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mercoledì 16 aprile 2025

L’ultima cena… nella tradizione popolare sanfilese.

Nell’immagine a sinistra, trovata sul web, una rappresentazione dell’ultima cena ripresa dal celebre affresco di Leonardo da Vinci.

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Sappiamo benissimo tutti che la famosa ultima cena a cui ha presenziato circa 2000 anni addietro Gesù di Nazareth portò tremendamente sfiga a più di un soggetto.

Tanto che l’ultima cena, almeno per due soggetti, si rivelò fatale: per qualcuno di questi due, se non per entrambi, l’ultima cena si trasformò veramente… nell’ultima cena.

I due soggetti furono, ovviamente, lo stesso Gesù di Nazareth ed il suo discepolo Giuda Iscariota.

Entrambi, nel giro di poche ore finirono malamente: il primo crocifisso ed il secondo suicida.

Entrambi, secondo i vangeli non solo canonici ma anche apocrifi (vedasi il caso del vangelo di Giuda), predestinati ad un destino di salvazione: senza l’uno, dopotutto, non si sarebbe compiuto quanto era stato scritto dell’altro.

Ma ritorniamo ai nostri tempi ed a ciò che ritroviamo nel folclore e quindi nella tradizione (decisamente superstiziosa?) sanfilese.

Inutile dire che, così come ci dicono ed impongono da tempo immemore i vangeli canonici, a San Fili (CS) così come in tutto il mondo cristiano-cattolico il giovedì santo si ripete il rito dell’ultima cena.

Nel corso della celebrazione assistiamo al lavaggio dei piedi da parte del sacerdote celebrante ai dodici concittadini che impersonano gli apostoli, alla funzione religiosa (messa solenne) propriamente detta, alla benedizione dei “pani/tortani” (uno per ogni apostolo) e relativa distribuzione, previo spezzettamento, sempre ad opera dei figuranti apostoli, di tali “pani/tortani”, ai fedeli presenti.

Sempre in altri tempi, ma forse anche adesso, si attribuiva al “pane/tortano” benedetto nel corso della messa dedicata al ricordo dell’ultima cena del Cristo poteri a dir poco miracolosi… o quanto meno si sperava in ciò.

E’ giusto ricordare che più volte mi sono espresso sull’argomento miracolo in modo inequivocabile: se c’è una speranza nessuno ha il diritto di uccidere la speranza se non la speranza stessa.

Ok, dicevo che per almeno due persone (o almeno per una delle due) quella tenutasi a Gerusalemme circa 2000 anni fa con, a presenziare la stessa, il Figlio di Dio, fu sicuramente l’ultima cena della sua vita terrena.

E tra i due quello che sicuramente non ebbe il tempo di vivere altre cene in compagnia fu il discepolo Giuda Iscariota.

Il Cristo, lo sappiamo bene, dopo tre giorni riprese la sua forma mortale e per un seppur breve tempo, sconfiggendo la morte, continuò a cenare con il rimanente dei suoi discepoli.

Ecco, a San Fili (CS) in altri tempi, almeno fino alla prima metà degli anni settanta del secolo scorso, si era più che convinti che almeno uno dei partecipanti, nel ruolo di figuranti apostoli, al rito dell’ultima cena… nel corso dei successivi dodici mesi sarebbe passato a miglior vita.

Per questo nostro compaesano, quasi un novello Giuda Iscariota, non ci sarebbe stata un’ultima cena, con tanto di rito religioso, in un futuro giovedì santo.

Quella di quell’anno, almeno per uno dei dodici prescelti, sarebbe stata veramente l’ultima cena.

E nelle case dei partecipanti, in prossimità del sacro appuntamento, con i propri familiari e/o amici presenti si cercava di fare mente locale su chi furono ad indossare la veste di apostolo l’anno precedente e chi, a pochi giorni appunto al succitato sacro appuntamento, non sarebbe stato presente per… impegni precedentemente presi con nostra “Sorella Morte Corporale”.

C’è da crederci in questa mia nuova rivelazione?

Sui racconti dei nostri anziani… sicuramente.

Dopotutto io difficilmente ho scritto qualcosa di mio.

Quasi sempre mi sono limitato, come in questo caso, a riportare nero su bianco il mondo più o meno immaginario dei nostri genitori, dei nostri nonni o dei nostri bisnonni.

Racconti che comunque, seppur fantasiosamente ben romanzati e resi fantasticamente affascinanti, partivano comunque da un dato di fatto, da una realtà, da una registrazione memorica di fatti reali: un morto, tra i dodici figuranti apostoli, nel corso dell’anno c’era sempre o quasi sempre stato e quasi sempre avrebbe continuato per tantissimi anni a venire… ad esserci.

Il motivo?

In quei tempi ad indossare gli abiti di figuranti apostoli a San Fili (CS) erano quasi sempre gli anziani del paese e, lo sappiamo benissimo, negli anziani la possibilità di passare a miglior vita è decisamente alta. Ed uno su dodici era comunque una bella percentuale.

Dopotutto… era pur giusto che Giuda Iscariota lasciasse il posto libero ad un altro Giuda Iscariota.

Oggi?

Non saprei dirvi se nella rievocazione del sacro rito dell’ultima cena sia confermato quanto accadeva nel mondo dei nostri cari avi.

Dopotutto sono passati vari decenni dal momento in cui anch’io feci da figurante apostolo (indossando i relativi indumenti) in un’ultima cena tenutasi nella Chiesa Madre di San Fili.

Eravamo verso la fine del primo lustro degli anni settanta del secolo scorso ed officiava la funzione l’indimenticato sacerdote don Luigi Magnelli.

In quell’occasione ero poco più di un ragazzino. Forse non superavo i quattordici o quindici anni.

Fu per uno strano caso del destino se io, in quell’occasione, mi ritrovai a vestire quegli abiti decisamente grandi per uno della mia non eccessiva altezza ma sicuramente eccessiva magrezza.

Lo strano caso era dovuto… all’annuale assente per impegni precedentemente presi con nostra “Sorella Morte Corporale”. 

Non c’era tempo per trovare un sostituto e… trovarono me.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!