pochi, nell’ultimo mezzo secolo, colpire in modo così devastante il territorio sanfilese.
Un disastro senza precedenti: diverse decine di ettari di bosco sono stati letteralmente distrutti. E con le piante anche la fauna che trovava in esse confortante rifugio.
Un gravissimo danno, questo, sia per la nostra salute che per la già magra economia della nostra Comunità. E’ giusto ricordare, infatti, che dal taglio dei boschi presenti sul territorio sanfilese ed in quello dei Comuni attigui dipende la sopravvivenza di diverse imprese boschive della zona e quindi di tantissime famiglie di nostri concittadini.
Senza entrare in merito, considerando le piccole discariche abusive presenti sul nostro territorio, tra l’altro a cosa è potuto bruciare assieme agli alberi ed alla fauna: lastre di eternit, copertoni d’auto, plastica varie e chi più ne ha più ne metta
Perché, è giusto ricordarcelo di tanto in tanto, i boschi intorno a San Fili sono anche una pericolosa bomba chimica per la nostra già precaria salute che non aspetta altro che essere innescata.
E, crediamoci, non si tratta né di autocombustione (ovvero un incendio che ha preso vita senza l’intervento di mano umana) né di un incendio scaturito dalla stupidità di qualche avventuriero senza senso della natura circostante (esempio qualcuno che ha gettato una cicca ancora accesa per terra o ha lasciato acceso - malamente spento - qualche focherello che aveva usato per farsi una piccola grigliata all’aperto).
Si tratta invece, ne sono strasicuro, di un vero e proprio criminale che, magari per fare dispetto a qualcuno (... un parente di cui non è piaciuta una divisione ereditaria? ... un vicino di casa particolarmente antipatico? ... un venditore o acquirente di una partita di alberi da taglio acquistata dall’impresa boschiva sbagliata o venduta all’impresa boschiva sbagliata? ... motivi, nessuno umanamente giustificabile visto il danno creato all’intera Comunità Sanfilese e forse involontariamente anche a se stesso, ce ne sono a iosa), ha dato inizio al tutto accendendo il fuoco che magari avrebbe dovuto colpire un’area limitata ed invece si è propagato in modo tale da bruciare mezza montagna ed arrivando a mettere a rischio persino il centro abitato della frazione Bucita.
Alcune case a ridosso della “fontana di Panicò” infatti hanno rischiato di essere toccate dalle fiamme.
Si tratta, ripeto, di un vero e proprio criminale - decisamente stupido oltre che criminale - e si tratta quasi certamente della stessa persona che ha dato vita a diversi incendi che hanno interessato tale zona negli ultimi quindici anni. Diversamente non si comprende come mai gli incendi sulla frazione Bucita partono quasi tutti dallo stesso punto.
Combinazione? ... può anche darsi. Ma forse è venuto il momento di iniziare a studiare iniziative per dire una volta per tutte: BASTA! ... SIAMO STUFI DI TANTA STUPIDITA’.
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… un caro abbraccio a tutti dal vostro sempre affezionato Pietro Perri.
… /pace!

domenica 25 giugno 2017

Cercasi amministratori comunali per passeggiata lungo corso XX Settembre... a San Fili.

Ho un piccolo dubbio: gli Amministratori comunali di San Fili (ovviamente mi riferisco a quelli che “possono” e non a quelli come me che li si vorrebbero solo presenti per alzare la mano nelle sedute di Consiglio comunale in occasione dell’approvazione dei bilanci redatti da chi sa chi - quello preventivo in particolare - e da chissà con quali finalità amministrative) ultimamente si sono per caso fatti una passeggiata lungo corso XX Settembre? ... il corso principale (anche perché unico) del nostro centro abitato? ... una passeggiata possibilmente a piedi e non in elicottero? ... dico “in elicottero” perché anche se l’avessero fatta in macchina si sarebbero facilmente resi conto che qualcosa su questo corso non quadra.
Mi riferisco in poche parole i componenti della Giunta comunale in carico.
Mi riferisco in poche parole al sindaco (omissis), al vice sindaco (omissis) ed all’assessore (omissis).
Ok, a questi aggiungo per par condicio le altre ipotetiche (... illuse o complici?) quarta e quinta colonna di tale prestigiosa Giunta comunale... che preferisco non nominare neanche (non vorrei che mi si bruciasse qualche circuito del notebook nel citare anche loro col nome e col cognome).
Perché dico questo?
Semplice: perché corso XX Settembre a San Fili sembra ormai aver veramente toccato il fondo. Semmai potrà esserci un fondo a San Fili.
Marciapiedi divelti e con vari punti d’inciampo, erbacce (sicuramente non nate ieri) che crescono indisturbate lateralmente alla careggiata stradale (non parlo di quelle che si trovano nelle viuzze e scalinate del centro storico perché... meglio soprassedere), escrementi e residui maleodoranti di orine di cani dappertutto, spine o rami di alberi di acacia che fuoriescono  dalle ringhiere lungo ciò che resta dello storico Muraglione e che invadono l’attiguo marciapiede e chi più ne ha più ne metta.
E non parliamo di quegli assurdi dossi in plastica che svolazzano di tanto in tanto sull’asfalto diventando pericolosissimi per chi percorre lo stesso con piccoli messi, bici o motocicli.
Vogliamo registrare qualche tragedia per prendere qualche provvedimento in merito?
Decisamente un esempio di gestione di paese che non mi sarei aspettato specie nel momento in cui ho appoggiato - due anni addietro - la lista “Indietro non si torna” con la mia presenta nella stessa contribuendo a portarla alla guida amministrativa della nostra comunità per quanto riguarda il quinquennio 2015-2020 (cosa di cui ovviamente non mi sono ancora pentito... vista l’alternativa del momento... ed in particolare chi dall’esterno sembrava appoggiare tale alternativa).
In questi giorni devo dire comunque che almeno nella frazione Bucita e lungo corso Giuseppe Miniaci sembra che qualche falciata d’erba sia stata menata ed un po’ di pulizia quindi in tale tratto stradale è stata approntata. Parlo ovviamente di corso Giuseppe Miniaci perché anche per quanto riguarda la frazione Bucita se ci si addentra nei vicoletti della stessa (magari nella scalinata della “cava” - quella che collega direttamente la chiesa di santa Lucia con via Danise)... no comment!
A proposito: tale pulizia “toccata e fuga” lungo corso Miniaci a Bucita sembra sia stata realizzata in occasione della processione del Corpus Domine... quindi non si illudano più di tanto i cari compaesani della frazione in quanto per il prossimo taglio d’erba su tale tratto di strada dovranno aspettare almeno la prima settimana di settembre... ovvero i giorni immediatamente precedenti alla processione dell’8 settembre (ovvero dell’Addolorata).
Purtroppo a San Fili ancora la processione per il Corpus Domine non si è ancora tenuta e quindi anche il miracolo dell’erba lungo corso XX Settembre è ancora lungi da venire. Speriamo che i Sanfilesi non siano costretti ad aspettare la processione della Madonna del monte Carmelo (16 luglio) o ancor peggio la processione del 12 ottobre in occasione della festa votiva in onore di san Francesco di Paola.
Credetemi: è assurdo ma sembra sempre più normale ormai che per avere una parvenza di pulizia lungo le strade interne (e non in tutte le parti) del nostro comune bisogna attendere qualche occasione in particolare: chiusura ed apertura delle scuole elementari e materne per quanto riguarda via Marconi, processioni e festività civili per quanto riguarda corso XX Settembre, corso Miniaci e qualche vicoletto interno ai centri abitati (dove è previsto cioè il passaggio delle rispettive processioni) e via dicendo.
Cari amministratori comunali... mi sembra che i cittadini le tasse (tributi locali eccetera) non le pagano solo per quattro o cinque giorni all’anno... ma per 365 giorni all’anno (per 366 ogni quattro anni). Ed i soldi servono per garantire i servizi e non per garantirsi un cospicuo portafogli di voti per le prossime amministrative (perché - diciamolo col giusto nome - gli sprechi, i lussi, le boiate festose e i concorsi letterari che decollano, così come strutturati, solo nella testa di chi li ha ipotizzati... servono a ben poco oltre che a dare contentini ai creduloni di turno).
Io? ... ci riprovo. Ci riprovo e dico che se vogliamo possiamo ancora dare un futuro al nostro paese... a San Fili.
Le possibilità sono infinite e basta decisamente poco come investimento... oltre ovviamente ad azzerare gli inutili sprechi.
Iniziamo dalla trasparenza, dal giocare tutti a carte scoperte (le mie lo sono purtroppo sempre state) e possibilmente a rendere igienicamente più vivibile le strade ed i vicoletti interni del nostro paese. Magari, se proprio non si riesce ad estirpare con le mani l’erba che vi cresce indisturbata (ad esempio se i nostri spazzini - operatori ecologici -  ne sradicassero una diecina di pianticine al giorno nel corso dell’anno avremmo un paese in cui ci si potrebbe benissimo rispecchiare)... chiediamo a qualche allevatore di pecore o di mucche presenti nel territorio sanfilese di far pascolare per qualche tempo all’interno dei nostri centri abitati i loro animali.
Tanto, escrementi in più escrementi in meno...
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 11 giugno 2017

Ricordi di un passato non tanto lontano: i catuoi.


L’articolo che propongo in quest’occasione ed in questo spazio è stato scritto dall’amico e compaesano Luigi “Gigino” Iantorno ed è stato pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) nel mese di maggio 2016. Parla dei... catuoi, ovvero del nostro recente passato. Dopotutto i catuoi a San Fili ufficialmente sono stati definitivamente eliminati agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso.

Ufficialmente! Ma nella realtà?

Ma cos’erano (o cosa sono) i catuoi? ... il termine è di origine greca e San Fili, come sappiamo tutti, ricade nella storica area della mitica Magna Grecia. E significa “stanza sottostante”. In tale stanza, di fatti un seminterrato o comunque una stanza a pianterreno, i nostri padri ed i nostri nonni ci allevavano gli animali... da allevamento: conigli, galline ecc. Necessarie, o comunque di ottimo aiuto, per il sostentamento alimentare del proprio nucleo familiare.

Ma... vi lascio all’articolo, ad una più analitica spiegazione del termine e soprattutto ai vivi ricordi di Luigi “Gigino” Iantorno.

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Quasi certamente ormai in tanti hanno dimenticato cos’erano i catuoi.

I catuoi erano dei locali posti al pianterreno delle abitazioni all’interno del centro abitato in cui venivano accuditi gli animali d’allevamento necessari al sostentamento alimentare delle famiglie: galline, maiali, capre, asini, pecore, conigli e via dicendo.

Al pianterreno, spesso dei seminterrati, gli animali ed al primo piano i locali dove si svolgeva tutta la vita della famiglia.

A San Fili almeno fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso tantissime case avevano un proprio catuoio.

Agli inizi degli anni Settanta anche la Comunità Sanfilese fu costretta ad adeguarsi alle norme sanitarie in materia e quindi a chiudere definitivamente l’epoca dei catuoi all’interno del centro storico.

Oggi, anche lungo corso XX Settembre, è ancora possibile ammirare alcuni resti di catuo  ma gli stessi ovviamente non rispondono più all’utilizzo cui erano destinati fino agli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Tanti ex catuoi sanfilesi, infatti, oggi li troviamo trasformati in magazzini, in garage, in ulteriori preziose stanze adibite ad abitazione civile e persino in negozi e similari.

E non possiamo dire che non conservino un certo fascino di piacevole, per alcuni indimenticato, passato.

Inutile dire che l’odore ai tempi in cui i catuoi sanfilesi funzionavano a pieno regime e nel rispetto del fine per cui nascevano non era dei migliori. Ma chi ha vissuto in quei tempi c’era abituato e non ci faceva caso più di tanto. Anzi, il letame - un concime naturale potentissimo - prodotto dagli animali era considerato una ricchezza per le numerose campagne che circondavano il centro abitato di San Fili.

Anche la mia famiglia aveva un catuoio a disposizione. Ricordo che nello stesso allevavamo un maiale, una capra e delle galline. Ciò ci garantiva tantissimi buonissimi derivati della lavorazione del maiale, le uova fresche ed il latte. Per quei tempi una vera manna.

Il pavimento dei catuoi spesso era in terra battuta, in ciottoli o al limite ricavato con incastri di grosse pietre di fiume di opportuna grandezza.

Ricordo che i maiali spesso si divertivano a scavare, con l’uso del muso e delle zampe, dei fossi nel pavimento del catuoio e per evitare si usava inserire un anello di ferro nel muso dell’animale. Il tal modo la povera bestia, sentendo il fastidio del ferro, rinunciava all’impresa. I maiali sono degli ottimi scavatori ed hanno anche un ottimo fiuto tanto che in varie parti d’Italia sono allevati e utilizzati per la ricerca del pregiato tartufo.

In quei tempi non era strano vedere camminare dei maiali nei vicoletti del nostro borgo. Non raramente infatti i proprietari portavano i loro animali a pascolare in alcuni tratti di via Emoli o, imboccata tale via, nel collegamento che dalla stessa portava magari alla scesa del canalicchio o alle coste. Tale operazione veniva quasi regolarmente condotta dalle donne del paese che nel pascolare gli animali si portavano dietro anche qualche lavoretto da realizzare all’uncinetto.

Inutile dire che la bontà della carne del maiale di una volta era dovuta anche a ciò.

Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso (quindi appena una quarantina di anni addietro), dicevo, la musica sul fronte igienico sanitario cambia anche a San Fili ed i Sanfilesi, qualcuno non senza polemiche e preoccupandosi tremendamente sul come avrebbe potuto vivere in futuro, dovettero dire addio ai propri catuoi: l’Amministrazione comunale in carica, ovvero la storica Torre con Orologio guidata dall’allora sindaco Alfonso Rinaldi, costretta dalle disposizioni tassative della vigente legge, ordinò ai propri concittadini di allontanare gli animali d’allevamento dal centro abitato.

Oggi, col senno di poi l’ammettiamo, non possiamo definire quel cambiamento epocale, ossia la dismissione dei catuoi all’interno del paese, una vittoria della civiltà.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 9 giugno 2017

DEBOLE DI RAGIONE - raccolta di commedie di Peppe Esposito.

“Debole di ragione” (del 2015) è la terza raccolta di commedie scritta e pubblicata dal nostro compaesano Giuseppe “Peppe” Esposito e segue a ruota “Commedie” (del 2004) e “Da pari a pari” (del 2010).
È una raccolta a dir poco strana che si presta a diverse chiavi di lettura: dalla via classica di stile pirandelliano ma con evidenti influssi brechtiani (dove il lettore diventa coprotagonista se non coautore) con qualche influsso della novellistica (con l’esempio portato al suo eccesso) kafkiana.
In essa sembrano trovare giusta collocazione i sei personaggi in cerca d’autore dell'omonima commedia di Pirandello. Sei personaggi, forse qualcuno in meno o forse qualcuno in più, sempre pronti a salire sul palco e sempre in attesa d'un nuovo copione, che nasce giorno dopo giorno e pagina dopo pagina, da studiare e da portare al di là del sipario nell’attimo stesso in cui prende forma.
Un copione che sembra non prendere mai effettiva forma (semplicemente vive e sopravvive a se stesso) ma che alla fine di ritrova paradossalmente con un inizio, un filo conduttore e quasi regolarmente con una inaspettata morale conclusiva.
Tre sono le commedie che compongono questa ennesima fatica del nostro compaesano Giuseppe “Peppe” Esposito: “Debole di ragione” (che da’ il titolo alla raccolta stessa), “Il voto” e “La casa”.
Nelle tre commedie che compongono la raccolta “Debole di ragione” (ma poi “debole di” quale “ragione”? … della propria o dell’altrui… ragione?) sembrano, e secondo me lo fanno, prendere vita i tre fantasmi del “Canto di Natale” di Dickens: il fantasma del Natale passato (Debole di ragione), il fantasma del Natale presente (La casa) e quello del Natale futuro (Il voto). Ovviamente nel caso di Giuseppe “Peppe” Esposito i fantasmi seppur cercano di spiegare un blocco primordiale non trovano via di sbocco né il lieto fine che ci si aspetterebbe da una commedia o da una raccolta di commedie ma concludono il proprio “percorso iniziatico” con “l’ammettere l’irresoluzione della vita terrena”. Nessuna via di scampo, né per i personaggi né per i lettori… così come, appunto, nella commedia che, da inconsapevoli attori, subiamo quotidianamente.
Un percorso iniziatico che si preannuncia proprio con la prima delle tre opere che di fatto dà il nome alla raccolta: “Debole di ragione”. E cos’è, infatti, la commedia “Debole di ragione” se non un vero e proprio percorso iniziatico.
E poi:
... un ateo (Giuseppe “Peppe” Esposito. Ma esistono veramente gli atei?) che descrive il miracolo della processione con le parole di un prete (don Flores) che sa fare bene i propri interessi.
Oppure:
Don Flores (soddisfatto): Eh!… Il miracolo, il miracolo!... E il rancore, l’odio, l’invidia, l’astio, la gelosia, l’inimicizia dove li mettono, lor signori?... Eppure sono tutti là, sotto quel santo, ognuno con le proprie ragioni ma tutti là a soffrire, a sfiorarsi, a toccarsi, a stringersi per non soccombere. (estasiato) Ed eccolo il miracolo!... Uomini, donne che vivono per più turpi desideri l’un contro l’altro aspettando in ogni istante della loro esistenza che si compia la loro miserabile vendetta. Ebbene, lì sotto quelle assi tutti a concorrere uniti per non cadere. (grave) Badi!... Per poco, un nonnulla, il tempo del proprio turno e dimenticano, si aiutano, si parlano, sono lì e non soltanto per non cadere ma per dimostrare d’essere stati bravi a portarlo, il santo. Non è un miracolo questo? (estasiato) È miracolo guarire dalle malattie del corpo, dalle storpiature degli accidenti, dalle deformità della natura oppure riconoscersi fratelli, seppur per un attimo, sotto il peso della fede?
Nelle altre due commedie riscopriamo tra l’altro il pensiero politico, se non la fede, di Peppe Esposito ma con appunto le sue aspettative giovanili e le regolari rinascite da adulto (e questo è il caso de “Il voto”) e ci imbattiamo in una digressione che prova a condurci mano nella mano alla maturazione, a guardare oltre (“La casa” ma anche la stessa “Debole di ragione”).
Il pezzo forte della raccolta in ogni caso è dato dalla commedia “Il voto”. In essa viene messa a nudo la fragilità della perfezione. In essa viene dimostrato che tutto è debole nel sistema a partire dal sistema stesso. E la debolezza viene resa evidente proprio dalla perfezione del sistema: basta un nonnulla per mettere tutto in discussione, per far saltare l’ingranaggio. Basta un singolo idealista che ha fatto del proprio credo filosofico ed ideologico il proprio credo religioso: l'unica fede di Giuseppe “Peppe” Esposito, sembrano gridarci infatti le righe di questa commedia, è il Comunismo.
Dopotutto:
Primo commissario:  ... Il comunismo è una fede, un marchio impresso a fuoco ancor prima che nella carne nel profondo della coscienza e non esiste condanna o tortura che possano cancellarlo.
E se tutto sembra funzionare nel migliore dei modi lo si deve solo al fatto che i personaggi della commedia della vita accettano di recitare il ruolo loro assegnato senza cambiare una virgola del copione, della loro parte.
Che dire, per concludere, se non “complimenti” all’autore?
Il libro, per chi volesse acquistarlo, si trova in vendita sulla piattaforma internet di Amazon. Basta digitare nell’apposito campo di ricerca “Debole di ragione” e/o “Peppe Esposito”.
In alternativa ci si può rivolgere direttamente all’autore.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

lunedì 5 giugno 2017

Intervista a Mirko Onofrio, reduce del Concertone del I Maggio di Roma.

Intervista a Mirko Onofrio reduce, assieme al grande Dario Brunori ed al resto della band, del palco del Concerto del I Maggio di piazza san Giovanni in Laterano a Roma.
(Articolo firmato dal sottoscritto e pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di Giugno 2017).
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I magnifici 7+1 in attesa di salire sul
palco che ospitava il concertone del
Maggio a Roma in piazza san 
Giovanni in Laterano. Da sinistra: 
Stefano Amato, Simona Marrazzo, 
Taketo Goahara (d.b., m.o.), Dario 
Brunori (alias Brunori SAS), Mirko 
Onofrio, Dario della Rossa, Lucia
Sagretti e Massimo Palermo.
Anche quest’anno, come ormai da 25 anni a questa parte, a Roma in piazza san Giovanni in Laterano, si è svolto il tradizionale Concerto del I Maggio. Un prestigioso incontro musicale organizzato dalle più importanti organizzazioni sindacali italiane per festeggiare assieme, possibilmente con un minimo di confronto sui problemi che attanagliano in questo periodo il nostro Paese ed una pacata riflessione sul mondo del lavoro.
Ma cosa c’entra il Concerto del I Maggio edizione 2017 tenutosi a Roma il primo Maggio scorso con San Fili e quindi con il nostro bollettino mensile? ... tanto, per non dire tantissimo. Perché San Fili ed i Sanfilesi erano ben rappresentati sul mitico palco di tale prestigioso appuntamento. Grazie al grande Dario Brunori (alias Brunori SAS - un cantante che ultimamente va decisamente per la grande a livello nazionale ed internazionale), grazie alla band che lo accompagnava (band di cui fanno parte significativamente integrante i nostri compaesani Mirko Onofrio e Simona Marrazzo) e grazie ad un simpatico cappellino che riportava in modo inconfondibile sul frontale la scritta SAN FILI.
Un cappellino, quest’ultimo protagonista nostrano sul palco del concertone del I Maggio, che avevamo già imparato ad apprezzare, non senza stupore non appena ci accorgemmo della sua dirompente presenza, non solo in alcuni concerti di Mirko Onofrio ma anche, poco tempo prima, protagonista sulla piattaforma televisiva di SKY in una puntata di Edicola Fiore... indossato in un piccolo sketch dal mitico Rosario Fiorello in una puntata in cui, guarda caso, era ospite l’ormai nostro illustre compaesano, mi si permetta di dirlo, Dario Brunori.
Detto ciò potevamo noi dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili non dedicare un meritato spazio all’evento magari mettendo su una piccola intervista con uno dei protagonisti dell’evento? ... perché, diciamolo e magari gridiamolo pure, su quel palco SAN FILI C’ERA.
Nasce così l’intervista fatta al nostro compaesano Mirko Onofrio, figlio di Saverio ed Alda Meranda e nipote degli indimenticabili Sante e Genoeffa.
Intervista che riportiamo di seguito magari in attesa di incontrare anche, in un futuro prossimo, il grande Dario ed il resto della band.
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Dario Brunori (Brunori SAS) nel corso
del concertone del I Maggio 2017 a Roma
in piazza san Giovanni in Laterano.
Quando hai avuto il primo approccio con la musica e quando hai iniziato a suonare da professionista?
L'approccio alla musica è avvenuto sin da giovanissimo poiché ho avuto la fortuna di ritrovarmi i giusti dischi in casa. Di lì in poi il resto è avvenuto tutto molto naturalmente: dalle prime band della scuola alla Brunori Sas passando per varie esperienze che man mano mi hanno formato e indotto a scegliere indubitabilmente la musica come professione.
A parte il lavoro sul campo ho studiato al Dams (indirizzo musicale) di Arcavacata, quando ancora poteva definirsi tale, e flauto dolce in Conservatorio a Cosenza. Attualmente studio Composizione Jazz, mia altra grande passione!
Hai pubblicato raccolte musicali?
Ho effettuato innumerevoli registrazioni di materiale mio e altrui ma di fatto l'unica pubblicazione ufficiale risale al 2009. Si tratta di un disco pubblicato da un'etichetta nostrana (Mk Records) che s'intitola "Les premiers plaisirs" registrato in parte in Italia e in parte in Francia dove ho vissuto per qualche tempo.
Contiene composizioni mie a metà tra il jazz e il pop sperimentale. Nel disco suona pure Massimo Garritano e la band in questione, ancora attiva e prossima a nuove pubblicazioni, si chiama Red Basica.
Collabori in particolare con qualcuno che merita di essere citato?
A parte Dario Brunori, nella cui sas milito attivamente sin dagli esordi, ho collaborato con tanti artisti ognuno dei quali mi ha lasciato qualcosa. Penso alla jazzista Chiara Civello, ai cantautori Dimartino, Appino, Niccolò Carnesi, Dente, al rapper Mirko Kiave, al compositore per musiche da film Paolo Vivaldi, agli attori Peppino Mazzotta e Monica Demuru, agli ex CCCP/CSI in un tributo a Robert Wyatt, a Cristina Donà, a Giorgio Canali e molti altri.
Quando hai conosciuto Brunori SAS, come vi siete incontrati e come avete capito che potevate fare un percorso assieme?
Nel 2009 tramite l'attuale tastierista della band nonché mio vecchio amico Dario Della Rossa che ebbe modo d'intervistarlo all'uscita del primo disco.
In quel periodo Brunori, da poco rientrato in Calabria, era alla ricerca di musicisti locali per avviare quello che è stato un percorso straordinario e molto fortunato, e il caso lo ha portato a me e me a lui in un rapporto professionale ma soprattutto d'amicizia che dura ancora oggi e spero per molto tempo ancora perché, a parte tutto, è una persona veramente speciale!
C’è una canzone che ti piace in particolare di Dario?
Naturalmente essendo affezionato a tutto il repertorio non è facile stabilire quale sia il mio brano preferito però posso dire che l'ultimo disco "A casa tutto bene" ha avuto su di me un impatto fortissimo per la sua potenza poetica e la scrittura affatto scontata.
"Don Abbondio" è probabilmente il brano che più di tutti mi ha stretto il cuore!
Chi c’era oltre a te (specificando se c’erano altri di San Fili) e a Dario sul palco del I Maggio a Roma?
In ordine c'erano Simona Marrazzo, appunto di San Fili anch'essa, ai cori ed alle percussioni, Dario Della Rossa alle tastiere, Stefano Amato al basso e violoncello, Massimo Palermo alla batteria e Lucia Sagretti al violino.
Mirko Onofrio nel corso del concertone
del I Maggio 2017 a Roma in piazza san 
Giovanni in Laterano.
Com’è nata l’idea del cappellino con la scritta “San Fili”.
Da Dario Brunori che, come me e Simona, ama particolarmente un paese che, per bellezza e potenzialità, merita di essere maggiormente valorizzato e fatto conoscere ai più! In questo senso il cappellino ha una sua funzione divulgativo-subliminale!
Qual è stato il tuo primo pensiero quando hai saputo che saresti salito sul palco del I Maggio?
In realtà vi abbiamo già partecipato nel 2015 durante il tour di "Il cammino di Santiago in taxi" ma in tarda serata.
E' stata dunque una grande emozione che si è ripetuta con in più però il carico di responsabilità dovuto all'enorme successo che l'ultimo disco ha avuto a livello mediatico e quindi di aspettative di quanti ci hanno seguito e sostenuto.
Come ci si sente su un palco del I Maggio ed in prima serata (quindi non da riempitivi)?
Come in un film d'azione! Tutto molto rapido ma intenso ed adrenalinico!
Quali sono state le città più importanti in cui avete suonato finora?
Abbiamo suonato praticamente ovunque incluso l'estero ma direi che la città che più di tutte sin dal primo momento ci ha adottati e fatto crescere è stata sicuramente Milano.
Dario Brunori  e la sua band nel corso
del concertone del I Maggio 2017 a
Roma in piazza san Giovanni in
Laterano.
Visto che un tuo spettacolo musicale aveva come filo portante San Fili... mi spieghi il tuo amore (come nasce - oltre al fatto di essere figlio di sanfilesi - e come lo vedi nella tua testa) per il nostro paesino?
Difficile da riassumere in poche parole.
Da sempre San Fili, mio paese paterno, ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della mia immaginazione; l'infanzia che vi ho trascorso è stata indelebilmente segnata da una mitologia che continua a pulsare in vicoli, vecchie case, piazzette, boschi e montagne in cui spesso mi sono perso solitario per assorbirne le energie tutte speciali come anticorpi spirituali per affrontare una realtà che, nel corso del tempo, si è rivelata sempre più inattendibile e vacillante.
Progetti per il futuro?
Tanta musica e perché no? Organizzare un San Fili Music Festival che possa portare gente da tutte le parti d'Italia e restituire al paese l'attenzione e l'amore che merita.
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... un cordiale affettuoso abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

venerdì 19 maggio 2017

C’era una volta il Muraglione di San Fili. (2/3)



Nella foto a sinistra: San Fili (CS) 1960 - Ida Storino e la piccola Eugenia Chiappetta... intente a passeggiare a ridosso del Muraglione. L’uso della foto fu gentilmente autorizzato dal caro Domenico “Micuzzu” Marchesani marito della indimenticata Ida Storino,

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di Maggio 2017. Era la seconda puntata di un progetto unico in cui si cercavo di dimostrare come, negli ultimi decenni, a San Fili (ma purtroppo non solo a San Fili) pur di sprecare soldi pubblici si erano realizzati degli scempi unici a beneficio di pochi (spesso neanche sanfilesi) ed a danno dell’intera Comunità. E purtroppo anche e soprattutto in dispregio della Storia.

Inutile dire che la massa, grazie ad uno scientifico e costante lavaggio del cervello... tutto dimentica e nega persino ciò che sopravvive (anche se come semplici resti o rovine) sotto i propri occhi. La deficienza umana vince sempre e tutti (quasi tutti) sono certi che non vi sia alternativa... alla propria stupidità.

By Pietro Perri.

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I problemi del Muraglione di San Fili, l’opera mastodontica realizzata nella prima metà del XIX secolo, non finirono certamente con la realizzazione della strada nuova ovvero della scesa denominata “rampa” (attuale via Giuseppe Crispini) che avrebbe meglio collegato l’abitato di San Fili con la locale stazione ferroviaria.

Oltretutto essendo la stazione ferroviaria di San Fili nata anche come scalo merci era giusto garantire alla stessa una strada di accesso.

Il peggio, infatti, doveva ancora avvenire e sarebbe avvenuto nel momento in cui l’unico giustificabile motivo per fare determinati lavori a danno dell’ormai storica opera muraria era quello di sprecare soldi pubblici.

Il progresso, o ciò che si pensava fosse tale, era giunto finalmente anche a San Fili: il 1970 l’unione dei partiti di sinistra operanti nel nostro Comune pensionarono la guida Democristiana e dettero vita alla prima amministrazione civica denominata “Torre con Orologio”. Una guida questa che sicuramente ha fatto tantissime cose buone per il progresso della nostra Comunità ma che, come tutte le belle e positive cose di questo mondo, ha combinato comunque grossi macelli che i Sanfilesi continuano amaramente a pagare.

Ovviamente con ciò non voglio togliere nessun merito, sia in campo positivo che in campo negativo, alla precedente amministrazione a guida Democristiana (ante 1970) o alla successiva Amministrazione caratterizzata dalla lista civica della Spiga (dal 1983 al 1993)... e neanche alle successive.

Inutile dire che di queste affermazioni pseudo-politiche me ne assunsi tutta la responsabilità e che le stesse non rispecchiavano il pensiero dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili.

Fatto sta che agli inizi degli anni Settanta del XX secolo agli amministratori sanfilesi dell’epoca verrà la brillante idea, dopotutto i soldi pubblici servono anche e soprattutto per garantire gli scempi, di abbattere la parte del Muraglione che sovrastava la carreggiata stradale. Dopotutto a cosa serviva quell’obbrobrioso muretto con quegli antiestetici blocchi in tufo che ne facevano vergognoso antiestetico corollario?

E fu così che il Muraglione si tramutò d’incanto nel Ferraglione... nome ormai più consono.

(continua).

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!