Nella foto a
sinistra (ripresa dal profilo Facebook della nostra compaesana Antonella
Rinaldi) ci
propone i gustosi cuddruri (cuculi o culluri che dir si
voglia) ovvero i dolci tipici calabresi, ed ovviamente anche sanfilesi, del
periodo pasquale. Essendo questo un dolce legato anche e soprattutto tradizione
e cucina popolare spesso, passando da una casa all’altra, si registrano leggere
differenze nelle ricette utilizzate. Differenze non raramente legate anche alla
capacità economica della famiglia stessa. Una cosa che comunque anche in tempi
di carestia non poteva mancare era l’uovo incastonato nella parte superiore.
Breve articolo apparso sul Notiziario Sanfilese del mese di aprile del 2015... a firma di Pietro Perri.
* * *
E’ facile
dimenticare il passato... specie se quel passato neanche l'abbiamo vissuto.
Oggi diamo per
scontato che "u cuddruru pasquale"
a San Fili (CS) e non solo a San Fili è quel fantastico dolce realizzato con un
impasto aromatizzato allungato, intrecciato e con un bell'uovo (su bloccato con
un incrocio di pasta) nella parte che dovrebbe essere la testa di un ipotetico
bambino in fasce (questo a me sembra).
Ma una volta? ...
stessa forma e stesso uovo. Cambia il fatto che, com'è prevedibile, almeno fino
agli anni Sessanta inoltrati del XX secolo, l'impasto non era dolce neanche
aromatizzato (oggi il profumo che emana specie se ancora caldo ti risveglia i
cinque sensi contemporaneamente) ma era un semplice... impasto di pasta di
pane. Puro e semplice pane.
La forma poteva
essere la classica o al più a forma di piccolo tortano magari con due uova poste agli antipodi. Dopotutto il
termine “cuddruru” (culluru) sembra derivi dal padre del
termine “collare” quindi di forma circolare.
Considerato che il
pane non arrivava tutti i giorni come ai giorni nostri - a San Fili ma si
faceva ogni dieci giorni o quindicinalmente nei forni a disposizione (una
decina all’interno del centro abitato del paese e comunque ogni casa di
campagna ne aveva uno) della comunità - si faceva in modo di fare una bella
infornata di beneauguranti “cuddruri
pasquali” a ridosso del giorno della Santa Pasqua.
Mancavano lo
zucchero e gli aromi (ovviamente parliamo delle case normali)... l'amore e
tutto il resto c'erano comunque.
Ancora oggi alcuni
emigrati sanfilesi ante anni Settanta del XX secolo sembrano mantenere tale
tradizione (“u cuddruru salatu”).
Qualche brava nonna fa ancora trovare nella propria casa il giorno di Pasqua a
pranzo un “cuddruru realizzato con
pasta di pane” nel posto che dovranno occupare i cari nipotini... e magari
anche la figlioletta un po’ cresciuta.
* * *
Un
caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!
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