Nella foto a sinistra: foto di accetta (ascia) ripresa
dal web.
Nella foto sotto (sempre ripresa dal web) il disegno della zeppa (o cuneo, o cugna).
* * *
Il
dialetto calabrese (cosentino o sanfilese)... questo stupendo sconosciuto.
Passeggiando
e discorrendo del più e del meno con un mio caro compaesano (Michelangelo
Luchetta) uno dei tanti nostri discorsi è caduto proprio sull'accetta (ascia) "scugnata" dell'antieroe
sette/ottocentesco sanfilese “u sur de Carlucciu”.
Di
questo personaggio, “u sur de Carlucciu”, ne avevo già
trattato in un mio precedente scritto pubblicato tra l'altro su un
quindicinale locale (mi riferisco a "L'occhio", quindicinale diretto
dalla bravissima Marisa Fallico, 1993/2000). In tale racconto riferisco
che lo stesso portava sempre sotto il manto “n’accetta scugnata”.
Quante
volte comunque la mia generazione, magari senza chiedercene neanche il giusto
significato, nel pieno di un battibecco ci siamo detti “s'unn'a finisci ti
scugnu u nasu!” (ti do un pugno che ti farà uscire il sangue dal naso),
purtroppo alcune volte passando anche alle vie di fatto.
Scugnata, che simpatico termine del dialetto cosentino (e
ovviamente sanfilese). Oggi finalmente mi sono chiesto esattamente cosa
significasse tale parola e mi sono, altrettanto finalmente, deciso di prendere
in mano uno dei vari dizionari calabresi che ho nella mia piccola biblioteca
personale.
Alla
voce “scugnare” leggiamo nel Vocabolario del Dialetto Calabrese di Luigi
Accattatis: “v. tr. Scommettere, sconnettere e più propriam. Levare
il conio: scugnare lu zappune, la gaccia (n.d'a.: gaccia è
un sinonimo dialettale di accetta); Levare il conio (n.d.r.: in dialetto
calabrese cugna) che tiene confitta nel manico di legno la zappa o
l’accetta di ferro || e per Rompere per forza: - ‘nu petrammune;
Rompere un terreno pietroso || rifl. Se scugnare lu nasu; Grondar
sangue dal naso, soffrir di epistasi || Se - li dienti; andar
sangue dalle gengive || e - ad unu li dienti, o, lu nasu; Dare
altrui un ceffone tanto forte da fargli grondare sangue dai denti o dal naso
|| fig. Scugnare ‘na persuna; Vincere la ritrosia di una persona,
Rabbonirla, Renderla condiscendente || Part. p. Scugnatu: Zappune -;
Zappa non infissa nel manico”.
Sempre
dal Dizionario Calabrese di Luigi Accattatis apprendiamo che con “scugna”
veniva dai nostri anziani identificata anche la primavera: “s.f. Primavera,
Il nuovo anno solare: «… Disseru: passamu Stu viernu, ed alla scugna
nne parramu» (C. C. dissero: facciamo decorrere questo inverno, e ne
parleremo alla bella stagione)”.
Scugnare ovviamente è un derivato del termine cugna...
ma cosa significa o cos'è una cugna?
La cugna
(conio, cuneo) altro non è se non una zeppa (na zippa), nel
caso dell'accetta posta opportunamente a bloccare il metallo dell'ascia
nel manico che serve a sorreggere la stessa.
Pertanto
con il termine scugnare potremo intendere letteralmente
l'entrare dentro qualcosa (ad esempio con una zeppa) o dentro qualcuno (con un
bel pugno che lasci il segno).
La
stessa primavera (sicuramente per questo era detta scugna dai
nostri nonni) difatti entrava nell'anno con la sua vitalità spaccando le
tenebre, la desolazione ed il freddo dell'inverno.
E'
stupendo il nostro dialetto e, per alcuni versi, in parte non sarebbe sbagliato
ri-studiarlo. Sicuramente il dialetto calabrese (e perché no, sanfilese) è
molto più ricco, colto e vario di quello lombardo... tanto caro al ministro
Umberto Bossi.
By Pietro Perri.
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