SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: U giardinu aru Muragliune (Santu Fili ‘e na vota) / Don Luigi Magnelli.

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lunedì 6 maggio 2019

U giardinu aru Muragliune (Santu Fili ‘e na vota) / Don Luigi Magnelli.

Stupendo articolo (con poesia annessa) pubblicato sul Notiziario Sanfilese (ovvero il bollettino dell’Associazione culturale Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di aprile 2019... a firma del nostro compaesano (Sanfilese DOC) Caio Amnio Ostico (ovviamente si tratta di uno pseudonimo ma... io so benissimo chi è).
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U giardinu aru Muragliune (Santu Fili ‘e na vota) / Don Luigi Magnelli.
Di Caio Amnio Ostico.

Il muro di cinta del giardino annesso
all’ex palazzo Gentile sede per tanti
anni della curia locale e dell’Azione
Cattolica di San Fili. La foto è del 1974
e fa parte dell’archivio dell’indimenticato
Francesco “Ciccio” Cirillo. Al centro
(all’angolo che fa il muro di cinta) si può
ammirare la statuetta della Madonna.

In un periodo di ricordo personale (n.d.r.: negli anni Sessanta), a San Fili, c'era "u giardinu" dell'Azione Cattolica "aru muragliune".
Com’è noto, almeno ai Sanfilesi, il muraglione (grande muro) era una pregevole opera borbonica, purtroppo, ridimensionata seppur solo nella sua sezione superiore, però, la più visibile e rappresentativa.
E l'Azione Cattolica aveva sede in un palazzo, credo, a quell'epoca, di proprietà della Curia ubicato di fronte e, pressappoco, a metà della lunghezza del muraglione.
Il "responsabile" delle mura e delle anime, era un parroco dalla faccia buona e dalle scarpe rotte, un po’ distratto (un classico, ad esempio, era la dimenticanza della sua malconcia 600, poi una 126) ma di grande, talvolta incompresa, cultura (basti citare il suo libro di altissima filosofia "Filosofia come Speranza" del 1987): DON LUIGI MAGNELLI.
Era, dunque, al campetto (detto "u giardinu") dell'AC (Azione Cattolica), che si radunavano quasi tutti i ragazzini dell'epoca appassionati del gioco del pallone.
Quello era, infatti e benché angusto, uno dei rari spazi "idonei" in paese. Un altro era "ara piccola" della stazione ferroviaria; più grande ma meno disponibile.
Il campetto della Madonnina era, praticamente, occupato tutto l'anno ma, naturalmente e soprattutto, da quando iniziavano le lunghe e profumate giornate di primavera sino a quando terminavano quelle più corte ma altrettanto profumate (di fichi e castagne) d'ottobre.
La statuetta della Madonnina era posizionata sull'angolo esterno-nord della recinzione del campetto e guardava verso il muraglione. Oggi, quella stessa statuetta, è saldata su una stele di cemento e guarda la piazzetta ricavata proprio là  dove c'era il campetto.
Le grida, le parolacce e, pure, qualche bestemmia davano giustamente, fastidio a tutti i vicini ma principalmente al cav. De Lorenzo il quale, proprio sul campetto, aveva un'affacciata della sua abitazione ed inoltre deteneva una chiave della porta d'ingresso esterna della recinzione che raramente, e nonostante tante "preghiere", concedeva per poter accedere al campetto stesso.
L'ingresso avveniva generalmente dalle porte dell'AC (grazie a Don Luigi e/o sua sorella). Il frastuono che si levava era uno dei motivi che limitava (ma non sempre) le ore di gioco che, spesso, si protraevano anche ed oltre l'oscurità.
Si sfruttava la luce fioca di due lampioni comunali e non era raro che qualche genitore andasse a "ricogliere" il figlio incurante dell'inoltrato orario di rientro a casa.
I pretendenti al gioco erano tanti per cui si dovevano formare, ogni qualvolta fra discussioni e liti, più squadre (generalmente di 4/5 elementi l'una) che, a turno, si sfidavano in partite ognuna delle quali non finiva con meno di 20/30 reti da marcare nelle porte delimitate da 4 pietre e, talvolta, anche da qualche indumento o cartella scolastica di qualcuno più generoso dei giocatori.
Questo avveniva quando le pietre, che appunto dovevano fungere da pali, venivano rimosse e nascoste da mani più o meno anonime.
Un altro motivo per cui, alcuni giorni, si giocava di meno (o addirittura non si giocava) era dato dalla limitatezza, o mancanza, del numero dei palloni, generalmente di plastica visto che era rarissimo di cuoio.
Non tutti ne possedevano uno e, spesso, chi lo metteva a disposizione, pretendeva di giocare in continuazione, magari cambiando squadra... ma mai in porta (poiché quasi tutti non volevano giocare in porta, i portieri si stabilivano "a rota").
Molte volte, pur di giocare, si usavano palloni
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U paddrune ara Madonneddra.
Di Caio Amnio Ostico.

Nun vidianu l'ura e jì aru muragliune
ppè potì iocà aru paddrune.
(I burbuni avianu fattu u muragliune
e, mò, puru iddru nun c'eni cchiuni).
Ara Madonneddra cc'era u giardinu
ricintatu, strittu e pocu longarinu.
Senza chiante, senza l'adduru d'i iuri
ma ccù l'aria 'mpregnata de suduri.
Nu ricuordu cumu fuossi ieri,
de amicizia e du iuocu d'i piedi.
Addrà, jianu giuvanieddri e quatrarieddri
a sall'ordà piedi, cu-uddru e capiddri.
De purvera o de zanga, sinne futtianu
'bbasta ca appriessu a paddra fuìanu.
Scarpe nove, vecchie o rutte,
ppè iocà eranu bone tutte.
Quattru petre ppè fà e porte
e chine sa sentia minava cchiù forte.
Quannu a paddra era bucata
ogni cavuce na sc-cuppettata.
Iocavanu ccuru sule o aru scuru
e valìa puru u vattimuru.
Cc'era chine daveru sapìa jiocà
e a paddra cumu u strummulu facia girà.
Sempre na lieticata e na zimpunia
ma, a cuntentizza 'ndè facce si lejia.
'Ncuna vota nu pede o nu vrazzu ruttu
ma mancu chiru era u cchiù bruttu.
U veru sciuoddru era ca ppè iuorni
u paddrune rimania sulu 'ndi suonni.
Gridate, maleparole e 'ncunu ca iestimava
puru ca a Madonneddra sentia e guardava.
E, forse, u Patreternu nemmenu si 'ncazzava
ca, pue, Don Luigi u cumpessava.
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P.S.: in occasione della Santa Pasqua, ricordo, che mio nonno mi declamava questa breve ed antica filastrocca:

Sabatu Santu vieni curriennu
ca li figlioli stannu cianciennu
stannu vattiennu a capu aru muru
ca vuonnu fattu lu Santu cuddruru.
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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

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