Nell’immagine
a sinistra, trovata sul web, una rappresentazione dell’ultima cena ripresa dal
celebre affresco di Leonardo da Vinci.
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Sappiamo
benissimo tutti che la famosa ultima cena a cui ha presenziato circa 2000 anni
addietro Gesù di Nazareth portò tremendamente sfiga a più di un soggetto.
Tanto
che l’ultima cena, almeno per due soggetti, si rivelò fatale: per qualcuno di
questi due, se non per entrambi, l’ultima cena si trasformò veramente…
nell’ultima cena.
I
due soggetti furono, ovviamente, lo stesso Gesù di Nazareth ed il suo discepolo
Giuda Iscariota.
Entrambi,
nel giro di poche ore finirono malamente: il primo crocifisso ed il secondo
suicida.
Entrambi,
secondo i vangeli non solo canonici ma anche apocrifi (vedasi il caso del
vangelo di Giuda), predestinati ad un destino di salvazione: senza l’uno, dopotutto, non si
sarebbe compiuto quanto era stato scritto dell’altro.
Ma
ritorniamo ai nostri tempi ed a ciò che ritroviamo nel folclore e quindi nella
tradizione (decisamente superstiziosa?) sanfilese.
Inutile
dire che, così come ci dicono ed impongono da tempo immemore i vangeli
canonici, a San Fili (CS) così come in tutto il mondo cristiano-cattolico il
giovedì santo si ripete il rito dell’ultima cena.
Nel
corso della celebrazione assistiamo al lavaggio dei piedi da parte del
sacerdote celebrante ai dodici concittadini che impersonano gli apostoli, alla
funzione religiosa (messa solenne) propriamente detta, alla benedizione dei
“pani/tortani” (uno per ogni apostolo) e relativa distribuzione, previo
spezzettamento, sempre ad opera dei figuranti apostoli, di tali “pani/tortani”,
ai fedeli presenti.
Sempre
in altri tempi, ma forse anche adesso, si attribuiva al “pane/tortano”
benedetto nel corso della messa dedicata al ricordo dell’ultima cena del Cristo
poteri a dir poco miracolosi… o quanto meno si sperava in ciò.
E’
giusto ricordare che più volte mi sono espresso sull’argomento miracolo in modo
inequivocabile: se c’è una speranza nessuno ha il diritto di uccidere la
speranza se non la speranza stessa.
Ok,
dicevo che per almeno due persone (o almeno per una delle due) quella tenutasi
a Gerusalemme circa 2000 anni fa con, a presenziare la stessa, il Figlio di
Dio, fu sicuramente l’ultima cena della sua vita terrena.
E
tra i due quello che sicuramente non ebbe il tempo di vivere altre cene in
compagnia fu il discepolo Giuda Iscariota.
Il
Cristo, lo sappiamo bene, dopo tre giorni riprese la sua forma mortale e per un
seppur breve tempo, sconfiggendo la morte, continuò a cenare con il rimanente
dei suoi discepoli.
Ecco,
a San Fili (CS) in altri tempi, almeno fino alla prima metà degli anni settanta
del secolo scorso, si era più che convinti che almeno uno dei partecipanti, nel ruolo di
figuranti apostoli, al rito dell’ultima cena… nel corso dei successivi dodici
mesi sarebbe passato a miglior vita.
Per
questo nostro compaesano, quasi un novello Giuda Iscariota, non ci sarebbe
stata un’ultima cena, con tanto di rito religioso, in un futuro giovedì santo.
Quella
di quell’anno, almeno per uno dei dodici prescelti, sarebbe stata veramente
l’ultima cena.
E
nelle case dei partecipanti, in prossimità del sacro appuntamento, con i propri
familiari e/o amici presenti si cercava di fare mente locale su chi furono ad
indossare la veste di apostolo l’anno precedente e chi, a pochi giorni appunto
al succitato sacro appuntamento, non sarebbe stato presente per… impegni
precedentemente presi con nostra “Sorella Morte Corporale”.
C’è
da crederci in questa mia nuova rivelazione?
Sui
racconti dei nostri anziani… sicuramente.
Dopotutto
io difficilmente ho scritto qualcosa di mio.
Quasi
sempre mi sono limitato, come in questo caso, a riportare nero su bianco il
mondo più o meno immaginario dei nostri genitori, dei nostri nonni o dei nostri
bisnonni.
Racconti
che comunque, seppur fantasiosamente ben romanzati e resi fantasticamente
affascinanti, partivano comunque da un dato di fatto, da una realtà, da una
registrazione memorica di fatti reali: un morto, tra i dodici figuranti
apostoli, nel corso dell’anno c’era sempre o quasi sempre stato e quasi sempre
avrebbe continuato per tantissimi anni a venire… ad esserci.
Il
motivo?
In
quei tempi ad indossare gli abiti di figuranti apostoli a San Fili (CS) erano
quasi sempre gli anziani del paese e, lo sappiamo benissimo, negli anziani la
possibilità di passare a miglior vita è decisamente alta. Ed uno su dodici era
comunque una bella percentuale.
Dopotutto…
era pur giusto che Giuda Iscariota lasciasse il posto libero ad un altro Giuda
Iscariota.
Oggi?
Non
saprei dirvi se nella rievocazione del sacro rito dell’ultima cena sia
confermato quanto accadeva nel mondo dei nostri cari avi.
Dopotutto
sono passati vari decenni dal momento in cui anch’io feci da figurante apostolo
(indossando i relativi indumenti) in un’ultima cena tenutasi nella Chiesa Madre
di San Fili.
Eravamo
verso la fine del primo lustro degli anni settanta del secolo scorso ed
officiava la funzione l’indimenticato sacerdote don Luigi Magnelli.
In
quell’occasione ero poco più di un ragazzino. Forse non superavo i quattordici
o quindici anni.
Fu
per uno strano caso del destino se io, in quell’occasione, mi ritrovai a
vestire quegli abiti decisamente grandi per uno della mia non eccessiva altezza
ma sicuramente eccessiva magrezza.
Lo strano caso era dovuto… all’annuale assente per impegni precedentemente presi con nostra “Sorella Morte Corporale”.
Non c’era tempo per trovare un sostituto e…
trovarono me.
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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!