SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: marzo 2017

A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

Eventuali commenti a post di questo blog non verranno pubblicati sia se offensivi per l'opinione pubblica e sia se non sottoscritti dai relativi autori. Se non avete il coraggio di firmarvi e quindi di rendervi civilmente rintracciabili... siete pregati di tesorizzare il vostro prezioso tempo in modo più intelligente (se vi sforzate un pochino magari per sbaglio ci riuscirete pure).
* * *
Ricordo ad ogni buon file l'indirizzo di posta elettronica legata a questo sito/blog: pietroperri@sanfili.net

domenica 26 marzo 2017

A SCANSO D'EQUIVOCI... SONO SEMPRE IO.

In questi giorni stanno circolando strane voci sulla mia posizione in seno al Consiglio comunale di San Fili (di cui io faccio parte dal mese di giugno del 2015... eletto nelle fila della maggioranza consiliare): c'è chi dice che sono uscito fuori dal gruppo di cui facevo e credo ancora di far parte e c'è persino chi dice che mi sono dimesso da Consigliere.
Credetemi, nulla di tutto questo: sono Consigliere e sono tutt'ora nella Maggioranza e comunque se un domani dovessi uscire dalla stessa sicuramente non mi affiancherei mai all'attuale Minoranza consiliare sanfilese.
Una cosa è comunque certa - e credo lo sapessero bene quanti hanno appoggiato la mia elezione dandomi la preferenza: se qualcuno pensava che io entrassi in Consiglio comunale solo per fare “l'alzamano di turno” ha preso un brutto granchio.
San Fili ed i Sanfilesi meritano qualcosa di diverso da ciò che stanno subendo ed hanno subito negli ultimi decenni.
Io? ... ci ho provato... e mi hanno fatto terreno bruciato intorno (continuo infatti ad essere più che certo che tanti attacchi personali subiti anche su Facebook sono stati opportunamente "consigliati" da qualche mio compagno d'avventura amministrativa... ed onestamente non me ne frega più di tanto).
Per il resto? ... so benissimo d'essere in una posizione scomoda in Consiglio comunale ed amministrativamente parlando (non solo io, però).
Me ne farò una ragione decidendo secondo coscienza - anche nel corso delle obbligatorie riunioni del Consiglio stesso (le uniche che ormai si fanno da un po’ di tempo a questa parte... come se a San Fili non esistessero problemi otre quello di approvare i bilanci preventivi e consuntivi) - di volta in volta nel rispetto della sacrosanta volontà e desiderio di quanti mi hanno rispettato votandomi il 30 maggio 2015.
È solo a loro cui oggi mi sento debitore... ed a cui dovrebbero sentirsi debitori anche i miei compagni d'avventura. Dopotutto con solo quattro voti in meno sicuramente io non mi sarei seduto tra i banchi del Consiglio comunale di San Fili, ma non vi si sarebbe seduto nessuno a partire dal dottor Marcello Scarpelli (eventuale primo dei non eletti - e quindi dei trombati - della lista capitanata dall’architetto Antonio Argentino) in giù. E gli altri tre? ... Antonio Argentino, Carmine Cesario e Mario Sergi? ... avrebbero semplicemente svolto il ruolo di opposizione consiliare.
... giusto per ricordare.
*     *     *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!

mercoledì 22 marzo 2017

La fontana di via Danise nella frazione Bucita di San Fili: una vergogna tutta sanfilese.

Dal Notiziario Sanfilese del mese di marzo 2017 (articolo firmato Pietro Perri).
*     *     *

Il 30 maggio del 2015, ovvero quasi due anni addietro, si sono tenute le ultime amministrative sanfilesi. Quelle che hanno visto vincere la lista capitanata dall’attuale sindaco arch. Antonio Argentino (di cui faceva parte anche lo scrivente... che purtroppo ai suoi potenziali elettori prometteva solo cultura e un po’ di cambiamento delle regole del gioco) contro lo sfidante dottor Giovanni Carbotti.
Sono passati quasi due lunghissimi anni e ne mancano tre brevissimi all’appuntamento del 2020. Perché, credeteci, in politica su un quinquennio amministrativo, sono sempre molto più lunghi gli anni passati di quelli che devono ancora passare.
Di promesse in quel periodo le squadre ne sono state fatte tantissime e da entrambi i due schieramenti in campo: alcune uguali e contrarie e qualcuna anche leggermente diversa. Tra le tante, e comunque tra le prime (quelle uguali) anche quella di recuperare un po’ i nostri centri storici rendendoli un po’ più decorosi, più vivibili e quindi più allettanti per qualcuno che, magari residente nelle costosissime realtà urbane attigue al nostro borgo - magari divinamente abbagliato sulla via di Damasco (ovvero percorrendo la statale che collega Paola con Cosenza) - pensasse di venire ad investire dalle nostre ormai altrettanto costosissime parti.
Cos’è cambiato in questi ultimi due anni nei centri storici di San Fili e della frazione Bucita? ... in peggio tantissimo.
E non voglio in tale spazio entrare in merito alle nuove, si fa per dire, realtà abitativa sorte tra il 1970 ed il 2010 nel territorio sanfilese. I cosiddetti “fiori all’occhiello” delle varie amministrazioni succedutesi nel citato quarantennale arco di tempo alla guida del nostro amato/odiato Comune: il Frassino ed i Cozzi.
Un bell’esempio di ripristino del decoro urbano messo in atto, e sempre e comunque nel pieno rispetto delle promesse fatte nel corso della campagna elettorale sanfilese del mese di maggio del 2015, è sicuramente rappresentata dalla salita di via Danise alla frazione Bucita.
Definire “da terzo mondo” lo stato di degrado in cui versa tale rione nel corso dell’anno è sicuramente sottovalutare la “vergogna amministrativa” stessa: pietre e blocchi di tufo che saltano regolarmente sul selciato stradale, fontane pubbliche in stato pietoso e chi più ne ha più ne metta.
*     *     *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... si vis pacem para bellum!

domenica 19 marzo 2017

Il treno del sole (una storia anche sanfilese).



A sinistra si può ammirare un particolare di ciò che fu la stazione ferroviaria di San Fili in uno scatto degli primissimi anni Novanta del secolo scorso.

Foto by Pietro Perri.

Il bellissimo e toccante articolo riportato di seguito è stato pubblicto, a firma di Vittorio Agostino, sul “Notiziario Sanfilese” (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di ottobre del 2008.

*     *     *

Il treno del sole.

(Articolo di Vittorio Agostino)

Agli inizi degli anni Settanta, fino alla metà degli anni Ottanta, lavoravo alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato e precisamente presso la stazione di Torino P.N. per poi essere trasferito nella mia regione: alla stazione di Cosenza.

Nei giorni in cui ero di servizio, la mia attenzione era rivolta in modo particolare verso un treno chiamato il “treno del sole” il quale si portava dietro quella che fu chiamata l’emigrazione di massa, che dal Sud trasportava l’emigrante verso il Nord ed in modo particolare a Torino, “la città” cosiddetta “industriale”.

Ebbene, il treno era nero di fuori come quasi tutti i treni, e dentro al treno... gli abiti, i volti, i capelli... il Meridione in fuga si portava il nero di cui era fatto e ammantato.

Scendono alla stazione di Torino con pochi fagotti, i volti stanchi, non vedono intorno che gesti e sguardi d’intesa disapprovanti, e arrivano alla metropoli con la paura dentro. E’ una paura diversa da quella annidata in loro da secoli. Paura di farsi notare, di dar disturbo, di essere mal sopportati.

Così le persone, al contatto con la grande città, perdono di colore, inghiottiti dalla folla anonima, annullati da una società che certamente li renderà migliori, diversi, ma che per ora, li tiene in sospetto.

Si sentono sperduti, sprofondati nel mare della solitudine cittadina.

Trovano qualche sorpresa: vie illuminate, larghi viali alberati, macchine lucide e veloci... ma non c’è il sole. Un’aria densa, umida, come nuvole scese in terra, tra i balconi, dentro i cortili e case una sull’altra e gente che passa e non ti guarda. Forse, quelle persone, pensavano...

Però ordine e pulizia, e orari da rispettare e persone falsamente gentili, alcune.

Case antiche, da vedere il parco del Valentino... a primavera? e del colle di Superga il panorama della città con la vista delle imponenti montagne dalle cime coperte di neve.

A rompere la monotonia dei primi mesi e mitigare la nostalgia, giungono incontri decisivi (amici e compaesani) e a poco a poco l’adattamento alla nuova vita in un alternarsi di scoperte e di attese fiduciose.

Del resto lasciare la propria terra dove si è nati per trasferirsi in un luogo completamente diverso per clima, costume, mentalità, è una decisione che pesa.

Meridionali trascurati, non compresi, dimenticati: e allora? allora da quella terra incapace di nutrire i suoi figli, si partiva e si parte a cercare (nelle città industriali del Nord Italia) una possibilità di lavoro, con il miraggio di un benessere apparentemente facile a conquistare.

Il problema dell’occupazione e dell’inserimento in una società diversa non sempre benevola, anzi talvolta ostile, dove è difficile trovare casa e molti vengono accolti da parenti o amici che già da qualche tempo li hanno preceduti, sono sempre guardati con diffidenza dai coinquilini se non addirittura respinti con i famosi cartelli affissi ai portoni: “qui non si affitta ai meridionali”.

Secondo me la verità è che dopo l’impresa dei Mille, il Meridione della Penisola fu annesso al non ancora compiuto Regno d’Italia. Una unione non sentita abbastanza dalle due parti del Paese e che ancora fa considerare alcuni come un peso morto per il resto d’Italia.

Fortunatamente oggi questo fenomeno d’importazione della manovalanza meridionale esiste in modo lieve, anzi l’emigrazione attuale consiste nell’esportazione di menti: medici, ricercatori, insegnanti ecc., che trovano lavoro presso le strutture del Nord, donando alle stesse qualità ed importanza.

Infatti non è un caso che il primario di otorino dell’ospedale Borgo Trento di Verona è cosentino: il dott. Mosciaro. Non è un caso che il primario di oncologia dell’ospedale di Pavia è di Rende, non è un caso che il rettore del politecnico di Torino è calabrese, per non parlare di giornalisti e tanti altri ancora.

Oggi le cose sono cambiate: quel treno che ieri si chiamava il “treno del sole” (brutto e nero) oggi si è fatto un nuovo look, e si chiama eurostar o intercity (bello e splendente).

*     *     *

Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma...“si vis pacem para bellum”!

Piccolo borgo antico. Dedicato alla frazione Bucita di San Fili.

Dal “Notiziario Sanfilese” (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di Gennaio del 2011.
*     *     *
La frazione Bucita di San Fili.
Foto by Pietro Perri.
Oscar Bruno, carissimo compaesano di cui riportiamo in questa pagina i versi della poesia “Piccolo borgo antico”, è nato a Bucita (la storica frazione sanfilese), in contrada Ortale, nel lontano 24 settembre del 1936.
Oscar Bruno è figlio di Luigi e di Maria Asta. Il padre è nato e cresciuto nella succitata c.da Ortale mentre la madre proviene dagli Asta di Bucita.
Concluso il ciclo delle scuole elementari ed appena iniziate le scuole medie, Oscar dovette abbandonare gli studi per tutta una serie di problemi che si abbatterono sulla sua famiglia, non ultima una malattia che colpì il padre Luigi. Assieme al fratello divenne pertanto il nuovo sostentamento della famiglia.
Partì, come quasi tutti i maschi sanfilesi dell’epoca, per il servizio militare di leva dove fu assegnato a servizi d’ufficio.
Rientrato al suo paese natio, saldato il debito con la Patria, emigrò, per lavoro, nella relativamente vicina Germania. Dopotutto, pensava Oscar, siamo pur sempre in Europa.
Dopo pochissimo tempo, sempre a causa della cagionevole salute del padre, dovette ritornare nella sua San Fili. Con sommo rancore in quanto si rendeva conto che ogni carriera intrapresa finiva per essere arrestata bruscamente da problemi più grandi di lui.
All’epoca era impossibile trovare un buon lavoro nella propria patria, sia a San Fili che in zone limitrofe. Le cose erano critiche per tutti ma in tanti, grazie al loro cuore di pietra, ti chiudevano le porte in faccia.
Fu così che si aprirono, per Oscar, le porte del Nuovo Continente, dell’America.
Dopotutto doveva pur farsi una vita ed assicurarsi un futuro… anche se lontano da ogni cosa a lui cara. Tutto, per lui, era nuovo: la lingua, il costume, il lavoro, la società.
In America Oscar sposa la figlia di Sabatino Giraldi, un altro sanfilese, e di Concetta De Buono. Dal matrimonio nacquero tre figli che hanno saputo portare onore alle proprie origini.
La figlia nel 1996 risultò seconda al concorso “Miss Italia nel Mondo” e come tale ritornò per un breve viaggio nel paese d’origine dei genitori.
Oscar Bruno, che nel corso della propria vita “americana” e fino alla pensione ha fatto il saldatore, vive a Toronto, in una modernissima città di fronte ad uno stupendo e poetico scorcio di lago.
Da San Fili il nostro eroe poeta manca dal lontano 1994. Precedentemente fece parecchi viaggi nel nostro paesino per visitare i suoi parenti e i vecchi amici… sempre in numero minore, anche perché in tanti, come lui, avevano fatto la valigia abbandonando, per lavoro, il paese natio.
I ricordi son rimasti e non si possono cancellare.
“E’ stata la troppa burocrazia amministrativa Italiana”, ci dice Bruno, “che ci ha costretti a lasciare il nostro amato luogo di nascita, la nostra terra, i nostri cari, le nostre cose che abbiamo appreso, la nostra cultura che l’abbiamo dovuta impiantare in terra straniera. Così, ho dovuto trascinare questo fardello là dove io neanche pensavo”.
Nei suoi ritagli di tempo Oscar si è dedicato a scrivere composizioni letterarie: poesie, liriche e composizioni di libretti per opera. Ha scritto anche in dialetto e la maggiore composizione, ci confessa sempre l’amico Oscar, d’averla dedicata ad un personaggio sanfilese.
Il titolo di tale composizione è... “U chiantu du cuervu”. Non ci dice però chi è questo, sicuramente affascinante, personaggio sanfilese.
*     *     *
Piccolo borgo appie’ d’una montagna,
sorto un di’ da gente a man sfuggita,
or che tu riedi, e il primo sol ti bagna,
dolci natali desti, o mia Bucita.

Chi da lontan ti guarda, appollaiato,
sotto questi erti monti il cor l’invita,
solingo stai, niun v’è disturbato,
non più fuggiti un di’, ma or Bucita.

Chi ne risiede in te, modesta cura,
non altruista, ma alto nella vita,
ti senti più d’amico a sua bravura,
non dir tu puoi di più, fratel Bucita.

Antiche pietre ergon queste case,
antiche voci, e tante son palese,
chi della mente lustra vergo’ una frase
di questo nobil borgo Bucitese.

La storia che hai mostra il tuo valore,
chi t’edificò d’amor sì prese,
perché la casa fu il suo grande amore
che chiude dentro il cor d’un Bucitese.

Di mente in mente corre il tuo passato,
che lungi la tua storia la intese,
da lungi chi sfuggì qui’ s’è posato,
e ne formò tal borgo Bucitese.

Or, che ho detto tanto e molto bello,
ch’il nostro picciol borgo il cor mi prese,
ogn’un nel suo ricordo ha il paesello,
quale picciol borgo Bucitese.
*     *     *
... un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
... /pace ma... “si vis pacem para bellum”!