SAN FILI BY PIETRO PERRI BLOG: aprile 2013

A chi non ha il coraggio di firmarsi ma non si vergogna di offendere anche a chi non (?) lo merita.

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venerdì 19 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu: una stupenda passeggiata tutta sanfilese. (3)


Giunto finalmente sul greto del torrente Emoli (u jume de SantuFili) e scattate le prime foto (a quel masso mastodontico e artisticamente stupendo, o a quel pezzo di tronco dimenticato chissà da quale distratto boscaiolo, o… alla mia ombra proiettata sulla sabbia) eccomi procedere, sul lato sinistro del fiume, verso la meta che mi ero prefisso fin da quando avevo in embrione l’odierna… fluviale avventura: il ponte di Crispino (o di crispino… a seconda che si parli di un essere umano o di una pianta che dir si voglia).
… m’imbattei quasi subito nel primo ostacolo da oltrepassare (forse il più difficile dell’intero percorso o comunque uno dei due più difficili): la frana al di sotto della storica via che da piazza san Giovanni (… a Cruce!) conduce alla fontana di Palazia.
Effettivamente questa franca, specie vista dal basso verso l’alto, fa terribilmente più paura di quella creatasi al di sotto del palazzo della famiglia Gentile… qualche metro più in là!
… qualche altra foto e… via verso nuovi punti di sosta e soprattutto verso l’affiorare sempre piacevole di obliati vecchi ricordi.
Raggiunta la base della seconda frana (quella più famosa) restai particolarmente colpito dal ritrovarmi davanti una bella strada facile da percorrere e… ci mancava solo che fosse asfaltata… ma per fortuna non lo era.
Tra le due frane potei anche ammirare un bellissimo ponte naturale creatosi tra le due sponde del torrente… grazie ad un secolare albero che, cadendo, aveva collegato le stesse. Inutile dire che la tentazione di salirci sopra fu enorme anche se… fortunatamente evitai.
L’età, ovviamente parlo per me, per fare certe pazzie (me ne accorsi drammaticamente qualche oretta dopo) è ormai passata da qualche tempo. E già fare questa passeggiata da solo di per sé è una bella pazzia: qualche spina, qualche cespuglio per niente invitante ad aggrapparcisi, qualche pietra su cui inciampare… c’era di tutto e di più ma… ne valeva la pena! … decisamente.
Raggiunsi quasi senza rendermene conto il piazzale (ovviamente sul greto del fiume) che si vede dalla balaustra della piccola accogliente piazzetta antistante la chiesa della Madonna del Carmine (o del Monte Carmelo) e… rieccomi tornare bambino. Riecco rivedermi scendere, impavido e con altri impavidi coetanei, lungo quella pericolosissima scarpata e, dalla sovrastante piazzetta, ritrovarmi di botto, nel men che non si dica, sul greto del torrente.
Ricordo che da piccolo quella scesa, tutt’altro che facile, l’ho fatta almeno tre o quattro volte. Certo che… se ne ha di fegato quando si è piccoli. Peccato che tutto quel fegato… si perde lungo il cammino della vita. O forse è un bene?
Guardo sopra e vedo la casa, poggiata sul dirupo, del mio amico d’infanzia (ormai da tempo in Canada) Tonino Cavaliere. E rivedo gli amici di tanti e tanti anni fa: Pinuzzu Storino, Gaetano Scarpelli, …, me stesso.
Quante avventure con i miei amici d’infanzia: la verde natura circostante San Fili era la nostra seconda casa. Conoscevamo meglio della stessa le nostre tasche solo perché eravamo sempre consapevoli che nelle nostre tasche, all’epoca, difficilmente vi avremmo trovato qualche cosa: erano gli anni compresi tra il 1968 ed il 1975.
Qualche passo più in là (cosa che non guasta… diversamente finirei per farla durare un mese questa solitaria passeggiata) ed eccomi oltrepassare la seconda frana (quella - ma l’ho già detto - sotto il palazzo della famiglia Gentile) e giungere finalmente a ciò che fu l’enorme (per San Fili) vasca formatasi grazie alla piccola diga costruita lungo il corso del torrente Emoli… per garantire in altri tempi un costante flusso d’acqua al fine di far funzionare una delle famose (seppur piccole) centrali idroelettriche ricadenti sul territorio del nostro comune: u bacile.
Al bacile dagli anni Venti agli anni Sessanta inoltrati erano tantissimi i giovani sanfilesi che andavano a “prendercisi i bagni”… ovvero a tuffarvicisi dentro e farci una bella nuotata. Altri tempi ed altre pelli: io vi ci sarei morto… ghiacciato.
Non so se per creare uno spauracchio nei confronti di noi bambini o meno… ma erano tanti i grandi che continuavano a dirci di non andare in quella zona in quanto più d’una volta avevano pescato in quell’acqua non solo bambini ma anche adulti… passati a miglior vita vittime delle terribili assassine acque del bacile: chi suicida e chi semplice involontaria vittima.
Acque assassine e, come se non bastasse, fantasmi assicurati.
A noi impavidi eroi… poco importava: noi non avevamo paura di niente. Peccato che niente è un concetto molto piccolo nei confronti del tutto e quindi se non avevamo paura di niente comunque avevamo paura di tutto.
Guardo l’orologio: sono le dieci e trenta. Da piccolo… non avevo un orologio e dubito che ne avessero uno i miei compagni d’avventura. Eppure… anche allora sapevamo benissimo l’ora del momento e l’ora in cui avremmo dovuto rientrare prima di non avere a disposizione una buona giustificazione per i nostri genitori e quindi di buscarle di santa ragione… senza razionale ragione.
… continua… alla prossima puntata.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!

giovedì 18 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu: una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese. (2)

E fu così (n. d’a.: in una bella giornata di sabato del mese di marzo 2013) che, per alcuni versi in modo non del tutto facile, raggiunsi il greto del torrente Emoli: il fiume (u jume) di San Fili: era uno spettacolo! Era esattamente come me lo ricordavo.
Già, i ricordi… perché ripercorrendo le stesse vie già e più volte percorse in tenera età, quando ormai si è oltrepassata la soglia dei cinquanta (… altro che nel dantesco “mezzo di nostra vita”), non si fa altro che iniziare a… ricordare: gli odori, i suoni, il sapore della stessa aria di cui continuiamo famelicamente a cibarci… oggi più che allora.
Emoli? … che stupendo nome e… chissà da cosa deriva (ovvero qual’è la sua etimologia).
Agli inizi del Terzo Millennio (2002 o 2003) A San Fili (e dove, se no?) in località Frassino, nella struttura adiacente al teatro all’aperto, realizzato nel corso degli anni Novanta del XX secolo, in occasione della tradizionale ed annuale “Fiera di santa Maria degli angeli”, si tenne un convegno, se non ricordo male, sulla citata fiera stessa.
Al convegno parteciparono tra gli altri padre Rocco Benvenuto (dei minimi di Paola), il prof. Giosino Cesario e il dott. Mario Spizzirri (scrittore e ricercatore storico). Io… ero nel pubblico ed ero intento, oltre che ad ascoltare, a scattare qualche foto… per hobby ed in piena libertà… politica ed intellettuale.
Inutile dire che ad assistere al convegno eravamo… i soliti quattro gatti. La cultura, purtroppo e specie dalle nostre parti, ha sempre avuto e continua ad avere pochissimi estimatori.
In quest’occasione si parlò, sempre e comunque come tema portante la fiera che si svolgeva intorno alla struttura, di tutto e di più: si parlò delle fiere di paese così come erano una volta, si parlò di Aquilante Rocchetta (viaggiatore e scrittore cinque-seicentesco sanfilese) e del suo legame con la statua di santa Maria degli Angeli (custodita all’interno della Chiesa del Ritiro), si parlò… di San Fili in quanto paese legato ai fiori (‘e jinostre ‘tr’autri tiempi presenti aru cuozzu de juri - le ginestre in altri tempi presenti in località cozzo di Iorio) e di come possono nascere alcuni toponomastici o nomi di luoghi, di cose e magari di persone. Incluso il nome con cui siamo stati abituati dai nostri avi a chiamare il nostro torrente più rappresentativo: l’Emoli.
Su quest’ultimo punto, è qui ritorno sulla retta via (quella… du jume de Santu Fili), si sbizzarrì in modo particolare il bravissimo - trasportante nei suoi aneddoti e nelle sue romantiche fantasie - prof. Giosino Cesario.
Secondo Giosino il termine Emoli potrebbe derivare dalla voce latina AEMULUS che  a sua volta trova familiarità nella voce greca AIMYLOS (e noi calabresi di San Fili siamo sia un po’ romani che un po’ greci… l’attesta in modo per niente equivoco il nostro stupendo dialetto) e che significa “insinuante, lusinghevole, accorto, astuto”… “imitatore delle altrui virtù”… nel senso positivo del significato.
Potrebbe esserci un termine più bello e più appropriato per definire il nostro… jume Emoli? … certamente, no!
Così come l’affermò tale concetto, con amorevole convinzione, il prof. Giosino Cesario in quel ricco convegno… faccio mia tale ipotesi e… l’affermo oggi anch’io.
… com’è bello ricalpestare la sponda sabbiosa (… pietrosa?) del nostro torrente, com’è bello sentirne lo scosciare delle acque nel momento in cui sbattono contro i grandi levigati sassi che trovano sul loro inarrestabile cammino o quando… precipitano sulla parte inferiore di uno dei tanti dislivelli (… cascatine?) in cui costantemente s’imbattono per riprendere, dopo un breve attimo di smarrimento… il cammino verso un  corso d’acqua di maggiore portata e raggiungere finalmente quel grande recipiente naturale chiamato… mare.
Eccomi, dicevo, su uno spiazzo, pochi metri al di sotto della fontana di Palazia, sabbioso dove, quasi al centro del tutto, si vedono scorrere, in un sinuoso accattivante tracciato, le acque del torrente Emoli.
Qualche primo scatto con la mia Konica Minolta Imagine Z3 (da tempo uscita fuori produzione) e subito via verso la vera e propria… quotidiana ed inaspettata avventura… direzione ponte di Crispini… punto da cui poi dovrò decidere se risalire verso la superstrada o verso la parte inferiore del Canalicchio… punto strategico (incrocio di più vie) in cui da tempo immemore i nostri avi hanno seppellito un fantastico magico (stregato e malefico, a dire il vero) tesoro: a quadara d’oro di santufilisi.
… il resto del racconto? … alla prossima puntata.
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… un caro abbraccio a tutti dal sempre vostro affezionato Pietro Perri.
… /pace!

domenica 14 aprile 2013

Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu: una stupenda naturale passeggiata tutta sanfilese. (1)


Agli inizi del mese di marzo di quest’anno, volendo vedere di persona (ovvero con i miei occhi) le frane (quella sotto il palazzo Gentile e quella sotto piazza San Giovanni… lato fiume) che ha subito San Fili nei mesi immediatamente precedenti, decisi di fare (in una quasi bella mattina di un quasi bel giorno di sabato) una passeggiata lungo un tratto (decisamente classico) del nostro, tanto obliato quanto stupendo, torrente Emoli.
Per quanto riguarda il discorso frana (… frane?) e franati a San Fili… ne ho già scritto in modo (credo) più che esauriente in un “pensiero” postato in questo stesso blog nell’ormai lontano 10 marzo scorso, ciò di cui non ho parlato, in quell’occasione, è degli stupendi poetici scorci in cui mi sono imbattuto in quella strana, non programmata e quindi imprevista, avventura.
Già, proprio perché di una bella - solitaria - avventura  (con tanto di tutto nel passato) si è trattato. Una bella avventura in cui ho potuto ricordare alcuni spazzi della mia fanciullezza, della mia pubertà ed anche della mia maturità… quest’ultima ancora non completata.
Quel giorno… quello stupendo giorno… armi in pugno (ovvero macchina fotografica all’interno del borsello che portavo a tracolla, giunto in piazza san Giovanni e sinceratomi che nessuno mi vedesse o quantomeno mi tenesse per conto (sapevo benissimo che se avessi detto loro ciò che stavo per fare come loro solito mi avrebbero dato del partito di testa… se non me l’avessero detto… sicuramente l’avrebbero pensato… bontà loro)… imboccai la scalinata che, appunto da piazza san Giovanni, porta  dritta dritta alla fontana di Palazia… la mitica fontana che in altri tempi (… primi del Novecento?) garantiva due uscite (… scusate ma in questo momento non mi viene la parola! … “ugelli” proprio non ci sta!): la prima con acqua calda o quantomeno tiepida e la seconda con acqua fresca. La prima per lavare i panni e la seconda per dissetarsi. Dopotutto… siamo nei pressi del mulino delle fate ed in quella zona tutto è possibile… tutto era possibile.
La scalinata, per chi ancora non l’avesse capito, è quella posta proprio al di sotto del calvario (… ovvero “da Cruce”… cos’ come in altri tempi veniva indicata anche la zona di piazza san Giovanni): parte ancora in pietra di fiume, parte in antiestetico cemento e parte in terra battuta… stupendamente (e facilmente) comunque percorribile.
Scendendo lungo quella scalinata non potei fare a meno di ricordare alcune fanciullesche avventure vissute con i compagni delle scuole elementari e delle scuole medie quando, all’insaputa (perché diversamente sarebbero state botte) dei nostri genitori ci inoltravamo per alcuni sentieri tutt’altro che sicuri per imberbi personaggi quali noi… tutti potenziali protagonisti di romanzi per ragazzi tanto in voga negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo.
Era in quelle zone, nascoste agli occhi proibizionisti dei grandi, che potevamo finalmente dar vita al seguito delle stupende avventure che avevamo visto quello stesso giorno o qualche giorno prima nella magica sala del cinema di San Fili: Zorro, Tarzan, Maciste, Ursus, Sansone… King Kong e chissà quanti altri rivivevano nelle nostre  sempre più reali mitiche gesta. Noi, all’epoca, eravamo tutto ciò.
Nel mezzo della discesa mi rivedo d’incanto davanti il carissimo indimenticato Giorgino Curatolo che, seppur morto ormai da qualche anno, ancora era poco sopra la via che stavo calpestando… intento a zappare il suo piccolo, curato e scosceso pezzettino di terra. Era un amore vederlo con la zappa o la falce in mano, era (… e continua ad essere!) un amore ricordarlo col suo magico mandolino cullare con le sue dolci note tutta piazza san Giovanni… nella penombra del suo studio… nascosto e presente nel contempo agli occhi ed alle orecchie dei più.
Nel mezzo della discesa mi rivedo, agli inizi del 2000, impegnato con gli amici dell’allora neonata Pro Loco lavorare (falci ed altri attrezzi fra le mani… io sempre armato della macchina fotografica) per riaprire il passaggio (ormai pieno di spine, ortiche ed erbacce d’ogni genere) che in breve ci avrebbe condotto alla fontana di Palazia e che, in futuro, da tale fontana ci avrebbe dovuto condurre alla parte bassa del Canalicchio (la discesa che da piazza Rinacchio porta al piano delle Volette) in un non tanto immaginario percorso che, nella nostra fantasia, all’epoca prese il titolo di… “Dal mulino delle fate aru tesoru du Canalicchiu”.
Altri tempi… ed io c’ero.
Altri tempi… ed io ci sono. Già: dicendo e facendo sono ormai giunto davanti alla fontana di Palazia, restaurata agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo dagli infaticabili (… una fesseria ogni tanto è bello dirla! … ancor più bello se la stessa è grande!) operai del Consorzio di Bonifica: gli universitari (all’epoca) sanfilesi.
Lateralmente alla fontana di Palazia, alla sua sinistra, si trova una colonna del ponte della superstrada… tanto immensa quanto spaventosa. Il letto del fiume (ed anche la camminata facilmente percorribile anche a piedi (in parte bloccata dalle due frane in cui mi sarei imbattuto a breve) si trova qualche metro più sotto… non troppo difficile da raggiungere… ma sicuramente non si ci può arrivare con i tacchi a spillo ai piedi.
… ma questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta magari in questa stessa avventura che… comunque continua… alla prossima puntata.
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… un caro abbraccio a tutti da Pietro Perri.
… /pace.