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domenica 22 dicembre 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu (5/9): una stupenda passeggiata naturale tutta sanfilese.



Nella foto a sinistra il ponte Crispino in una foto (by Pietro Perri) di fine anni novanta del secolo scorso..

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Per chi avesse perso le prime 4 (o qualcuna delle prime quattro) puntate di questo racconto… ricordo che siamo in un sabato degli inizi di marzo 2013, che da poco si sono registrate due frane sul lato coste del nostro paesino (il lato che si affaccia sul torrente Emoli) ed io sto facendo una bella passeggiata lungo… u jum’e Santu Fili… nel tratto compreso tra la sorgente di Palazia e il ponte Crispini..

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Lasciai il piano (perché difatti di un piano ormai si tratta… tant’è stracolmo di sabbia, pietre e materiale di riporto vario) dove una volta c’era la vasca della diga sul torrente Emoli e inforcai uno stretto sentiero che, costeggiando il letto del torrente Emoli ovvero de “u jum’è Santu Fili”, porta in breve tempo dritto dritto al vecchio mulino di Ottorino Perri e quindi al ponte di Crispino.

Piccola curiosità per i non addetti al lavoro: il vecchio mulino ad acqua della famiglia Perri per un certo tempo fu anche sede di una centrale idroelettrica… altri tempi!

Ma ritorniamo senza ulteriori digressioni alla nostra stupenda passeggiata ripartendo dal limitare della diga in cui venivano raccolte parte delle acque del torrente Emoli. Ovvero “du bacile”, il mare di tanti temerari sanfilesi.

Girando intorno alla garitta dove ancora si vedono i comandi per azionare la chiusa della diga ed inforcando il succitato sentiero non potei fare a meno di guardare alla base della piccola ammaliante cascata che ormai stavo per lasciarmi definitivamente alle spalle, sulla mia destra.

Guardai e ricordai: ricordai, ad esempio, la mia cara amica Enrichetta Verbari… del suo dramma, della sua affabilità, del suo altruismo e della sua vana voglia di vita.

Ricordai quando un giorno Enrichetta mi chiamò, scorgendomi passare al di sotto della propria abitazione mmienz’u puontu, e mi presentò il marito (di cui non ricordo più neanche il nome… forse perché per qualche strano motivo ho voluto cancellarlo dalla mia testa) chiedendomi se potevo fargli conoscere un po’ il nostro bellissimo territorio. Il marito di Enrichetta era anche lui, come me, un amante della fotografia.

Quale miglior modo di far conoscere il territorio di San Fili ad un non sanfilese se non quello di fargli fare una bella passeggiata lungo il corso del torrente Emoli che dalla fontana di Palazia arriva fino al ponte di Crispino? … scendendo da piazza san Giovanni (tramite la scalinata che si trova dietro la “croce”) e risalendo al paese tramite la stradina conosciuta come “u Canalicchiu”?

Il marito della sfortunata Enrichetta mi scattò una foto proprio ai piedi della cascata. Era contento di quella passeggiata ed era contenta Enrichetta del fatto che avessi accettato di fargli da cicerone.

Fu grazie al marito di Enrichetta Verbari (e grazie ad un libro che lo stesso mi regalò in segno di amicizia) che conobbi ed apprezzai la storica figura di “Eleonora Pimentel Fonseca”.

Il libro sotto accusa s’intitola “Il resto di niente” ed è un romanzo storico - ambientato a Napoli nel corso del 1799. Tale libro, scritto da Enzo Striano, narra gli esaltanti… tragici eventi della Repubblica Partenopea.

Da leggere… per chi non lo avesse ancora letto.

Ritorno ai giorni nostri ed alla mia stupenda… solitaria passeggiata.

Oltrepasso il ponte di Crispino e mi gioco a testa o croce la scelta tra l’andare a sinistra verso l’attuale centrale idroelettrica (al di sotto del ponte di “santa Vennera”) o salire per un sentiero - in parte col fondo cementato onde poter permettere a qualche mezzo di percorrerlo - che mi porta, non senza un certo sforzo (gli anni inizio a sentirli anch’io) in breve tempo all’altezza della superstrada nel tratto che collega Paola con Cosenza.

Alcuni dicono che tale superstrada (… SS107?) si chiami “Silano-Crotonese”… e forse è anche vero ed altrettanto giusto.

Avevo tanti buoni motivi per non andare a sinistra: tanti ricordi ormai lontani e qualcuno anche recente. Tra questi ultimi? … uno solo per tutti: il mio amico Salvatore (Turuccio) Mazzulla. E la sua tragica immeritata fine.

Proseguendo per quel sentiero, infatti, guardando in alto ed osservando il succitato ponte… chissà, forse per un attimo - un tragico attimo - l’avrei anche rivisto, il caro Turuccio, o avrei creduto di rivederlo… libero finalmente di volare.

Giunsi, dopo qualche minuto, finalmente a poggiare i miei piedi sull’asfalto della superstrada.

Le macchine, come al solito, sfrecciavano in entrambe le direzioni... incuranti della mia presenza.

Avevo la macchina fotografica a portata di mano e decisi di dirigermi, alla mia destra, verso la galleria realizzata negli anni Sessanta… sotto la collina de “u ‘Ncinu”.

Volevo scattare qualche foto al paese dal ponte che precede tale galleria… ad avere un po’ di coraggio in più e soprattutto a soffrire un po’ meno di vertigini. Purtroppo in questi anni mi manca l’uno e soffro tantissimo le altre.

Toccata e fuga, quindi, null’altro!

E rieccomi, quasi per miracolo, di nuovo ad attraversare il ponte di Crispino… non dopo aver invano cercato, qualche metro più sopra, la miracolosa fonte che da Crispino anch’essa prende il nome.

Qualcuno dice che il ponte (stupendo, in pietra di fiume ed a tre arcate) sia di origine romana, qualcuno dice che sia di epoca medioevale e qualcuno dice che sia del XV o del XVI secolo. Sicuramente ha un’età superiore ai tre o quattro secoli.

A proposito: Crispino con la “C” maiuscola o con la “c” minuscola? … le tesi sono due ed entrambe più che valide. Il problema è capire se il termine si riferisce al cognome di una nota famiglia di San Fili o semplicemente ad una pianta spontanea che cresce (o semplicemente cresceva) nella zona.

Passando oltre il ponte (con una certa cautela in quanto ciò che è resistito oltre un millennio o tre o quattro secoli senza colpo subire dalle intemperie, dall’incuria umana o dalla corrente del torrente stesso non ebbe la forza di resistere alla stupidità umana che ha caratterizzato la Comunità Sanfilese in questi ultimi decenni) non potei fare a meno, al centro del ponte stesso, di guardare giù… godendo dello scorrere sottostante delle belle dolci chiassose e chiare acque.

E a fine tragitto non potei non girargli intorno e osservare il punto in cui quasi certamente era sepolta la mia amica Stella… colei che, secondo una delle tante tradizioni orali, con la sua tragica morte diede vita alla nostra amata Fantastica (l’essere sovrannaturale che da qualche secolo a questa parte tiene sotto scacco i bambini - e non solo - di San Fili).

(continua)

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Un caro abbraccio a tutti by Pietro Perri.

... /pace!

sabato 21 dicembre 2013

San Fili Giuseppe Calendino e la chiesetta di santa Liberata.



Nella foto (scattata nel 2013) a sinistra la facciata principale della chiesetta dedicata a santa Liberata. Il sacro edificio si trova a San Fili nei pressi di Villa Miceli (ovvero al bivio per Cosenza).

Foto di Pietro Perri.

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Anche a San Fili qualcuno - tanto e tanto tempo fa - credeva nel sovrannaturale: in Dio, nei santi e nella gerarchia (decisamente derivante dalla mitologia greco/romana) celeste.

Un esempio? ... l'alto numero di edifici sacri ancora persistenti sul territorio comunale.

Qualcuno ancora utilizzato (Chiesa Madre o dell’Annunziata e chiesa della Madonna del monte Carmelo), qualcuno sconsacrato e dimenticato… almeno nell'uso per cui era stato concepito (chiesa di san Vincenzo Ferrer e chiesa di san Giovanni) e qualcuno semplicemente dimenticato.

Su quest'ultimo caso - ed anche perché richiestomi da un amico (su Facebook… il noto network) - non posso non segnalare quello della chiesetta di campagna in cui c'imbattiamo a non più (o poco meno... non li ho contati) di cento metri dal bivio di villa Miceli... direzione, venendo da Cosenza, centro abitato di San Fili.

E' una chiesetta forse senza nome (se ce l'ha, non lo so) ultima nata - come edificio sacro - ma in compenso prima morta (tenuto conto che la sua vita d’edificio di culto non ha festeggiato neanche il mezzo secolo di vita).

Gli inglesi (reminiscenze computeristiche) direbbero non senza ragione... “last in first out” (ultima ad entrare prima ad uscire)!

La chiesetta - edificio sempre sacro? - di villa Miceli è stata ardentemente voluta da Giuseppe Calendino (cugino diretto di mio padre Salvatore Perri).

Si dice che a Giuseppe Calendino una notte venne in sogno santa Liberata che lo pregò (gli ordinò?) di costruire una chiesa in suo onore nel luogo in cui sorgeva agli inizi del XX secolo un “calvario” nei pressi di villa Miceli poco distante dalla sua abitazione.

Detto fatto: un sasso alla volta recuperato nelle campagne circostanti ed aiutato dalle donne e dagli uomini di buona volontà presenti nella zona, centimetro dopo centimetro l’edificio prende forma.

Fu così che agli inizi degli anni Quaranta del secolo scorso santa Liberata ebbe il suo tetto anche nel territorio di San Fili (nei pressi di villa Miceli… all’uort’e griddri).

La chiesa è realizzata con pietre, mattoni e calce.

La gente vi lavorò - felice come deve essere felice chi lavora per il suo Dio se lo stesso non è il dio denaro (così mi assicurò una diretta testimone) - senza nulla ottenere come dovuta paga se non un più che meritato angolo nel promesso paradiso.

Vi lavorò, contribuendo con qualche trasporto di pietre, anche mia madre Teresina letizia Rende e mia nonna Concetta Muto che all’epoca abitavano in contrada Cucchiano della confinante Rende.

Mia madre ricorda anche una messa cui assistette negli anni Cinquanta all’interno di tale struttura religiosa.

Io? … ricordo forse l’ultima messa che vi celebrò l’indimenticato parroco di San Fili don Luigi Magnelli nella prima metà degli anni Settanta.

Poi il nulla.

Difficile oggi definirla una chiesa tale edificio in quanto se la definiamo tale dobbiamo definirla anche morta.

Ormai dell’esistenza di tale edificio poco interessa persino agli eredi di colui che ne volle la realizzazione: Giuseppe Calendino.

Tale chiesa, infatti, si può senza dubbio affermare a che non è sopravvissuta al suo principale benefattore (ideatore ed edificatore)… malgrado il fatto che lo stesso ha quasi oltrepassato il secolo di vita.

Oggi? … l’edificio si presenta decisamente abbandonato: vetri rotti e forse anche il tetto da rifare; il portone bloccato da detriti e materiali da riporto vari e quel che è più peggio… la gente che vi passa davanti e non si chiede neanche a cosa servisse in altri tempi tale pittoresca costruzione… quasi una chiesetta in cartone realizzata per movimentare la scena di un paesino s’una collina d’un presepe.

Qualcuno arriva persino a pensare che questa chiesetta abbia più di qualche secolo di vita sulle spalle. Altri... che non sia neanche un edificio sacro.

San Fili? ... è anche questo!

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Dovere di cronaca: dopo aver pubblicato l’articolo dal titolo “San Fili, Giuseppe Calendino e la chiesetta di santa Liberata” sul mio blog e su social network Facebook ho ricevuto un piacevole commento all’articolo stesso. Commento che vi propongo di seguito.

A proposito: il commento. Che riporto di seguito, è firmato dall’avvocato Giuseppe Calendino… junior.

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Caro Cugino Pietro,

grazie per aver dedicato una pagina alla chiesetta voluta da mio nonno!

Non ti nascondo che la vicenda di questa chiesetta mi addolora molto!

Mio nonno era riuscito a coinvolgere molta gente per l'edificazione della chiesa di santa Liberata!

Pensate che, alcuni nostri compaesani di New York (tra cui Michele Santanna) mandarono in dono una campana di bronzo che ancora oggi giace (spero) presso la casa del parroco di San Fili!

Io conservo ancora le fotografie di come era il Calvario e dei lavori di edificazione della chiesetta!

Purtroppo ad oggi non siamo ancora riusciti a realizzare l'ultimo desiderio di mio nonno: la ristrutturazione della chiesa!

Se conosci qualcuno che volesse aiutarmi a realizzare questo desiderio, anche con la sola forza delle braccia, fammelo sapere!

Sarebbe bello se una nuova generazione di Sanfilesi ripetesse le gesta dei nostri avi!

Ti abbraccio con affetto!

Giuseppe Calendino JR

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace!

domenica 1 dicembre 2013

Abbiamo creato proprio un bel mondo di m***a! ... by Pietro Perri.

Questa? ... non posso fare a meno di raccontarvela!
Ieri mattina (sabato 30 novembre 2013) sono andato a fare un po' di spesa alimentare (decisamente veloce e decisamente "in solitario") al Despar del Campus (il Centro Commerciale in contrada Cutura di Rende... dopo il bivio d'Arcavacata... direzione Cosenza).
Notando una "invitante" confezione di formaggio fresco ottenuto "anche" con latte di capra (appena il 5 virgola qualcosa %) esposta al banco frigo non ho potuto fare a meno di girare la confezione e leggere gli ingredienti.
Nell'elencazione degli ingredienti compariva la seguente scritta: "Formaggio fresco" seguito da una parentesi tonta e con scritto in bellavista e sopratutto in neretto "CONTIENE LATTE".
Signori? ... io inizio a preoccuparmi ed anche di brutto (oltretutto quella marca faceva tra l'altro rima con "Natura"): un formaggio fresco - naturale - che contiene latte? ... ma vogliono proprio avvelenarci 'sti stronzi delle industrie chimiche del Terzo Millennio?
Gridiamolo ai quattro venti una volta per tutte: VOGLIAMO UN FORMAGGIO FRESCO COMPLETAMENTE PRIVO DI LATTE e non un FORMAGGIO FRESCO CON LATTE.
Vogliamo che nei banconi frigo dei nostri distributori di generi alimentari vengano "spacciati" esclusivamente formaggi "de-lattizzati".
Cavolo: siamo uomini... non bestie!
Signori? ... che ci crediate o no: abbiamo creato proprio un bel mondo di m***a!
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... un caro abbraccio a tutti by Pietro Perri.
... /pace (in excelsis Deo)!