A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
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sabato 24 agosto 2024

A cunservar’a nive. Di Salvatore (Turuccio) Mazzulla.


Rispolverando il mio archivio di foto e scritti vari mi è capitato sotto gli occhi questo stupendo - per il valore storico relativo alla Comunità Sanfilese - a firma non mia ma dell’indimenticato caro amico Salvatore Turuccio Mazzulla.

Lo ripropongo in questo blog per i succitati due motivi: il ricordo di Salvatore Turuccio Mazzulla e... il valore storico relativo alla Comunità Sanfilese.

Perché a San Fili c’è sempre stata gente che ha fatto tanto per salvare la memoria storica della nostra Comunità e per divulgarne i valori in essa racchiusi... gratuitamente per non dire rimettendoci la propria faccia e di tasca propria.

La foto in alto a sinistra, in cui compaiono gli indimenticati (ed indimenticabili per chi li ha saputi e potuti apprezzare) Salvatore Turuccio Mazzulla e Mario Oliva.

*     *     *

Ci troviamo negli anni Cinquanta.

Mio padre lavorava come apprendista presso il Bar di Salvatore Blasi (u bagnaruotu).

Allora come oggi si mangiavano gelati ma non c’erano, almeno da noi, le carpigiani per produrli in modo artigianale.

All’epoca bisognava procurarsi la materia prima: il ghiaccio.

Il ghiaccio veniva fornito da un signore di Gesuiti.

Non erano dei veri e propri gelati: assomigliavano più ad una granita o ad un sorbetto.

I sanfilesi, in alternativa all’uso del ghiaccio, si erano inventati un altro sistema: “a cunservar’a nive”.

Durante il periodo invernale, in corrispondenza di una copiosa nevicata, si recavano in montagna ed all’interno di alcune fosse naturali, quindi già presenti nel terreno, dove si era già accumulata della neve, ne raccoglievano dell’altra compattandola, così come si fa con i “palloni di neve”, poi la ricoprivano di felci e di terra.

Questo sistema permetteva loro di conservarla per lunghissimo tempo, fino al periodo estivo, periodo in cui veniva prelevata per poi produrre i gelati.

Una di queste fosse naturali esiste ancora in località “Purveracchiu” ed anche questa fa parte delle testimonianze di archeologia industriale presenti nel nostro territorio.

L’inventiva, la capacità imprenditoriale di chi ci ha preceduto non trova oggi riscontro nella San Fili odierna, il mio augurio e che i ragazzi di oggi possano riappropriarsi di questo passato glorioso per riportare un giorno questo nostro piccolo centro allo splendore di un tempo.

…. a mio padre.

Salvatore Turuccio Mazzulla.

San Fili sotto la neve... giovedì 16 dicembre 2010.



La foto a sinistra (scatto by Pietro Perri) è stata realizzata nel febbraio del 1991 in seguito ad una storica nevicata, l'ultima vera nevicata per il momento, abbattutasi su San Fili.

Articolo by Pietro Perri.

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Stamane (giovedì 16 dicembre 2010) San Fili si è svegliata sono una stupenda coltre di neve bianca.

Si è svegliata sotto una stupenda coltre di neve bianca?

A dire il vero sotto una stupenda coltre di neve bianca, ieri sera, si ci è pure addormentata.

Fuori (purtroppo non mi è concesso di uscire all’aperto per un piccolo problema capitatomi ieri al rientro a casa… nu bellu scivulune supra u pianerottolo davanti il portone d’ingresso alla nostra abitazione) ci saranno all’incirca un dodici o quindici centimetri di neve.

Fa comunque un freddo boia e ciò fa in modo che la neve, malgrado il sole che stamane vince sulle nuvole, la neve ci metta un bel po’ a tramutarsi in acqua e a gocciolare dai tetti delle nostre calde accoglienti case.

Il silenzio, come il sole, vince sull’assordante rumoreggiare quotidiano.

E’ strana questa neve in questo periodo. E’ strana non per il fatto che abbia nevicato fuori stagione (dopotutto l’inverno, anche se ci vuole ancora qualche giorno per sostituirsi all’autunno, è pur sempre la stagione del cattivo tempo - punti di vista - e quindi anche della neve) ma per la quantità che se n’è accumulata al suolo.

Normalmente a San Fili in questo assaggio preinvernale la neve non ha mai superato lo spessore dei due o tre centimetri… così almeno ricordo io. Le vere e proprie (decisamente storiche) nevicate, infatti, a San Fili si sono verificate sempre nel mese di febbraio… ossia nel mese centrale della stagione invernale.

Quello che caratterizza questa volta questa strana, decisamente sottovalutata (malgrado gli avvisi dei meteorologi) dai più nella giornata di ieri e non solo dal sottoscritto, nevicata è il fatto che è stata accompagnata da temperature decisamente basse.

La neve ieri non faceva in tempo a cadere (a toccare il suolo) che già ghiacciava.

Ritornando dal lavoro (intorno alle 15,00), ovvero da Cosenza, ho avuto grosse difficoltà a proseguire verso San Fili una volta giunto all’altezza di Monticelli (nei pressi della storica “Chiusa” poco sotto Villa Miceli)… e tali difficoltà non li avevo solo io.

Per fortuna giunto a Villa Miceli e deviato verso il centro abitato di San Fili (invece di proseguire come al solito in direzione del bivio successivo cioè da quello in località Macchia della Posta) c’era a nostra disposizione uno spazzaneve che ci ha scortato fino al alle prime case della nostra della nostra stupenda ed amorevole cittadina.

Eravamo fortuitamente giunti nei pressi dell’Aireddra.

A Villa Miceli, a ridosso della strada cui si poteva scegliere se proseguire verso San Fili o deviare, sulla destra, per contrada Cucchiano o poco più avanti, sulla sinistra, per contrada Profico, un pullman faceva scendere i propri passeggeri (nostri concittadini) ponendoli in mano al loro destino… ne ho caricato un paio che ho scaricato poi nei pressi del bar rosticceria “Le Magare” (ovvero dove una volta si trovava il distributore di benzina del nostro ormai dimenticato concittadino Sarro).

Il bar rosticceria “Le Magare” era gestito da Rocchino Gioffre’ e dai suoi familiari.

L’una era una cara amica appartenente alla famiglia Cribari (Lucia Cribari, per la precisione) e l’altro un ospite della Casa Famiglia della frazione Bucita. La prima insegnante per professione l’altro professore per comune dire.

L’uno dopo avermi fatto tutta una serie di complimenti e ringraziamenti per il fatto d’essermi messo a sua disposizione iniziò a sciorinare la sua necessità di un paio di scarpe nuove: “Chissà se qualcuno di buon cuore tra i sanfilesi”, ci dice, “in questo Natale si metterà una mano sulla coscienza e me ne regalerà un paio nuove!

Chissà, forse, se sul tono del classico a buon intenditor poche parole. Riporto questo messaggio a te, affezionato lettore. Io il mio dovere l’ho già fatto non lasciandolo a piedi, in quelle condizioni, a Villa Miceli.

Nel bene o nel male riesco ad oltrepassare con la mia “Toyota Yaris Now rosso Ferrari” persino piazza Adolfo Mauro (ex piazza Rinacchio) ma, fatti un cento o duecento metri oltre…

… la macchina mi si blocca (le ruote girano a vuoto) proprio all’altezza di uno di quei “maledetti” dossi in plastica che hanno messo (dicono per rallentare il traffico e quindi per garantire una maggior sicurezza ai pedoni) i nostri previdenti amministratori.

Peccato che i nostri previdenti amministratori non abbiano previsto anche la neve ed il gelo: non sono stato l’unico a bloccarmi in tale punto e a non riuscire ad andare avanti se non grazia all’aiuto di due romeni che si trovavano dietro di me col loro camioncino.

Provo persino a mettere le catene. Sull’etichetta (ancora attaccata alla confezione) c’è scritto “facili da montare”… sarà!

Sistema “click-clock” dice l’etichetta. Ma io… dopo il terzo inutile tentativo preferisco rinunciare.

Qualcuno (mio compaesano? Sembra di si. Mi sembra di riconoscere l’amico Mimmo Greco ma potrei anche sbagliarmi) s’incavola per il fatto che, secondo lui a causa della mia incapacità a guidare specie in certe condizioni, mi ero bloccato in quel determinato punto costringendo anche lui a fermare la sua macchina.

Prova a superarmi passandomi lateralmente… si blocca nello stesso punto anche lui: sono contento!

Lasciando Villa Miceli ho dato un’occhiata al proseguire della superstrada (ossia in direzione ponte di Santa Vennera o Saraca che dir si voglia). C’era una interminabile coda di macchine dirette verso Paola o forse stupidamente dirette solamente alla nostra cittadina ma… prendendo la deviazione sbagliata.

Difficile invidiarli. Difficile pensare (a chi era diretto nella cittadina tirrenica) pensando  a cosa li avrebbe aspettati nel passaggio al di sotto del varco della Crocetta.

Giunto a San Fili cerco un posto dove lasciare la macchina incustodita… ritengo stupido proseguire per Bucita almeno con il mio mezzo.

Giungo, dopo solo un’altra sosta obbligata dal ghiaccio presente sul fondo stradale (nei pressi del negozio di alimentari di “Minuzzu u commerciante” - ovvero nei pressi della storica abitazione de “u Summichele”)… proseguo oltre, sempre lungo corso XX Settembre, arrivo in piazza san Giovanni (davanti al monumento ai caduti) saluto velocemente qualche compaesano e proseguo ulteriormente fino a raggiungere il bivio per la frazione Bucita.

La frazione Bucita ovviamente sarà la mia meta finale.

Finalmente, esattamente davanti all’abbiveratoju, trovo un punto per parcheggiare in modo, spero, accettabile la mia automobile.

Ripercorro, a piedi, l’intero corso XX Settembre per andare a fare giusto un salto da mia madre: tutto a posto… tranne la stufa a pellet da pulire ed anche con una certa urgenza.

Conclusa anche questa parte della giornata ritorno al bivio per Bucita, guardo la strada che mi si spiana alla vista e decido che forse farmela a piedi fino alla frazione non è dopotutto una cattiva idea.

Per strada poche macchine (nessuna che si fermi per chiedere cosa ci faccio da quelle parti. O come mai stia percorrendo a piedi i due chilometri di strada che separano il centro urbano di San Fili dalla sua storica frazione Bucita.

E fanno bene.

Se si fermano dubito, infatti, che riescano a ripartire. Ma a piedi si cammina decisamente bene.

Giungo a Bucita intorno alle ore 18,00 (quindi non più d’una trentina di minuti dopo) senza nessun problema di sorta: né una scivolata né un tentativo di scivolata… non avevo considerato il pianerottolo di casa.

Conclusione?

Una spalla per fortuna semplicemente slogata ed il pollice del piede destro con l’unghia completamente nera. Meglio così, avevo pensato di peggio… anche se da fastidio.

Oggi…giornata di festa, così com’era ai tempi in cui felici, da fanciulli, si andava a scuola. Dopotutto fuori c’è la neve. Domani? … giornata di festa, anche se non ci sarà più la neve.

Mi piace la neve? Tantissimo!

La neve mi piace sicuramente perché mi riporta agli anni più spensierati della mia vita. Mi riporta ai giorni di vacanza da scuola, are paddrunate de nive e persino ara scirubetta.

Peccato che in quest’occasione causa la spalla slogata, ma anche all’età che non mi permette più di sentirmi ufficialmente bambino, non posso giocare a paddrunate’e nive e causa il mio diabete mellito non sempre posso gratificare il mio palato con una rinfrescante e salutare scirubetta realizzata neve condita ccu mele de ficu.

La neve è… magia. In particolare la neve quando cade copiosa su San Fili.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

… /pace!


sabato 20 luglio 2024

Luigi Gigino Piraino... tra i pionieri della fotografia d'arte sanfilese.



Nella foto a sinistra (da sinistra) Luigi Gigino Piraino e Francesco Ciccio Cirillo a Napoli nel Febbraio del 1951.

Foto archivio Francesco Ciccio Cirillo.

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Quando parliamo di patrimonio fotografico messo a disposizione (lasciato in eredità, oseremmo dire) da qualcuno alla Comunità Sanfilese, non possiamo non pensare all’indimenticato Francesco Ciccio Cirillo.

Una cosa comunque è metterlo a disposizione tale patrimonio fotografico, un’altra l’averlo realizzato… con passione. Ecco che sorge spontanea una domanda: chi sono stati i pionieri della foto amatoriale sanfilese? … e qui diventa normale associare al già nominato Francesco Ciccio Cirillo altri nomi quali quello del professor Domenico De Franco, di Davide Gambaro e di Luigi Gigino Piraino.

E’ soprattutto grazie a questi “poeti dell’immagine” se oggi possiamo ammirare alcuni scorci del nostro amato odiato paesino… così com’erano nella prima metà del XX secolo.

In quest’occasione vogliamo ricordare in particolare il nostro compaesano Luigi Gigino Piraino… amico di cuore e compagno d’avventure di Francesco Ciccio Cirillo col quale, nel 1947, fondarono a San Fili un vero e proprio “studio fotografico amatoriale”, riuscendo anche a realizzare qualche colpaccio professionale come il servizio fotografico cosentino, nel 1950, a Miss Italia Anna Maria Bugliari.

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Luigi Gigino Piraino nasce a San Fili il 16 maggio del 1925.

Gigino era conosciuto un po' da tutto il paese anche e soprattutto perché era figlio di una delle poche insegnanti dell'epoca: ‘donna Amalia Gentile’.

Gli insegnanti, così come gli studenti, erano veramente pochi in quegli anni. Proprio per questo motivo diversi di loro (tra cui i maestri Amalia Gentile, Giovanni Noto e Lucia Cesario) erano costretti ad insegnare nelle cosiddette aule pluriclasse.

Molti alunni tra l’altro lasciavano i banchi di scuola non appena raggiunta la III elementare.

Dopo aver conseguito il diploma magistrale, il nostro Luigi Gigino Piraino, a 18 anni entra da civile nell'Esercito e in breve assume l’incarico di responsabile del distretto militare di Cosenza e provincia.

Il suo ruolo consistette in particolare nel mettere a disposizione tutte le informazioni che potevano essere utili ai ragazzi chiamati al servizio di leva.

Molte generazioni di sanfilesi legheranno la propria esperienza militare al suo nome.

Gigino, come abbiamo detto, coltivò l'hobby della fotografia: passione che condivise con Ciccio Cirillo… amico di sempre e per sempre. Un’amicizia, quella con Ciccio, che lo vuole, agli albori degli anni Cinquanta, persino a Napoli ad accompagnare quest’ultimo all’imbarco per la sua avventura americana.

Amante del suo piccolo paese e dei suoi abitanti è stato, nel ricordo di quanti l’hanno conosciuto, sempre disponibile, nelle sue possibilità, con tutti.

Negli anni Settanta si trasferì con la famiglia a Cosenza, pur rimanendo profondamente legato al suo paese natio dove si è recato frequentemente.

Luigi Gigino Piraino è morto tragicamente, in un incidente stradale, nel 1992 proprio nel tratto di strada che collega San Fili con Cosenza.


domenica 1 ottobre 2023

Da quale anno a San Fili si onora san Francesco di Paola il 12 Ottobre?



Nella foto a sinistra (foto by Pietro Perri/2013): il busto ligneo di san Francesco di Paola portato a spalla da vari fedeli lungo le strade ed i vicoli di San Fili nel corso di una delle tradizionali processioni religiose che si tengono nel caratteristico borgo il 12 ottobre di ogni anno... da circa due secoli a questa parte. Il culto di san Francesco di Paola è particolarmente sentito nella comunità sanfilese e la processione, tra quelle che si svolgono a San Fili nel corso dell’anno, è sicuramente quella più partecipata di tutte.

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Da quale anno a San Fili si onora san Francesco di Paola il 12 Ottobre?

(Articolo a firma del prof. Francesco Iantorno pubblicato sul Notiziario Sanfilese del mese di ottobre 2006)

San Francesco di Paola divenne Patrono e Protettore di San Fili dopo il terremoto del 12 ottobre 1835 che sconvolse l’alta valle del Crati a nord-est di Cosenza, provocando un elevato numero di vittime e ingenti danni alle strutture in numerosi paesi della provincia. I tragici effetti del sisma furono particolarmente gravi nelle località che sorgevano su terreni alluvionali: Castiglione Cosentino fu completamente distrutto; a San Pietro in Guarano, San Benedetto Ullano, Casole, Lappano e Rovella gran parte delle case crollarono e molte altre furono danneggiate irreparabilmente. 

A Cosenza la scossa causò il crollo di diversi edifici mentre molti altri furono gravemente lesionati, soprattutto nelle pareti interne. Danni più leggeri si verificarono a Paola, Marano Marchesato, Montalto Uffugo e in varie altre località del versante ionico. Le vittime furono complessivamente 115, oltre 240 i feriti (cfr. E. Boschi, Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1980, Istituto Nazionale di Geofisica, Bologna 1995; Giornale del Regno delle Due Sicilie, 1835, n° 249; F. Kostner, Storia sismica illustrata della Calabria, Cosenza 1997).

Fu a seguito del tragico evento che il popolo sanfilese “fé voto di celebrar solenne in ogni anno il giorno 12 ottobre in ringraziamento per la liberazione dello spaventevol tremuoto, accaduto in detto giorno” e rafforzò la devozione al Santo, radicata ormai da secoli sul territorio grazie all’Arciconfraternita dello Spirito Santo.

Il culto di san Francesco di Paola raggiunse allora il suo apice coinvolgendo l’intera comunità che rinnovò il voto di lode e ringraziamento al suo Protettore dopo il violento sisma che il 12 febbraio 1854 scosse nuovamente la città di Cosenza e il suo circondario. 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

domenica 23 luglio 2023

Caudu e ‘ncriscienza!… / Versi di don Giovanni Gentile da San Fili.



Nell’immagine a sinistra (ripresa dal web): Caronte, traghettatore infernale secondo la visione dantesca (ripresa in ogni caso dalla mitologia romana e greca), in una illustrazione di Gustave Doré. Negli ultimi anni, forse per scopiazzare un modo di fare dei media d’Oltreoceano, in Italia si è presa l’abitudine di chiamare Caronte alcuni picchi di caldo come quelli che stiamo subendo in questo decisamente “scottante” 2023. Anche se... dubito che Caronte abbia mai visto o si sia mai avvicinato al girone in cui sono destinati i peccatori autocondannatisi alle fiamme infernali.

Sul poeta sanfilese don Giovanni Gentile alias Chiacchiara ho scritto (e pubblicato tantissimo) già precedentemente su questo blog. E, nel possibile (o quando me n’è stata data la possibilità, per essere più precisi), mi sono fatto in quattro per rivalutarne la grandezza. Non prendetemi sul serio e “non accettate stupidamente la mia verità” ma sono stato costretto a riconsegnarlo, spero solo temporaneamente, all’oblio della storia... quantomeno locale. Purtroppo quando ci si rende tristemente conto di non avere più un proprio pubblico e meglio lasciare agli altri l’oppio che si spaccia, non sempre come cultura e quasi sempre “neanche sotto forma di cultura”, dai palchi e sulle scene.

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Caudu e ‘ncriscienza!…

Versi di don Giovanni Gentile alias Chiacchiara da San Fili.

Nota introduttiva di Pietro Perri.

Don Giovanni Gentile (alias Chiacchiara) prete non per vocazione ma per colpa di nascita, che ci crediate o no, è stato giovane come tutte le persone normali di questa terra e come tante è stato anche studente.

Anche allo studente più “secchione” a volte viene a noia studiare… pensiamo poi a quel mattacchione del Chiacchiara (alter ego di don Giovanni Gentile, tanto bravo quanto coraggioso soprattutto per l’epoca in cui è vissuto, poeta dialettale sanfilese).

Se poi ci si mettono pure il caldo estivo di Cosenza, il sonno e le mosche… meglio sorvolare.

Al di là di tutto, comunque, il nostro caro poeta don Giovanni Gentile ci fa capire che è inutile affliggersi più di tanto... specie quando non si può cambiare ciò che condizione in un determinato momento la nostra vita. E poi... l'estate dura solo tre mesi, l'autunno passa in fretta ed... eccoci pronti a lamentarci del freddo eccessivo.

Dopotutto lo diceva qualche secolo prima anche “il Magnifico” (“Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia... chi vuol’esser lieto sia, del doman non v’è certezza”).

 

Fa’ nu caudu chi murimu:

Io nun puozzu cchjù studià:

E’ chjù miegliu si partimu

A Cusenza ‘un si po’ stà.

 

Ogne notte, spienturatu,

Nun mi puozzu addormentà

Ca mi mancadi lu jatu

E mi ‘ngignu a riminià.

 

La matina (v’ ‘u pensati)

Ccu chi lena m’aju azà;

E ccu l’uocchi tutt’unchjati

M’aj’ ‘e mintere a studià.

 

Ma le musche ch’aû pitittu

Vienu lestu a muzzicà,

Ed io pigliu cittu cittu

Ccu ‘ste bestie a m’inquietà.

 

E cussi sona la scola

Priestu e tristu aj’ ‘e vulà,

Ma si ‘un sacciu ‘na parola

Chaju ‘e jire a ce cuntà?

 

Tiegnu ‘ cuorpu ‘na vilienza

Chi la guala nun ci n’ha:

E lu mastru si spacienza:

Mi fa propriu disperà.

 

All’esame mi l’ha dittu

Ca mi puozzu ripruvà:

Io ppe’ chissu sugnu affrittu

Ma nun aju cchi ce fa.

 

Si ppé casu mi riprova

Io nun lassu de cantà:

L’ammutare cchi mi giova:

E’ chjù miegliu chiacchjarià.

 

A ‘stu munnu allegramente

Ogne cosa âmu ‘e piglià:

Si t’affriggi nun fu’ nente,

Ma cchju priestu pue crepà.

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

 

giovedì 29 giugno 2023

C'era una volta la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili.

Nell’immagine a sinistra: Clienti in fila agli sportelli della Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili nel corso degli anni settanta del secolo scorso. Di servizio agli sportelli un giovane Peppino Cirillo e l’allora direttore Alfonso Rinaldi. Tra i clienti si riconosce il signor Onofrio.

I primi due articoli che vi propongo di seguito in questo spazio sono apparsi, ovviamente firmato dallo scrivente, sul quindicinale “l’occhio” del mese di giugno del 1999. A seguire una poesia opera del grande Luigi "Gigi" Aloe.

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L’ultima abbuffata dei soci della Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili.

Di Pietro Perri

Le pagine sanfilesi di questo numero volutamente li ho dedicate ad un altro, l’ennesimo di questi ultimi venti anni, capitolo che si chiude a San Fili: il capitolo della locale Cassa Rurale ed Artigiana.

Proprio così, giorno 8 maggio 1999 l’Assemblea dei soci della “nostra banca” ha approvato (e non poteva fare altrimenti) il “Progetto di Fusione per incorporazione della Banca di Credito Cooperativo di San Fili” con “il Credito Emiliano”.

Dopo quasi un secolo di storia (positiva in alcuni casi, decisamente negativa in altri), San Fili perde un altro dei suoi baluardi.

Come dimenticare la stazione ferroviaria, come dimenticare l’ufficio di collocamento, come dimenticare il comando della guardia forestale, come dimenticare l’esattoria comunale, come dimenticare lo stesso cinematografo, come dimenticare il circolo di cultura Enrico Granata, come dimenticare… forse è il caso di dire che l’unica cosa che non riusciamo decisamente a perdere (ma che se la perdessimo sicuramente sarebbe la salvezza dei tartassati cittadini Sanfilesi) sono i nostri sindaci e le nostre giunte comunali.

E la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili, non dimentichiamolo, è stata più d’una volta uno dei pilastri portanti della gestione amministrativa del nostro Comune: volente o nolente, per capacità o semplicemente per timore riverenziale, più d’una volta, infatti, è riuscita ad imporre alla cittadinanza non solo uomini ma anche e soprattutto strategie politiche.

Si è chiuso un lungo capitolo, vuoi perché la gestione degli ultimi anni ha lasciato un po’ a desiderare (ne sono testimoni sia i passivi accumulati dalla discutibile gestione stessa e sia quanti tra i sanfilesi, compreso il sottoscritto, si sono visti costretti a portare i propri risparmi in altri sportelli bancari operanti sulla provincia) e vuoi perché le condizioni dell’odierno mercato impongono nuove e razionali regole a cui la Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili non poteva far fronte.

E così quanto prima vedremo sostituire la storica (si fa per dire, considerato che tale insegna non ha più di un paio d’anni) insegna della “Banca di Credito Cooperativo di San Fili” con l’insegna “Credito Emiliano” con l’aggiunta magari di uno scarno “agenzia di San Fili”.

Cosa c’è di buono in tutto ciò?

Per i Sanfilesi, i comuni mortali, certamente c’è di buono l’auspicio d’una gestione più trasparente e più legata alle leggi di mercato ed alle necessità della clientela (pertanto nuovi servizi agli operosi concittadini che in cambio pagheranno con un rapporto più distaccato con l’Istituto di credito stesso). Per pochi soci eletti (di cui nove su dieci non sanfilesi o sanfilesi acquisiti) un succulento regalo di buonuscita scaturito a seguito di un diabolico calcolo matematico di trasformazione delle quote societarie della “Banca di Credito Cooperativo di San Fili” a seguito della summenzionata fusione.

Cosa c’è di male in tutto ciò?

Nulla o quasi: forse semplicemente il fatto che San Fili e i Sanfilesi dovranno ingoiare il rospo di vedere affisso su un palazzo di corso XX Settembre il nome di una banca del Nord Italia e non quello d’un Istituto di Credito Meridionale… ma questo sono sicuro che darà fastidio a ben poche persone (per l’appunto ai soli “Sanfilesi” sopravvissuti).

Resta solo da ricordare, compatendolo, quel povero e stupido socio che, tra tutti i presenti all’Assemblea di giorno 8 maggio 1999 in quel ristorante sito in località Frassino, a conclusione della riunione ha detto al proprio vicino di sedia: “Ni vidimu l’annu prossimu ppe n’atra bella abbuffata!”.

Poveraccio: chi avrà il coraggio di dirgli, spiegandogliene i motivi, che quella di quest’anno era l’ultima “abbuffata” dei soci della Banca di Credito Cooperativo di San Fili, già Cassa Rurale ed Artigiana?

*     *     *

Rapina in banca con morto.

Di Pietro Perri.

Quel funesto giorno dell’aprile 1992 rientravo come al solito dal lavoro (erano all'incirca le 14:00) e giunto in piazza san Giovanni, dovendo raggiungere la zona del Rinacchio all'altezza del distributore di benzina, mi vidi deviato per la strada che passa davanti alle Scuole Elementari (via Marconi).

Non sapevo cosa fosse successo né avrei potuto mai immaginare che fosse successo quel che poi venni a sapere. Pensavo tra me e me "Ci saranno dei lavori in corso o qualche altra stupidità organizzata dall'amministrazione in carica".

Sbagliavo e pure di grosso. Ciò che non si sarebbe mai dovuto verificare a San Fili si era verificato: un tentativo di rapina alla locale Cassa Rurale ed Artigiana. Non ricordo ci fossero mai stati precedenti... ma sono sicuro, o almeno me lo auguro, che non vi saranno conseguenti.

A chi poteva passare per la testa di fare una rapina ad uno sportello di banca (neanche fosse stata una banca, per grandezza parlando, “seria”) situata in una strettoia e con di fronte una caserma dei carabinieri? … solo a dei giovani senza alcuna esperienza in materia e forse cresciuti un po’ troppo per la loro acerba età anagrafica. Solo a dei figli di una società che era ed è stanca di sopravvivere a se stessa.

A chi poteva venire in mente, seppur mosso da sacri principi morali (la paura, la terrificante sensazione che qualche concittadino fosse in pericolo di vita), di afferrare una pistola e sparare alle spalle dei rapinatori? … sicuramente ad un essere con un alto grado di istintività… e l’istintività, lo sappiamo bene tutti, non è stata mai sinonimo di raziocinio.

Quel giorno si dovette ringraziare solo la freddezza, la mira, la velocità e l’abilità del nostro compaesano Alfonso Rinaldi, il sindaco sceriffo (così lo stesso assurse alle cronache nazionali) nonché direttore della locale Cassa Rurale ed Artigiana, se non si verificò una strage oltre che tra i rapinatori anche tra i passanti... anche tra i cittadini di San Fili.

Se solo il Rinaldi avesse sbagliato mira, se solo il Rinaldi avesse preso di striscio i rapinatori invece di freddarli sul colpo… meglio non pensare a cosa sarebbe potuto succedere.

Il bottino, parlando del dio denaro, fu oltre che macabro anche misero: per quanto mi fu riferito, infatti, si trattò di molto meno di una cinquantina di milioni (qualcuno disse trenta, altri dissero quaranta). Tanto poco valsero in quell’occasione due vite umane?

 

Ritroverai ancora,

sangue,

il tuo colore rosso in terra,

terra di fuoco:

ritroverai sangue,

ancora per poco,

il tuo colore rosso in terra,

quasi per gioco.

 

Questi furono i versi che m’ispirò quella tragica giornata della primavera del 1992. Giorno 8 maggio 1999 si è svolta la seduta straordinaria dell’Assemblea dei soci della Banca di Credito Cooperativo di San Fili. Al primo punto dell’ordine del giorno leggiamo: “Approvazione del Progetto di Fusione per incorporazione della Banca di Credito Cooperativo di San Fili, società cooperativa a responsabilità limitata con il Credito Emiliano S.p.A.”. Un altro capitolo si è definitivamente chiuso per San Fili è mi è sembrato più che giusto, in questo numero, ricordare anche quel maledetto giorno in cui le strade del nostro paesino, quasi per gioco, si tinsero del colore rosso di due poveri giovani figli di questa strana, malsana ed insulsa società.

Secondo me fu solo un caso, e non destrezza, se il tutto si limitò, grazie a Dio, al solo sangue di quei due incoscienti.

*     *     *

Cassa Rurale Artigiana

Di Luigi Aloe

Tant'anni fa' pe bloccari u strozzinaggiu

nu certu de Cardona fa vidari u curaggiu.

 

Parta pe tutta Italia na Santa Crociata

i banchi locali iddru l'ha inventate.

 

Santu Fili tra i primi rispunna a su richiamu

puru cca' na bancarella parte chianu chianu.

 

Rurale artigiana iddra è chiamata

a guerra a ri strozzini è dichiarata.

 

Dua priaviti nu postinu, n'esatturi e tria impiegati

u millenoveciantuquattordici sa banca hannu fondatu.

 

A sede? na casa mianzu u puantu

t'hadi fari i scali si vu rapa u cuntu.

 

Putighe, forge, officine, magazzini

n'hannu finanziatu diverse duzzine.

 

Chini vo mindi l'animali a ra campagna

si presta i sordi senza lassa nu pignu.

 

Piacure crape, maiali e vaccini

venanu finanziati da sira a ra matina.

 

U scopu principali è garantire

piccoli acquisti pe puti' campari.

 

Sa banca è stata sempi a gestioni familiari

quannu u diritturi ti zinna è u momentu di pagari.

 

A festa e' sempi sacra! Un si incassanu insoluti

cumu si fossi scrittu pe statutu!

 

Quannu sa banca attraversava i crisi

Robertu Rinaldi un si pagava pe misi.

 

Na vota è puru fallita, ma forse pe bontà

havia dunatu troppu senza si fa paga'.

 

U momentu era bruttu, a genti unn'havia nenti

aumentavanu ogni juarnu l'emigranti.

 

Però riparta! E risaglia ra china

cchiù abbuttunata! Ma disponibile come prima.

 

A stima du paisanu un l'ha mai pirduta

na bella storia ancunu m'ha cuntatu.

 

Tant'anni fa', a banca utilizzava

n'esatturi chi sordi ricuglia.

 

Sarvaturi Aiellu, Turiddru pe ra genti

lavurava tuttu u juarnu, quasi pe senza nenti.

 

A fiducia ca godia era immenza

u putigaru i sordi i tinia suttu a vilanza.

 

Senza i cuntari i mintia ntra nu cistinu

e ri dunava a Turiddru ogni matina.

 

S'esemplare i cuntava dintra a banca

senza ca si verificasse mai n'ammancu.

 

I soci cristianu! Ormai su cchiù di ciantu

a ra guida s'alternanu nu saccu i presidenti.

 

D'Elia, Montagna, Gambaru, Caputu

nu contributu concretu hannu portatu.

 

Forsi d'ancunu nu pocu s'è parratu:

"ru paisi nun si movia foglia s'un vulia Caputu!".

 

Oramai s'istitutu è secolare

un s'è mai coniugatu u verbu fricari.

 

Don Salvaturi Apuzzu, Gentile Cesariu Rinaldi e tanti atri

ponnu fa suanni tranquilli! Unn hannu lassatu latri.

 

L'unicu neu i sa banca; m'haviti i perdunari!

U tena quannu è tiampu di votari!

 

Si fa pigliari a manu e si ci jetta

e purtroppu determina i scunfitte.

 

S'istitutu è di tutti! Da destra e da sinistra

d'Arfonsu e di Giggettu, d'Ottorinu e di Carbotti.

 

Pe tantu quannu è tiampu di votari

unn'haddi vida, unn'haddi senta, unn'haddi parrari!

 

Ull'haddi interessa su sinnacu sign'iu

o s'è ru figliu i Giuvanni Crediddiu!

 

Sicuramente diminuerannu i nemici

e pari pari aumenterannu i soci!

 

U consigliu pocu rinnuvatu

a sa cosa di certu ci ha pinsatu!

 

Oji unn'è cchiù Rurali, ma è Coperativa

ci vo' cchiù forza pe a fa restare attiva.

 

Un ni scordamu cu paisanu c'ha sempi pagatu

puru s'un tene nenti vene accuntentatu!

 

A burocrazia si po dire ca cca unn'esista

quannu ci trasi viani servutu a vista.

 

N.d.r.: questo qualche anno fa’! ... oggi non c'è più la "Cassa Rurale ed Artigiana di San Fili" né la "Banca di Credito Cooperativo di San Fili". Ma gli antichi, tra tante verità, non dicevano pure che "non tutti i mal (specie ari Santufilisi) vengono per nuocere"?  

 

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

sabato 24 giugno 2023

Quando le scritte sui muri fissano la storia di una Comunità.

Nell’immagine a sinistra: Particolare della facciata principale di un palazzo (palazzo Blasi) a San Fili in piazza Adolfo Mauro (ex piazza Rinacchio). Alla destra del portone compare la scritta “Vota Spiga n. 2”. La lista civica “Spiga”, capitanata dall’indimenticato Alfonso Rinaldi, nelle elezioni amministrative sanfilesi vinse ben due tornate elettorali: quella del 1983 e quella del 1988. Poi... implose.

L’articolo che vi propongo di seguito in questo spazio è apparso, ovviamente firmato dallo scrivente, su “Il Gazzettino del Crati” anno XVIII n. 1 del 15 gennaio del 1990. Quest'articolo mi è particolarmente caro per un motivo: era la prima volta che uscivo in prima pagina e la prima pagina di un giornale è la cosa più bella che può capitare ad un "giornalista" completamente privo d'esperienza.

*     *     *

San Fili: quando le scritte sui muri fissano la storia di una Comunità.

Di Pietro Perri.

Ci sono diversi modi di affrontare giornalisticamente una determinata situazione, un personaggio, una comunità o più semplicemente uno status vitae (N.d.R.: da non credere, iniziavo a spiegare me stesso!). Se ne può parlare, a seconda dei casi o dei legami intercorrenti tra il giornalista e la res, in positivo o in negativo, parziale o imparziale, costruttivo, distruttivo o infamante, generale o particolare e via dicendo.

Spesso scrivere in modo negativo della res, a chi legge può dare l'impressione di essere in presenza di un atto di ostruzionismo particolareggiato senza senso di imparzialità verso qualcuno o qualcosa (sfruttare cioè il particolare per offuscare il generale), quando in realtà si mira esclusivamente, fermo restando quanto di buono traspare dal considerato, a fare in modo che sia semplicemente rimosso il granello di polvere che comunque resta presente sul naso del Davide michelangiolesco (N.d.R.: e pensare ch'era solo un preambolo!).

Ed è proprio di un granello di polvere che questa volta vi voglio parlare, un granello di polvere, questo, che finisce quotidianamente nei sensibili, anche se non troppo, occhi dei cittadini sanfilesi e di quanti si avventurano per le strade del pittoresco Comune di San Fili (un problema comunque da allargare a tutti i centri urbani della nostra stupenda penisola, pochi esclusi).

Ricordate il detto «Anche i muri hanno orecchie»? Forse è un pochino esagerato, poiché se orecchie nel caso ci sono, queste sono certamente riferite a chi vilmente si cela ad una realtà prettamente privata. Ancor più errato è il detto «Se i muri potessero parlare!»: i muri, in effetti, parlano e pure troppo, sia in modo ideale (basta saperli interpretare), sia in modo letterale (situazione, quest'ultima, da cui si può desumere il grado di civiltà di una determinata civiltà o di un intero popolo).

Le scritte sui muri: fanciullesca reminiscenza dei felici anni delle superiori.

San Fili, corso XX Settembre in modo più evidente, è decisamente sommerso da un oceano di scritte murarie (senza considerare il nugolo di manifesti, politici o pubblicitari che siano, affissi in modo tanto barbarico da far arrossire anche Attila, che deturpano le stupende facciate dei palazzi settecenteschi), alcune delle quali anche di una certa importanza storica.

Le scritte sono varie, di varia estrazione politico - sociale e riportano alla luce quasi un secolo di vita paesana (vario ne è anche il colore di vernice utilizzato: verde, nero, giallo, azzurro, bianco, rosso). Tra queste, in prossimità di piazza San Giovanni (dopo il semaforo, all'inizio della scalinata che conduce in via Cozzo di Iorio), risalta anche una scritta in inglese, forse un ulteriore, ingenuo, tentativo di divulgare più celermente quella che si suppone sia destinata a diventare la lingua dei popoli del futuro, o forse semplicemente un modo come un altro per riproporre ulteriormente la nostra stupidità di esseri umani: «You'll never walk alone» firmato «Eagles Lazio».

Quasi cent'anni di storia: scritti con mano tremolante e con un nero, opere postume d'un novello Pasquino, che fa rabbrividire il sangue («abbasso il re» e il «chi non lavora non mangia» dell'originario, ancora incolume del concetto della mera dittatura, almeno per quei tempi, significativo marxismo); scritti con mano consapevole del proprio potere strafottente ed incondizionato («Dux», «sostare è retrocedere», «non si può esaltare il sacrificio di ieri se non si è pronti a quello di domani»... unico pregio, se non sempre il contenuto morale, almeno l'estetica); scritti, vittime appunto di un cronico attacco di stupidità barbarica e volgare «l'uomo Del Monte ha detto Spiga», «Zu Pinu», «Vota Torre», «Vota Spiga n. 2», «Juve merda», «Inter» ecc. ecc. ecc.

No, non una lotta verso degli amministratori che tanto hanno fatto nei confronti dei propri amministrati, ma certamente un invito agli stessi a mettere una virgola in più alla propria opera, facendo in modo che quanti si avventurano per le strade del pittoresco paese della provincia di Cosenza, possano finalmente ammirare un ambiente che tanto di civile ha da portare all'appuntamento del 1992: ripulire (anche con il sacrificio e la collaborazione dei proprietari degli immobili) i muri dalle oscene scritte; regolamentare (con apposite bacheche in stile e spazi appositamente destinati) le zone di affissione; far capire ai cittadini che dal 1992 oltre che italiani saremo anche cittadini europei a tutti gli effetti (N.d.A.: purtroppo siamo già all'agosto del 1995... invano! Le scritte restano, l'Europa è ancora troppo lontana).

Un problema questo che, purtroppo, non è solo di San Fili (basta guardarsi intorno, lo ripeto, anche nelle altre realtà urbane, poche escluse: cosentine, calabresi, italiane... e forse anche oltre).

Ci sono diversi metodi (cartine del Tornasole) per misurare il grado di civiltà di una persona, di una comunità o di un popolo... uno di questi è quello di studiare l'ambiente in cui vive.

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Una ventina d’anni dopo dalla pubblicazione di quest’articolo su “Il Gazzettino del Crati” pubblicai sul “Notiziario Sanfilese” un seguito dello stesso. Dan non credere; sul fronte della stupidità umana su questo fronte ben poco era cambiato... anche dalle nostre parti.

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!