SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: C’era una volta il Muraglione di San Fili. (3/3)

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domenica 22 ottobre 2017

C’era una volta il Muraglione di San Fili. (3/3)



Nella foto sotto a sinistra, messami gentilmente a disposizione dall’amico e compaesano Salvatore Calomeni, troviamo uno spaccato della San Fili di metà anni Ottanta del XX secolo... sull’entrata della macelleria (un vero e proprio circolo di aggregazione sociale) di compa’ Giovanni Calomeni. Da sinistra: Gianni Zolo, Luigi (Gigino) Mazza, Franco Musacchio, Antonio Palermo, Salvatore Calomeni, compa’ Giovanni Calomeni e Mario Sergi.

Articolo pubblicato sul Notiziario Sanfilese (il bollettino dell’Associazione culturale “Universitas Sancti Felicis” di San Fili) del mese di 0ttobre 2017... a firma Pietro Perri.

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Ho sempre amato passeggiare lungo corso XX Settembre a San Fili e quest’amore sicuramente è via via aumentato col passare degli anni.

Oltretutto, col passare degli anni e col sopraggiungere di qualche piccolo disturbo metabolico legato alla vita sedentaria ed alla cattiva alimentazione che contraddistingue i tempi moderni, in questi ultimi anni mi sono felicemente reso conto di quanto possa essere salutare una bella “vasca” (ovvero una bella salita e discesa dell’intero corso compreso tra l’aireddra ed il bivio per la frazione Bucita).

Ammettiamolo: abbiamo uno dei più bei corsi dell’intera provincia di Cosenza e proprio non vogliamo mettercelo in testa. Un corso che se si trovasse in Toscana o in Umbria sarebbe sinonimo di oro colato.

Purtroppo si trova a San Fili cioé in provincia di Cosenza ovvero, parafrasando un brutto concetto usato da Giorgio Bocca come titolo di uno dei suoi peggiori libri, nell’Inferno... in Calabria... destinazione Profondo Sud.

Di “vasche”, sia con amici quotidiani che con amici con cui mi ritrovavo nel corso dell’estate o dei periodi natalizi (cioè quando gli stessi, fuori regione per motivi di lavoro, rientravano - qualcuno per fortuna rientra ancora - in paese a trovare i loro familiari), lungo corso XX Settembre negli ultimi cinquanta anni ne ho fatte tantissime. Alcune tutte d’un fiato e magari, quasi una salutare amara pillola, a passo di prete. Altre fermandomi di tanto in tanto in qualche punto strategico a parlare del più o del meno con i “compaesani storicamente designati” a guardia di tale punto.

Quasi un tutt’uno con lo stesso: compaesano/compaesani e punto strategico.

Uno dei punti in cui mi piaceva fermarmi, nel percorrere in su ed in giù corso XX Settembre a San Fili nel corso degli anni Settanta... Ottanta e Novanta del secolo scorso, era sicuramente la macelleria del cavaliere del lavoro… compa' Giovanni Calomeni.

Un’istituzione all’epoca ancora vivente di ciò che ormai sopravviveva solo nel ricordo dei nostri padri della mitica “piazza Municipio” ovvero de “Mmienz’u puontu”.

Nei pochi lineari metri di Piazza Municipio negli anni settanta ancora si potevano visitare saloni di barbieri, il negozio di scarpe di Annibale Nigro, la fruttivendola di Eugenia Cavaliere, l’esattoria di Genuzzu Calomeni, negozi di stoffe quali quello di Genoeffa Rossiello (ma non era l’unico), il tabacchino di Lisetta Calomeni e chi più che ha più ne metta.

Era, quello, decisamente un mondo a sé tanto da rientrare a pieno diritto anche in alcune strofe apparse sul mitico giornale murale satirico sanfilese (1945/1950) “Il Cantastorie”.

Compa' Giovanni Calomeni per chi voleva scrivere su San Fili e sui Sanfilesi, ovviamente parliamo di memoria storico-popolare degli ultimi due secoli con particolare riferimento al periodo compreso tra il 1930 ed il 1980, era un tesoro d'informazioni e di riporto d'aneddoti e curiosità di vario genere… non solo dal punto di vista della produzione e/o della commercializzazione del vino e della carne.

Una persona come poche, decisamente, ne ha avuto come degni figli su questo fronte la nostra San Fili. In quanto oltre che a ricordare sapeva anche raccontare e dare la giusta enfasi alle frasi che utilizzava per trasmettere i suoi ricordi.

Diciamo la verità: amava San Fili. Così come lo amava l’indimenticato Mario Oliva o come lo ama il nostro sempreverde... mitico Marcello Speziale.

Una ricchezza d’informazioni (quella a cui si poteva accedere tramite l’amico Giovanni) purtroppo scarsamente, quando non malamente, utilizzata dai suoi compaesani incluso lo scrivente.

A me piaceva ascoltarlo, non sempre a dire il vero in quanto all'epoca cercavo di tesorizzare solo ciò che mi serviva sul momento e per il momento, ed a lui piaceva farsi ascoltare da me... e non solo da me. Aveva estremo bisogno di sentire il quotidiano contatto umano con i suoi compaesani.

Lo sgabello in ferro smaltato a disposizione per me, nella sua macelleria… mmienz'u puontu… c'era sempre. Anche quando lo stesso era stato già occupato da qualche suo cliente o qualche altro graditissimo avventore. Quella macelleria al pianterreno del palazzo di “Donna Vienna Gentile” (così lui continuava a chiamarlo) non raramente si tramutava in un piacevole… pittoresco circolo di discussione culturale.

Vi si parlava pacatamente del più e del meno e vi si parlava dei tempi passati. Tempi in cui, agli occhi di compa' Giovanni Calomeni, ancora esisteva un minimo di rispetto fra le persone e la parola tra soggetto e soggetto o una semplice stretta di mano valevano contratto.

Vi si parlava, tra il più ed il meno, anche delle bellezze architettoniche presenti nel nostro borgo ed un giorno compa’ Giovanni Calomeni mi parlò anche di quella stupenda opera muraria (di cui purtroppo ormai restava solo un vergognoso rimasuglio distrutto non dall’opera devastatrice dei tempi ma dall'imbecillità umana) ancora conosciuta col nome di… Muraglione. Una stupenda opera realizzata sotto il governo dei Borbone tra il 1820 ed il 1830.

È un’opera unica!”, mi diceva compa' Giovanni Calomeni, “Un’opera di cui persino re Ferdinando, nel passare con la sua carrozza da San Fili, ne restò meravigliato. E volle complimentarsi con chi l'aveva progettata e con quanti l’avevano realizzata.

Ed effettivamente se la guardiamo dal di sotto non possiamo, ancora oggi, che restare affascinati anche noi nell’osservare i miseri reietti resti di tale stupenda opera.

Inutile dire che il XVIII secolo era ben diverso dal secolo che ci siamo infelicemente... appena lasciati alle spalle.

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Un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.

... /pace ma... “si vis pacem para bellum”! 

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