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lunedì 6 aprile 2015

Cuddruri pasquali? Una volta a San Fili era così.



Nella foto a sinistra (ripresa dal profilo Facebook della nostra compaesana Antonella Rinaldi) ci propone i gustosi cuddruri (cuculi o culluri che dir si voglia) ovvero i dolci tipici calabresi, ed ovviamente anche sanfilesi, del periodo pasquale. Essendo questo un dolce legato anche e soprattutto tradizione e cucina popolare spesso, passando da una casa all’altra, si registrano leggere differenze nelle ricette utilizzate. Differenze non raramente legate anche alla capacità economica della famiglia stessa. Una cosa che comunque anche in tempi di carestia non poteva mancare era l’uovo incastonato nella parte superiore.

Breve articolo apparso sul Notiziario Sanfilese del mese di aprile del 2015... a firma di Pietro Perri.

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E’ facile dimenticare il passato... specie se quel passato neanche l'abbiamo vissuto.

Oggi diamo per scontato che "u cuddruru pasquale" a San Fili (CS) e non solo a San Fili è quel fantastico dolce realizzato con un impasto aromatizzato allungato, intrecciato e con un bell'uovo (su bloccato con un incrocio di pasta) nella parte che dovrebbe essere la testa di un ipotetico bambino in fasce (questo a me sembra).

Ma una volta? ... stessa forma e stesso uovo. Cambia il fatto che, com'è prevedibile, almeno fino agli anni Sessanta inoltrati del XX secolo, l'impasto non era dolce neanche aromatizzato (oggi il profumo che emana specie se ancora caldo ti risveglia i cinque sensi contemporaneamente) ma era un semplice... impasto di pasta di pane. Puro e semplice pane.

La forma poteva essere la classica o al più a forma di piccolo tortano magari con due uova poste agli antipodi. Dopotutto il termine “cuddruru” (culluru) sembra derivi dal padre del termine “collare” quindi di forma circolare.

Considerato che il pane non arrivava tutti i giorni come ai giorni nostri - a San Fili ma si faceva ogni dieci giorni o quindicinalmente nei forni a disposizione (una decina all’interno del centro abitato del paese e comunque ogni casa di campagna ne aveva uno) della comunità - si faceva in modo di fare una bella infornata di beneauguranti “cuddruri pasquali” a ridosso del giorno della Santa Pasqua.

Mancavano lo zucchero e gli aromi (ovviamente parliamo delle case normali)... l'amore e tutto il resto c'erano comunque.

Ancora oggi alcuni emigrati sanfilesi ante anni Settanta del XX secolo sembrano mantenere tale tradizione (“u cuddruru salatu”). Qualche brava nonna fa ancora trovare nella propria casa il giorno di Pasqua a pranzo un “cuddruru realizzato con pasta di pane” nel posto che dovranno occupare i cari nipotini... e magari anche la figlioletta un po’ cresciuta.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

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