Cosa cercavo ara Timpa de
Magare? ... cercavo semplicemente qualcosa che nel mio immaginario potesse
giustificare il perché di tale nome. Cercavo, ad esempio, qualche pianta
medicinale (dopotutto le magare sanfilesi erano - qualcuno dice lo siano
tuttora - delle erboriste che non temevano confronto con le plurititolate
colleghe dei giorni nostri). Cercavo magari un colossale albero di noce intorno
al quale le magare paesane potessero, in particolari notti, ritrovarsi e
scambiare tra di loro nuove ricette e formule magiche o pregare i loro antichi
dei e relative consorti. Cercavo forse degli alberi di nocciolo vergini da cui
le nostre donne, perché comunque di tali si trattava, potessero ricavare le
loro bacchette magiche e vari attrezzi in legno che sarebbero loro serviti per
amalgamare i vari... miracolosi salutari intrugli o i tanto pericolosi filtri
d’amore.
Ma forse cercavo semplicemente un
luogo e quasi certamente alla fine fu solo questo che trovai in tale punto.
Dopotutto chi non crede non ha occhi per vedere oltre il mondo materiale che
gli si pone davanti agli occhi. Ed io in quell’occasione purtroppo non credevo.
Mio suocero, indicandomi prima il
punto considerato il cuore della Timpa delle Magare e poi un piccolo spiazzo
nelle vicinanze dello stesso, mi disse che in altri tempi la gente che andava a
lavorare in quelle zone utilizzava quello spiazzo per fare colazione o
pranzo... spesso accompagnati dalle mogli e dai propri figli. In alcuni casi
più che trattarsi di una colazione di lavoro si trattava di una vera e propria
scampagnata familiare magari effettuata nel giorno della pasquetta (du
pasc-kune) o del giorno di ferragosto.
I figli a volte erano dei semplici
bambini.
Perché specifico questo? ... solo
per sottolineare la pericolosità della zona con il dirupo a pochi metri di
distanza dal punto in cui si pranzava e con i bambini che non sempre si
riusciva a tenere a distanza di braccio (quindi, in caso di pericolo, facilmente
acciuffabili).
Avvicinandosi ai limiti del dirupo,
parliamo sempre e comunque della Timpa delle Magare, e guardando in basso ai
piedi dello stesso... le vertigini, specie se siete un soggetto alquanto
impressionabile, prendono il sopravvento sulla vostra salda psiche.
Le vertigini o... le magare? ...
magari quelle magare che provando da quel punto a spiccare il volo sulle loro
inseparabili scope per far ritorno alle loro case dopo una notte segnata da un
diabolico sabba (o magari per fare una capatina al famoso noce di Benevento)...
sbagliando qualche parola della obbligatoria formula magica sono precipitate in
fondo al burrone e vi si sono spiaccicate ben benino lasciandoci le penne a
futura memoria?
Ed ecco allora le madri gridare ai
loro bambini mentre questi si avvicinavano al limitare della Timpa delle
Magare: - Vieni subitu cca’! ... Ca si ‘nnoni ‘e magare ti piglianu e
ti portanu ddra’ sutta ccu loro.
Quanto c’è di vero in quest’ultima
ipotesi? ... quasi certamente niente o altrettanto quasi certamente tutto.
Fatto sta che quel luogo sembra
effettivamente ipnotizzare quanti vi si fermano a contemplare
contemporaneamente l’orizzonte ed il dirupo sottostante, il dirupo sottostante
e l’orizzonte...
Da un punto della roccia prende forma uno strano albero. Un albero non più alto di un paio di metri... quasi certamente un semi-bonzai naturale (quel tipo d’albero, come scoprirò in seguito, può raggiungere diversi metri d’altezza. Può raggiungere persino i trenta metri d’altezza... ma non in quel punto ed in quelle condizioni).
E’ uno strano albero... magico
anch’esso come è magico tutto il piccolo mondo che in quel momento mi gira
intorno.
Ad una vista “tocca e fuggi” mi
sembra abbia delle foglie simili a foglie d’ulivo ma ciò che mi colpisce più di
tutto in quella brevissima analisi di questo strano albero sono sicuramente i
frutti: delle ghiande.
Che albero può essere un albero con
le foglie d’olivo e per frutto delle ghiande? ... sicuro che in natura esiste
un tale tipo d’albero? ... o il tutto è solo il frutto di qualche incantesimo
che mi hanno fatto in quello stesso momento le anime delle magare che ancora si
aggirano facendola da padrone in questo luogo tanto misterioso?
Quando nel primo pomeriggio di
quella stessa giornata feci la mia solita “vasca” (passeggiata) lungo
corso XX Settembre a San Fili accennai ad alcuni miei amici di tale strana
pianta. Ci fu chi, incredulo alle mie parole, quasi mi dette del pazzo o
credesse che lo stessi canzonando. Ma ci fu anche un caro amico, titolare
all’epoca di una piccola impresa boschiva, che ci disse: “Potrebbe essere un
ilice. E se sei stato qualche volta alla villa vecchia a Cosenza sicuramente ne
avrai visti, senza farci mai caso, tantissimi”.
“Potrebbe essere un ilice?”
Ma... che pianta è l’ilice?
... e siamo sicuri che in natura esiste veramente?
Iniziamo a dire che questo mio
amico conosceva bene il suo lavoro (dopotutto la lavorazione ed il commercio
del legname garantivano, a lui ed alla sua famiglia, il pane quotidiano) e
conosceva veramente tale pianta.
* * *
... un caro abbraccio a tutti dal
sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem
para bellum”!
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