Un’immagine proiettata su un pezzo di muro alle spalle
(non ricordo più se alla sinistra) della dottoressa Vincenzina Scalzo nel corso
di quel convegno e nel corso del suo stupendo intervento, dicevo, mi riportò
magicamente alla mia infanzia ed ad un altrettanto stupendo “dejà vu”: quella
pallina l’ho già vista... e forse ne conosco anche il sapore. Quello che non
sapevo è che tale pallina fosse un simbolo di nuova (non so quanto disastrosa)
vita e di tant’altro.
* * *
Siamo agli inizi degli anni
Settanta del XX secolo e mio padre, Salvatore, dopo aver lasciato la terra in
contrada Volette di proprietà dell’ingegnere Giuseppe Blasi (mio compare di
battesimo) che conduceva con un rapporto tra il colonico e la mezzadria, aveva
iniziato a coltivare una proprietà dell’insegnante Raffaele Perri proprio al di
sotto della terra del primo.
Noi non si abitava più in
contrada Volette ma si era, dalla fine degli anni Sessanta, passati a vivere
nel centro abitato di San Fili... in via Rinacchio al n. 20, nella casa che fu
di mio nonno Francesco e che lo stesso acquistò, forse grazie a quanto aveva
guadagnato in uno dei suoi vari viaggi nelle lontane Americhe, agli inizi del
secolo. Nel 1905.
Fu nel periodo che mio padre
coltivava la terra dell’insegnante Raffaele Perri (tra l’altro nostro mezzo
parente... cugino in terza se non erro) che ci fu proposto di raccogliere una
partita di castagne di proprietà della signora ‘Ntonett’e Castellanu. Tale partita di castagne si trovava sui
Cozzi, lato Profico, poco al di sopra della zona denominata Frajjapicu (“Fra Jacopo”?). Una zona,
questa, che in parte ed in altri tempi apparteneva alla mia famiglia. Quindi?
... giocavamo in casa.
A tale partita di castagne si
poteva arrivare almeno in due modi Il primo consisteva nell’imboccare, da
piazza Rinacchio, la discesa de u Canalicchiu e proseguendo verso
contrada Profico fino ad un caseggiato in rovina denominato ‘a turr’e Cucunatu. Da tale caseggiato
si prendeva un soprastante sentiero che, in parte costeggiando la nuova statale
107, ci portava dritti dritti, curve permettendo, finalmente alla succitata
zona di Frajjapicu. Da tale punto
risalendo una cinquantina di metri eccoci d’incanto giunti all’agognata meta.
Il secondo modo per giungere
alle castagne di ‘Ntonett’e Castellanu?
... lo si aveva imboccando, poco oltre piazza Rinacchio ed in direzione bivio
Cosenza, la strada che da u Culumbrieddru
ci avrebbe condotti nell’accogliente - dispensatore di tesori naturali (funghi,
castagne e via dicendo) - materno cuore dei Cozzi.
Da “u chjian’e Miliddru” era poi facile ritrovarci sempre e comunque
alla succitata partita di castagne che aspettava, ormai, solo noi per essere
raccolta. Tre castagne per riccio? ... la prima al proprietario, la seconda al
lavoratore e la terza agli animali che all’epoca quasi tutti allevavano non
solo nelle campagne circostanti il centro abitato (all’epoca erano ancora tanti
i “catuoji” presenti a San Fili) ma
nel centro abitato stesso: i maiali.
La castagna del padrone e
quella del lavoratore (ossia la prima scelta) finivano quasi regolarmente per
essere vendute ai punti di raccolta istituiti nel paese. Alcuni commercianti
del luogo li avrebbero poi opportunamente preparate per lo smercio a livello
nazionale.
Le castagne di San Fili e
delle zone collegate all’epoca erano ricercatissime ed erano un ottimo volano
per l’economia di tantissime nostre famiglie. Purtroppo si è deciso di chiudere
stupidamente quel particolare commercio mirando, tramite il taglio criminale
dei nostri stupendi castagneti, ad un facile sempre più fatuo guadagno.
Un guadagno a lungo andare
per pochi e soprattutto a danno dell’intera comunità.
A me non piaceva andare a
raccogliere le castagne... malgrado adoravo stare nella terra a contatto con la
natura circostante. Gli alberi delle castagne non li sentivo, e continuo a non
sentirli, miei... e non perché non appartenessero alla mia famiglia. Con gli
alberi delle castagne infatti non c’è quel particolare costante rapporto che si
può avere con una albero qualsiasi di frutto (esempio un melo o un arancio che
si ha nel proprio giardino o nel proprio appezzamento di terra) o di una seppur
stagionale pianticina dell’orto. Queste ultime piante infatti li si vede
nascere, svilupparsi, vivere costantemente sotto i nostri occhi la loro seppur
breve - quando non si tratta di piante a vita pluriennale - stagione. I
castagni sono lontani, per noi del centro abitato o delle campagne circostanti
San Fili: sono lontani dalla nostra quotidianità e fanno capolino nella stessa
solo nel periodo della raccolta del loro prelibato frutto. O quando andiamo
alla ricerca del parassita per eccellenza del sottobosco sanfilese: u siddru.
A me? ... non piaceva
raccogliere castagne, ma ci andavo lo stesso. Ero un fanciullo di pensiero ed
avevo costante necessità di nuovi input. Quindi perdere inutilmente diversi
minuti stando fermo in un solo punto, chinato a subire solo il lento
trascorrere del tempo era per me una vera e propria condanna.
Non so se mia madre se ne
accorgesse e forse se ne accorgeva se, di botto, mi diceva di prendere un panaro o una busta e, senza però
allontanarmi troppo dalla zona, andassi in alcuni cespugli soprastanti la
partita di castagne che stavamo raccogliendo per vedere se trovavo qualche
fungo. Quella, volente o nolente, era comunque una apprezzabile zona di funghi.
Stando ovviamente molto
attento: non solo fughi si potevano trovare sotto le foglie dei castagni. Le
serpi, decisamente velenose nella zona, erano sempre in agguato.
(continua).
* * *
Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro
affezionato Pietro Perri.
... /pace!
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