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martedì 19 giugno 2018

‘a Timpa delle Magare. (2/3)


E fu così che, finalmente, il 12 agosto del 2014, accompagnato da mio suocero Pietro Mazzulla (n.d'a.: a sinistra nella foto), raggiunsi il luogo denominato la “Timpa delle Magare” (zona qualche tre o quattrocento metri al di sopra dell’abitato della frazione Bucita di San Fili... sul versante che guarda a San Vincenzo la costa). E tutto ciò avveniva diversi anni dopo dal momento in cui mi ero prefissato di fare tale “salutare passeggiata”.

Cosa cercavo ara Timpa de Magare? ... cercavo semplicemente qualcosa che nel mio immaginario potesse giustificare il perché di tale nome. Cercavo, ad esempio, qualche pianta medicinale (dopotutto le magare sanfilesi erano - qualcuno dice lo siano tuttora - delle erboriste che non temevano confronto con le plurititolate colleghe dei giorni nostri). Cercavo magari un colossale albero di noce intorno al quale le magare paesane potessero, in particolari notti, ritrovarsi e scambiare tra di loro nuove ricette e formule magiche o pregare i loro antichi dei e relative consorti. Cercavo forse degli alberi di nocciolo vergini da cui le nostre donne, perché comunque di tali si trattava, potessero ricavare le loro bacchette magiche e vari attrezzi in legno che sarebbero loro serviti per amalgamare i vari... miracolosi salutari intrugli o i tanto pericolosi filtri d’amore.

Ma forse cercavo semplicemente un luogo e quasi certamente alla fine fu solo questo che trovai in tale punto. Dopotutto chi non crede non ha occhi per vedere oltre il mondo materiale che gli si pone davanti agli occhi. Ed io in quell’occasione purtroppo non credevo.

Mio suocero, indicandomi prima il punto considerato il cuore della Timpa delle Magare e poi un piccolo spiazzo nelle vicinanze dello stesso, mi disse che in altri tempi la gente che andava a lavorare in quelle zone utilizzava quello spiazzo per fare colazione o pranzo... spesso accompagnati dalle mogli e dai propri figli. In alcuni casi più che trattarsi di una colazione di lavoro si trattava di una vera e propria scampagnata familiare magari effettuata nel giorno della pasquetta (du pasc-kune) o del giorno di ferragosto.

I figli a volte erano dei semplici bambini.

Perché specifico questo? ... solo per sottolineare la pericolosità della zona con il dirupo a pochi metri di distanza dal punto in cui si pranzava e con i bambini che non sempre si riusciva a tenere a distanza di braccio (quindi, in caso di pericolo, facilmente acciuffabili).

Avvicinandosi ai limiti del dirupo, parliamo sempre e comunque della Timpa delle Magare, e guardando in basso ai piedi dello stesso... le vertigini, specie se siete un soggetto alquanto impressionabile, prendono il sopravvento sulla vostra salda psiche.

Le vertigini o... le magare? ... magari quelle magare che provando da quel punto a spiccare il volo sulle loro inseparabili scope per far ritorno alle loro case dopo una notte segnata da un diabolico sabba (o magari per fare una capatina al famoso noce di Benevento)... sbagliando qualche parola della obbligatoria formula magica sono precipitate in fondo al burrone e vi si sono spiaccicate ben benino lasciandoci le penne a futura memoria?

Ed ecco allora le madri gridare ai loro bambini mentre questi si avvicinavano al limitare della Timpa delle Magare: - Vieni subitu cca’! ... Ca si ‘nnoni ‘e magare ti piglianu e ti portanu ddra’ sutta ccu loro.

Quanto c’è di vero in quest’ultima ipotesi? ... quasi certamente niente o altrettanto quasi certamente tutto.

Fatto sta che quel luogo sembra effettivamente ipnotizzare quanti vi si fermano a contemplare contemporaneamente l’orizzonte ed il dirupo sottostante, il dirupo sottostante e l’orizzonte...

Da un punto della roccia prende forma uno strano albero. Un albero non più alto di un paio di metri... quasi certamente un semi-bonzai naturale (quel tipo d’albero, come scoprirò in seguito, può raggiungere diversi metri d’altezza. Può raggiungere persino i trenta metri d’altezza... ma non in quel punto ed in quelle condizioni).

E’ uno strano albero... magico anch’esso come è magico tutto il piccolo mondo che in quel momento mi gira intorno.

Ad una vista “tocca e fuggi” mi sembra abbia delle foglie simili a foglie d’ulivo ma ciò che mi colpisce più di tutto in quella brevissima analisi di questo strano albero sono sicuramente i frutti: delle ghiande.

Che albero può essere un albero con le foglie d’olivo e per frutto delle ghiande? ... sicuro che in natura esiste un tale tipo d’albero? ... o il tutto è solo il frutto di qualche incantesimo che mi hanno fatto in quello stesso momento le anime delle magare che ancora si aggirano facendola da padrone in questo luogo tanto misterioso?

Quando nel primo pomeriggio di quella stessa giornata feci la mia solita “vasca” (passeggiata) lungo corso XX Settembre a San Fili accennai ad alcuni miei amici di tale strana pianta. Ci fu chi, incredulo alle mie parole, quasi mi dette del pazzo o credesse che lo stessi canzonando. Ma ci fu anche un caro amico, titolare all’epoca di una piccola impresa boschiva, che ci disse: “Potrebbe essere un ilice. E se sei stato qualche volta alla villa vecchia a Cosenza sicuramente ne avrai visti, senza farci mai caso, tantissimi”.

Potrebbe essere un ilice?

Ma... che pianta è l’ilice? ... e siamo sicuri che in natura esiste veramente?

Iniziamo a dire che questo mio amico conosceva bene il suo lavoro (dopotutto la lavorazione ed il commercio del legname garantivano, a lui ed alla sua famiglia, il pane quotidiano) e conosceva veramente tale pianta.

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... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

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